Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 12 novembre 2019, n. 7739.
La massima estrapolata:
Il possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento dello straniero – costituisce un requisito soggettivo non eludibile ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno, in quanto attinente alla sostenibilità dell’ingresso dello straniero nella comunità nazionale, al suo inserimento nel contesto lavorativo e alla capacità di contribuire con il proprio impegno allo sviluppo economico e sociale del paese; la disponibilità di un reddito conseguito in modo lecito è, inoltre, garanzia che il cittadino extracomunitario non si dedichi ad attività illecite o criminose.
Sentenza 12 novembre 2019, n. 7739
Data udienza 3 ottobre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9456 del 2018, proposto da
Ministero dell’Interno, Prefetto di Genova (rectius Questura di Sassari), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
Nd. Ma. non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima n. 497/2018, resa tra le parti, concernente il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2019 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati dello Stato At. Ba.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Sardegna il ricorrente, cittadino del Senegal, ha impugnato il decreto della Questura di Sassari del 18/8/2017 di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo.
Il diniego si fonda sui seguenti presupposti: carenza dei requisiti alloggiativi e di quelli reddituali.
In relazione al primo presupposto la Questura ha rilevato che l’immobile presso cui il cittadino straniero ha dichiarato di risiedere è stato concesso in locazione ad un suo connazionale, ed il relativo contratto prevede il diniego di sublocare o dare in comodato o consentire a terzi l’uso – sotto qualsiasi forma – dell’immobile locato.
In relazione alla carenza reddituale la Questura ha sostenuto che il reddito dichiarato sarebbe inattendibile, tenuto conto che il reddito dichiarato, conseguito nell’esercizio dell’attività commerciale di vendita di chincaglieria e bigiotteria, sarebbe stato ottenuto in assenza di costi per l’acquisto della merce venduta; inoltre la Questura ha ritenuto che l’importo dichiarato dal ricorrente, pari ad Euro 7.170,00, sarebbe comunque inferiore alla soglia minima prevista il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro autonomo.
2. – Con la sentenza impugnata, n. 497/2018, il TAR ha accolto il ricorso per difetto di motivazione e di istruttoria.
3. – Avverso tale decisione l’Amministrazione dell’Interno ha proposto appello chiedendo anche la sospensione dell’esecutività della sentenza appellata.
3.1 – Il ricorrente in primo grado non si è costituito in giudizio.
3.2 – Con ordinanza n. 7114 del 17/12/2018 la Sezione ha disposto incombenti istruttori incaricando l’Agenzia delle Entrate di Sassari: nel decreto impugnato, infatti, la Questura aveva ritenuto inattendibile ed incompleta la sua dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2015; nell’atto di appello l’Amministrazione ha aggiunto che il cittadino straniero non aveva dichiarato o percepito alcun reddito in relazione agli anni di imposta 2014, 2016 e 2017.
In sostanza, l’Amministrazione, aveva sostenuto che il cittadino straniero non avesse provato la disponibilità del requisito reddituale derivante da lavoro lecito, necessario per il rilascio del permesso di soggiorno.
3.3 – Con relazione depositata il giorno 11 gennaio 2019 l’Agenzia delle Entrate di Sassari ha confermato l’inattendibilità delle dichiarazioni dei redditi presentate dal cittadino straniero per gli anni 2014, 2015, 2016 e 2017, caratterizzate dalla mancata indicazione dei costi sostenuti per l’acquisto della merce e dell’indicazione di rimanenze iniziali da riportare nel rigo RG 13 della dichiarazione.
4. – Sulla base dell’esito dell’istruttoria è stata emessa l’ordinanza n. 644/2019 con cui l’istanza cautelare dell’Amministrazione appellante è stata accolta.
5. – All’udienza pubblica del 3 ottobre 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.
6. – L’appello è fondato e va, dunque, accolto.
7. – Secondo la costante giurisprudenza della Sezione il possesso di un reddito minimo – idoneo al sostentamento dello straniero – costituisce un requisito soggettivo non eludibile ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno, in quanto attinente alla sostenibilità dell’ingresso dello straniero nella comunità nazionale, al suo inserimento nel contesto lavorativo e alla capacità di contribuire con il proprio impegno allo sviluppo economico e sociale del paese (Consiglio di Stato, sez. III, 11 maggio 2015, n. 2335; 11 luglio 2014, n. 3596); la disponibilità di un reddito conseguito in modo lecito è, inoltre, garanzia che il cittadino extracomunitario non si dedichi ad attività illecite o criminose.
L’obbligo di provare la disponibilità del requisito reddituale compete al cittadino straniero (art. 26, comma 3, del d.lgs. n. 286/98).
