Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 17 giugno 2019, n. 4051.

La massima estrapolata:

La realizzazione di un’autorimessa è in linea di principio soggetta a permesso di costruire, perché si concreta in un aumento del carico urbanistico.

Sentenza 17 giugno 2019, n. 4051

Data udienza 21 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1739 del 2018, proposto dalla:
Ri. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Fa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gr. e associati S.r.l. in Roma, corso (…);
contro
il Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per l’annullamento ovvero la riforma
della sentenza del TAR Emilia Romagna, sede di Bologna, sezione I, 30 ottobre 2017 n. 692, che ha respinto il ricorso 403/2014 integrato da motivi aggiunti, proposto per l’annullamento dei seguenti atti del Comune di (omissis):
(ricorso principale)
a) dell’ordinanza 12 febbraio 2014 n. 8 e prot. n. 2147, notificata il 17 febbraio 2014, con la quale il Responsabile del Servizio urbanistica ed edilizia ha ingiunto alla Ri. S.a.s. quale comproprietaria responsabile dell’abuso la demolizione con rimessione in pristino in quanto abusive di opere realizzate a (omissis), nel fabbricato sito piazza (omissis) sul terreno distinto al catasto al foglio (omissis) mappale (omissis), e precisamente ha ingiunto di demolire una seconda autorimessa abusivamente realizzata in un vano interrato del palazzo stesso, precedentemente adibito a intercapedine anti umidità e passaggio di impianti al servizio del fabbricato, nonché un locale deposito abusivamente realizzato nel sottotetto dichiarato non utilizzabile;
(motivi aggiunti)
b) della deliberazione 11 maggio 2017 n. 43, conosciuta in data imprecisata, con la quale la Giunta comunale ha approvato la valutazione tecnico economica predisposta per l’esecuzione di ufficio;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 maggio 2019 il Cons. Francesco Gambato Spisani e dato atto che nessuno dei difensori è comparso;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Nei giorni 25 ottobre, 31 ottobre e 8 novembre 2013, personale della Polizia locale dipendente dal Comune intimato appellato ha effettuato un’ispezione su una palazzina che si trova a (omissis), in piazza (omissis), è distinta al catasto di quel Comune al foglio (omissis), mappale (omissis), subalterni (omissis) e vari altri ed è stata realizzata dalla ricorrente appellante.
All’esito, di cui ha riferito al Comune con verbale pervenutogli il giorno 18 novembre 2013, ha riscontrato una serie di asserite difformità rispetto ai titoli edilizi con i quali la costruzione era stata assentita, ovvero rispetto alle concessioni edilizie 28 ottobre 1997 n. 44/97 e alle concessioni in variante successive, 7 ottobre 1998 n. 44/98 e 31 dicembre 1999 n. 44/99; in particolare ha accertato la realizzazione di una serie di manufatti senza titolo.
Si tratta, in dettaglio, anzitutto della “trasformazione di un vano interrato con destinazione ad uso intercapedine anti umidità e attraversamento impianti a servizio del fabbricato, mediante opere finalizzate ad accogliere una seconda autorimessa”, precisandosi che “il vano risulta già dotato di pareti divisorie per posti auto, accesso esterno da rampa carrabile, impianto di illuminazione e di antincendio, nonché dotato di collegamenti verticali con tutti i piani del fabbricato mediante scale ed ascensori”.
Si tratta poi della realizzazione, nel piano interrato che si qualifica come “legittimato ad uso pubblico”, di “modifiche murarie ed aperture che mettono in comunicazione tale spazio con l’autorimessa” di cui si è detto “in violazione delle norme antincendio vigenti per le autorimesse interrate”, precisandosi che lo spazio previsto ad uso pubblico sarebbe stato trasformato in un deposito di materiali “altamente pericolosi”, per cui sarebbe stata emessa apposita ordinanza, verisimilmente di sgombero ovvero di messa in sicurezza.
Si tratta infine del sottotetto che, dichiarato non utilizzabile e servito dall’ascensore condominiale, sarebbe stato adibito a deposito di materiali vari.
Il Comune intimato appellato ha quindi emesso l’ordinanza 12 febbraio 2014 meglio indicata in epigrafe, che sulla base del risultato del sopralluogo ora descritto, puntualmente citato nella motivazione, ingiunge la rimessione in pristino.
In particolare, l’ordinanza qualifica l’abuso come indebito recupero di volume e di superficie mediante il recupero di un vano tecnico, e come trasformazione di superfici vincolate ad uso pubblico; ingiunge quindi di “demolire con rimessione in pristino” la “trasformazione” del vano interrato in autorimessa e la “trasformazione” dello spazio ad uso pubblico in deposito privato, nonché ingiunge di ripristinare la destinazione originaria del sottotetto, liberandolo dai materiali depositati; detta contestualmente una serie di prescrizioni specifiche, ovvero la “remissione in pristino di tamponamenti, mediante pareti certificate REI 120, su aperture di collegamento realizzate senza alcun titolo ed in violazione delle norme antincendio con l’autorimessa interrata…”, la “remissione in pristino mediante pareti di protezione resistenti al fuoco REI 120 di tutti i collegamenti che dall’intercapedine immettono ai piani superiori del fabbricato”, la “remissione in pristino mediante chiusura dell’accesso esterno all’intercapedine”, sempre con idoneo materiale antifiamma, nonché la “protezione antincendio delle aperture di areazione del vano interrato” (doc. 1 in I grado ricorrente appellante, ordinanza 12 febbraio 2014, da cui tutte le informazioni citate).
