Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 11 dicembre 2018, n. 55354.

La massima estrapolata:

L’attività di raccolta dei rifiuti non autorizzata, ma svolta in via del tutto emergenziale in base all’ordinanza del sindaco, diventa reato se prosegue oltre il termine fissato. E il sindaco che colposamente non blocca la raccolta – alla scadenza del termine da lui stesso apposto – incorre nel medesimo reato del gestore per l’attività priva delle autorizzazioni di legge.

Sentenza 11 dicembre 2018, n. 55354

Data udienza 23 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – rel. Consigliere

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 21.12.2017 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Donatella Galterio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Marinelli Felicetta, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi;
udito il difensore, avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), il quale si e’ riportato ai motivi del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza in data 21.12.2017 il Tribunale di Napoli ha condannato (OMISSIS) e (OMISSIS) alla pena di Euro 10.000 di ammenda ritenendoli responsabili del reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, lettera a) per aver nella qualita’ rispettivamente di Sindaco del Comune di (OMISSIS) e di amministratore unico della (OMISSIS) s.r.l., effettuato o comunque consentito un’attivita’ di raccolta rifiuti in assenza di autorizzazione attraverso l’attivazione e la gestione del suddetto stoccaggio.
2. Avverso il suddetto provvedimento entrambi gli imputati hanno congiuntamente proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione, articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo deducono che l’impianto in contestazione non costituiva un centro di raccolta dei rifiuti solidi urbani richiedente i requisiti tecnici previsti dal Decreto Ministeriale 8 aprile 2008, bensi’ sito di trasferenza limitato alle sole operazioni di carico e scarico dei rifiuti che dai piccoli mezzi, che provvedevano alla raccolta sul territorio prelevandoli dai cassonetti carrabili, venivano ivi caricati, previa eventuale separazione per tipologia e pesatura e senza stoccaggio in terra, su camion piu’ grandi che li trasportavano quotidianamente presso gli impianti di smaltimento e recupero collocati sulla terraferma, cioe’ a Napoli, come chiaramente emerso dalla deposizione del funzionario comunale (OMISSIS) escusso in dibattimento. Deducono che l’esigua quantita’ di rifiuti prodotti dall’isola di Capri non richiedeva un centro di raccolta sull’isola e che pertanto difettavano gli elementi per ricondurre la fattispecie concreta alla previsione del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256 essendo il rifiuto gestito solo incidentalmente dagli imputati e trovando percio’ applicazione il disposto di cui all’articolo 193 del medesimo decreto che consente lo stazionamento dei veicoli adibiti al trasporto dei rifiuti e le soste tecniche per le operazioni di trasbordo purche’ non eccedenti le 48 ore.
2.2. Con il secondo motivo deducono che la ricostruzione effettuata dal giudice di merito si fonda su un’ipotesi indimostrata non essendo stato in alcun modo provato che il (OMISSIS) fosse consapevole che la societa’ (OMISSIS) s.r.l. e per essa lo (OMISSIS) continuasse a gestire a gestire l’impianto nel Comune di (OMISSIS) come centro di raccolta e gestione rifiuti dopo la scadenza dell’efficacia dell’ordinanza contigibile ed urgente emanata dal Sindaco nel 2012, la cui durata circoscritta costituisce dimostrazione dell’obiettivo meramente emergenziale in tal modo perseguito destinando, invece, il centro dopo la sua scadenza ad area di trasferenza dei rifiuti. Sostengono inoltre che la norma penale contestata punisce l’attivita’ di gestione non autorizzata di rifiuti e non di rilascio dell’autorizzazione stessa, non essendo la circostanza che il Comune di (OMISSIS) fosse l’unico socio della (OMISSIS) s.r.l. sufficiente a determinare un automatismo tra le condotte del Sindaco e quelle della societa’, riconducibili esclusivamente al suo amministratore unico e dunque allo (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo, traducendosi in censure fattuali volte a contrastare la ricostruzione effettuata dal giudice di merito deve ritenersi inammissibile.
Deve infatti essere rilevato che gli accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) cui il giudice del merito sia pervenuto attraverso l’esame delle prove, sorretti da adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici, sono sottratti al sindacato di legittimita’ e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorieta’ della motivazione solo perche’ contrari agli assunti del ricorrente atteso che compito del giudice di legittimita’ non e’ quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alle emergenze processuali, ma quello di stabilire se detti giudici abbiano fornito una corretta interpretazione di esse, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (cfr. Cass. Sez. 1 n.42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507 e Cass. Sez. 1 n.1507 del 17/12/1998, Rv. 212278).
Il vizio motivazionale deducibile innanzi alla Corte di Cassazione deve essere diretto ad individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, che va non solo identificato come illogicita’ manifesta della motivazione o come omissione argomentativa, intesa sia quale mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia quale carente analisi delle prove a sostegno delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato, ma deve essere altresi’ decisivo, ovverosia idoneo ad incidere sul compendio indiziario cosi’ da incrinarne la capacita’ dimostrativa, non potendo il sindacato di legittimita’, riservato a questa Corte, dilatarsi nella indiscriminata rivalutazione dell’intero materiale probatorio che si risolverebbe in un nuovo giudizio di merito.
