Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 18 ottobre 2018, n. 47456.
La massima estrapolata:
L’operatività della messa alla prova nei reati edilizi, formalmente ricompresi nella cornice edittale che consente l’applicazione dell’istituto, richiede la necessaria eliminazione delle conseguenze dannose dei reati in questione, ovvero la preventiva e spontanea demolizione dell’abuso edilizio, o, comunque, la sua riconduzione alla legalità urbanistica, ove ricorrano i presupposti per la sanatoria.
Sentenza 18 ottobre 2018, n. 47456
Data udienza 3 luglio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAMACCI Luca – Presidente
Dott. SOCCI Angelo – Consigliere
Dott. CERRONI Claudio – Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabi – Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Firenze nel procedimento a carico di
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19-01-2017 del Tribunale di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Zunica Fabio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Canevelli Paolo, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito per (OMISSIS) e (OMISSIS) l’avvocato Sabrina Bolognini, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso, riportandosi alla memoria depositata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 19 gennaio 2017, il Tribunale di Firenze dichiarava non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera b) accertato in (OMISSIS), in quanto estinto a seguito di esito positivo del periodo di messa alla prova, cui gli imputati erano stati ammessi con ordinanza del 30 giugno 2016.
2. Avverso la sentenza del Tribunale fiorentino, ha proposto appello, convertito in ricorso per cassazione, il Sostituto Procuratore generale presso la Corte di appello di Firenze, sollevando un unico motivo, con il quale deduce la violazione dell’articolo 168 bis c.p., rilevando che il Giudice monocratico, per ritenere ammissibile l’istanza di messa alla prova, avrebbe dovuto pretendere che, prima di tutto, venissero demolite le opere abusive, essendo necessaria la preventiva eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, cioe’ la spontanea demolizione del manufatto abusivo, avendo peraltro il ricorrente accertato, come da documentazione allegata, che la principale opera contestata, ovvero la capanna in legno con tettoia, era ancora esistente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del Procuratore generale e’ inammissibile.
1. Dal punto di vista sostanziale, la doglianza del ricorrente risulta fondata. Deve infatti al riguardo richiamarsi la condivisa affermazione di questa Corte (Sez. 3, n. 39455 del 10/05/2017, Rv. 271642), secondo cui l’operativita’ della messa alla prova nei reati edilizi, formalmente ricompresi nella cornice edittale che consente l’applicazione dell’istituto, richiede la necessaria eliminazione delle conseguenze dannose dei reati in questione, ovvero la preventiva e spontanea demolizione dell’abuso edilizio, o comunque la sua riconduzione alla legalita’ urbanistica, ove ricorrano i presupposti per la sanatoria di cd. doppia conformita’. Tali condotte, infatti, sono pregiudiziali (in senso logico, ma non necessariamente cronologico) rispetto all’affidamento dell’imputato in prova al servizio sociale e alla verifica del suo positivo esito e impongono pertanto al giudice di operare un corretto controllo, anche mediante le opportune e necessarie verifiche istruttorie, sul puntuale e integrale raggiungimento dell’obiettivo dell’eliminazione delle conseguenze del reato edilizio, non potendosi ammettere che venga dichiarata l’estinzione del reato, per compiuta e positiva probation, in presenza di un abuso non completamente demolito o non integralmente sanato, ricorrendone le condizioni, sul piano urbanistico.
Sotto tale profilo, risulta superata peraltro la problematica sul se la sentenza che definisce il procedimento per l’esito positivo della messa alla prova debba o meno contenere l’ordine di demolizione delle opere di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 31, comma 9 posto che tale ordine giudiziale non ha piu’ ragion d’essere, una volta accertata l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.
2. Cio’ posto, deve tuttavia osservarsi che, dal punto di vista processuale, il rimedio esperito dal Pubblico Ministero risulta evidentemente tardivo.
Ed invero, nel disciplinare il procedimento della messa alla prova, l’articolo 464 quater c.p.p., dispone che, una volta avanzata la richiesta da parte dell’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, il giudice emette un’ordinanza con cui decide per accoglimento o per il rigetto di tale istanza. Orbene, avverso questa ordinanza, ai sensi dell’articolo 464 quater c.p.p., comma 7, possono ricorrere per cassazione l’imputato e il pubblico ministero, in tal caso anche su istanza della persona offesa.
Esiste dunque uno specifico strumento di impugnazione che si riferisce espressamente (ed esclusivamente) alla fase processuale in cui viene compiuto dal Giudice il preventivo vaglio sull’ammissibilita’ dell’istanza di messa alla prova, essendo riservata a questa fase, che si conclude con l’ordinanza con cui viene accolta o respinta la richiesta difensiva, la verifica della configurabilita’ dei requisiti di legge, ivi compresa la necessita’ di provvedere eventualmente alla preventiva eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.
Da cio’ consegue che la doglianza del ricorrente andava sollevata impugnando non la sentenza che, ai sensi dell’articolo 464 septies c.p.p., comma 1, ha dichiarato l’estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova, ma l’ordinanza che, in precedenza, aveva accolto l’istanza di messa alla prova, dovendosi far valere in quella sede l’eventuale insussistenza dei presupposti per la sospensione del procedimento, non potendosi proporre con l’impugnativa della sentenza emessa all’esito del periodo di prova le censure concernenti il momento valutativo dell’ammissione alla prova, per cui e’ previsto un autonomo rimedio.
3. Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso del Procuratore generale deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore generale.
Motivazione semplificata.