Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 17 febbraio 2020, n. 3852.
La massima estrapolata:
La presunzione legale di proprietà comune di parti del complesso immobiliare in condominio, che si sostanzia sia nella destinazione all’uso comune della “res”, sia nell’attitudine oggettiva al godimento collettivo, dispensa il condominio dalla prova del suo diritto, ed in particolare dalla cosiddetta “probatio diabolica”. Ne consegue che quando un condomino pretenda l’appartenenza esclusiva di uno dei beni indicati nell’art. 1117 c.c., poiché la prova della proprietà esclusiva dimostra, al contempo, la comproprietà dei beni che detta norma contempla, onde vincere tale ultima presunzione è onere dello stesso condomino rivendicante dare la prova della sua asserita proprietà esclusiva, senza che a tal fine sia rilevante il titolo di acquisto proprio o del suo dante causa, ove non si tratti dell’atto costitutivo del condominio, ma di alienazione compiuta dall’iniziale unico proprietario che non si era riservato l’esclusiva titolarità del bene.
Ordinanza 17 febbraio 2020, n. 3852
Data udienza 22 ottobre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2786-2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE;
– intimate –
avverso la sentenza n. 1789/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 10/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
(OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in sei motivi avverso la sentenza n. 1789/2014 della Corte d’appello di Torino, depositata il 10 ottobre 2014.
Resistono con controricorso il Condominio (OMISSIS) e i singoli condomini, ad eccezione di (OMISSIS) e dell’altra intimata (OMISSIS) s.r.l., che non hanno svolto attivita’ difensive.
Il giudizio ebbe inizio con la domanda del 2 agosto 2006 proposta dal Condominio (OMISSIS) e dai singoli condomini nei confronti della condomina (OMISSIS), volta ad ottenere l’accertamento della proprieta’ condominiale del sedime di cui ai mappali (OMISSIS), derivanti dal frazionamento operato nel 2005 del mappale (OMISSIS). Tale area, adibita dal Condominio a parco alberato ed area di manovra, era stata interessata nel febbraio 2005 da una recinzione, dalla costruzione di un muro e da altri interventi di sistemazione. Si era quindi appurato che il mappale (OMISSIS) era intestato alla (OMISSIS) s.r.l., la quale aveva provveduto al frazionamento e rivenduto il mappale (OMISSIS) ad (OMISSIS) con atto del 24 giugno 2005.
(OMISSIS) dedusse che il proprio titolo riportava l’acquisto effettuato il 19 aprile 1981 dalla dante causa (OMISSIS) s.r.l., la quale aveva a sua volta comprato dalla (OMISSIS). La convenuta chiese percio’ accertarsi la sua proprieta’, acquisita per contratto o per usucapione, ed agi’ in garanzia verso (OMISSIS) s.r.l.
L’adito Tribunale di Alessandria, sezione distaccata di Novi Ligure, con sentenza del 6 luglio 2012, accolse le domande del Condominio (OMISSIS), dichiarando di proprieta’ comune agli attori il sedime (OMISSIS). Il primo giudice accerto’ che le singole unita’ incluse nel complesso immobiliare costruito dalla (OMISSIS) s.p.a. (poi (OMISSIS) s.p.a.) erano state vendute a far tempo da giugno 1982. Il mappale (OMISSIS) era stato invece venduto dalla (OMISSIS) s.p.a. alla (OMISSIS) s.r.l. con atto del 20 giugno 1997. (OMISSIS) s.r.l. aveva quindi dapprima frazionato il mappale (OMISSIS) e poi rivenduto il mappale (OMISSIS) ad (OMISSIS) con l’atto del 24 giugno 2005. Per il Tribunale, la vendita da (OMISSIS) s.p.a. a (OMISSIS) s.r.l. del giugno 1997 era percio’ relativa a cosa di cui l’alienante non poteva piu’ disporre, trattandosi di area condominiale.
