Processo amministrativo e dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà

Consiglio di Stato, Sentenza|18 maggio 2021| n. 3853.

Processo amministrativo e dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà

La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non è applicabile nell’ambito del processo amministrativo, in quanto la stessa, sostanziandosi in un mezzo surrettizio per introdurre la prova testimoniale, non possiede alcun valore probatorio e può – al più – costituire soltanto un mero indizio che, in mancanza di altri elementi gravi, precisi e concordanti, non è idoneo a scalfire l’attività istruttoria dell’Amministrazione.

Sentenza|18 maggio 2021| n. 3853

Data udienza 13 maggio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Processo amministrativo – Prove – Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà – Inammissibilità – Ragioni

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7833 del 2014, proposto dai signori An. Gn. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Be. Bo., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Le. Ca. e Ga. Co., con domicilio eletto presso lo studio Le. Ca. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio Sezione Prima Quater n. 04347/2014, resa tra le parti, concernente demolizione opere realizzate abusivamente.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 13 maggio 2021 il consigliere Andrea Pannone e uditi per le parti gli avvocati indicati in verbale;
L’udienza si svolge ai sensi degli artt. 4, comma 1 del decreto legge n. 28 del 30 aprile 2020 e 25 del decreto legge n. 137 del 28 ottobre 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

