Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2022| n. 25947.

Recupero di un credito contrattuale del fallito

Nel giudizio promosso dalla curatela per il recupero di un credito contrattuale del fallito, il convenuto può eccepire in compensazione, in via riconvenzionale, l’esistenza di un proprio controcredito verso il fallimento, non operando al riguardo il rito speciale per l’accertamento del passivo previsto dagli articoli 93 e seguenti della legge fallimentare, atteso che tale eccezione – diversamente dalla corrispondente domanda riconvenzionale, il cui petitum riguarda, invece, una pronuncia idonea al giudicato a sé favorevole, di accertamento o di condanna all’importo in tesi spettante alla medesima parte, una volta operata la compensazione – è diretta esclusivamente a neutralizzare la domanda attrice ed ad ottenerne il rigetto, totale o parziale.

Ordinanza|2 settembre 2022| n. 25947. Recupero di un credito contrattuale del fallito

Data udienza 6 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Occupazione abusiva – Indennità – Immobile acquistato prima del fallimento del proprietario – Mancata trascrizione della scrittura privata – Inopponibilità ai terzi e al fallimento – Giudizio promosso dalla curatela per il recupero di un credito contrattuale del fallito – Eccezione in compensazione, in via riconvenzionale del convenuto – Ammissibilità – Inoperatività degli artt. 93 e ss. legge fall. – Eccezione diretta esclusivamente a neutralizzare la domanda attrice ed ad ottenerne il rigetto, totale o parziale della domanda

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. POLETTI Dianora – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2092/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) SAS, in persona del Curatore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS), ( (OMISSIS)) che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2190/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 24/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/07/2022 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

