Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 15 maggio 2019, n. 12994.
La massima estrapolata:
La postergazione disposta dall’artt. 2467 cod. civ. opera già durante la vita della società e non solo nel momento in cui si apra un concorso formale con gli altri creditori sociali, integrando una condizione di inesigibilità legale e temporanea del diritto del socio alla restituzione del finanziamento, sino a quando non sia superata la situazione prevista dalla norma.
Sentenza 15 maggio 2019, n. 12994
Data udienza 11 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente
Dott. MELONI Marina – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25063/2016 proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.r.l. – (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3119/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/08/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/01/2019 dal cons. NAZZICONE LOREDANA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato Vito Castronuovo, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 18 agosto 2016, la Corte d’appello di Napoli ha respinto l’impugnazione avverso la sentenza del 6 febbraio 2015 del Tribunale della stessa citta’, che aveva a sua volta disatteso la domanda proposta da (OMISSIS) s.r.l. contro la (OMISSIS) s.r.l., dalla prima partecipata nella misura del 25% del capitale sociale, volta alla restituzione della somma di Euro 190.482,25 versata alla societa’ a titolo di finanziamento soci.
La Corte territoriale ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che: a) l’applicabilita’ dell’articolo 2467 c.c. al finanziamento dei soci e’ oggetto di un’eccezione in senso lato rilevabile d’ufficio, onde non interessa che la (OMISSIS) s.r.l. sia rimasta contumace in primo grado, allorche’ il Tribunale rilevo’ la situazione della societa’ impeditiva della restituzione; b) la norma comporta una condizione di temporanea inesigibilita’ del credito, come risulta dalla lettera e dalla ratio della stessa, in presenza dei presupposti di cui al comma 2, della disposizione ed allorche’ al momento della richiesta di rimborso esistano, come nella specie, crediti ordinari pur non scaduti; c) neppure sarebbe possibile l’adozione di una sentenza di condanna condizionata, in quanto l’evento condizionante e’ costituito dall’assenza di altri crediti non postergati, circostanza che dovrebbe essere accertata dall’organo gestorio, con conseguente riproposizione degli inconvenienti che la norma intende contrastare e dubbi di liceita’, in quanto condizione meramente potestativa; inoltre, non e’ stata avanzata la necessaria domanda di parte in tal senso; di essa, infine, sarebbe dubbia l’ammissibilita’ per difetto dell’interesse ad agire ex articolo 100 c.p.c., dato che la (OMISSIS) s.r.l. non ha contestato l’esistenza del debito in se’ e la socia intende proprio conseguire il titolo giudiziale esecutivo; d) a fronte dell’accertamento, operato dal tribunale, circa la sussistenza di un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto della societa’ al momento del finanziamento, la socia (OMISSIS) s.r.l. ha formulato un motivo che difetta di specificita’, essendosi limitata a negare la situazione di sottocapitalizzazione e di insufficienza del patrimonio a soddisfare tutti i creditori, senza indicare le modificazioni richieste nella ricostruzione del fatto, ai sensi dell’articolo 342 c.p.c., ne’ proporre una lettura alternativa delle circostanze valorizzate dal tribunale, onde il motivo e’ anche infondato.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) s.r.l., sulla base di due motivi. Resiste la (OMISSIS) s.r.l. con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – I motivi. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2467 c.c., il cui dettato riguarda i rapporti tra il socio finanziatore e gli altri creditori, dovendo la norma applicarsi soltanto nei procedimenti esecutivi, in cui essa determina la collocazione deteriore dei finanziamenti dei soci rispetto agli altri crediti, privilegiati e chirografari, che concorrono nella distribuzione dell’attivo liquido ricavato, quale sorta di privilegio in termini negativi. Ha, dunque, errato la corte d’appello nel ritenere la norma legittimare il rifiuto della societa’ a pagare il suo debito, non avendo il legislatore previsto un divieto per l’amministratore di effettuare il rimborso, come invece in altre fattispecie.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2467 c.c., e articolo 112 c.p.c., per avere la corte del merito ritenuto rilevabile d’ufficio la pretesa inesigibilita’ del credito derivante dalla postergazione, laddove si tratta di un diritto potestativo della societa’ medesima, al fine di opporsi alla domanda di rimborso, da far valere in giudizio in via di eccezione in senso stretto.