A) La sentenza, qui impugnata, del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio Sezione Prima Quater, 22 aprile 2014, n. 4347, ha rigettato 2 ricorsi riuntiti proposti per l’annullamento:
quanto al ricorso n. 3844 del 2009: della ordinanza n. 30 del 19/02/2009 del Comune con cui si ordinava la demolizione delle opere realizzate abusivamente; nonché per il risarcimento dei danni;
quanto al ricorso n. 8499 del 2009: dei provvedimenti del Comune di (omissis) prot. n. 11684 e 11693 del 21/7/2009, con il quale si dispone il diniego del permesso di costruire in sanatoria.
I ricorsi in epigrafe riguardano i provvedimenti adottati dal Comune di (omissis) in relazione alle opere edilizie realizzate in assenza di titoli concessori sul terreno di proprietà degli istanti, sito in via (omissis), e consistenti in particolare nella realizzazione di un manufatto al piano terra, al rustico con struttura mista in blocchi di tufo e blocchi di laterizio con malta, con copertura con travi di legno e soprastante tetto e tegole.
La sentenza, per quel che qui rileva, ha osservato: “Dalla fotografia aerea in atti, ed acquisita in seno al procedimento di condono edilizio, emerge con inequivocabile certezza che alla data del 27 giugno 2004, quindi successivamente alla scadenza del termine previsto dall’art. 2 comma 1 lett b) L.R. Lazio n. 12/04 (31 marzo 2003), l’immobile cui si riferiscono le domande di condono era privo di copertura e non poteva quindi considerarsi ultimato ai sensi di legge entro il tempo necessario per la condonabilità .
I ricorrenti assumono che la foto indicata dal Comune intimato si riferisce ad un momento storico in cui, a causa di un forte evento meterologico, la copertura già esistente sarebbe stata divelta e solo successivamente ripristinata; producono quindi dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà rilasciate da proprietari finitimi attestanti che, nel mese di marzo del 2004, una tromba d’aria avrebbe distrutto il tetto dell’immobile di proprietà degli odierni ricorrenti.
Nessuna prova documentale viene tuttavia prodotta in giudizio (né è stata allegata alle domande di condono edilizio) attestanti la preesistenza di una copertura dell’immobile e, in ultima analisi, la sussistenza dei presupposti di legge per la condonabilità dell’abuso.
Costituisce principio del tutto pacifico in giurisprudenza che l’onere della prova dell’ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono grava sul richiedente la sanatoria a pena di rigetto della domanda, potendo quest’ultimo fornire qualunque documentazione da cui possa desumersi che l’abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data predetta (ad es. fatture, ricevute relative all’esecuzione dei lavori e/o all’acquisto dei materiali, rilievi aereofotogrammetrici ecc.), non potendosi ritenere al riguardo sufficiente la sola allegazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio. (…).
Il periodo di realizzazione delle opere asseritamente abusive è dunque elemento fattuale rientrante nella disponibilità della parte che invoca la sussistenza del presupposto temporale per usufruire del condono edilizio, non essendo l’Amministrazione comunale in grado di verificare la data di realizzazione, sul proprio territorio, di tutti gli immobili ivi realizzati.
E tale onere non può dirsi soddisfatto mediante la semplice produzione in giudizio di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, anche se proveniente da un terzo, la quale non può in alcun modo assurgere al rango di prova neppur presuntiva, sull’epoca di realizzazione dell’abuso.
Né rileva, secondo quanto asserito dai ricorrenti, il tempo trascorso per la definizione delle domande di condono.
Infatti, il titolo abilitativo tacito può formarsi, per effetto del silenzio assenso, soltanto se la domanda di sanatoria presentata possiede i requisiti soggettivi e oggettivi per essere accolta, in quanto la mancanza di taluno di questi impedisce in radice che possa avviarsi il procedimento di sanatoria, in cui il decorso del tempo è mero coelemento costitutivo della fattispecie autorizzativa: affinché si abbia il silenzio assenso, occorre, cioè, che il procedimento sia stato avviato da un’istanza conforme al modello legale previsto dalla norma che regola il procedimento di condono. Inoltre, perché possa utilmente decorrere il termine per il silenzio-assenso è anche che la domanda di condono sia corredata dalla documentazione richiesta.
Nel caso di specie, il tempo trascorso è stato in parte connesso alle ripetute integrazioni documentali che si sono rese necessarie nel corso procedimento; e comunque, non avendo gli istanti prodotto documentazione idonea a comprovare l’effettivo completamento dell’opera, con la relativa copertura, entro il termine prescritto, giammai avrebbe potuto formarsi il silenzio assenso.
I ricorsi quindi vanno entrambi respinti, essendo i dinieghi di condono legittimi alla stregua del dato normativo sopra richiamato e l’ordinanza di demolizione adeguatamente motivata in relazione al dato obiettivo, e non contestato, dell’abusività dell’intervento edilizio in parola.
Le spese di lite possono essere compensate fra le parti”.
B) Producono ricorso in appello gli interessati deducendo i seguenti motivi così epigrafati:
1) errata valutazione delle prove e dei documenti versati in atti dalle parti – errata e/o falsa applicazione dell’art. 2 comma 1 lett. B) l. R. Lazio n. 12/04 in relazione ai n. 2 dinieghi delle domande di condono edilizio.
2) errores in iudicando e in procedendo. Travisamento dei fatti.
3) erronea valutazione dell’attività amministrativa posta in essere dal Comune di (omissis) – eccesso di potere – travisamento.
4) violazione e/o falsa applicazione degli artt.7 e 8 della legge n. 241/1990, come modificata ed integrata dalla legge 11.02.2005, n. 15 e dal d.l. 14.03.2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 14.05.2005 n. 80. Violazione degli artt.6 l.r. 12/2004 e 32, c. 36 e 37, della legge n. 326/2003. Carenza di motivazione dei dinieghi impugnati. Eccesso di potere per difetto di istruttoria:
C) Il ricorso in appello non può trovare accoglimento.
Preliminarmente la Sezione osserva che parte ricorrente fa valere un interesse pretensivo alla concessione di un provvedimento di condono per opere edilizie qualificate abusive. Per la tutela di un interesse di tale natura risultano poco efficaci le censure di carattere formale, con le quali si deducono vizi del procedimento e del provvedimento finale, perché, com’è ovvio che sia, l’annullamento di un provvedimento di diniego non equivale al riconoscimento della fondatezza della pretesa. Il titolare di un interesse pretensivo deve fornire elementi di giudizio tali che, per l’effetto conformativo della sentenza, il rinnovo del procedimento lasci sperare ragionevolmente in un esito favorevole del medesimo (Cons. Stato, sezione seconda, parere 11 gennaio 2019, n. 146).
Nel caso di specie la risoluzione della controversia ruota intorno all’accertamento della data di conclusione dei lavori (entro il 31 marzo 2003).
È pacifico in giurisprudenza che: “La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non è applicabile nell’ambito del processo amministrativo, in quanto la stessa, sostanziandosi in un mezzo surrettizio per introdurre la prova testimoniale, non possiede alcun valore probatorio e può – al più – costituire soltanto un mero indizio che, in mancanza di altri elementi gravi, precisi e concordanti, non è idoneo a scalfire l’attività istruttoria dell’Amministrazione” (Consiglio di Stato sez. II – 24/04/2020, n. 2615; 04/05/2020, n. 2838; 09/10/2020, n. 5994).
Alla luce del principio giurisprudenziale enunciato, gli appellanti non hanno fornito la prova che le opere edilizie siano state terminate entro la data del 31 marzo 2003 e questa circostanza preclude ogni possibile accoglimento dell’istanza, a prescindere da eventuali vizi del procedimento.
D) Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino – Presidente FF
Andrea Pannone – Consigliere, Estensore
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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