Reato di induzione indebita a dare o promettere utilità

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 21 aprile 2020, n. 12612.

Massima estrapolata:

Commette il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, nella forma tentata, l’agente di polizia che si fa dare 500 euro per assegnare un alloggio a chi lo ha già occupato abusivamente.

Sentenza 21 aprile 2020, n. 12612

Data udienza 5 marzo 2020

Tag – parola chiave: Tentata induzione indebita a dare o promettere utilità – Agente di polizia – Operazione di sgombero – Richiesta agli occupanti per l’assegnazione dell’alloggio popolare di 500 euro – Riqualificazione della fattispecie in corruzione – Presupposti – Particolare spregiudicatezza degli occupanti – Estinzione del reato

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISCUOLO Anna – Presidente

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere

Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere

Dott. ROSATI Martino – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 10/04/2019 della Corte di appello di Roma;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Martino Rosati;
sentite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Sostituto Dr. Lori Perla, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
uditi i difensori avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), ed avv. (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Oggetto di scrutinio e’ la sentenza della Corte di appello di Roma del 10 aprile 2019, che, riformando quella del Tribunale della stessa citta’ del 22 gennaio 2016 soltanto in punto di durata della pena accessoria, ha confermato la condanna con quella inflitta all’agente di polizia locale (OMISSIS), per il delitto di tentata induzione indebita a dare o promettere utilita’, previsto e punito dagli articoli 56 e 319-quater, c.p., ch’egli avrebbe commesso in danno di tale (OMISSIS), chiedendole la somma di cinquecento Euro – secondo la contestazione – “per farle assegnare un alloggio popolare… gia’ oggetto di abusiva occupazione”.
Avverso tale sentenza, (OMISSIS) ricorre per cassazione con distinti atti di entrambi i suoi difensori.
2. Il ricorso proposto dall’avv. Biffa propone quattro ragioni di doglianza.
2.1. La prima attiene alla veste processuale della predetta (OMISSIS) e del suo compagno (OMISSIS) ed ai riflessi in tema di utilizzabilita’ delle loro dichiarazioni. Essi, infatti, sono stati escussi in dibattimento come testimoni, mentre sarebbe stato necessario esaminarli in qualita’ di imputati in procedimento connesso o di reato collegato, essendo a quel momento imputati in diverso processo per i delitti di cui agli articoli 633 e 635 c.p., in relazione alle condotte accertate e denunciate dal ricorrente, in occasione dell’intervento da cui e’ poi scaturita anche l’accusa verso di lui. Non a caso – evidenzia la difesa – quest’ultimo, nel processo a carico di costoro, e’ stato esaminato ai sensi dell’articolo 210 c.p.p..
In ragione, pertanto, del mancato rispetto delle relative formalita’ di rito, le dichiarazioni di costoro sarebbero inutilizzabili.
2.2. Con il secondo motivo, si censura l’inattendibilita’ delle dichiarazioni accusatorie della (OMISSIS), con particolare riferimento al fatto che la richiesta di denaro le sarebbe stata rivolta dal (OMISSIS) lo stesso giorno in cui poi e’ intervenuto lo sgombero dell’immobile, e dunque il (OMISSIS). Tale affermazione, infatti, risulterebbe smentita da produzione documentale difensiva, attestante la presenza del ricorrente, in quella data, presso il Tribunale di Roma, dov’era stato citato a comparire quale testimone.
Indimostrata, inoltre, e’ l’alternativa ipotesi per cui tale richiesta potrebbe essere stata avanzata dal (OMISSIS) il 2 dicembre precedente, in occasione dell’apposizione dei sigilli alla porta di quell’appartamento: il suo collega Pregagnoli, infatti, che lo aveva coadiuvato in tale attivita’, sentito in dibattimento quale testimone, ha negato che, nell’occasione, essi siano stati avvicinati da una donna.
