Prescrizione al diritto al risarcimento del danno da fatto illecito penale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 aprile 2023| n. 9883.

Prescrizione al diritto al risarcimento del danno da fatto illecito penale

In tema di prescrizione, al diritto al risarcimento del danno da fatto illecito considerato dalla legge anche come illecito penale si applicano gli istituti della sospensione e dell’interruzione della prescrizione relativi al reato nei soli casi di azione civile esercitata e conclusa in sede penale e non invece nella diversa ipotesi di azione risarcitoria svolta in sede civile (ancorché preceduta dalla costituzione di parte civile nel processo penale), essendo ontologicamente diversi l’illecito civile e quello penale.

Ordinanza|13 aprile 2023| n. 9883. Prescrizione al diritto al risarcimento del danno da fatto illecito penale

Data udienza 9 marzo 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Lesioni personali – Risarcimento del danno – Violazione dell’art. 2947 co. 3 c.c. – Formulazione di censure di mero fatto – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. GIANNITI Enrico – Consigliere

Dott. TASSONE Stefania – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 32516/2020 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 136/2020 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI, depositata il 16/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/03/2023 dal consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Prescrizione al diritto al risarcimento del danno da fatto illecito penale

RILEVATO

che:
(OMISSIS) convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Sassari (OMISSIS) chiedendo il risarcimento del danno derivante dalle lesioni personali cagionategli dal convenuto con una testata sul volto il giorno (OMISSIS) e per le quali era stato instaurato un procedimento penale, con costituzione di parte civile, conclusosi con una sentenza di estinzione del reato di cui all’articolo 582 c.p. per prescrizione. Il convenuto propose domanda riconvenzionale. Il Tribunale adito accolse la domanda, condannando il convenuto al pagamento della somma di Euro 22.634,93 oltre accessori, e rigetto’ la domanda riconvenzionale. Premesso che ricorreva il termine prescrizionale previsto dal reato ai sensi dell’articolo 2947 c.c., u.c., osservo’ il Tribunale che valido atto interruttivo era stata la costituzione di parte civile in data 31 maggio 2012, non rilevando la dichiarazione di nullita’ del decreto di citazione a giudizio e conservando pertanto i suoi effetti l’atto di costituzione di parte civile.
Avverso detta sentenza propose appello il (OMISSIS). Con sentenza di data 16 aprile 2020 la Corte d’appello di Sassari, in parziale accoglimento dell’appello, rigetto’ la domanda proposta dal (OMISSIS). Osservo’ la corte territoriale che l’atto di costituzione di parte civile era intervenuto quando era gia’ interamente decorso il termine lungo di sei anni (articolo 2947 c.c., u.c.), non potendo avere rilievo ai fini interruttivi dell’azione civile – contrariamente a quanto affermato dal Tribunale – le cause di sospensione e interruzione della prescrizione relative al reato, peraltro neppure specificatamente individuate, attesa la diversita’ ontologica esistente fra l’illecito civile e quello penale, alla luce di Cass. Sez. U. n. 1479 del 1997 (conforme Cass. n. 5009 del 2009).
Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di tre motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

