Provvedimento di divieto o di revoca della detenzione dell’arma

Consiglio di Stato, Sentenza|28 marzo 2022| n. 2229.

L’adozione del provvedimento di divieto o di revoca della detenzione dell’arma, in quanto la misura restrittiva persegue la finalità di prevenire la commissione di reati e, più in generale, di fatti lesivi della pubblica sicurezza; è altrettanto vero, però, che può fare ciò solo sulla base di una istruttoria esaustiva e di una motivazione congrua e coerente che tenga conto dei presupposti che avevano dato luogo al precedente rilascio, evidenziando quale sia il cambiamento intervenuto rispetto alle circostanze di fatto che l’avevano già indotto a rilasciare il suddetto titolo, soprattutto in ipotesi in cui, come nel caso che ne occupa, il rinnovo era stato accordato per molti anni.

Sentenza|28 marzo 2022| n. 2229. Provvedimento di divieto o di revoca della detenzione dell’arma

Data udienza 3 marzo 2022

Integrale

Tag- parola chiave: Detenzione di armi – Licenza di porto – Adozione del provvedimento di divieto o di revoca della detenzione dell’arma – Natura – Funzione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5757 del 2021, proposto dal Ministero dell’Interno e dall’Ufficio territoriale del Governo – Prefettura di Napoli, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via (…);
contro
il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Ve., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Tr. in Roma, via (…);
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sede di Napoli Sezione Quinta, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, con la quale è stato accolto il ricorso dell’appellato avverso il provvedimento di diniego del rinnovo della licenza di P.S. per porto di pistola per difesa personale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 marzo 2022 il Cons. Antonella De Miro;
Uditi per le parti l’avvocato Fr. Ve.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Provvedimento di divieto o di revoca della detenzione dell’arma

FATTO

1.-L’appellato, esercente l’attività di avvocato nel settore penale, in possesso di licenza di porto d’arma dall’anno 2010, rinnovata annualmente dalla Prefettura di Napoli, con istanza del 26 maggio 2020 presentava una ulteriore richiesta di rinnovo, sul presupposto che non erano venute meno le esigenze di tutela della propria persona, poste a fondamento anche dell’ultima richiesta di rinnovo.
2.-La Prefettura di Napoli, dopo aver consentito la partecipazione al procedimento, adottava un decreto di diniego, notificato in data 16 ottobre 2020, rilevando che il pericolo rappresentato era “solo generico ed astratto, di per sé insufficiente ad integrare gli estremi del dimostrato bisogno” e che non risultava “dalle informazioni assunte… in fase di istruttoria procedimentale che il predetto sia stato vittima, di recente, nell’arco di 5 anni di episodi delittuosi (minacce, aggressioni, intimidazioni, rapine) oggetto anche di denuncia… quali indicatori di un oggettivo concreto ed attuale pericolo per l’incolumità personale”.
3.-In particolare, il provvedimento richiama espressamente il verbale redatto a conclusione di una apposita riunione del tavolo tecnico operativo tenutosi presso la Prefettura di Napoli il 19 giugno 2020, con cui erano state “tracciate linee d’indirizzo, con individuazione dei criteri di massima cui ancorare la valutazione sul dimostrato bisogno… in materia di rilascio e/o rinnovo del porto d’armi”.
4.-L’interessato proponeva il ricorso di primo grado innanzi al TAR per la Campania, chiedendo l’annullamento:
“a) del decreto del Prefetto della Provincia di Napoli -OMISSIS-a firma del dirigente dell’Area privo di data e notificato a parte ricorrente in data 16 ottobre 2020, avente ad oggetto il rigetto istanza di rinnovo della licenza di porto d’armi per difesa personale;
b) per quanto possa occorrere, laddove lesiva della posizione del ricorrente, ai fini di ottenimento del rinnovo del porto d’armi, del verbale redatto a conclusione di tavolo tecnico operativo del 19 giugno 2020, nel quale sono state tracciate le linee di indirizzo che individuano i criteri di massima cui ancorare la valutazione del dimostrato bisogno in materia di rilascio o rinnovo di porto d’armi (cfr. nota della Questura di Napoli del 30 giugno che richiama il contenuto cui è pervenuto il tavolo tecnico);
c) delle informazioni derivanti dal Commissario -OMISSIS- acquisite con la nota -OMISSIS-pure richiamata nel provvedimento impugnato sub a), provv.to non conosciuto e di cui si richiede la esibizione da parte dell’amministrazione in sede di costituzione in giudizio (…)
d) di ogni ulteriore atto connesso conseguente e o consequenziale comunque lesivo
di interessi di parte ricorrente (ivi comprese eventuali ulteriori risultanze istruttorie
a base della decisione assunta dalla Prefettura) con riserva di agire in separata sede
per il risarcimento dei danni subiti e subendi dalla decisione impugnata che priva lo
stesso di un idoneo supporto a tutela della propria posizione e della conseguente
serenità familiare e professionale.”
L’interessato ha lamentato essenzialmente l’assenza di una idonea istruttoria e di un’adeguata motivazione a supporto del diniego di rinnovo ed ha sostenuto che l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto della sua peculiare attività forense a difesa di testi a carico della criminalità organizzata, contestando i nuovi criteri individuati dalla Prefettura a supporto della valutazione del’dimostrato bisognò .