2.3. Il terzo motivo denuncia la mancata assunzione di una prova decisiva ed il connesso vizio di motivazione, in relazione al diniego di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello per l’assunzione della testimonianza di un altro collega dell’imputato, tale (OMISSIS), a confutazione di quanto raccontato dal testimone (OMISSIS). Quest’ultimo, infatti, con deposizione particolarmente valorizzata in sentenza, ha riferito di specifiche accuse di mercimonio della funzione, rivolte dal padre della (OMISSIS) all’imputato, all’esterno dell’appartamento, nel corso delle procedure di sgombero, e della sollecitazione dell’altro a tacere, con l’aggiunta: “adesso strappiamo tutto”.
Deduce la difesa che, essendo (OMISSIS) sempre rimasto all’esterno dell’abitazione, avrebbe potuto riferire su quanto realmente accaduto nel frangente.
La Corte di merito ha respinto la relativa richiesta, spiegando le ragioni per le quali non abbia ritenuto tale prova decisiva, a norma dell’articolo 603 c.p.p., anziche’ dar conto – come invece avrebbe dovuto – della legittimita’ o meno dell’ordinanza di rigetto, da parte del primo giudice, della relativa istanza istruttoria avanzatagli ex articolo 507 c.p.p..
2.4. Con l’ultimo motivo, si censura la qualificazione giuridica del fatto.
Muovendo dall’affermazione della stessa (OMISSIS) e del suo compagno, secondo cui essi non avevano comunque alcuna intenzione di assecondare la richiesta di denaro in ipotesi avanzata dal (OMISSIS), nonche’ dalla spregiudicatezza di costoro, resisi autori di altre occupazioni abusive di alloggi popolari, prima e dopo d’allora, la difesa adduce che gli stessi abbiano comunque trattato in posizione di parita’ con l’imputato, senza soffrirne alcun metus.
Ragione per cui i fatti andrebbero ricondotti nella fattispecie della corruzione di cui all’articolo 319 c.p., con la conseguenza che le ipotizzate persone offese non sarebbero piu’ tali, bensi’ correi, e le loro dichiarazioni non sarebbero utilizzabili, poiche’ assunte in violazione degli articoli 63, 64 e 210 c.p.p..
3. In cinque distinti motivi, invece, l’avv. (OMISSIS) deduce violazione di legge e vizi di motivazione in relazione ai profili di seguito sintetizzati.
3.1. Inattendibilita’ delle dichiarazioni accusatorie della (OMISSIS).
La Corte, senza curarsi di saggiare previamente la credibilita’ soggettiva di costei e l’attendibilita’ del suo narrato, come invece impone la costante giurisprudenza di legittimita’, ne ha ritenuto affidabile la testimonianza per due ragioni: 1) l’assenza d’interesse a calunniare (OMISSIS); 2) l’atteggiamento conciliante, suo e dei suoi familiari, che non hanno sporto denuncia ed hanno poi revocato anche la costituzione di parte civile.
Replica, tuttavia, la difesa, quanto al primo punto, che in realta’ v’era piu’ d’una ragione di risentimento, da parte di costoro, verso l’imputato, il quale, negli anni, li aveva denunciati piu’ volte per fatti analoghi e, anche in quella occasione, ne stava disponendo lo sgombero. Il fatto, poi, che essi si siano scagliati solo contro di lui e non verso altri suoi colleghi operanti, invece, sarebbe dipeso unicamente dalla circostanza per cui, nel frangente, egli soltanto era rimasto all’esterno.
Nessun atteggiamento conciliante, poi, i (OMISSIS) avrebbero tenuto: perche’ le dichiarazioni da loro rese alla polizia giudiziaria, seppur prive di una specifica istanza di punizione, erano comunque idonee a generare un procedimento penale, trattandosi di accuse concernenti reati perseguibili d’ufficio; e perche’, inoltre, non sono note le ragioni della loro rinuncia alla costituzione di parte civile, che puo’ essere determinata dai motivi piu’ vari, compresi i costi per l’assistenza legale od il timore di incorrere in una denuncia per calunnia.