(OMISSIS) propose gravame, respinto dalla Corte d’appello di Torino con sentenza del 10 ottobre 2014. I giudici di secondo grado dichiararono inammissibile per novita’ la questione dedotta dall’appellante circa l’inopponibilita’ dei titoli trascritti prima della compravendita da (OMISSIS) s.p.a. a (OMISSIS) s.r.l. del 20 giugno 1997, giacche’ le relative note non recavano menzione della comunione del mappale (OMISSIS). La Corte d’appello affermo’ altresi’ che le alienazioni da (OMISSIS) s.p.a. ai primi acquirenti determinavano sufficientemente l’oggetto come comprensivo del mappale (OMISSIS). Dall’esame della documentazione, la Corte di Torino trasse anche il convincimento che la (OMISSIS), quanto meno dal 1987, non avesse piu’ la proprieta’ di alcuna porzione insistente sul mappale (OMISSIS), sul quale si era insediato il Condominio, al punto che nel 1994 i condomini utilizzarono parte dell’area per costruire box auto. Venne poi ritenuto irrilevante il regolamento di condominio prodotto, in quanto disciplinante soltanto i rapporti fra il Condominio (OMISSIS) ed il Supercondominio Consorzio. La prova della proprieta’ dell’area rivendicata venne desunta nella sentenza impugnata sulla base della comune provenienza degli immobili dall’unica proprietaria originaria (OMISSIS) s.p.a. (poi (OMISSIS) s.p.a.).
La trattazione del ricorso e’ stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’articolo 375 c.p.c., comma 2 e articolo 380 bis.1 c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c.
I. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 167 e 345 c.p.c., assumendo che l’eccezione della inopponibilita’ della comproprieta’ del mappale (OMISSIS) era stata proposta gia’ nella comparsa di risposta del 28 novembre 2006.
Il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., articoli 948 e 2697 c.c., sostenendosi che spettava agli attori fornire la prova di un proprio valido titolo di acquisto del mappale (OMISSIS).
Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 948, 2644, 2659, 2697 e 2826 c.c. Si assume che, una volta eccepita dalla convenuta in rivendica la mancanza di un titolo trascritto, e percio’ opponibile, relativo al mappale (OMISSIS), spettava agli attori provare la loro proprieta’.
Il quarto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 2659, 2697 e 2826 c.c. Qui si evidenzia la indeterminatezza del riferimento al mappale (OMISSIS) nei contratti di acquisto dei condomini.
Il quinto motivo di ricorso denuncia la nullita’ della sentenza o del procedimento in relazione all’articolo 115 c.p.c. e all’articolo 2697 c.c., in quanto la Corte d’appello ha fatto riferimento in sentenza alle risultanze della Convenzione con il Comune di Pasturana del 24 novembre 1975, documento che e’ stato citato nella relazione di CTU ma non e’ mai stato ritualmente prodotto dalle parti in giudizio.
Il sesto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 934, 936 e 1362 c.c., per la rilevanza deduttiva, orientata nel senso della precedente alienazione della proprieta’, che la Corte di Torino ha attribuito alla mancata “reazione” della (OMISSIS) s.p.a. alla costruzione dei garages attuata dal Condominio nel 1994: si contrappone che, se la (OMISSIS) s.p.a., come sostiene la ricorrente, era, in realta’, all’epoca proprietaria del fondo, non avrebbe avuto interesse alcuno a reagire all’edificazione, che la avrebbe beneficiata mediante accessione.
II.1. Devono esaminarsi pregiudizialmente il primo ed il quinto motivo di ricorso, che denunciano errores in procedendo.