 

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5.-Il giudice di prime cure ha accolto il ricorso, riconoscendo l’attività difensiva del ricorrente in primo grado come differenziata rispetto a quella svolta dalla generalità degli avvocati, ritenendo che la sua posizione si potrebbe assimilare a quella dei testi in favore dei quali l’interessato esercita la difesa, sicché sussisterebbe il concretizzarsi del rischio specifico riferibile al’dimostrato bisognò di andare armato ex art. 42 T.U.L.P.S.
6.-Avverso tale sentenza ha ricorso il Ministero dell’Interno, deducendo:
1) violazione e/o falsa applicazione degli art. 7 e 29 c.p.a.; insufficienza o contraddittorietà della motivazione; violazione dei limiti della giurisdizione di legittimità .
L’appellante ha contestato la assimilazione operata dal giudice di prime cure tra la posizione del teste e quella del suo avvocato, con la conseguente estensione ad una nuova categoria della deroga al divieto di portare armi e ha rilevato come ben possa l’Amministrazione mutare orientamento in ordine all’autorizzazione al porto d’armi per difesa personale, anche sulla base di mutati indirizzi generali di politica del’controllo delle arma .
Il Ministero ha evidenziato che il rischio di divenire potenzialmente vittima di fatti delittuosi, paventato dall’appellato, non appare peculiare e differenziato rispetto a quello di molti altri liberi professionisti che si trovano nella sua medesima condizione e che risiedono o esercitano la stessa attività nei medesimi territori comunali, atteggiandosi le osservazioni formulate dall’istante a mere e generiche enunciazioni di personale percezione di insicurezza per la propria incolumità fisica, non suffragata da denunce rappresentative di un effettivo, concreto e attuale pericolo.
Il Ministero ha censurato la sentenza appellata anche per non avere dato il giusto peso a quanto comunicato dal Commissariato di P.S., che, con nota del agosto 2020, rappresentava che l’interessato non aveva formalizzato, negli ultimi cinque anni, denunce di aggressioni o atti intimidatori perpetrati a suo danno. L’interessato, all’uopo convocato, si limitava a ritenere di essere un soggetto a rischio, palesando, esclusivamente, uno “stato psicologico di bisogno”.
7.-L’appellato vittorioso in primo grado si è costituito in giudizio ed ha controdedotto, riproponendo i motivi di ricorso assorbiti dalla sentenza di primo grado.
Egli ha ribadito di mantenere una posizione differenziata rispetto agli altri avvocati penalisti in relazione alla propria attività, ha rilevato la necessità di tutelare la propria persona nell’ambito di un’attività professionale i cui rischi non possono essere limitati ad un periodo temporale di cinque anni quale quello ipotizzato nelle note impugnate ed ha contestato che possa costituire idoneo supporto – volto a giustificare ed integrare i criteri per l’individuazione del’dimostrato bisognò – la nota della Questura di Napoli del 30 giugno 2020, che ha sintetizzato i risultati cui è pervenuto il tavolo tecnico tenutosi il 19 giugno presso la locale Prefettura, che ha individuato le nuove linee di indirizzo in materia di rilascio rinnovo del porto d’armi.

