Il procedimento amministrativo è regolato dal principio tempus regit actum

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 17 febbraio 2020, n. 1199.

La massima estrapolata:

Il procedimento amministrativo è regolato dal principio tempus regit actum, con la conseguenza che la legittimità degli atti del procedimento deve essere valutata con riferimento alle norme vigenti al tempo in cui l’atto terminale, ovvero l’atto che conclude una autonoma fase del procedimento, è stato adottato.

Sentenza 17 febbraio 2020, n. 1199

Data udienza 3 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm. sul ricorso numero di registro generale 10150 del 2019, proposto dal
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
Ma. So., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Pe. e Ma. Gr. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gi. Pe. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. 12580/2019, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ma. So.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2020 il Cons. Giovanni Tulumello e uditi per le parti gli avvocati Gi. Le. su delega di Gi. Pe. e l’Avvocato dello Stato Wa. Fe.;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
1. Con sentenza in forma semplificata n. 12580/2019, il T.A.R. Lazio, Roma, ha accolto il ricorso proposto dalla signora Ma. So. contro il provvedimento di esclusione dal concorso pubblico per titoli ed esami, a 814 posti nella qualifica di vigile del fuoco del ruolo dei vigili del fuoco del C.N.V.V.F. per carenza del requisito della statura minima.
Con ricorso in appello notificato il 21 novembre 2019, e depositato il successivo 10 dicembre, il Ministero dell’Interno ha impugnato la sentenza indicata.
Il 29 gennaio 2020 si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, la parte appellata.
Alla camera di consiglio del 3 febbraio 2020, fissata per l’esame della domanda cautelare, previo avviso alle parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2. Preliminarmente il Collegio ritiene che la causa possa essere decisa con sentenza in forma semplificata all’esito della camera di consiglio fissata per l’incidente cautelare, in ragione della completezza del contraddittorio e della superfluità di ogni ulteriore istruzione.
3. La controversia ha riguardo ad un’unica questione di diritto: quella dell’applicabilità o meno, al provvedimento impugnato, del parametro normativo costituito dall’art. 1 della legge 12 gennaio 2015, n. 2.
Al fine di risolvere tale quesito giova premettere una pur sommaria ricostruzione della fattispecie.
L’odierna appellata ha originariamente partecipato al concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di 814 posti, nella qualifica di vigile del fuoco del ruolo dei vigili del fuoco, indetto dal Ministero dell’Interno con D.M. 6 novembre 2008, n. 5140.
Risultata idonea, è stata quindi interessata dalla – successiva – procedura straordinaria di assunzione prevista dall’art. 6-bis del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, inserito dalla legge di conversione 7 agosto 2016, n. 160, che ha previsto che le assunzioni avvenissero attingendo, tra l’altro, alla graduatoria nella quale, in forza dell’idoneità conseguita, risultava collocata la signora So..
In conseguenza di tale procedura l’appellata è stata sottoposta a verifica dei requisiti e quindi esclusa, con il provvedimento impugnato in primo grado, perché dotata di una statura di cm. 161, a fronte del limite minimo di cm. 165 stabilito dal D.M. n. 78 dell’11 marzo 2008.
La sentenza di primo grado, accogliendo la relativa censura, ha ritenuto rilevante come paradigma normativo regolante la fattispecie la legge 12 gennaio 2015, n. 2, ed il successivo regolamento approvato con d.P.R. 17 dicembre 2015, n. 207, che hanno superato la precedente disciplina relativa ai parametri fisici per il reclutamento nelle Forze armate, nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Il Ministero appellante censura tale conclusione, ritenendo che la nuova normativa, più favorevole all’appellata, possa trovare applicazione solo con riferimento alle procedure concorsuali bandite successivamente alla sua entrata in vigore, mentre nel caso di specie si sarebbe in presenza di un mero scorrimento di graduatoria di un concorso bandito antecedentemente.
4. Date le superiori premesse in fatto, ritiene il Collegio che l’appello sia infondato.
La questione è stata ripetutamente approfondita dalla Sezione, con esiti ormai stabilizzatisi nel senso della qualificazione della fattispecie dedotta come “procedura di assunzione eccezionale e straordinaria”, disciplinata dal legislatore non come mero scorrimento di una graduatoria relativa ad una precedente vicenda concorsuale, ma come una autonoma procedura, non più legata – proprio per effetto dell’intervento legislativo di cui al ricordato decreto-legge 113 del 2016 – all’originario bando del 2008, sicché ai fini della valutazione dell’applicabilità delle legge n. 2 del 2015 deve aversi riguardo non alla data dell’originario bando di concorso, ma alla data di avvio della (nuova ed autonoma) procedura di assunzione straordinaria conseguente alla citata previsione di cui all’art. 6-bis del decreto-legge n. 113 del 2016 (successiva all’entrata in vigore della legge n. 2 del 2015, e del relativo regolamento di attuazione).
I superiori princì pi sono stati da ultimo ribaditi dalle sentenze di questa Sezione n. 735/2020 e n. 754/2020, che il Collegio condivide e dalle quali non ravvisa ragione di discostarsi, alle cui motivazioni si fa rinvio – ai sensi dell’art. 74 cod. proc. amm. – in ragione della piena identità fattuale e giuridica delle fattispecie ivi esaminate rispetto a quella dedotta nel presente giudizio.
5. Va peraltro ulteriormente osservato che la soluzione fatta propria dal richiamato indirizzo giurisprudenziale è assolutamente conforme ai princì pi che regolano l’individuazione, sul piano diacronico, del paradigma normativo del provvedimento amministrativo.
Come recentemente ricordato da questa Sezione nella sentenza n. 8348/2019, “Secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 agosto 2012 n. 4583), il procedimento amministrativo è regolato dal principio tempus regit actum, con la conseguenza che la legittimità degli atti del procedimento deve essere valutata con riferimento alle norme vigenti al tempo in cui l’atto terminale, ovvero l’atto che conclude una autonoma fase del procedimento, è stato adottato”.
Nel caso in esame il richiamato decreto-legge n. 113 del 2016 ha facoltizzato l’amministrazione al reclutamento di nuovo personale attingendo a precedenti graduatorie concorsuali nell’ambito di una nuova ed autonoma procedura di assunzione, con l’unico effetto giuridico della utilizzabilità delle ridette graduatorie ma senza che ciò abbia comportato una reviviscenza delle fasi ormai concluse della precedente procedura concorsuale (con particolare riferimento alla portata precettiva del relativo bando di concorso).
E’ pertanto evidente l’autonomia della procedura in cui si inserisce il reclutamento dell’odierna appellata rispetto alla procedura che aveva condotto alla formazione della graduatoria utilizzata per tale reclutamento.
Il che conferma, già sul piano dei princì pi generali, l’infondatezza delle tesi poste a fondamento del ricorso in appello, che deve essere pertanto rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
6. L’appello deve essere dunque rigettato perché infondato.
Le spese di lite possono essere compensate ai sensi degli articoli 26 del codice del processo amministrativo, e 92 del codice di procedura civile, come risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale, 19 aprile 2018, n. 77 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di quest’ultima disposizione nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, da individuarsi, nel caso di specie, nella relativa novità della questione e nella soltanto recente stabilizzazione dell’orientamento giurisprudenziale (d’ora in avanti da ritenersi peraltro pacifico) sulla specifica vicenda concorsuale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Giovanni Tulumello – Consigliere, Estensore

 

 

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