L’assunto difensivo secondo cui il sito della societa’ (OMISSIS) s.r.l. sarebbe stato utilizzato, una volta cessata l’efficacia dell’ordinanza comunale che ne autorizzava la destinazione provvisoria a centro di raccolta dei rifiuti dell’isola, come punto di mera trasferenza degli stessi rifiuti che venivano ivi caricati dagli automezzi di raccolta locali su camion piu’ grandi per essere trasportati sulla terraferma contrasta con le emergenze istruttorie esaminate dal Tribunale partenopeo: le deposizioni rese dai verbalizzanti unitamente alle fotografie allegate alla relazione di servizio riproducenti cassoni ingombri di rifiuti di diverso genere e la presenza di cartelli all’esterno del centro con gli orari ed i giorni per il conferimento della diversa tipologia di rifiuti sono state ritenute dimostrazione della persistente utilizzazione dell’impianto, privo dei requisiti tecnici fissati dal Decreto Ministeriale dell’8 aprile 2008, a centro di raccolta dei rifiuti, pur essendo venute meno le ragioni di urgenza che ne consentivano, in deroga al regime di legge ed in via meramente provvisoria, la suddetta destinazione. Il giudice di merito ha infatti con motivazione immune da qualsiasi caduta di consequenzialita’ logica e coerente al compendio probatorio di riferimento, ha ritenuto, affrontando la contestazione difensiva, che le diverse dichiarazioni rese dal teste a discarico, ovverosia un funzionario comunale privo di specifiche competenze in materia, sulle modalita’ con cui i rifiuti sarebbero stati in concreto gestiti, non abbiano trovato alcuna conferma negli accertamenti compiuti dal nucleo operativo che aveva effettuato ben due sopralluoghi presso il suddetto centro di raccolta. La circostanza che con l’originario provvedimento amministrativo di natura contingibile ed urgente, non piu’ rinnovato alla scadenza del semestre, l’area in questione fosse gia’ stata destinata per sei mesi a centro di raccolta dei rifiuti, e’ stata ritenuta, infatti, dalla sentenza impugnata la conferma della persistente ed immutata destinazione originaria, diventata, in assenza di rinnovo o di proroga dell’ordinanza emessa in data 11.4.2102, condotta penalmente rilevante ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, lettera a), riconducibile ai soggetti che di quell’impianto avevano la gestione.
Nessun fondamento riveste pertanto l’invocata applicabilita’ dell’articolo 193 dello stesso decreto che riguarda la diversa ipotesi delle attivita’ di trasporto dei rifiuti – ipotesi questa che la sentenza impugnata ha espressamente negato escluse dal novero delle attivita’ di stoccaggio in relazione agli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto in luoghi di smistamento, quali porti, scali ferroviari, stazioni di partenza e di arrivo alle condizioni indicate dalla stessa norma e dunque in concomitanza con una sosta provvisoria che non trova alcun riscontro negli atti processuali.
2. Il secondo motivo risulta manifestamente infondato.
Il sindaco viene coinvolto a titolo di concorrente nel reato per aver consentito lo svolgimento dell’attivita’ di raccolta dei rifiuti, originariamente coperta dall’ordinanza di urgenza, senza aver provveduto a porre termine alla condotta, condotta di cui era pienamente consapevole essendo stato lui stesso l’autore del provvedimento amministrativo che aveva consentito di utilizzare in via provvisoria il centro di raccolta rifiuti riconducibile alla (OMISSIS) s.r.l. pur in assenza delle autorizzazioni di legge. Da nessuna manifesta illogicita’ puo’ ritenersi affetta la sentenza impugnata che ha evidenziato come, in mancanza di un titolo che consentisse la prosecuzione dell’attivita’, incombesse sull’organo comunale il dovere di attivarsi per impedire lo svolgimento dell’attivita’ di raccolta dei rifiuti in quel centro, laddove invece la sua condotta si era risolta nel fornire la copertura di fatto all’amministratore unico della societa’ che, contando sul silenzio delle autorita’ amministrative, ha continuato ad effettuare l’attivita’ di raccolta dei rifiuti senza munirsi delle necessarie autorizzazioni. In ogni caso, anche a voler seguire l’assunto difensivo, secondo cui gli uffici comunali si erano dimenticati di disporre la proroga dell’ordinanza oltre i sei mesi iniziali, permane comunque in capo al Sindaco, oltre ai compiti di programmazione dell’attivita’ di smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed al potere di intervento nelle situazioni contingibili e urgenti, altresi’ uno specifico dovere di vigilanza sull’operato dei suoi uffici in tale settore (Sez. 3, n. 19882 del 11/03/2009 – dep. 11/05/2009, Carboni, Rv. 243717), dovere che, anche sotto il profilo di cui all’articolo 113 c.p. non esclude il suo coinvolgimento nella causazione dell’illecito, avendo egli con la sua condotta negligente posta in essere nella consapevolezza dell’illecito riconducibile allo (OMISSIS), in cio’ sostanziandosi il legame psicologico che caratterizza l’istituto della cooperazione colposa distinguendolo dal concorso di cause indipendenti, contribuito all’azione di illecita raccolta dei rifiuti posta in essere da quest’ultimo (Sez. 4, n. 16978 del 12/02/2013, Porcu, Rv. 255274; Sez. 4, n. 25311 del 07/04/2004 – dep. 07/06/2004, Sidoti e altro, Rv. 228927).
I ricorsi devono, in conclusione, essere dichiarati inammissibili.
Segue a tale esito la condanna dei ricorrenti a norma dell’articolo 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo elementi per ritenere che abbiano proposto la presente impugnativa senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, al versamento di una somma equitativamente liquidata alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

Avv. Renato D’Isa

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