Provvedimento tacito di assenso alla concessione in sanatoria

Consiglio di Stato, Sentenza|30 giugno 2021| n. 4975.

La formazione del provvedimento tacito di assenso alla concessione in sanatoria, previsto dall’art. 35 comma 18, l. 28 febbraio 1985 n. 47, postula indefettibilmente la previa acquisizione del parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sulla compatibilità ambientale della costruzione senza titolo; ne consegue che, se al momento dell’esame della domanda di sanatoria non risulta acquisito il parere favorevole sulla conformità dell’intervento alla disciplina paesaggistica, la formazione del silenzio-assenso è preclusa.

Sentenza|30 giugno 2021| n. 4975. Provvedimento tacito di assenso alla concessione in sanatoria

Data udienza 4 maggio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Abusi edilizi – Condono – Formazione del provvedimento tacito di assenso – Presupposti – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7963 del 2013, proposto dai signori -OMISSIS- (queste ultime quali eredi del signor -OMISSIS-), rappresentati e difesi dall’avvocato Mi. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
il Comune di Belluno, in persona del Sindaco in carica pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati St. Ga. ed En. Ga., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato En. Ga. in Roma, via (…),
nei confronti
dei signori -OMISSIS-non costituitisi in giudizio,
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il -OMISSIS-, resa inter partes, concernente un provvedimento di diniego di tre domande di condono edilizio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Belluno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 maggio 2021 (tenuta ai sensi dell’art. 84 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con l. 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70) il consigliere Giovanni Sabbato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Provvedimento tacito di assenso alla concessione in sanatoria

FATTO e DIRITTO

1. Oggetto del presente giudizio è il provvedimento del 3 dicembre 2009, con cui il Comune di Belluno denegava le istanze di condono edilizio presentate in data 10 dicembre 2004 dai signori -OMISSIS- ai sensi della l. n. 326/2003 e della l. reg. n. 21/2004.
2. Avverso tale atto i signori -OMISSIS– i quali, rilevata la proprietà della “bivilla n. 2” dal -OMISSIS- -OMISSIS- S.r.l. con decreto di trasferimento dell’11 ottobre 2001, avevano presentato tre domande di condono edilizio in ordine a tale manufatto (nn. 612, 613 e 614 del 10 dicembre 2004, di cui una per ciascuna unità immobiliare e la terza per le parti comuni) – avevano proposto, innanzi al T.a.r. per il -OMISSIS- chiedendone l’annullamento per la prospettata illegittimità a causa della risalenza degli accertamenti (effettuati nell’anno 1995), peraltro non svoltisi in contraddittorio, la mancata confutazione delle osservazioni rese a seguito di preavviso di diniego, l’erroneità degli accertamenti, l’insussistenza della ravvisata violazione sulle distanze, la formazione del silenzio assenso.
3. Costituitasi l’Amministrazione comunale in resistenza, il Tribunale amministrativo adì to (-OMISSIS-) ha respinto il ricorso ed ha condannato i ricorrenti, in solido tra loro, al versamento delle spese di lite (euro 2.000,00).
4. In particolare, il T.a.r. ha ritenuto che il provvedimento impugnato si fonda su “accertamenti fattuali consolidati, acclarati tra l’altro anche dalla Giustizia penale”, dai quali emergono i riscontrati abusi, quali il mancato interramento dei garage e la violazione della distanze tra le due “biville” che non possono essere considerate come fabbricato unico.
5. Avverso tale pronuncia i signori -OMISSIS- al fine di riproporre le censure di primo grado ritenute non adeguatamente vagliate, hanno interposto appello, notificato il 16 ottobre 2013 e depositato il 5 novembre 2013, lamentando, attraverso sei motivi di gravame (pagine 14-40), quanto di seguito sintetizzato:
I) la sentenza impugnata sarebbe erronea laddove il T.a.r. non ha considerato che, al momento degli accertamenti a base del diniego, i lavori non erano ancora conclusi e i progetti originariamente assentiti non erano per nulla precisi e dettagliati; sarebbe caduto in errore il T.a.r. nell’evidenziare che nessuna dimostrazione si sarebbe fornita in ordine ad un sopravvenuto mutamento dello stato dei luoghi, già solo per il fatto che l’appellante non aveva alcun interesse ad apportare una immutazione dello stato dei luoghi;
II) il T.a.r. non si sarebbe avveduto della carenza motivazionale laddove si valorizzano gli accertamenti espletati in sede penale in realtà insussistenti;

 