La tesi del TAR secondo cui la disponibilità del reddito potrebbe desumersi in via presuntiva, in quanto il cittadino straniero era residente da tempo in Italia, ed aveva già conseguito il permesso di soggiorno non può essere condivisa: è del tutto evidente che il pregresso rilascio del permesso di soggiorno non implica il diritto al suo rinnovo in mancanza dei requisiti previsti dalla legge.
Questa Sezione ha più volte sottolineato che dalle disposizioni del D.Lgs. n. 286/1998, complessivamente considerate, non si evince la necessaria dimostrazione del possesso, in modo assoluto ed ininterrotto, del prescritto livello di reddito, dovendo valutarsi anche i fatti sopravvenuti, intervenuti prima del provvedimento, quali l’esistenza di un rapporto di lavoro che faccia presumere una prospettiva di continuità per il futuro, che superino situazioni di carenza di reddito riscontrate durante il pregresso periodo di validità del precedente permesso (cfr., tra le più recenti, Cons. Stato Sez. III, 19/09/2019, n. 6249).
Del resto la normativa prevede anche il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, al fine di agevolare il reingresso nel mondo del lavoro del cittadino straniero regolarmente soggiornante che abbia temporaneamente perso la titolarità di un reddito da lavoro.
La prova dell’esistenza del reddito da lavoro lecito nei limiti indicati dal legislatore costituisce, però, un requisito indefettibile per poter conseguire il rinnovo del permesso di soggiorno.
8. – Nella fattispecie manca totalmente la prova dell’esistenza del requisito reddituale: nel decreto impugnato in primo grado, infatti, la Questura di Sassari ha rilevato che la dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2015, predisposta dallo stesso ricorrente, attestante il possesso di un reddito complessivo pari ad Euro 7.170,00 doveva ritenersi del tutto inattendibile in quanto non teneva conto dei componenti negativi, ovvero dei costi per l’acquisto della merce.
Inoltre, tale dichiarazione era stata trasmessa all’Agenzia delle Entrate da un intermediario nei cui confronti era stata applicata il 6/5/2015 la misura cautelare degli arresti domiciliari per i reati di contraffazione o alterazione di documenti al fine di ottenere il rilascio del permesso di soggiorno, poi seguita dal divieto temporaneo (per la durata di sei mesi) di esercitare l’attività professionale di ragioniere in data 25/5/2015.
In sostanza, secondo la Questura, la dichiarazione dei redditi doveva ritenersi del tutto inidonea al rilascio del titolo di soggiorno, mancando la prova del concreto svolgimento dell’attività commerciale e del conseguimento del reddito denunciato a fini fiscali.
Detta valutazione era stata rafforzata dagli elementi assunti dopo aver chiesto chiarimenti al cittadino senegalese, il quale non era stato in grado di suffragare con alcuna documentazione quanto denunciato in sede fiscale.
9. – A seguito di istruttoria disposta da questa Sezione le valutazioni rese dalla Questura di Sassari hanno trovato conferma: il reddito dichiarato dall’appellato non solo nell’anno 2015, ma anche in quello precedente ed in quelli successivi, non risulta suffragato da alcun elemento di prova in ordine alla sua effettività ; l’Agenzia delle Entrate ha accertato che non erano state indicati i costi, né erano stati riportati i dati relativi a beni immagazzinati; neppure applicando lo “spesometro” i redditi avevano trovato conferma.
In pratica il cittadino straniero non ha fornito alcuna prova in ordine all’esistenza di quel determinato reddito oggetto di denuncia in sede fiscale.
La valutazione resa dalla Questura di Sassari in ordine alla inattendibilità dei redditi dichiarati non solo per l’anno di riferimento (2015), ma anche per quelli anteriori e posteriori, ha quindi trovato conferma anche all’esito dell’istruttoria disposta dalla Sezione.
La tesi seguita dal TAR secondo cui la mancata conservazione della prova dell’acquisto della merce sarebbe riconducibile alla condotta della Questura che in precedenza gli avrebbe rilasciato il permesso di soggiorno non può essere condivisa: costantemente la giurisprudenza ha ritenuto che l’eventuale rilascio di un provvedimento illegittimo da parte della P.A. non implica che l’Amministrazione sia tenuta a reiterare nell’errore, né può giustificare la formazione di un legittimo affidamento in capo al destinatario in ordine alla necessità di non conservare la documentazione relativa all’acquisto della merce.
10. – Neppure sussiste il vizio di violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/90, tenuto conto che la Questura ha consentito il contraddittorio avendo chiesto chiarimenti all’interessato, e che quest’ultimo non è stato in grado di fornire elementi a sostegno dell’attendibilità di quanto denunciato in sede fiscale, sicchè la violazione procedimentale deve ritenersi meramente formale, non idonea ad incidere sulla legittimità del provvedimento.
11. – L’appello va, quindi, accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado.
12. – In mancanza di costituzione dell’appellato non vi è luogo a pronuncia sulle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Garofoli – Presidente
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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