 

Provvedimento di divieto o di revoca della detenzione dell’arma

L’appellato ha dedotto che l’Amministrazione non avrebbe evidenziato le ragioni per cui la medesima situazione, che a suo tempo aveva indotto al rilascio del titolo, pur non essendo mutata nel corso degli anni, ora ha fatto pervenire ad una decisione diametralmente opposta per la considerata assenza di una situazione di concreto ed effettivo pericolo per la sua incolumità, ed ha contestato la ‘assenza di terzieta ‘ del dirigente che ha firmato il provvedimento, che è lo stesso che ha individuato i criteri al tavolo operativo cui si è autovincolato.
DIRITTO
Ritiene la Sezione che l’appello del Ministero dell’Interno sia fondato e vada accolto e che, previa reiezione delle censure di primo grado riproposte in questa sede, il ricorso di primo grado vada respinto, perché infondato.
1.- Il testo unico di Pubblica Sicurezza, nel disciplinare il rilascio della “licenza di porto d’armi”, mira a salvaguardare la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.
2.- Come ha rilevato la Corte Costituzionale (con la sentenza 16 dicembre 1993, n. 440, § 7, che ha ribadito quanto già affermato con la precedente sentenza n. 24 del 1981), il potere di rilasciare le licenze per porto d’armi “costituisce una deroga al divieto sancito dall’art. 699 del codice penale e dall’art. 4, primo comma, della legge n. 110 del 1975”: “il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, eccezione al normale divieto di portare le armi”.
Ciò comporta che – oltre alle disposizioni specifiche previste dagli articoli 11, 39 e 43 del testo unico n. 773 del 1931 – rilevano i principi generali del diritto pubblico in ordine al rilascio dei provvedimenti discrezionali.
3. -Oltre alle disposizioni del testo unico che riguardano i requisiti di ordine soggettivo dei richiedenti (in particolare, gli articoli 11, 39 e 43), rilevano quelle (in particolare, gli articoli 40 e 42) che attribuiscono in materia i più vasti poteri discrezionali per la gestione dell’ordine pubblico:
– per l’art. 40, “il Prefetto può, per ragioni di ordine pubblico, disporre, in qualunque tempo, che le armi, le munizioni e le materie esplodenti, di cui negli articoli precedenti, siano consegnate, per essere custodite in determinati depositi a cura dell’autorità di pubblica sicurezza o dell’autorità militare” (il che significa che il Prefetto può senz’altro disporre anche il ritiro delle armi, purché, ovviamente, sussistano le idonee ragioni da palesare nel relativo provvedimento);
– per l’art. 42, “il Questore ha facoltà di dare licenza per porto d’armi lunghe da fuoco e il Prefetto ha facoltà di concedere, in caso di dimostrato bisogno, licenza di portare rivoltelle o pistole di qualunque misura o bastoni animati la cui lama non abbia una lunghezza inferiore a centimetri 65” (il che significa che il Prefetto può anche fissare preventivi criteri generali per verificare se nei casi concreti vi sia il “dimostrato bisogno” di un porto d’armi per difesa personale, in rapporto ai profili coinvolti dell’ordine pubblico).
4.-La Sezione intende, preliminarmente e in via generale, richiamare il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato enunciato nella materia de qua, dal quale non ha alcuna ragione di discostarsi (ex multis Sezione III, sentenze n. 4958/18 e n. 495672018).
4.1- Va premesso che “il Prefetto ha un potere ampiamente discrezionale nel valutare con il massimo rigore qualsiasi circostanza circa l’adozione del provvedimento di divieto o di revoca della detenzione dell’arma, in quanto la misura restrittiva persegue la finalità di prevenire la commissione di reati e, più in generale, di fatti lesivi della pubblica sicurezza; è altrettanto vero, però, che può fare ciò solo sulla base di una istruttoria esaustiva e di una motivazione congrua e coerente che tenga conto dei presupposti che avevano dato luogo al precedente rilascio, evidenziando quale sia il cambiamento intervenuto rispetto alle circostanze di fatto che l’avevano già indotto a rilasciare il suddetto titolo, soprattutto in ipotesi in cui, come nel caso che ne occupa, il rinnovo era stato accordato per molti anni” (Consiglio di Stato, sez. III, 28 aprile 2020, n. 2722).

