Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 18011.
Responsabilità del professionista ed onere della prova a carico del cliente
In materia di responsabilità del professionista, il cliente è tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dalla insufficiente o inadeguata attività del professionista e cioè dalla difettosa prestazione professionale. Pertanto l’inadempimento del professionista non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile cui mira il cliente, ma soltanto dalla violazione del dovere di diligenza adeguato alla natura dell’attività esercitata, ragion per cui l’affermazione della responsabilità dell’avvocato implica la prova – sulla scorta degli elementi che il cliente ha l’onere di fornire – che se il professionista avesse compiuto l’attività omessa il cliente avrebbe conseguito vantaggi economicamente valutabili. Deriva da quanto precede, pertanto, che l’ inadempimento del professionista nei riguardi del cliente non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile cui mira quest’ultimo, ma soltanto dalla violazione da parte del professionista del dovere di diligenza inerente e adeguato alla natura dell’attività esercitata. In concreto, l’affermazione della sua responsabilità implica l’indagine – positivamente svolta sulla base degli elementi di prova che il cliente ha l’onere di fornire – circa il sicuro e chiaro fondamento dell’azione che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata, e, in definitiva, la certezza morale che gli effetti di una diversa sua attività sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente.
Ordinanza|| n. 18011. Responsabilità del professionista ed onere della prova a carico del cliente
Data udienza 9 gennaio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: ARTI E PROFESSIONI INTELLETTUALI – AVVOCATO – ONORARIO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere
Dott. CAPONI Remo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 12064/2022 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS);
-controricorrente-
avverso l’ordinanza del Tribunale di Potenza n. 1595/2021, depositata l’08 novembre 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 gennaio 2023 dal Consigliere Milena Falaschi.
Responsabilità del professionista ed onere della prova a carico del cliente
OSSERVAZIONI IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato che:
– con ricorso dell’8 febbraio 2021 proposto ex articolo 14 del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, l’avvocato (OMISSIS) chiedeva la condanna di (OMISSIS) al pagamento dei compensi, quantificati in Euro 2.738,00 oltre spese generali ed accessori di legge, con parcella vidimata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Potenza, a lui spettanti per l’attivita’ difensiva svolta nella procedura monitoria e nel giudizio di opposizione definito con sentenza n. 292/2020 dal Tribunale di Potenza;
– instaurato il contraddittorio, (OMISSIS) resisteva ed eccepiva il grave inadempimento dell’avvocato, per non avere questi svolto la propria attivita’ professionale con la diligenza necessaria. Deduceva, in particolare, che l’avvocato (OMISSIS) non lo aveva compiutamente informato del deposito, ad opera della controparte nel giudizio presupposto, di un prospetto di pagamenti asseritamente effettuato da quest’ultima, privandolo, cosi’, della possibilita’ di eccepirne la falsita’ nonche’ di svolgere un’adeguata attivita’ difensiva. Pertanto, proponeva domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto d’opera intellettuale per grave inadempimento e, in via subordinata, la riduzione del compenso preteso. Il Tribunale di Potenza, con ordinanza n. 1595 del 2021, accoglieva integralmente la domanda principale e rigettava la domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto d’opera intellettuale, liquidando il compenso secondo i minimi tariffari di cui al Decreto Ministeriale n. 55/2014.
In particolare, il giudice adito riteneva che l’inadempimento del professionista non fosse di gravita’ tale da giustificare la risoluzione del contratto di patrocinio, riconducendo la fattispecie all’ipotesi di cui all’articolo 1455 c.c., avendo riguardo al criterio di proporzionalita’, alla parzialita’ dell’inadempimento e alle conseguenze prodotte sulla quantificazione del credito, ritenendo, al piu’, sussistenti le condizioni per la proposizione di una domanda risarcitoria, non formulata dal (OMISSIS);
– per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale di Potenza ricorre il (OMISSIS) sulla base di un unico motivo, cui l’avvocato (OMISSIS) resiste con controricorso;
– in prossimita’ dell’adunanza camerale parte controricorrente ha curato il deposito di memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c.
Responsabilità del professionista ed onere della prova a carico del cliente
Atteso che:
– il ricorrente, con un unico motivo, lamenta la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1453 e 1455 c.c. nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto il comportamento professionale dell’Avvocato (OMISSIS) non costituente grave inadempimento. In particolare, il ricorrente si duole del fatto che il Tribunale, nel valutare la consistenza dell’inadempimento, non avrebbe tenuto in debita considerazione il principio di affidamento nei confronti del professionista, dovendo ritenere applicabile all’ipotesi dell’omesso svolgimento di un’attivita’ da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il proprio cliente, “la regola della preponderanza dell’evidenza o del “piu’ probabile che non””. Il ricorrente ritiene, quindi, che il Tribunale non avrebbe correttamente applicato l’articolo 1455 c.c. non avendo comparato l’interesse della parte con l’eccepito inadempimento, che avrebbe alterato in misura apprezzabile il diritto dell’odierno ricorrente.
