Corte di Cassazione, penale, Sentenza|18 novembre 2021| n. 42144.
Nel caso di reati puniti con pena detentiva congiunta a quella pecuniaria, l’aumento di pena per l’applicazione della continuazione deve riferirsi ad entrambe le sanzioni, ma il giudice non è obbligato a seguire il medesimo criterio nella determinazione della sanzione detentiva e di quella pecuniaria.
Sentenza|18 novembre 2021| n. 42144. Reati puniti con pena detentiva congiunta a quella pecuniaria
Data udienza 14 ottobre 2021
Integrale
Tag – parola: Concorso continuato in detenzione a fini di spaccio di cocaina – Patteggiamento – Illegalità della pena irrogata – Reiterazione di censure di mero fatto – Inammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIAMPI Francesco Mari – Presidente
Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere
Dott. PEZZELLA Vincenzo – rel. Consigliere
Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere
Dott. CENCI Daniele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 10/02/2021 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di CATANIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere PEZZELLA VINCENZO;
lette le conclusioni del PG.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS), ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo l’illegalita’ della pena applicatale ai sensi degli articoli 444 e ss. c.p.p..
Evidenzia la ricorrente che era stata portata a processo per rispondere del reato di cui all’articolo 110 c.p., e articolo 81 c.p., comma 2 e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commesso in (OMISSIS) (capo 11 dell’imputazione) e che il proprio difensore, munito di procura speciale, aveva chiesto la definizione anticipata del procedimento mediante l’applicazione della pena di anni tre e mesi cinque di reclusione ed Euro 16.000,00 (sedicimila/00) di multa, cosi’ determinata: pena base per il reato contestato al capo 11) della rubrica anni sei di reclusione ed Euro 26.000 di multa, diminuita ad anni quattro e mesi sei di reclusione ed Euro 22.000,00 di multa ex ari. 62 bis c.p. per la concessione delle attenuanti generiche, aumentata ad anni cinque di reclusione ed Euro 24.000 di multa ex articolo 81 cpv. c.p. per la continuazione, ridotta come sopra per la scelta del rito. Il Pubblico Ministero aveva prestato il proprio consenso ed il giudice per le indagini preliminari aveva provveduto in conformita’ con il provvedimento impugnato.
Tuttavia -ci si duole- era compito del giudice verificare che fossero stati computati correttamente gli aumenti di pena e in questo caso cosi’ non e’ stato.
Cio’ perche’, da un’attenta analisi, emergerebbe che, con riferimento alla diminuzione per le circostanze attenuanti generiche, e’ stata applicata la riduzione di 1/4 per la pena detentiva (quindi ad anni 4 e mesi 6 di reclusione) ma per la pena pecuniaria e’ stata effettuata una riduzione di quasi 1/7 (quindi a 22.000 Euro anziche’ a 19.500 Euro).
Analoga situazione – ci si duole- si e’ verificata in relazione all’aumento per la continuazione ex articolo 81 c.p., per la quale e’ stato previsto un aumento per la pena detentiva di 1/9 (quindi ad anni 5 di reclusione) e di un aumento per la pena pecuniaria inferiore (quindi a 24.000 di multa). Ed infine, nel calcolo compiuto per la riduzione di pena ex articolo 444 c.p.p., la pena pecuniaria e’ stata ridotta esattamente di 1/3, quindi a 16.000 Euro, mentre alla pena detentiva e’ stato applicato altro coefficiente risultando la stessa ridotta ad anni 3 e mesi 5 di reclusione, anziche’ ad anni 3 e mesi 4 di reclusione.
Per il difensore cosi’ facendo la pena applicata risulterebbe illegale, non potendo compiersi un aumento e/o una riduzione differenziata nei reati puniti congiuntamente con pena detentiva e pena pecuniaria, dovendosi applicare un unico calcolo, e quindi un medesimo coefficiente, si’ da risultare omogeneo per entrambe le sanzioni inflitte.
2. Il P.G. presso questa Corte di legittimita’ ha rassegnato in data 9/8/2021 le proprie conclusioni scritte chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
Reati puniti con pena detentiva congiunta a quella pecuniaria
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile, in quanto proposto in un caso non previsto dalla legge.
2. Ed invero, a far tempo dal 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della L. 23 giugno 2017, n. 103 successiva alla quale sono sia la richiesta di patteggia-mento che la relativa impugnativa (cfr. la L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, comma 51) il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena ex articoli 444 e ss. c.p.p. “solo per motivi attinenti all’espressione della volonta’ dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalita’ della pena e della misura di sicurezza”.