 

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Ciò posto, va ribadito come il Ministero dell’Interno, nelle sue articolazioni centrali e periferiche, ben possa effettuare valutazioni di merito in ordine ai criteri di carattere generale per il rilascio delle licenze di porto d’armi, tenendo conto del particolare momento storico, delle peculiarità delle situazioni locali, delle specifiche considerazioni che – in rapporto all’ordine ed alla sicurezza pubblica – si possono formulare a proposito di determinate attività e di specifiche situazioni (Cons. Stato, Sez. III, 16 dicembre 2016, n. 5354; Sez. III, 3 agosto 2016, n. 3512).
La fissazione di ‘criteri generalà costituisce un ottimo modo di organizzare l’esercizio dei poteri in questa delicatissima materia, poiché orienta le valutazioni specifiche dei singoli casi, prevenendo favoritismi, disparità di trattamento e valutazioni più o meno superficiali.
4.2- A parte l’esigenza di affrontare le emergenze della criminalità organizzata, gli organi del Ministero dell’Interno possono tener conto anche di considerazioni di carattere generale, coinvolgenti l’ordine e la sicurezza pubblica.
Ad esempio, proprio per migliorare la qualità dell’azione amministrativa e perseguire al massimo l’interesse pubblico, essi possono previamente fissare i criteri secondo cui, a meno che non vi siano specifiche e accertate ragioni oggettive, l’appartenenza ad una “categorià non è di per sé tale da giustificare il rilascio delle licenze di porto d’armi.
Spetta infatti al legislatore introdurre una specifica regola se l’appartenenza ad una categoria giustifica il rilascio di tali licenze e la possibilità di girare armati (tale rilascio è previsto, ovviamente, per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine, nei limiti stabiliti dagli ordinamenti di settore).
Se invece si tratta di imprenditori, di commercianti, di avvocati, di notai, di operatori del settore assicurativo o bancario, di investigatori privati, ecc., in assenza di una disposizione di legge sul rilascio della licenza di polizia ratione personae, si deve ritenere che l’appartenenza alla ‘categorià in sé non abbia uno specifico rilievo, tale da giustificare il rilascio (o il mantenimento degli effetti) della licenza di porto d’armi.
4.3- Le relative valutazioni degli organi del Ministero dell’Interno – anche quando si tratti di istanze di licenze volte alla difesa personale – possono e devono tener conto delle peculiarità del territorio, delle specifiche implicazioni di ordine pubblico e delle situazioni specifiche in cui si trovano i richiedenti, ma si possono basare anche su criteri di carattere generale, per i quali l’appartenenza in sé ad una categoria non ha uno specifico rilievo.
4.4- Qualora l’organo periferico del Ministero dell’Interno si orienti nel senso che l’appartenenza in sé ad una categoria non ha uno specifico rilievo, le relative scelte di respingere le istanze di rilascio (o di rinnovo) delle licenze costituiscono espressione di valutazioni di merito, di per sé insindacabili da parte del giudice amministrativo.
La motivazione dei provvedimenti di rigetto delle istanze può basarsi dunque sulla assenza di specifiche circostanze tali da indurre a disporne l’accoglimento e l’interessato può lamentare la sussistenza di profili di eccesso di potere, qualora vi sia stata una inadeguata valutazione in concreto delle circostanze.
Inoltre, sono configurabili profili di eccesso di potere, qualora l’Amministrazione – nel respingere l’istanza in quanto formulata da un appartenente ad una categoria per la quale non si sono ravvisati particolari esigenze da tutelare col rilascio della licenza di porto d’armi – invece abbia accolto l’istanza di chi versi in una situazione sostanzialmente equivalente: secondo i principi generali, chi impugna un diniego di licenza ben può dedurre che, in un caso equivalente (anche per circostanze di tempo e di luogo), l’istanza di altri sia stata invece accolta.

 