La doglianza che nella sostanza si risolve nella denuncia di omesso esame di fatti decisivi e’, almeno in parte, affetta da profili di inammissibilita’, in quanto non rispondente appieno al canone prescritto da Cass., Sez. Un., Sentenza n. 8053 del 2014, a mente del quale, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli articoli 366, comma 1, n. 6), e 369, comma 2, n. 4), c.p.c., il ricorrente deve indicare: 1) il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso; 2) il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente; 3) il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti; 4) la sua “decisivita’”.
Il motivo di ricorso articolato dal ricorrente, invece, da un lato, enumera una serie di circostanze fattuali relative al giudizio nel quale e’ stato difeso dal controricorrente, senza pero’ in alcun modo puntualizzare ne’ da dove esse risultino ne’ quando e dove siano state oggetto di discussione e, dall’altro lato, viene ad addurre profili (quali la responsabilita’ del professionista per la mancata presa di specifica posizione nel merito delle eccezioni e delle contestazioni mosse dalla opponente, il mancato disconoscimento del documento in cui era riportato il riepilogo dei pagamenti, non sottoscritto dal ricorrente) che non costituiscono “fatti”, bensi’ questioni o argomentazioni, in tal modo venendo ad estendere in modo inammissibile il paradigma normativo dell’articolo 360, n. 5), c.p.c. (Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017).
Ne’ il ricorrente ricostruisce i fatti decisivi sulla base dei quali il Tribunale avrebbe dovuto ritenere grave l’inadempimento del professionista.
Ulteriormente, l’insieme di circostanze dedotte -laddove esse non trasmodino in mere argomentazioni giuridiche- appaiono del tutto prive del carattere della “decisivita’”, sol che si consideri che l’omessa informazione dell’assistito sulla documentazione prodotta dalla parte avversa nel giudizio presupposto ovvero circa le difese dalla medesima assunte con necessita’ di prendere posizione non tiene conto che si tratta di fatti dei quali non e’ stato comunque chiarito se siano stati assunti dal giudice ad quem a fondamento del proprio convincimento, dovendosi rammentare che il giudice non e’ tenuto a dare conto in motivazione del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanze processuali, ne’ a confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi per giungere alle proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 16034 del 2002).
D’altra parte, per principio consolidato di questa Corte in materia di responsabilita’ del professionista, il cliente e’ tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo e’ stato causato dalla insufficiente o inadeguata attivita’ del professionista e cioe’ dalla difettosa prestazione professionale. Pertanto l’inadempimento del professionista non puo’ essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile cui mira il cliente, ma soltanto dalla violazione del dovere di diligenza adeguato alla natura dell’attivita’ esercitata, ragion per cui l’affermazione della responsabilita’ dell’avvocato implica la prova – sulla scorta degli elementi che il cliente ha l’onere di fornire – che se il professionista avesse compiuto l’attivita’ omessa il cliente avrebbe conseguito vantaggi economicamente valutabili (ex multis, Cass. n. 20828 del 2009).
Responsabilità del professionista ed onere della prova a carico del cliente
In applicazione di tale principio e’ stato ritenuto, quindi, che l’inadempimento del professionista nei riguardi del cliente non puo’ essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile cui mira quest’ultimo, ma soltanto dalla violazione da parte del professionista del dovere di diligenza inerente ed adeguato alla natura dell’attivita’ esercitata; nel senso che l’affermazione della sua responsabilita’ implica l’indagine – positivamente svolta sulla base degli elementi di prova che il cliente ha l’onere di fornire – circa il sicuro e chiaro fondamento dell’azione che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata, e, in definitiva, la certezza morale che gli effetti di una diversa sua attivita’ sarebbero stati piu’ vantaggiosi per il cliente (Cass. n. 5364 del 1977 e Cass. n. 1831 del 1977).
Rammentato il principio, il Tribunale ha evidenziato che l’inadempimento del professionista – sicuramente da riferire alla mancata contestazione di due pagamenti per complessivi Euro 1.000,00 – non integrava la gravita’ necessaria per pronunciare la risoluzione del contratto, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte, trattandosi nella specie di ipotesi da ricondurre ad inesatto adempimento della prestazione.
La denuncia di violazione degli articoli 1453 e 1455 c.c. e’ dunque priva di consistenza, perche’ le critiche rivolte dal ricorrente consistono, in realta’, nell’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta dovuta alla inesatta valutazione del materiale istruttorio (ex plurimis, Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020).
In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, il ricorso deve essere respinto, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore di (OMISSIS) che si liquidano in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario (15%), iva e cap nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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