Inoltre, la difesa ricorrente evidenzia: a) che (OMISSIS) ha sempre contestato le accuse rivoltegli dalla famiglia (OMISSIS), sia in occasione dei fatti che, poi, in dibattimento, per cui la contraria affermazione contenuta in sentenza non e’ fondata, oltre che contraddetta da un successivo passaggio della stessa (pagg. 5 e 6); b) che, secondo quanto riferito dagli stessi (OMISSIS), e’ stato lo stesso imputato a richiedere l’intervento dei Carabinieri, cio’ che evidentemente non avrebbe mai fatto, semmai avesse stipulato un accordo illecito con costoro; c) che – come sottolineato dal co-difensore – quel giorno (OMISSIS) era in Tribunale.
3.2. Il secondo motivo propone le medesime doglianze avanzate dall’avv. (OMISSIS) con il primo motivo del proprio ricorso, in tema di qualifica processuale della (OMISSIS) e del suo compagno.
3.3. Con il terzo motivo, si denuncia il difetto di correlazione tra imputazione sentenza.
(OMISSIS) e’ stato tratto a giudizio con l’accusa di aver tentato di farsi dare del denaro dalla (OMISSIS), “per farle assegnare un alloggio popolare”. In dibattimento, sia la donna che il suo compagno hanno ribadito che la richiesta era stata loro rivolta “per farci assegnare casa”.
La Corte distrettuale, nel respingere la medesima censura gia’ formulata con l’atto di appello, ha escluso qualsiasi difetto di correlazione, rilevando che cio’ che si contestava all’imputato era essenzialmente di “avere assicurato il pacifico godimento dell’immobile occupato senza titolo”.
Sostiene, invece, la difesa che si tratti di condotte del tutto differenti, e non solo nominalmente, dovendo considerarsi che, affinche’ possa integrarsi l’ipotizzato delitto, l’atto oggetto di mercimonio da parte dell’agente pubblico deve rientrare nelle competenze istituzionali dell’ufficio cui appartiene: e, nello specifico, e’ indiscutibile che l’assegnazione di un alloggio popolare esuli dalle funzioni proprie di un agente della polizia municipale, qual e’ l’imputato.
3.4. Muovendo dalla ritenuta necessita’ che l’atto d’ufficio “venduto” dal pubblico funzionario rientri nelle competenze istituzionali dell’ufficio da lui specificamente ricoperto, con il quarto motivo di ricorso si sostiene che (OMISSIS) abbia comunque agito, in ipotesi, in assenza della necessaria qualifica pubblica, non svolgendo alcun ruolo all’interno dell’amministrazione deputata alla gestione dell’edilizia popolare.
Pertanto, essendo tale circostanza ben nota ai (OMISSIS), in quanto “occupanti seriali di case popolari” (cosi’ testualmente in ricorso), nella condotta addebitata all’imputato potrebbero ravvisarsi, semmai, gli estremi del tentativo di truffa, che tuttavia sarebbe improcedibile per difetto di querela.
3.5. Infine, con l’ultimo motivo, la difesa rappresenta che, quand’anche i fatti fossero andati si’ come ipotizza l’accusa, si sarebbe comunque in presenza di un reato impossibile: avendo la stessa (OMISSIS) immediatamente autodenunciato la propria occupazione abusiva alla Polizia municipale, nonche’ avendo (OMISSIS) ed i suoi colleghi intervenuti redatto il relativo verbale, peraltro in termini per nulla compiacenti, al punto che ne e’ scaturito un processo penale per la donna ed il suo compagno, se ne dovrebbe coerentemente desumere che la condotta asseritamente tenuta dall’imputato non avrebbe mai permesso di realizzare l’evento del reato, ossia l’illegittima assegnazione dell’alloggio alla (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il reato per il quale il ricorrente e’ stato ritenuto colpevole si e’ estinto per prescrizione nelle more della presente impugnazione.
Essendo la prescrizione un istituto di diritto sostanziale (Corte Cost., sentenza n. 393 del 23 novembre 2006), deve aversi riguardo alla relativa disciplina in vigore al momento del fatto.
Pertanto, in relazione alla misura della pena edittale, allora pari nel massimo a cinque anni e quattro mesi di reclusione, il termine di prescrizione e’ di sei anni, prorogato, per effetto di successive interruzioni, a sette anni e sei mesi, a decorrere dalla data di commissione del reato: ovvero dal (OMISSIS).