2. – Le questioni. Nel novero dei temi interpretativi sollevati dal nuovo articolo 2467 c.c., il ricorso pone due questioni:
1) se la postergazione impedisca alla societa’ e, per essa, al suo organo amministrativo, gia’ nel corso dell’ordinaria attivita’ d’impresa, di aderire alla richiesta di rimborso del socio, ove sussistano le condizioni in cui la norma dispone la peculiare disciplina, e non solo in presenza di una procedura esecutiva, individuale o collettiva;
2) se, nel corso di un giudizio intrapreso dal socio a fronte del rifiuto di rimborso opposto dalla societa’, l’applicabilita’ della postergazione del credito ex articolo 2467 c.c., costituisca l’oggetto di un’eccezione in senso stretto e debba, quindi, essere sollevata dalla societa’ (o dal curatore), da cui si pretenda la restituzione della somma mutuata ex articolo 1813 c.c., nel rispetto delle preclusioni di legge.
3. – Applicabilita’ alla societa’ in bonis.
3.1. – Reputa il Collegio che la corte territoriale non abbia errato nell’interpretazione offerta dell’articolo 2467 c.c..
E’ il tema usualmente prospettato come opzione ermeneutica tra la natura “sostanziale” o “processuale” della postergazione: nel primo caso, la norma troverebbe applicazione gia’ durante la vita della societa’, riguardando il rapporto tra la medesima e il socio; nel secondo, essa rileverebbe solo in presenza di un concorso in senso tecnico fra creditori, dunque occorrerebbe, secondo alcuni, almeno la fase di liquidazione volontaria o, comunque, che sia in corso l’esecuzione individuale o una procedura concorsuale della societa’.
3.2. – Secondo i precedenti di questa Corte, non vi e’ dubbio che la norma operi in presenza di una procedura concorsuale aperta (cfr. Cass. 31 gennaio 2019, n. 3017; Cass. 21 giugno 2018, n. 16348, nel concordato preventivo; Cass. 20 giugno 2018, n. 16291; Cass. 24 ottobre 2017, n. 25163; Cass. 20 maggio 2016, n. 10509; Cass. 7 luglio 2015, n. 14056; Cass. 29 gennaio 2014, n. 1898).
La natura sostanziale della postergazione legale, che “incide direttamente sugli effetti del negozio di finanziamento”, e’ stata gia’ ritenuta da questa Corte (Cass. 13 luglio 2012, n. 12003; richiamata da Cass. 17 ottobre 2018, n. 26004, pur dichiarando inammissibile il ricorso), laddove essa ha per cio’ escluso la retroattivita’ della nuova disciplina, con riguardo ai finanziamenti concessi dal socio anteriormente alla riforma del 2003; e pur avendone ivi affermato l’operativita’ nella liquidazione volontaria della societa’, laddove si pone un problema tecnico di concorso, quale ordine di riparto del patrimonio sociale nella soddisfazione dei creditori.
Altra decisione (Cass. 20 maggio 2016, n. 10509) menziona la procedura concorsuale aperta, in particolare la liquidazione coatta amministrativa di societa’ cooperativa, esaminando la sorte del finanziamento del socio in detta situazione per negare l’applicabilita’ dell’articolo 2467 c.c., a tale tipo sociale.
Contiene un passaggio motivazionale in favore dell’applicabilita’ alla societa’ in bonis un’ordinanza, resa all’esito di regolamento di competenza sulla declaratoria di inefficacia ex articolo 2467 c.c., comma 1, seconda parte, attribuita al tribunale fallimentare (Cass. 24 ottobre 2017, n. 25163).
In tutti i casi, pero’, si tratta di obiter dicta, quali passaggi intermedi della motivazione; occorre quindi individuare il principio di diritto, quale specifico oggetto dell’odierno thema decidendum.
3.3. – Sia la lettera, sia la ratio della disposizione, ai sensi dell’articolo 12 preleggi, conducono alla prima delle ricordate opzioni interpretative.
L’articolo 2467 c.c., comma 1, parla di rimborso “postergato” rispetto agli “altri creditori”, espressione utilizzata per indicare il meccanismo della posposizione del diritto a quelli altrui, non per alludere al momento dell’effettivo concorso procedimentalizzato delle pretese creditorie; come conferma anche la sedes materiae, che e’ rimasta quella codicistica, pur dopo la rielaborazione del diritto della crisi d’impresa in forza del Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Sotto il profilo del fondamento della disposizione, la Relazione alla riforma del diritto societario del 2003 parla di “capitale di credito” formale, contrapposto alla sostanza economica di “capitale proprio”.