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III) il giudice di prime cure nemmeno avrebbe considerato che i lavori, al momento degli accertamenti, erano ancora in corso così contestandosi delle violazioni che sarebbero rientrate a conclusione dei lavori;
IV) il T.a.r. non si sarebbe avveduto che il mancato interramento dei locali da adibire a garage era stato determinato dalla stessa Amministrazione imponendo l’interruzione dei lavori;
V) il T.a.r. sarebbe caduto in errore nel ravvisare l’infondatezza delle censure articolate con riferimento alla violazione delle distanze, fondandosi gli accertamenti dell’Amministrazione su misurazioni errate (criterio radiale invece che lineare), oltre che incuranti del fatto che le due biville costituiscono un unicum edilizio essendo unite ad arco e che i progetti a base di quanto autorizzato sono generici;
VI) non avrebbe, infine, il T.a.r. erroneamente ravvisato la formazione del silenzio assenso sulle domanda di condono in considerazione del tempo trascorso dalla loro presentazione.
6. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e quindi l’annullamento degli atti con lo stesso impugnati.
7. In data 17 maggio 2018, il Comune di Belluno si è costituito chiedendo il rigetto del ricorso.

 

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8. In vista della trattazione nel merito del ricorso le parti hanno depositato memorie, anche in replica (nonché note d’udienza ai sensi del d.l. n. 28/2020 e del d.l. n. 137/2020), insistendo per le rispettive conclusioni. In particolare, l’appellante, nel ribadire i motivi d’appello, ha evidenziato la risalenza degli accertamenti a base dell’impugnato provvedimento ad epoca molto antecedente alla stessa domanda di sanatoria, la valorizzazione di una sentenza penale di condanna emessa a seguito non di dibattimento ma di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la mancata confutazione degli elementi rappresentati a seguito del preavviso di diniego, il mancato accertamento sulla consistenza delle opere a conclusione dei lavori, la natura unitaria delle opere così come progettate; in replica ha rimarcato che la sospensione dei lavori era stata determinata unicamente dall’ordinanza di sospensione, notificata il 29 novembre 1995, e che si era formato il silenzio assenso. Da parte sua l’appellato ha argomentato nel senso della idoneità delle risultanze istruttorie acquisite al fine di accertare le difformità realizzate, l’inapplicabilità dell’art. 10 bis l.n. 241/90 al procedimento condonistico e la mancata previsione del silenzio assenso.
9. La causa, chiamata per la discussione alla udienza pubblica svoltasi con modalità telematica del 16 febbraio 2021, è stata ivi trattenuta in decisione.
10. L’appello è infondato, in relazione ai motivi articolati e come sopra sintetizzati, per le seguenti ragioni:
– dagli accertamenti espletati in data 8 novembre 1995 e 19 dicembre 1995 risulta che “l’area di cantiere era in stato di abbandono”, con la conseguenza che non vi erano opere in corso di esecuzione al momento dell’intervento dei vigili urbani di Belluno;
– in sede di accertamenti del 7 novembre 1995 è emerso che “gli scantinati non sono stati realizzati completamente interrati, in particolare sui lati est, ovest e sud risultano essere fuori terra per circa ml. 1,00” mentre in quello del 12/13 dicembre 1995 si riporta che tali scantinati “risultano parzialmente fuori terra”;
– tali risultanze sono confermate dagli accertamenti svolti in sede penale, avendo il perito geometra -OMISSIS-, nominato nell’ambito del procedimento -OMISSIS- notizie di reato e n. -OMISSIS-R. mod. 32, evidenziato quanto segue: “realizzazione del futuro piano di calpestio del piano terra e dello scoperto a circa 36 cm sopra il livello approvato. Questa situazione comporta l’emergere del locale interrato rispetto la linea naturale del terreno creando: aumento del volume urbanistico, aumento della superficie coperta (maggiore della possibilità urbanistica che prevede max il 25% della superficie del lotto), distacco minimo di ml 5,00 dai confini, distacco minimo di ml 10,00 dai fabbricati esistenti”;
– il perito ha altresì riscontrato la “realizzazione di scale di comunicazione fra il piano interrato ed il piano terra per le due unità abitative del corpo nord e predisposizione dello stesso foro per il vano scala per le due unità abitative del corpo sud”;
– in sede istruttoria sulla domanda di variante del 30 dicembre 1995 si è accertato altresì che “i previsti riporti di terreno non risultano sufficienti per poter considerare gli scantinati completamente interrati”;
– la Commissione Edilizia, nella seduta 5 marzo 1996, ha preso atto delle risultanze del sopralluogo sul cantiere evidenziando che: “gli scantinati non sono stati realizzati completamente interrati comportando il mancato rispetto della distanza minima dai confini e dai fabbricati esistenti sui lotti limitrofi prevista dall’art. 7-7B n. t.a PRG vigente nonché l’aumento della superficie coperta e del volume urbanistico […] entrambi i corpi del fabbricato presentano difformità planimetriche”;
– da tali accertamenti è dato complessivamente inferire che le difformità non avevano carattere transitorio, così da non essere destinate ad essere eliminate a conclusione dei lavori, sottendendo un preciso intento costruttivo ai fini dello sfruttamento volumetrico del piano previsto come interrato;

 

Provvedimento tacito di assenso alla concessione in sanatoria

 