Provvedimento di divieto o di revoca della detenzione dell’arma

5.-Alla luce dei suesposti arresti giurisprudenziali, la valutazione del Prefetto sulla insussistenza del dimostrato bisogno non risulta viziata ed il provvedimento è adeguatamente motivato.
5.1-Il decreto richiama, infatti, l’esito di una riunione del tavolo tecnico operativo che ha avuto luogo il 19 giugno 2020 presso la Prefettura di Napoli, con la partecipazione dei rappresentanti della Questura e del Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli, nel corso della quale sono state tracciate nuove linee d’indirizzo con la individuazione dei criteri di massima cui ancorare la valutazione sul “dimostrato” bisogno, di cui all’art. 42 del TULPS, in materia di rilascio e/o rinnovo del porto d’armi.
5.2-In particolare, tra gli elementi di valutazione, quali criteri di massima, sono stati ritenuti significativi e meritevoli di essere presi in considerazione:
– “gli episodi criminosi perpetrati in danno del soggetto richiedente il rilascio o il rinnovo del titolo di polizia, purché riconosciuti non occasionali ma costituenti oggetto di circostanziate. ancorché plurime denunce, formalizzate, nel tempo, dinanzi alle Forze di Polizia e risalenti ad almeno un quinquennio precedente la richiesta. ovvero la partecipazione, nella qualità di teste nei procedimenti penali per reati associativi e /o di natura estorsiva e o di natura predatoria e/o di usura, attivati con il contributo dell’interessato; elementi cognitivi questi pasti a base della valutazione sul “dimostrato bisogno”;
-” l’ambito territoriale, ove il richiedente il rilascio e/o il rinnovo del titolo di polizia presta abitualmente attività lavorativa, ovvero vive e ciò anche al fine di verificare; con il contributo delle Forze di Polizia i dati relativi all’incremento o meno dell’andamento dei reati registratesi in tale ambito nell’anno di riferimento, in rapporto alle annualità pregresse, onde valutare, in concreto, previo esame dei dati numerici in possesso delle Forze di Polizia anche la risposta delle medesime nell’espletamento dei compiti di prevenzione e di repressione dei reati nell’ambito territoriale di riferimento”;
5.3-è stato pure precisato che: “le denunce formalizzate dagli interessati all’A.G. per il tramite delle Forze di Polizia. in maniera generica e non circostanziata, potrebbero costituire oggetto di valutazione pregiudizievole nei confronti dello stesso denunciante ove mai l’A. G. dovesse ritenere la denuncia presentata una modalità strumentale preordinata all’ottenimento dei titoli di polizia, per essere priva di dettagli, imprecisa e poco particolareggiata”.
5.4-Il provvedimento dà, altresì, atto che il nuovo indirizzo valutativo rientrante nell’ampia discrezionalità dell’autorità prefettizia è motivato dall’avvertita necessità di ancorare il “dimostrato bisogno” alla peculiare condizione dell’ambito territoriale quale quello metropolitano di Napoli – particolarmente influenzato dalla presenza della criminalità organizzata e non – che richiedono che la circolazione delle anni, per l’intrinseca pericolosità, abbia una diffusione controllata e limitata ai casi di effettiva, comprovata ed ineludibile necessità e ciò per assicurare e garantire la prevalente esigenza di interesse pubblico.
5.5- Lo stesso provvedimento di cui si discute dà atto che:
– è stata concessa all’interessato un’ampia partecipazione al procedimento amministrativo;
– è stata valutata la documentazione a corredo, alla luce dei nuovi criteri, da cui si ricava che l’interessato non ha offerto elementi dimostrativi di un pericolo concreto ed attuale, solo genericamente prospettato, nello svolgimento dell’attività forense;
– dalle informazioni del Commissariato di P.S. di -OMISSIS-, acquisite con la nota n -OMISSIS-, non risulta che l’interessato sia stato vittima, di recente, nell’arco di 5 anni di episodi delittuosi (minacce, aggressioni, intimidazioni rapine e oggetto anche di denuncia all’Autorità Giudiziaria o alle Forze dell’Ordine) quali indicatori di un oggettivo concreto ed attuale pericolo per l’incolumità personale.
6.- Quanto precede comporta che va riformata la statuizione di accoglimento del TAR e che vanno respinte, perché infondate, tutte le censure di violazione di legge e di eccesso di potere riproposte in questa sede dall’appellato.
Va inoltre respinta, perché infondata, la censura – assorbita in primo grado e riproposta in questa sede – sulla contestata terzietà del dirigente che ha firmato il provvedimento di diniego di rinnovo.
L’aver contribuito alla fissazione dei criteri generali non comporta alcuna incompatibilità in sede di esame o di definizione delle istanze dei singoli interessati, né l’incompatibilità si può ravvisare per il fatto che il potere di firma sia stato attribuito al dirigente dell’Area.
7.-Per le ragioni che precedono, l’appello va accolto e, previa reiezione delle censure assorbite in primo grado e assorbite in questa sede, il ricorso di primo grado va respinto, in riforma della sentenza n. -OMISSIS- del TAR per la Campania.
Per la novità delle questioni riguardanti l’applicazione dei ‘criteri generalà, sussistono le condizioni per la compensazione delle spese dei due gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello n. 5757 del 2021, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello e, previa reiezione dei motivi riproposti dall’appellato, respinge il ricorso di primo grado, in riforma della sentenza del TAR per la Campania n. -OMISSIS-.
Spese compensate dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento esclusivamente delle generalità dell’appellato. Così deciso in Roma nella camera di consiglio dei giorni 3 e 23 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Giovanni Pescatore – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Antonella De Miro – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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