Gli interpreti concordano nell’affermare che si sia cosi’ inteso reagire alla possibile traslazione del rischio d’impresa dalla societa’ al mercato: il finanziamento e’ “anomalo” o “sostitutivo del capitale”, in quanto un creditore sul mercato del credito non lo avrebbe concesso, o non a quelle condizioni, a causa della situazione finanziaria della societa’.
La ratio legis dell’articolo 2467 c.c., consiste dunque nell’intento di contrastare la non infrequente sottocapitalizzazione delle societa’, quale tecnica di traslazione sui creditori e sui terzi del rischio da continuazione dell’attivita’ in regime di crisi, con eventuale profitto dei soci ed aggravamento del dissesto a scapito dei creditori: fenomeno determinato dalla convenienza dei soci a ridurre l’esposizione al rischio d’impresa, apportando nuove risorse a disposizione dell’ente collettivo nella forma del finanziamento, anziche’ in quella appropriata del conferimento (cfr. Cass. 20 maggio 2016, n. 10509; Cass. 7 luglio 2015, n. 14056).
La disciplina e’ dettata per le societa’ a responsabilita’ limitata dall’articolo 2467 c.c., e per le societa’ eterodirette dall’articolo 2497 quinquies c.c., di rinvio al primo: laddove l’impresa e’ “tipologicamente” caratterizzata dalla presenza di soci titolari di poteri sulla gestione e di adeguate informazioni, evocandosi il legame tra potere e rischio.
Non dissimile tale ratio da quella dell’abrogato articolo 2490 bis c.c., il quale escludeva peraltro solo l’efficacia delle cause di prelazione per i crediti del socio unico verso la societa’, laddove il legislatore della riforma societaria ha inteso dettare una norma di maggior rigore e piu’ vasto ambito applicativo.
3.4. – Il credito del socio, in presenza di un finanziamento concesso nelle condizioni di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto o laddove sarebbe stato ragionevole un conferimento, subisce una postergazione legale, la quale non opera una riqualificazione del prestito da finanziamento a conferimento con esclusione del diritto al rimborso, ma incide sull’ordine di soddisfazione dei crediti.
Il legislatore, tra le tecniche disponibili al riguardo, ha escluso invero la riqualificazione del prestito ed optato per la postergazione: non muta ex lege la causa della dazione, che resta quella del mutuo (articolo 1813 c.c.) e non diventa causa di conferimento (articolo 2343 c.c.).
I finanziamenti de quo, pertanto, costituiscono prestiti e non apporti di capitale, alla cui disciplina – rimborsabilita’ solo all’esito della liquidazione e, quindi, dopo la restituzione anche dei prestiti anomali – non sono soggetti.
Nondimeno, l’effetto della postergazione e’ automatico, non dipendendo da una conoscenza effettiva dello stato della societa’ o dall’intenzione delle parti, ed impone al giudice, richiesto del rimborso, di accertare, sulla base delle risultanze processuali in atti, se la situazione sociale ricada in una delle fattispecie ex articolo 2467 c.c., comma 2.
Ne deriva che l’integrazione delle fattispecie indicate nel comma 2 dell’articolo 2467 c.c., produce effetti negoziali sul diritto del socio alla restituzione della somma finanziata: il credito restitutorio, sebbene eventualmente sia anche scaduto il termine previsto per l’adempimento ex articolo 1813 c.c., non e’ esigibile. La postergazione prevista dalla norma finisce, cosi’, per operare come una condizione legale integrativa del regolamento negoziale circa il rimborso, la quale statuisce l’inesigibilita’ del credito in presenza di una delle situazioni previste dall’articolo 2467 c.c., comma 2, con un impedimento (solo temporaneo) alla restituzione della somma mutuata.
3.5. – Ne deriva l’ulteriore conseguenza che la societa’ e, per essa, l’organo amministrativo puo’, ed anzi deve rifiutare il rimborso del prestito, sino a quando non siano venute meno le predette condizioni: evento, quest’ultimo, che rende nuovamente la societa’ immediatamente tenuta al pagamento al socio di quanto dovutogli in restituzione.