– trattasi di accertamenti che assumono piena rilevanza istruttoria, consentendo di ricostruire in maniera del tutto attendibile la consistenza delle difformità realizzate e pertanto a nulla rileva la circostanza che tali risultanze fossero state acquisite prima della stessa presentazione delle domande di condono;
– è vero che il medesimo tecnico aveva rilevato, tra l’altro, che “gli elaborati allegati alla Concessione Edilizia risultano poco dettagliati, carenti di indicazioni di misure ed imprecisi”, ma è vero anche che egli ha comunque effettuato i richiesti accertamenti “utilizzando le misure riportate nella planimetria”;
– è dato quindi inferire che le rilevate carenze della documentazione tecnica presentata non hanno impedito al perito del Tribunale di verificare la conformità delle opere realizzate a quanto autorizzato;
– non emerge la dedotta violazione del contraddittorio, in considerazione della costante interlocuzione intrattenuta dai richiedenti i titoli in sanatoria con l’Ufficio (memorie del 18 giugno e del 23 giugno 2009);
– nemmeno può ritenersi che l’ordinanza di sospensione, notificata il 29 novembre 1995, abbia costituito reale impedimento alla prosecuzione delle opere, stante l’efficacia temporale limitata di tale provvedimento per soli 45 giorni a norma dell’art. 27, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001;
– per quanto poi riguarda la mancata confutazione di tutte le considerazioni rese a seguito del preavviso di diniego, è sufficiente osservare che, in disparte ogni deduzione afferente all’effettiva necessità o meno di tale modulo dialogico nel procedimento innescato dalla domanda di condono edilizio (per la tesi negativa: Cons. Stato, sez. VI, 2 novembre 2018, n. 6219; per quella positiva: Cons. Stato, sez. VI, 18 gennaio 2019, n. 484), deve rilevarsi che il provvedimento impugnato è sufficientemente motivato attraverso il sia pur laconico rifermento agli “accertamenti fattuali consolidati, acclarati tra l’altro anche dalla giustizia penale”, i quali, come si è potuto constatare, effettivamente depongono per la non sanabilità delle opere in questione;
– la divisata formazione del silenzio assenso è preclusa sia dalla incompletezza della documentazione allegata alle domande di condono, tanto da indurre l’Ufficio ad inoltrare richiesta di integrazione documentale per ciascuna di esse, sia dalla mancata acquisizione del parere dell’autorità preposta alla tutela del paesaggio, stante quanto previsto dal comma 27 dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, conv. con legge n. 326 del 2003 (cd. terzo condono) ove usa la formula “fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47”, norme che appunto si riferiscono alle “opere costruite su aree sottoposte a vincolo” prevedendo che “il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo, è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso”;
– questo Consiglio ha infatti avuto modo di osservare che in una zona interessata da vincolo paesaggistico, qual è quella per cui è causa tanto che di ciò si dà atto nelle stesse domande di condono, “la formazione del provvedimento tacito di assenso alla concessione in sanatoria, previsto dall’art. 35 comma 18, l. 28 febbraio 1985 n. 47, postula indefettibilmente la previa acquisizione del parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sulla compatibilità ambientale della costruzione senza titolo; ne consegue che, se al momento dell’esame della domanda di sanatoria non risulta acquisito il parere favorevole sulla conformità dell’intervento alla disciplina paesaggistica, la formazione del silenzio-assenso è preclusa” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 23 luglio 2012, n. 4204);
– l’accertata rilevanza volumetrica delle difformità realizzate osta ai fini dell’assentibilità delle domande di condono avuto riguardo a quanto statuito dall’art. 3, comma 3, lett. b) della legge regionale n. 21/2004, come evidenziato nel provvedimento impugnato;
– le deduzioni sollevate dall’appellante in ordine al rispetto delle distanze devono ritenersi assorbite da quanto testè osservato in ordine alla carica ostativa delle difformità volumetriche, non potendo il condono comunque essere conseguito, fermo restando che non può essere condiviso quanto dedotto valorizzando la progettata unità morfologica della bivilla ancora una volta in considerazione dello stato dei luoghi come verificato in occasione dei plurimi sopralluoghi effettuati dagli organi accertatori;
– da tali accertamenti è emerso, infatti, che l’elemento di congiunzione tra i due corpi di fabbrica che compongono il complesso edilizio non era stato realizzato così palesandosi quali unità edilizie separate e distinte, come tali assumenti ciascuna autonoma rilevanza ai fini della disciplina sulle distanze.

 

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11. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.
12. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo il criterio della soccombenza, sono liquidate nella misura stabilita in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (n. r.g. 7963/2013), lo respinge.
Condanna l’appellante alla rifusione, in favore del Comune appellato, delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre s.g. e accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare gli appellanti.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato, con sede in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 4 maggio 2021, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Ermanno de Francisco – Presidente
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere, Estensore
Carla Ciuffetti – Consigliere
Francesco Guarracino – Consigliere

 

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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