Quanto al primo motivo, al di la’ della tempestivita’ del rilievo della eccezione, che la ricorrente assume gia’ svolto nella comparsa di costituzione in primo grado, va detto che questa Corte ha di recente riconosciuto che la questione relativa alla mancata trascrizione di un atto ed alla conseguente opponibilita’ dello stesso ai terzi acquirenti, non costituisce oggetto di un’eccezione in senso stretto, quanto di un’eccezione in senso lato, sicche’ il suo rilievo non e’ subordinato alla tempestiva allegazione della parte interessata, ma rimane ammissibile indipendentemente dalla maturazione delle preclusioni assertive o istruttorie (Cass., Sez. 2, 19/03/2018, n. 6769). Va tuttavia ritenuto che la violazione degli articoli 112, 167 e 345 c.p.c., denunciata nel primo motivo di ricorso, debba ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, essendo comunque il giudice del merito pervenuto ad un dispositivo conforme a diritto, come si chiarira’ a proposito degli altri motivi di impugnazione. La Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonche’ dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’articolo 111 Cost., comma 2, ha, invero, il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un “error in procedendo”, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (cfr. Cass. Sez. U, 02/02/2017, n. 2731; Cass. Sez. 2, 01/02/2010, n. 2313).
Il quinto motivo e’ invece inammissibile.
Con esso di deduce che il giudice di appello abbia tratto elementi di convincimento da un documento (la Convenzione 24 novembre 1975) non prodotto dalle parti ed invece acquisito dal consulente tecnico di ufficio. A parte le carenze di specifica indicazione del contenuto del documento di cui la ricorrente lamenta l’irregolare acquisizione, come delle ragioni per le quali lo stesso si sarebbe rivelato decisivo nella valutazione del consulente tecnico d’ufficio, la censura imponeva, in forza dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di specificare l’atto delle pregresse fasi di merito in cui l’eccezione di nullita’ dell’acquisizione documentale era stata sollevata tempestivamente ai sensi dell’articolo 157 c.p.c., comma 2, (nonche’ riproposta in sede di precisazione delle conclusioni ed in appello), dovendo, in mancanza, ritenersi sanata la nullita’, avendo la stessa carattere relativo (Cass. Sez. 3, 15/05/2018, n. 11752; Cass. Sez. 2, 23/11/2016, n. 23896; Cass. Sez. L, 28/07/1994, n. 7036).
II. 2. Secondo, terzo, quarto e sesto motivo di ricorso vanno poi trattati congiuntamente, in quanto connessi: tali doglianze non rivelano immediata e piena riferibilita’ alle rationes decidendi su cui poggia la pronuncia della Corte d’Appello di Torino, limitandosi a censurare una serie di profili che risultano inidonei a determinare la cassazione della sentenza impugnata. Le quattro censure in esame vertono tutte: 1) sulla distribuzione dell’onere della prova della proprieta’ del mappale (OMISSIS) (poi divenuto mappale (OMISSIS)) nei rapporti tra Condominio e condomini rivendicanti, da un lato, e convenuta, dall’altro, la quale vanta un proprio titolo di derivazione contrattuale; 2) sulla inopponibilita’ per difetto di trascrizione dei titoli di acquisto degli altri condomini; 3) sulla indeterminatezza dell’oggetto di tali titoli, per mancato espresso riferimento all’area in contesa. I motivi, all’evidenza, non si confrontano cosi’ con l’articolo 1117 c.c., che e’ invece la norma di legge dirimente della concreta fattispecie e posta alla base delle ragioni, in fatto e in diritto, della decisione impugnata.
La Corte d’appello di Torino, e prima ancora il Tribunale di Alessandria, sezione distaccata di Novi Ligure, hanno fatto risalire la costituzione del Condominio (OMISSIS) al giugno 1982 ed hanno individuato l’area (OMISSIS) come parte comune, giacche’ pertinenza scoperta delle unita’ immobiliari, in parte successivamente destinata ad autorimesse. I titoli di alienazione da (OMISSIS) s.p.a. facevano, peraltro, espresso riferimento al mappale (OMISSIS).
