Reato di peculato ed amministratore di sostegno

Corte di Cassazione,  penale, Sentenza|23 marzo 2022| n. 10213.

Reato di peculato ed amministratore di sostegno

Integra il reato di peculato la condotta del soggetto che nominato amministratore di sostegno che utilizzi le somme che sia stato autorizzato prelevare dal conto dell’amministrando, non già nell’interesse di quest’ultimo ma nel proprio primario interesse. L’onere della prova in tal senso grava sull’accusa che è tenuta a fornire prova delle condotte appropriative dell’assenza della rendicontazione e della destinazione delle somme.

Sentenza|23 marzo 2022| n. 10213. Reato di peculato ed amministratore di sostegno

Data udienza 20 gennaio 2022

Integrale

Tag – parola: Peculato – Ricorso per cassazione – Censure inammissibili

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSTANZO Angelo – Presidente

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

Dott. APRILE Ercole – Consigliere

Dott. ROSATI Martino – Consigliere

Dott. PATERNO’ RADDUSA B. – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata il (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte di appello di Genova del 13 gennaio 2021;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Benedetto Paterno’ Raddusa;
sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale Dott. DE MASELLIS Marinella, che ha concluso per la inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

I Con la sentenza indicata in epigrafe a Corte di appello di Genova ha confermato a condanna alla pena ritenuta di giustizia resa, in esito a giudizio abbreviato, dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Imperia ai danni di (OMISSIS), ritenuta responsabile del reato di peculato alla stessa ascritto per essersi appropriata, nella sua qualita’ di amministratore di sostegno dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), nell’arco di tempo compreso tra il 2013 e il 2016, della somma di Euro 25.000 indebitamente prelevata dai conti correnti e da un libretto postale dei due soggetti amministrati sui quali era legittimata ad operare in ragione del suo ufficio.
Propone ricorso il difensore dell’imputata e lamenta:
– nullita’ della sentenza per omessa notifica del decreto di citazione in appello all’imputata, notificato presso la sua residenza e non presso il domicilio eletto;
violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta configurabilita’ del peculato per la mancata dimostrazione dell’appropriazione delle somme contestate, ricavata, tramite una non consentita inversione dell’onere probatorio, facendo leva sulla mancata presentazione dei rendiconti da parte dell’imputata e sulla inadeguatezza giustificativa delle relative pezze di appoggio nonche’ deprivando apoditticamente di rilievo le indicazioni probatorie a discapito offerte dalla difesa, in particolare, ritenendo inattendibili le dichiarazioni delle badanti quanto alle somme a queste ultime versate dall’imputata per le spese da affrontare nella quotidiana gestione dei due amministrati i cui importi assorbivano gli asseriti ammanchi contestati alla (OMISSIS).

Reato di peculato ed amministratore di sostegno

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ inammissibile per le ragioni precisate di seguito.