Considerando, inoltre, che il relativo decorso, secondo quanto si evince dal fascicolo allegato dal giudice a quo, e’ rimasto sospeso – ai sensi dell’articolo 159 c.p., comma 1, n. 3), – per complessivi quattro mesi e ventuno giorni, detto termine e’ spirato il 27 ottobre 2019.
2. Pur quando non dedotta con i motivi di ricorso o – se maturata successivamente – in sede di conclusioni, la causa di estinzione del reato, al pari di ogni altra ragione di proscioglimento immediato di cui all’articolo 129 c.p.p., comma 1, qualora sopravvenga al provvedimento impugnato, e’ rilevabile d’ufficio dalla Corte di cassazione, non implicando la necessita’ di accertamenti in fatto o di valutazioni di merito, incompatibili con i limiti del giudizio di legittimita’ (Sez. U, n. 8413 del 20/12/2007, Cassa, Rv. 238467, proprio in tema di prescrizione).
Cio’ vale, a meno che tutti i motivi del ricorso proposto siano inammissibili, anche soltanto per manifesta infondatezza, poiche’ tale situazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilita’ di rilevare e dichiarare le cause di non punibilita’, a norma del cit., articolo 129 c.p.p., (cosi’, sempre con precipuo riferimento alla prescrizione, Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266).
Per altro verso, la presenza di tale causa di estinzione del reato fa si’ che, in sede di legittimita’, non siano rilevabili eventuali nullita’ di ordine generale ne’ vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275).
3. In applicazione di tali principi al caso di specie, deve rilevarsi, anzitutto, come non tutti i motivi di ricorso, benche’ infondati, siano tali con manifesta evidenza, si’ da dover essere dichiarati inammissibili.
3.1. Tanto dicasi per il primo motivo proposto dall’avv. (OMISSIS), in tema di qualifica processuale delle persone offese e di conseguente utilizzabilita’ delle loro dichiarazioni, ove si ponga mente all’obiettiva complessita’ della disciplina di riferimento e dei presupposti del c.d. “collegamento probatorio” di cui all’articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera b), correttamente tratteggiati dalla Corte di appello e non ravvisabili nella specie, ma non sempre suscettibili di essere colti all’evidenza.
3.2. Altrettanto vale per il quarto motivo rassegnato da quel difensore, in tema di analisi differenziale tra corruzione ed induzione indebita.
Anche sotto questo aspetto, la sentenza impugnata ha ben evidenziato come il discrimine non risieda nella verificazione o meno, in concreto, dell’effetto intimidatorio sul privato interlocutore dell’agente pubblico, ma nell’oggettiva idoneita’ prevaricatrice e costrittiva della condotta di quest’ultimo: caratteristica che la sentenza impugnata ravvisa ed illustra in modo adeguato, descrivendo lo squilibrio nei rapporti di forza tra le parti, in ragione degli effetti condizionanti esercitati sull’atteggiamento psicologico delle vittime dal carattere primario del loro interesse coinvolto, qual e’ quello all’abitazione.
Le contrarie deduzioni difensive, dunque, pur non fondate, non si presentano all’evidenza inconsistenti, data l’obiettiva difficolta’ del confine tra le due fattispecie incriminatrici.
3.3. Infine, valutazioni analoghe debbono riservarsi anche al primo motivo del ricorso avanzato dall’avv. (OMISSIS), in ragione delle incertezze evidenziate nella testimonianza di (OMISSIS), quantunque non decisive e superate dalla Corte di appello con motivazione complessivamente persuasiva ma, non di meno, articolata.
4. In ragione di tanto, la sentenza impugnata dev’essere annullata senza rinvio, ai sensi dell’articolo 620 c.p.p., lettera a), poiche’ il reato e’ estinto per intervenuta prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il reato e’ estinto per prescrizione.
Si da’ atto che il presente provvedimento, redatto dal Consigliere Dr. Rosati Martino, viene sottoscritto dal solo Presidente del Collegio, per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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