E nel caso che ci occupa non siamo affatto di fronte ad una pena illegale.
La nozione di “pena illegale”, cosi’ come efficacemente sintetizzato dalle Sezioni Unite (in particolare, Sez. Un., n. 40986 del 19/07/2018, Pittala’, Rv. 273934/01-273934/02, e Sez. Un., n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264205/01- 264207/01), attiene a quella pena che, per specie ovvero per quantita’, non corrisponde a quella astrattamente prevista per la fattispecie incriminatrice in questione, cosi’ collocandosi al di fuori del sistema sanzionatorio come delineato dal codice penale, o che, comunque, e’ stata determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione basato su una cornice edittale inapplicabile, perche’ dichiarata costituzionalmente illegittima o perche’ individuata in violazione del principio di irretroattivita’ della legge pena piu’ sfavorevole.
Peraltro, e’ stato costantemente affermato che gli eventuali errori di calcolo commessi nei singoli passaggi interni per la determinazione della sanzione concordata ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. – che, come si dira’ di seguito, peraltro nel caso in esame non ci sono – non rilevano se il risultato finale non si traduce in una pena illegale (Sez. 6, n. 44907 del 30/10/2013, Marchisella, Rv. 257151; Sez. 1, n. 29668 del 17/6/2014, Cannizzo, Rv. 263217) e cio’ corrisponde anche alla constatazione logica, prima ancora che giuridica, che nel patteggiamento l’accordo si forma non tanto sulla pena inizialmente indicata e sulle eventuali operazioni con le quali essa viene determinata, bensi’ sul risultato finale delle operazioni stesse (Sez. 4, n. 1853 del 17/11/2005, dep. 2006, Federico, Rv. 233185; Sez. 4, n. 518 del 28/1/2000, Carrello, Rv. 216881; Sez. 6, n. 1705 del 6/5/1999, Botto, Rv. 214742, in un’ipotesi in cui, nei singoli passaggi intermedi, il calcolo effettuato aveva portato al superamento del limite minimo di pena edittale).
3. La pena applicata nel caso che ci occupa ex articoli 444 e ss. c.p.p. all’odierna ricorrente non e’ illegale. E, va qui aggiunto, e’ esattamente quella concordata tra le parti.
L’articolo 444 c.p.p. prevede che ci possa essere una diminuzione della pena concordata tra le parti “fino a un terzo”.
Quel “fino a” sta a significare, con tutta evidenza, che non si puo’ eccedere il terzo, ma ben si puo’ -come qui avvenuto- collocarsi al di sotto della diminuzione di un terzo. E nulla vieta che il quantum di diminuzione sia diverso per pena pecuniaria e pena detentiva, non esistendo affatto quel principio di unitarieta’ della pena cui si richiama il ricorrente.
Cio’ vale sia per le diminuzioni in ragione della concessione di circostanze attenuanti, che per quella “fino a” di cui all’articolo 444 c.p.p. e, per converso, vale anche per gli aumenti di pena, come nel caso che ci occupa quello per la continuazione purche’ non eccedano il massimo aumento consentito.
Lo ha chiarito da tempo questa Corte di legittimita’, laddove ce ne fosse stato bisogno, affermando, ad esempio, che nell’ipotesi di condanna per reati punibili con pena detentiva congiunta a quella pecuniaria, la diminuzione della pena per l’applicazione di circostanze attenuanti (nella specie, le circostanze attenuanti generiche) deve riferirsi a entrambe le pene congiunte, ma bene puo’ adottarsi una diversa misura di aumento o di diminuzione in relazione alla pena base pecuniaria e a quella detentiva (Sez. 6, n. 22650 del 2/5/2001, Frascogna, Rv. 219007). E, ancora di recente, si e’ ribadito che nel caso di reati puniti con pene congiunte, la riduzione derivante dalla presenza di circostanze attenuanti deve essere operata su entrambe le pene da irrogare, ma il giudice non e’ obbligato a seguire il medesimo criterio nella determinazione della sanzione detentiva e di quella pecuniaria (Sez. 3, n. 37849 del 19/5/2015, D.G. Rv. 265184).
Va dunque sgombrato il campo da dubbi sul fatto che in tema di patteggiamento che riguardi reati puniti con pene congiunte, la riduzione “fino ad un terzo” di cui all’articolo 444 c.p.p. deve riferirsi a entrambe le pene congiunte, ma bene puo’ adottarsi una diversa misura di diminuzione in relazione alla pena base pecuniaria e a quella detentiva.
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n, 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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