Quando, invero, sia stato superato lo squilibrio patrimoniale e, quindi, la situazione di rischio per i creditori sociali che ne discende e che la norma pone a fondamento della regola di postergazione – il credito del socio ritorna ordinariamente esigibile, sebbene non fossero stati a quel momento adempiuti tutti gli altri debiti sociali: potendosi allora ritenere realizzata una situazione di soddisfazione, sia pure “astratta”, dei creditori esterni e dunque esistente uno status di regolare esigibilita’.
Se, pertanto, la situazione di squilibrio sia venuta meno al momento in cui alla societa’ sia richiesto il rimborso da parte del socio (ovvero al momento in cui il giudice del merito sia chiamato a decidere, come si dira’), essa e’ tenuta a provvedervi, non attenendo la postergazione all’esistenza in se’ del credito, ma alle condizioni per l’esazione, onde il venir meno di detta situazione, dapprima esistente e quindi atta a rendere il credito non esigibile, comporta il superamento dello stato di inesigibilita’.
3.6. – Ne’ vale l’obiezione secondo cui, in tal modo, sarebbe inammissibilmente demandata allo stesso organo amministrativo la valutazione discrezionale circa la situazione di crisi: non e’ diverso, infatti, da quanto si richiede all’imprenditore che proponga il ricorso di fallimento in proprio, ai sensi della L. Fall., articolo 6, o dal generale obbligo imposto dall’articolo 2086 c.c., come riformulato dal Decreto Legislativo n. 14 del 2019, articolo 375. Norma che pone proprio, fra i compiti dell’organo gestorio, quello di predisporre un assetto organizzativo, amministrativo e contabile della societa’ atto a rilevare la situazione di crisi, nonche’ la tempestiva adozione di un adeguato strumento per il suo superamento.
3.7. – Occorre aggiungere come, nel giudizio avente ad oggetto la condanna della societa’ renitente alla restituzione del prestito in favore del socio, il giudice dovra’ accertare se sussista, in concreto, una delle situazioni ex articolo 2467 c.c., comma 2: non solo al momento del prestito (dies storico statico), ma anche al momento della richiesta di rimborso e sino alla pronuncia, trattandosi di una condizione di inesigibilita’ del credito.
Sotto quest’ultimo profilo, invero, occorre ricordare come, laddove sia previsto un termine per l’adempimento dell’obbligazione, ai sensi dell’articolo 1184 c.c., esso, quale condizione dell’azione, e’ sufficiente che sia compiuto al momento della decisione: in tal modo, si afferma, il principio dell’inesigibilita’ del credito prima della scadenza del termine a favore del debitore risulta pienamente osservato, in quanto la valutazione, operata dal giudice al riguardo al momento di decidere, consente di verificare sotto tale profilo la fondatezza della domanda, con conseguente rigetto della medesima, qualora il termine in questione non fosse a quel tempo ancora maturato (Cass. 25 settembre 2018, n. 22547; Cass. 16 novembre 2001, n. 14429).
Del pari, in caso di proposizione della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento prima che si verifichi l’esigibilita’ della prestazione, se questa diviene esigibile nel corso del giudizio e il convenuto non adempia, egli non si sottrae ad una pronuncia di risoluzione, essendo l’inadempimento una condizione dell’azione che puo’ maturare in corso di causa e fino al momento della sentenza (Cass. 1 giugno 2004, n. 10490; Cass. 20 febbraio 2004, n. 3378).
Il principio cosi’ enunciato e’ estensibile dunque alla condizione legale di inesigibilita’, costituita dalla sussistenza di una situazione di crisi, come definita dall’articolo 2467 c.c., ancora al momento del rimborso del prestito stesso: pertanto, il suo opposto, quale condizione dell’azione, puo’ maturare in corso di causa e fino al momento della sentenza, chiamata ad accertare se si sia ripristinata, sia pure solo in pendenza del giudizio, la condizione di piena esigibilita’ del credito azionato in giudizio per l’inattualita’ della situazione di crisi.
Cio’, per il principio generale secondo cui, se la prestazione diviene esigibile nel corso del giudizio, e’ legittima la pronuncia di condanna del debitore tuttora inadempiente, dovendosi ritenere sopravvenuta una condizione dell’azione che, in quanto tale, e’ sufficiente sussista al momento del provvedere.
4. – Rilevabilita’ d’ufficio della postergazione. La questione processuale di cui al secondo motivo di ricorso va risolta in senso negativo.
L’eccezione in senso stretto si sostanzia in un controdiritto, contrapposto al fatto costitutivo invocato dall’attore, la cui rilevazione e’ subordinata all’espressa manifestazione di volonta’ della parte che vi abbia interesse, ed ha carattere eccezionale.