Recupero di un credito contrattuale del fallito

FATTI DI CAUSA

1. Il Curatore del fallimento della societa’ (OMISSIS) e del socio accomandatario (OMISSIS) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Palermo (OMISSIS), chiedendone la condanna al rilascio dell’immobile adibito a box, da questi abusivamente detenuto, sito al piano cantinato dell’edificio sito in (OMISSIS), con accesso dallo scivolo di cui al civico n. (OMISSIS) e la condanna all’indennita’ per l’abusiva occupazione dell’immobile dalla data del fallimento al rilascio, da liquidarsi in Lire 293.435 mensili.
2. Il convenuto, costituitosi in giudizio, eccepiva di aver acquistato il bene dalla societa’ fallita con scrittura privata del 6 ottobre 1984 per il prezzo di Lire 40 milioni e che la venditrice gli aveva trasferito il possesso del bene nel mese di (OMISSIS). Egli, inoltre, quale possessore di buona fede, non era tenuto a restituire i frutti della cosa fino al momento della domanda. Chiedeva, inoltre, in via subordinata e riconvenzionale, la condanna dell’attrice al pagamento di una congrua indennita’ per i miglioramenti apportati al bene in contestazione.
3. Il Tribunale di Palermo rigettava le domande proposte dalla curatela e compensava le spese di lite.
4. La curatela interponeva appello chiedendo la riforma della sentenza e insistendo nella inopponibilita’ alla procedura del negozio del 1984 per difetto di trascrizione e, subordinatamente, dolendosi della sua qualificazione come contratto di compravendita, anziche’ come preliminare.
5. La controparte si costituiva in appello chiedendone il rigetto e insistendo, in caso di accoglimento, per il pagamento dell’indennita’ per le migliorie.
6. La Corte d’Appello di Palermo dichiarava inammissibile il primo motivo di gravame sul rilievo che l’opponibilita’ alla procedura concorsuale della scrittura del 1984 non era mai stata invocata in primo grado e non poteva operare nella fattispecie. Dichiarava inammissibile per difetto di specificita’ il motivo subordinato.
7. La curatela del fallimento proponeva ricorso per cassazione.
8. Questa Corte, con pronuncia del 16 ottobre 2014, accoglieva il ricorso e cassava la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’Appello di Palermo in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.
9. La curatela riassumeva la causa, insistendo nelle domande gia’ proposte.
10. (OMISSIS) resisteva all’impugnazione, chiedendone il rigetto.
11. La Corte d’Appello di Palermo, nel giudizio di rinvio, evidenziava che la motivazione della pronuncia di cassazione si fondava sull’erronea affermazione della novita’ dell’eccezione di inopponibilita’ alla curatela L.Fall., ex articolo 45 della scrittura privata non trascritta del 5 ottobre 1984, in forza della quale la societa’ in bonis aveva trasferito all’appellato il box di (OMISSIS) nonche’ il difetto della qualita’ del terzo in capo al curatore.
Sulla scorta di tale principio la Corte d’Appello riteneva fondato il primo motivo di ricorso della curatela. In particolare, si evidenziava che l’atto di acquisto del box era stato stipulato certamente prima della sentenza dichiarativa di fallimento, intervenuta il 14 gennaio 1987, ma lo stesso non era stato trascritto anteriormente e nemmeno successivamente a tale data. In tal caso, non era opponibile al fallimento del venditore il suo atto di vendita immobiliare ex articolo 2704 c.c., richiedendosi che l’atto fosse trascritto in data anteriore all’apertura della procedura. Peraltro, la curatela non poteva considerarsi quale soggetto successore del fallito ma doveva considerarsi terzo rispetto ad esso. Il curatore, infatti, era solamente investito dell’attivita’ di gestione del patrimonio del fallito nell’interesse della massa dei creditori.
Pertanto, si imponeva la condanna del convenuto al rilascio dell’immobile, essendo l’occupazione priva di un valido titolo. Questi doveva essere anche condannato al risarcimento del danno per l’illegittima occupazione. L’ammontare dell’importo dovuto doveva determinarsi sulla base di parametri oggettivi e, dunque, l’indennita’ mensile doveva fissarsi in Euro 50 per l’intera durata dell’occupazione a partire dalla sentenza dichiarativa del fallimento. Non poteva esaminarsi, invece, la domanda di accertamento delle migliorie apportate sull’immobile in considerazione della sua natura di debito concorsuale della massa che doveva farsi valere in via esclusiva nella sede fallimentare.
12. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di sei motivi di ricorso.
13. La curatela del fallimento della societa’ (OMISSIS) e del socio accomandatario (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
14. Entrambe le parti con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c. e per difetto di motivazione.
La censura ha ad oggetto la qualificazione della domanda proposta dalla curatela che, se qualificata come azione personale di restituzione, sarebbe destituita di fondamento perche’ la societa’ fallita non ha mai consegnato il box oggetto della domanda ma solo un’area sulla quale il ricorrente ha edificato il box medesimo. Se, invece, la domanda dovesse qualificarsi come di rivendica, la stessa sarebbe infondata, non essendo mai stata formulata alcuna domanda concernente l’accessione alla nuda area delle opere di costruzione del box e non essendo stata provata dalla curatela la proprieta’ dell’area in capo alla societa’ fallita.
La Corte d’Appello non avrebbe chiarito la qualificazione dell’azione promossa dalla curatela e, dunque, in assenza di una specificazione circa l’accoglimento di un’azione personale di restituzione ovvero di un’azione reale di rivendica la sentenza dovrebbe ritenersi nulla per violazione del principio di corrispondenza del chiesto e pronunciato.
2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 948, 2697, 934, 936 c.c., articoli 112 e 115 c.p.c.
In ogni caso la domanda proposta dalla curatela avrebbe dovuto essere rigettata tanto se qualificata come mera azione personale di restituzione che come azione di rivendica. Nel primo caso per la mancanza dei relativi presupposti, in quanto il bene consegnato era un’area nuda e non box oggetto invece della domanda di rilascio. In altri termini, mancherebbe l’identita’ tra il bene originariamente consegnato e quello oggetto della condanna alla restituzione. Mancherebbe anche la prova del rapporto personale obbligatorio poi venuto meno in base al quale sarebbe avvenuta la consegna.
Nel secondo caso, qualificata la domanda come di rivendica, l’azione non avrebbe potuto essere accolta perche’ non era stata fornita la prova della proprieta’ dell’area su cui insisteva il box, ne’ era stata mai chiesta l’accessione all’area delle opere di edificazione del box.
3. Il terzo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 948, 2697, 934, 936 c.c., articoli 112 e 115 c.p.c.
Secondo il ricorrente la Corte d’Appello avrebbe accolto una domanda di rivendica, pur avendo agito la curatela con un’azione di rilascio. Nella citazione, infatti, la curatela ha chiesto solo il rilascio del box come detenzione senza titolo. L’azione effettivamente accolta invece sarebbe di rivendica della proprieta’ dell’area nella quale e’ ricompresa la costruzione della quale la curatela avrebbe dovuto dimostrare la proprieta’. La stessa Corte d’Appello avrebbe esplicitamente ammesso che il bene originariamente consegnato era una nuda area con effettuazione di opere di trasformazione da parte del ricorrente e, dunque, non vi sarebbe stata la consegna del box e l’azione personale di mera restituzione avrebbe dovuto essere rigettata per l’assenza del fatto costitutivo di tale azione. La Corte di merito, nonostante le risultanze istruttorie evidenziate, pronunciando ultra petitum, avrebbe riconosciuto alla curatela la proprieta’ del box senza che tale domanda fosse formulata e tantomeno provata.
3.1 I primi tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
Il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata. La Corte d’Appello ha evidenziato che il giudizio di rinvio a seguito di cassazione e’ un giudizio chiuso nel quale il giudice deve limitarsi ad applicare il dictum del giudice di legittimita’ in base al materiale di cognizione gia’ completo e le parti sono obbligate a riproporre la controversia negli stessi termini e nello stesso stato d’istruzione anteriore alla sentenza cassata.
Sulla base di questa premessa, il giudice del rinvio ha esaminato la domanda della curatela di rilascio dell’immobile perche’ detenuto sine titulo dal (OMISSIS), sul rilievo preliminare ed assorbente dell’inopponibilita’ della scrittura privata del 6 ottobre 1984. La suddetta domanda, infatti, e’ stata accolta perche’ l’atto di acquisto del (OMISSIS), non essendo stato trascritto prima della sentenza dichiarativa del fallimento della societa’

 

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