CONSIDERATO

che:
con il primo motivo si denuncia violazione degli articoli 2947 c.c., articoli 150 e 160 c.p., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Con il secondo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la parte ricorrente, con un’unica argomentazione per i due motivi, che l’orientamento secondo cui le cause di interruzione o sospensione del reato non rilevano ai fini della decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno e’ stato superato da Cass. sez. pen. 38773 del 2011, sulla base di un indirizzo poi consolidatosi fino a Cass. sez. pen. 46 del 2019, e secondo cui l’azione civile esercitata nel processo penale soggiace alle regole proprie della prescrizione penale, per cui il termine di prescrizione ai sensi dell’articolo 2947 c.c., comma 3 e’ interrotto non solo dalle vicende di cui agli articoli 2943 e 2944 c.c., ma anche dal compimento degli atti di cui all’articolo 160 c.p., e dunque dall’emissione nella specie del decreto di citazione a giudizio in data 26 ottobre 2011. Aggiunge che all’udienza del 31 maggio 2012, dove avvenne la costituzione di parte civile, il diritto risarcitorio non era ancora prescritto (in relazione alla prescrizione di sette anni e sei mesi), ne’ vale obiettare che il decreto di citazione a giudizio non e’ stato specificatamente indicato, posto che l’interruzione della prescrizione e’ rilevabile d’ufficio sulla base degli atti (il decreto di citazione era stato allegato con l’atto introduttivo del giudizio).
Osserva ancora che il decreto di citazione a giudizio, benche’ nullo, interrompe la prescrizione, con effetto dalla data sua emissione e non gia’ da quella della sua notificazione in base alla giurisprudenza penale, e che la dichiarazione di nullita’ della notifica del decreto non ha privato di efficacia la costituzione di parte civile. Aggiunge infine che il termine di prescrizione, anche se non interrotto dalla costituzione di parte civile, e’ stato comunque interrotto dalla lettera raccomandata di data 20 giugno 2012 contenente la diffida a provvedere al risarcimento del danno.
I due motivi sono infondati. Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite civili, in base all’articolo 2947 c.c., comma 3 il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, che sia considerato dalla legge come reato, si prescrive nello stesso termine di prescrizione del reato se quest’ultimo si prescrive in un termine superiore ai cinque anni, mentre si prescrive in cinque anni se per il reato e’ stabilito un termine uguale o inferiore, nel qual caso il termine di prescrizione dell’azione civile decorre dalla data di consumazione del reato e non assumono rilievo eventuali cause di interruzione o sospensione della prescrizione relative al reato, essendo ontologicamente diversi l’illecito civile e quello penale (Cass. sez. U. n. 1479 del 1997; conformi Cass. n. 15921 del 2014, n. 5630 del 2020 e n. 2694 del 2021).
Contrariamente a quanto afferma il ricorrente, non vi e’ stato un mutamento giurisprudenziale che sarebbe imputabile alle sezioni penali di questa Corte perche’ l’indirizzo di queste ultime attiene all’azione civile esercitata nel processo penale e conclusasi in tale sede, mentre l’indirizzo delle sezioni civili riguarda l’azione risarcitoria da reato esercitata in sede civile, anche nell’ipotesi, come nel caso di specie, vi sia stata una previa costituzione di parte civile nel processo penale. Come precisato da Cass. pen. 38773 del 2011, richiamata dallo stesso ricorrente, “l’azione civile esercitata nel processo penale fruisce, non solo della prescrizione “base” quinquennale (o superiore se per il reato e’ previsto un piu’ lungo termine), ma anche del prolungamento dei termini conseguente ad eventi interruttivi e sospensivi della prescrizione penale. Conclusione che e’ stata ritenuta non in contrasto con la citata sentenza delle SU civili n. 1479 del 1997 poiche’ la stessa ha riguardato il caso, del tutto diverso, di prescrizione dell’azione di risarcimento del danno da reato esercitata in sede civile (in tal caso, hanno sostenuto le SU civili, non assumono rilievo eventuali cause di interruzione o sospensione dei termini di prescrizione relativi al reato, essendo ontologicamente diversi l’illecito civile e quello penale), non nella sede penale, come nel caso oggetto del presente ricorso ed in quello definito con la richiamata sentenza n. 3601 del 20.12.07″.
Non operando la causa interruttiva del decreto di citazione a giudizio, il termine di prescrizione e’ quello di sei anni (articolo 157 c.p., comma 1) e non quello di sette anni e sei mesi, come affermato dal ricorrente, che presuppone invece l’interruzione derivante dall’atto del procedimento penale (articolo 161 c.p., comma 2). Alla luce della prescrizione pari a sei anni, privo di decisivita’, ai fini della denuncia di vizio motivazionale, e’ il fatto della raccomandata in data 20 giugno 2012.
Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’articolo 112 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello ha omesso di pronunciare sulla eccezione di rinuncia ai sensi dell’articolo 2937 c.c. per la mancata opposizione del (OMISSIS) all’ammissione della costituzione di parte civile.
Il motivo e’ inammissibile. La censura e’ formulata in violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 per non avere il ricorrente illustrato in modo specifico il contenuto della motivazione del Tribunale. Trattasi di mancato assolvimento di onere processuale determinante perche’, ove il Tribunale anziche’ ritenere assorbita la questione oggetto dell’eccezione abbia statuito rigettandola, l’odierno ricorrente aveva l’onere di proporre appello incidentale, e non limitarsi alla riproposizione dell’eccezione ai sensi dell’articolo 346 c.p.c.. Ove invece si fosse trattato di eccezione nuova proposta per la prima volta in appello, facolta’ sicuramente consentita trattandosi di eccezione in senso lato rilevabile d’ufficio, sempre in violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 1risulta omessa la specifica indicazione non solo della motivazione del Tribunale (avendo il giudice di primo grado potuto comunque statuire sulla questione), ma anche del rituale ingresso nel processo di merito del documento su cui fondare l’eccezione (ed in particolare il processo verbale dell’udienza penale in cui vi fu la costituzione di parte civile – cfr. Cass. n. 24113 del 2015). Per entrambe le ragioni la censura e’ quindi non scrutinabile.
E’ appena il caso di aggiungere che, ove fosse effettivamente emersa l’omissione di pronuncia circa l’eccezione, in applicazione del principio di ragionevole durata del processo (fra le tante Cass. n. 16171 del 2017) l’eccezione sarebbe stata decisa nel merito nella presente sede con il rigetto della stessa, non essendo sussumibile la mancata opposizione alla costituzione di parte civile in sede penale nella qualifica di rinunzia alla prescrizione. Affinche’ quest’ultima possa sussistere, e’ necessaria una incompatibilita’ assoluta fra il comportamento del debitore e la volonta’ dello stesso di avvalersi della causa estintiva del diritto altrui, occorrendo che nel detto comportamento sia necessariamente insita, senza alcuna possibilita’ di diversa interpretazione, l’inequivoca volonta’ di rinunziare alla prescrizione gia’ maturata e di considerare come tuttora esistente ed azionabile quel diritto che si era, invece, estinto (Cass. n. 5966 del 2007). Tale inequivocita’ non sarebbe stata ravvisabile nel mero silenzio a fronte di una costituzione di parte civile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiche’ il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

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