Secondo principio consolidato, costituiscono eccezioni in senso stretto, rilevabili ad istanza di parte, quelle che possono essere sollevate soltanto dalle parti per espressa disposizione di legge, ovvero quelle il cui fatto integratore corrisponda all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio dal titolare e, quindi, presupponga una manifestazione di volonta’ di quest’ultimo (e multis: Cass. 29 ottobre 2018, n. 27405; Cass. 14 giugno 2018, n. 15591; Cass. 5 giugno 2014, n. 12677; Cass., sez. un., 20 febbraio 2013, n. 4213; Cass. 13 giugno 2012, n. 9610; Cass. 13 gennaio 2012, n. 409; Cass. 20 maggio 2010, n. 12353).
Si deve, peraltro, distinguere l’onere di allegazione, che compete esclusivamente alla parte e va esercitato nei tempi e nei modi previsti dal codice rito, dunque soggetto alle relative preclusioni e decadenze, dal potere di rilevazione, che spetta alla parte ed e’ soggetto alle relative preclusioni solo, appunto, nei casi detti.
In ogni altro caso, invece, sono rilevabili d’ufficio i fatti modificativi, impeditivi o estintivi, purche’ risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito, nel rispetto del principio dispositivo.
Orbene, l’eccessivo squilibrio nell’indebitamento o la situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento, quali situazioni previste dal comma 2, della norma in esame – da verificare sia al momento del prestito, sia della richiesta di rimborso e, quindi, in caso di controversia, della decisione giudiziale costituiscono fatto impeditivo del diritto al rimborso oggetto di eccezione in senso lato, non risultando, con riguardo ad esse, nessuna delle fattispecie, che possano fondarne la qualificazione come eccezione in senso proprio.
La qualificazione di “credito postergato” discende dalla sussistenza di oggettive circostanze previste dalla legge e non dall’esercizio di un diritto potestativo della societa’ finanziata, con la conseguenza che si deve escludere la sussistenza di un’eccezione in senso proprio.
La sussistenza della condizione di sottocapitalizzazione al momento della concessione del prestito e della richiesta del suo rimborso costituisce un fatto impeditivo all’accoglimento della pretesa creditoria formulata dal socio, il cui fatto costitutivo e’ integrato dal titolo; ma la deduzione del detto fatto non e’ oggetto di un’eccezione in senso stretto, che, in quanto tale, possa essere sollevata soltanto dalla societa’ (o dalla curatela) debitrice, onde compete al giudice adito il potere-dovere di rilevare di ufficio detta situazione sulla base degli elementi introdotti in giudizio e presenti agli atti.
5. – Vanno, in conclusione, enunciati i seguenti principi di diritto:
“La postergazione disposta dall’articolo 2467 c.c., opera gia’ durante la vita della societa’ e non solo nel momento in cui si apra un concorso formale con gli altri creditori sociali, integrando una condizione di inesigibilita’ legale e temporanea del diritto del socio alla restituzione del finanziamento, sino a quando non sia superata la situazione prevista dalla norma.
La societa’ e’ tenuta a rifiutare al socio il rimborso del finanziamento, in presenza della situazione di difficolta’ economico-finanziaria indicata dalla legge, ove sussistente sia al momento della concessione del finanziamento, sia al momento della richiesta di rimborso, che e’ compito dell’organo gestorio riscontrare mediante la previa adozione di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile della societa’.
In caso di azione giudiziale di restituzione proposta dal socio, il giudice del merito e’ chiamato a verificare se la situazione di crisi prevista dall’articolo 2467 c.c., comma 2, sussista, oltre che al momento della concessione del finanziamento, altresi’ al momento della sua decisione.
Lo stato di eccessivo squilibrio nell’indebitamento o di una situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento, prevista dall’articolo 2467 c.c., comma 2, e’ fatto impeditivo del diritto alla restituzione del finanziamento operato dal socio in favore della societa’, rilevabile dal giudice d’ufficio, in quanto oggetto di un’eccezione in senso lato, sempre che la situazione predetta risulti provata ex actis, secondo quanto dedotto e prodotto in giudizio”.
6. – Le spese vengono interamente compensate, attesa la novita’ delle questioni poste dal ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero le spese di lite fra le parti.
Dichiara che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
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