La società ha impugnato tale ordinanza avanti il TAR territoriale con il ricorso principale.
Nel corso del giudizio di I grado, il Comune, constatato che l’ordinanza non era stata eseguita, ha disposto di procedere d’ufficio; la società impugnava con ricorso straordinario l’atto relativo.
Di seguito il Comune approvava la valutazione tecnico economica predisposta dagli Uffici tecnici per procedere alla demolizione d’ufficio; la società impugnava tale atto con ricorso per motivi aggiunti nel procedimento già pendente (v. per tutto ciò la sentenza di I grado; i fatti relativo sono incontestati).
Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha respinto sia il ricorso principale sia i motivi aggiunti di cui sopra; in motivazione ha ritenuto in sintesi che l’autorimessa abusiva descritta nell’ordinanza fosse stata effettivamente realizzata e che l’atto della Giunta, a prescindere dalla possibilità di qualificarlo come atto endoprocedimentale, fosse stato emanato dall’organo a ciò competente.
Contro tale sentenza, la ricorrente ha proposto impugnazione, con appello che contiene i seguenti tre motivi, di riproposizione di quelli dedotti in I grado e di critica alla sentenza impugnata per non averli accolti:
– con il primo di essi, deduce l’incompetenza della Giunta ad adottare l’atto di cui si è detto;
– con il secondo motivo, deduce che comunque gli interventi indicati nell’atto non sarebbero quelli corretti, perché non sarebbero esattamente individuati i subalterni sui quali realizzarli;
– con il terzo motivo, deduce infine, secondo logica, eccesso di potere per falso presupposto, perché a suo dire le strutture da lei realizzate sarebbero legittime.
Il Comune non si è costituito.
Con ordinanza 6 aprile 2018 n. 1586, la Sezione ha respinto la domanda cautelare.
Con memoria 18 aprile 2019, la ricorrente ha ribadito le proprie asserite ragioni.
All’udienza del 21 maggio 2019, fissata con l’ordinanza di cui si è detto, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.
2. Il primo motivo dedotto è infondato a semplice lettura dell’art. 41 comma 1 del T.U. 6 giugno 2001 n. 380, secondo il quale, a fronte di un’opera abusiva da demolire, e “In tutti i casi in cui la demolizione deve avvenire a cura del comune, essa è disposta dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale su valutazione tecnico-economica approvata dalla Giunta comunale”. La competenza della Giunta è quindi espressamente prevista dalla legge, e ciò rende superfluo esaminare la natura dell’atto di approvazione di cui si tratta, ovvero verificare se si tratti effettivamente di un provvedimento o non piuttosto di un atto endoprocedimentale non autonomamente impugnabile.
3. Anche il secondo motivo di appello è infondato, perché, in questo caso a lettura dell’atto impugnato, è ben chiaro quale sia l’immobile al quale il Comune ha inteso riferirsi, tanto che la ricorrente appellante ha potuto in proposito esporre ampie difese che scendono nel merito della questione: per tutte, sul punto si veda C.d.S. sez. IV 11 dicembre 2017 n. 5768, per cui l’ordinanza di demolizione richiede soltanto una descrizione delle opere da demolire tanto precisa da consentire all’interessato, ove egli lo ritenga, di rimuoverle spontaneamente, così eliminando l’abuso. Nella specie, tale requisito è sicuramente soddisfatto, dato che l’ordinanza, così come detto in epigrafe, si spinge fino a descrivere le caratteristiche tecniche delle opere ritenute necessarie alla rimessione in pristino.
4. E’ da ultimo infondato anche il terzo motivo, perché, sotto un primo profilo, per costante giurisprudenza di questo Giudice la realizzazione di un’autorimessa è in linea di principio soggetta a permesso di costruire, perché si concreta in un aumento del carico urbanistico: così per tutte C.d.S. sez. VI 5 maggio 2016 n. 1774 e sez. IV 26 febbraio 2015 n. 974, nonché sez. VI 17 maggio 2017 n. 2348, relativa ad un caso con qualche profilo di analogia con il presente, in cui un’area destinata a posto auto era stata trasformata in una vera e propria autorimessa. Lo stesso va detto, sotto il secondo dei profili considerati dall’ordinanza, per la trasformazione in deposito, ovvero in un vano utilizzabile per uno scopo preciso, di un sottotetto che fosse destinato a Ri.nere vuoto come semplice intercapedine.
5. Nulla per spese, perché il Comune non si è costituito.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 1739/2018), lo respinge.
Nulla per spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giulio Castriota Scanderbeg – Presidente FF
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore

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