Si ha riguardo ad uno spazio esterno adiacente ai cinque fabbricati del Condominio (OMISSIS), adibito a parco alberato ed ad area di manovra per i veicoli, dunque astrattamente utilizzabile per consentire l’accesso agli stessi edifici, e percio’ da qualificare come cortile, ai fini dell’inclusione nelle parti comuni dell’edificio elencate dall’articolo 1117 c.c. L’area esterna di un edificio condominiale, con riguardo alla quale manchi un’espressa riserva di proprieta’ nel titolo originario di costituzione del condominio, va ritenuta di presunta natura condominiale, ai sensi dell’articolo 1117 c.c. (solo tra le piu’ recenti, cfr. Cass. Sez. 2, 14/06/2019, n. 16070; Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4687; Cass. Sez. 6 – 2, 08/03/2017, n. 5831; Cass. Sez. 2, 31/08/2017, n. 20612; Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20712). Si intende, peraltro, come cortile, agli effetti dell’articolo 1117 c.c., qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di piu’ edifici, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti, ma anche comprensiva dei vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate degli edifici – quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi – sebbene non menzionati espressamente nel medesimo articolo 1117 c.c. (Cass. Sez. 2, 09/06/2000, n. 7889).
La situazione di condominio, regolata dagli articoli 1117 c.c. e ss., si attua sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprieta’ di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unita’ immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto. Secondo le emergenze documentali menzionate dai giudici del merito, il Condominio (OMISSIS) era sorto nel giugno 1982, allorche’ le unita’ abitative con i relativi terreni pertinenziali erano state vendute dalla (OMISSIS) s.p.a. e si era quindi avuto l’atto di frazionamento dell’iniziale unica proprieta’. Originatasi a tale epoca la situazione di condominio edilizio, dallo stesso momento doveva intendersi operante la presunzione legale ex articolo 1117 c.c. di comunione “pro indiviso” di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero – in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio (Cass. Sez. 2, 18/12/2014, n. 26766). Mancando nel titolo originario una chiara ed univoca volonta’ di riservare esclusivamente alla (OMISSIS) s.p.a. la proprieta’ dell’area scoperta mappale (OMISSIS) (secondo interpretazione del contenuto negoziale di esso costituente apprezzamento di fatto, percio’ rimesso ai giudici del merito), quest’ultima non poteva poi validamente disporre della stessa area cortilizia come proprietario unico di detto bene in favore della (OMISSIS) nel 1997. E’ consolidato l’orientamento di questa Corte ad avviso del quale spetta al condomino, che pretenda l’appartenenza esclusiva di un bene, quale appunto un cortile, compreso tra quelli elencati espressamente o per relationem dall’articolo 1117 c.c., dar prova della sua asserita proprieta’ esclusiva derivante da titolo contrario (non essendo determinanti, a tal fine, ne’ le risultanze del regolamento di condominio, ne’ l’inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprieta’ esclusiva di un singolo condomino, ne’ i dati catastali); in difetto di tale prova, infatti, deve essere affermata l’appartenenza dei suddetti beni indistintamente a tutti i condomini (Cass. Sez. 2, 07/05/2010, n. 11195; Cass. Sez. 2, 18/04/2002, n. 5633; Cass. Sez. 2, 15/06/2001, n. 8152; Cass. Sez. 2, 04/04/2001, n. 4953). Vanno pertanto enunciati i seguenti principi, che confutano le ragioni esposte nel secondo, terzo, quarto e sesto motivo di ricorso.
1) L’individuazione delle parti comuni – come, nella specie, i cortili o qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti o sia destinata a spazi verdi, zone di rispetto, parcheggio di autovetture – operata dall’articolo 1117 c.c. non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria, potendo essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in piu’ proprieta’ individuali (cfr. Cass. Sez. U, 07/07/1993, n. 7449).