2. Il primo motivo e’ inammissibile per piu’ concorrenti ragioni.
La disamina degli atti consente di evidenziare che nel caso l’avviso relativo alla citazione in appello venne effettuato al difensore di fiducia ex articolo 161 c.p.p., comma 4, perche’ non fu possibile procedere presso il domicilio eletto (in via Padre Semeria, Sanremo, confermato anche dalle indicazioni contenute nella sentenza di primo grado).
Il ricorso non solo non emargina siffatta circostanza ma fa anche leva su una elezione di domicilio (allegata al ricorso e assertivamente non rispettata nella specie) relativa a tutt’altro procedimento (quello riferibile alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Imperia distinto dal r.g.n. n. 2597/20/21, pendente contro Mirella Boeri, nella quale l’imputata era persona offesa).
In ogni caso, poi, vertendosi in ipotesi di nullita’ a regime intermedio, il rilievo non sarebbe comunque prospettabile in questa sede se non eccepito dal difensore di fiducia nel corso dei giudizio di appello (Sez. 2 n. 46638 del 13/09/2019, Rv. 278002; Sez. 5 n. 48916 del 01/10/2018, Rv. 274183).
3. Venendo al merito, il ricorso e’ inammissibile perche’ riposa su doglianze manifestamente infondate oltre che prospettate senza operare un puntuale e effettivo confronto con l’integrale portato delle motivazioni spese in sentenza in ordine alla prova delle appropriazioni addebitate all’imputata.
4. Le censure prospettate meritano una risposta unitaria.
4.1. Incontroversa la disponibilita’ della (OMISSIS), per l’incarico conferitole, a operare sui rapporti bancari degli amministrati, i Giudici del merito hanno messo in evidenza che nel periodo in contestazione sono stati prelevati dalla ricorrente Euro 41.000, senza che l’imputata, nel corso della procedura abbia mai presentato rendiconti, neppure dopo la morte dei due amministrati.
4.2. Cio’ premesso, la della (OMISSIS) sostiene di aver allegato adeguati elementi a sostegno della avvenuta destinazione delle somme prelevate ad impieghi funzionali ai bisogni dei due amministrati, dati assertivamente trascurati o deprivati di rilievo dalla Corte territoriale senza adeguate argomentazioni; ancora piu’ a monte, rimarca che la configurabilita’ dei peculato nel caso sarebbe stata fondata sulla sciatteria contabile della ricorrente, strumentalizzando l’omessa presentazione dei rendiconti a sostegno di una non consentita inversione dell’onere probatorio relativo alle condotte appropriative, (onere) comunque gravante sull’accusa
4.3. In senso opposto al tenore del ricorso va subito rimarcato che i Giudici del merito hanno preso in considerazione le indicazioni giustificative addotte ex post dalla difesa a sostegno della funzionale destinazione delle somme in questione ai bisogni degli amministrati: quelle idoneamente documentate sono state infatti considerate, tant’e’ che dalla originaria imputazione sono state scorporate spese giustificate per circa 11.000 Euro.
Per il resto, le altre pezze giustificative allegate dalla difesa sono state espunte dai novero di quelle utili al fine che occupa, con motivazione, analitica e puntuale, che la Corte di appello recupera dall’argomentare piu’ dettagliato di quella di primo grado e che il ricorso manca di contrastare con la dovuta specificita’.
il ricorso si sofferma, ma sempre in termini di genericita’ deduttiva, sul rilievo da ascrivere alle dichiarazioni delle due badanti, che, ad avviso della difesa, avrebbero connotazioni dirimenti sulla destinazione delle somme prelevate in termini coerenti agli interessi dei due amministrati.
Anche su tale punto, tuttavia, l’impugnazione in esame denunzia la sua aspecificita’: sia in primo grado (pagina 6 e 7 della sentenza) che in secondo grado e’ esclusa l’attendibilita’ del narrato delle due badanti secondo indicazioni argomentative correlate al tenore specifico delle relative deposizioni e alla luce di valutazioni logiche, legate alla spesa media giornaliera dei due assistiti rapportata alle condizioni di vita dei due, tali da smentire il portato delle relative affermazioni quanto alla misura del contributo erogato settimanalmente dall’imputata, coerentemente ridotto ai soli importi documentati (poco piu’ di 5100 Euro).
Argomentazioni rimaste estranee a rilievi critici puntuali e specifici.
4.4. La lettura della decisione impugnata, infine, consente di escludere che nel caso al giudizio di responsabilita’ si sia pervenuti attraverso una erronea applicazione delle regole inerenti l’onere probatorio.
Vero e’ che in sentenza viene dato rilievo alla mancata presentazione dei rendiconti da parte della (OMISSIS); il dato, tuttavia, non viene rassegnato per stigmatizzarne la responsabilita’ penale unicamente in ragione di tale contegno omissivo.
Per contro, incontroverso il dato dell’apprensione materiale di somme di pertinenza degli amministrati, delle quali l’imputata aveva la disponibilita’ solo per asservirne l’impiego ai bisogni dei due amministrati, alla dimostrazione del peculato si e’ pervenuti all’esito di una puntuale valutazione delle indicazioni difensive offerte dalla (OMISSIS), l’unica in grado di poter offrire le relative allegazioni giustificative alla luce della liberta’ di gestione che connotava le modalita’ di esplicazione dell’incarico.
L’omessa rendicontazione, dunque, non ha costituito la ragione fondante della ritenuta indebita appropriazione; e’ stata invece opportunamente valorizzata quale chiave di lettura unitaria di una complessiva inadeguatezza giustificativa degli impieghi contestati, verificata all’esito di un puntuale scrutinio delle sollecitazioni probatorie offerte dalla (OMISSIS); inadeguatezza coerentemente reputata quale indice sintomatico altamente rappresentativo della distrazione contestata, in linea con le indicazioni di principio offerte sui terna da questa Corte fez. 6,n. 12087 del 04/03/2020, Rv. 278874).
5.Alla inammissibilita’ del ricorso seguono le pronunce di cui all’articolo 616 c.p.p., comma 1, definite nei termini di cui al dispositivo che segue.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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