2) La comproprieta’ delle parti comuni dell’edificio indicate nell’articolo 1117 c.c. sorge, invero, nel momento in cui piu’ soggetti divengono proprietari esclusivi delle varie unita’ immobiliari che costituiscono l’edificio, sicche’, per effetto della trascrizione dei singoli atti di acquisto di proprieta’ esclusiva – i quali comprendono pro quota, senza bisogno di specifica indicazione, le parti comuni – la situazione condominiale e’ opponibile ai terzi dalla data dell’eseguita formalita’ (Cass. Sez. 2, 09/12/1974, n. 4119). Non ha percio’ alcun rilievo il contenuto degli atti traslativi (OMISSIS) – (OMISSIS) e poi (OMISSIS) – (OMISSIS), non potendo essi valere quale titolo contrario ex articolo 1117 c.c., ne’ validamente disporre della proprieta’ esclusiva dell’area oggetto di lite, ormai compresa fra le proprieta’ comuni (rimanendo nulla, al contrario, la clausola, contenuta nel contratto di vendita di un’unita’ immobiliare di un condominio, con la quale venga esclusa dal trasferimento la proprieta’ di alcune delle parti comuni: cfr. Cass. Sez. 2, 29/01/2015, n. 1680). Ne’ la circostanza che gli atti di vendita tra (OMISSIS) e i diversi condomini acquirenti delle singole unita’ immobiliari, come le correlate note di trascrizione, non contenessero espressa menzione del trasferimento della comproprieta’ dell’area comune segnata dal mappale (OMISSIS) e’ in alcun modo sufficiente a superare la presunzione posta dall’articolo 1117 c.c., la quale, al contrario, comporta che all’atto stesso consegua l’alienazione, unitamente alla porzione esclusiva, della corrispondente quota di condominio su dette parti comuni. Stando, infatti, al consolidato orientamento di questa Corte, una volta accertata la sussistenza di una situazione di condominio di edifici, le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprieta’ individuale estendono i loro effetti, secondo il principio “accessorium sequitur principale”, alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprieta’ solitaria (Cass. Sez. 2, 06/03/2019, n. 6458; Cass. Sez. 6 – 2, 26/10/2011, n. 22361; Cass. Sez. 2, 27/04/1993, n. 4931).
3) La “presunzione legale” di proprieta’ comune di parti del complesso immobiliare in condominio, che si sostanzia sia nella destinazione all’uso comune della res, sia nell’attitudine oggettiva al godimento collettivo (sulla base di una valutazione da compiere nel momento in cui ha luogo la formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in piu’ proprieta’ individuali), dispensa, quindi, il condominio dalla prova del suo diritto, ed in particolare dalla cosiddetta probatio diabolica (come invece erroneamente assumono il secondo ed il terzo motivo di ricorso). Ai condomini che agiscono in rivendica di parti comuni riconducibili all’articolo 1117 c.c. basta dimostrare la rispettiva proprieta’ esclusiva nell’ambito del condominio per provare anche la comproprieta’ di quei beni che tale norma contempla. Ne deriva che quando un condomino pretenda l’appartenenza esclusiva di uno dei beni indicati nell’articolo 1117 c.c., e’ onere dello stesso condomino, onde vincere detta presunzione, dare la prova della sua asserita proprieta’ esclusiva, senza che a tal fine sia rilevante il proprio titolo di acquisto, o quello del relativo proprio dante causa, ove non si tratti, come nella specie, dell’atto costitutivo del condominio, ma di alienazione compiuta dall’iniziale unico proprietario che non si era riservato l’esclusiva titolarita’ dell’area (arg. da Cass. Sez. 2, 07/06/1988, n. 3862: Cass. Sez. 2, 05/12/1966, n. 2834).
In tale contesto di ripartizione degli oneri probatori, non riveste chiaramente alcuna decisivita’ la critica che il sesto motivo di ricorso rivolge al rapporto logico deduttivo che la Corte di Torino ha posto tra la mancata “reazione” della (OMISSIS) s.p.a. alla costruzione dei garages del 1994 e la non appartenenza dei suoli alla societa’, essendo stata raggiunta la prova della titolarita’ dell’area in contesa del tutto indipendentemente dal denunciato apprezzamento basato sull’id quod plerumque accidit.
III. Conseguono il rigetto del ricorso e la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, in favore dei controricorrenti, mentre non deve provvedersi al riguardo per le intimate (OMISSIS) s.r.l. ed (OMISSIS), che non hanno svolto attivita’ difensive. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi ddel Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute in questo giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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