Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 13 dicembre 2019, n. 8487
La massima estrapolata:
Si afferma la necessità del permesso di costruire (olim concessione edilizia) per la realizzazione dei terrapieni e dei muri di contenimento che hanno prodotto un dislivello del terreno oppure hanno accentuato quello già esistente, nel mentre tale titolo edilizio non risulterebbe – di per sé – necessario per la realizzazione delle murature con il fine di evitare smottamenti o frane.
Sentenza 13 dicembre 2019, n. 8487
Data udienza 10 settembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7917 del 2010, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ga. Pa. e Da. Sf., con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale (…),
contro
i signori An. Si. e Ma. Si., rappresentati e difesi dagli avvocati Gi. Ac., Fr. Ma. e Gi. Ca. Di Gi., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, piazza (…),
nei confronti
del signor Va. Fr., non costituitosi in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 173/2010, resa tra le parti, concernente ingiunzione di demolizione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio degli appellati signori An. Si. e Ma. Si.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 10 settembre 2019, il Consigliere Fulvio Rocco e uditi per le parti l’avvocato Al. Ci., su delega dell’avvocato Ga. Pa., e l’avvocato Lu. Ga., su delega dell’avvocato Gi. Ac.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1. Gli attuali appellati, signori An. e Ma. Si., sono comproprietari assieme ad altri familiari nel territorio comunale di (omissis), precisamente nella frazione collinare di (omissis), di un terreno agricolo ivi censito in Catasto al foglio n. (omissis), mappale n. (omissis) e collocato in posizione sovrastante alla strada comunale.
A causa di eccezionali precipitazioni atmosferiche, tra il mese di novembre e quello di dicembre del 2000 il muro di sostegno di tale terreno è crollato, provocando smottamenti e caduta di detriti.
Per la ricostruzione del muro gli attuali appellati hanno presentato una richiesta di contributo alla Regione Liguria (cfr. doc. n. 1 di parte ricorrente in primo grado), la quale ha accolto tale domanda e ha erogato il contributo utile per intraprendere i relativi lavori (cfr. ibidem, doc. 2).
Con nota dd. 31 gennaio 2007 gli odierni appellati hanno comunicato all’Amministrazione comunale l’avvio dei lavori di ripristino, specificando che nella ricostruzione si sarebbe proceduto nel rispetto della sagoma preesistente dell’opera, senza dunque apportare variazioni né in altezza, né in lunghezza ed adoperando i medesimi materiali del manufatto precedente (cfr. ibidem, doc. 3).
Gli attuali appellanti affermano che tale comunicazione è stata inoltrata all’Amministrazione comunale in quanto con ordine di servizio emesso dal Settore Territorio del medesimo Comune nell’ottobre del 1998 era stato espressamente stabilito che “la riparazione o il rifacimento dei muri esterni di contenimento con sagoma uguali a quelli preesistenti è libero, cioè non soggetto ad alcuna preventiva autorizzazione e/o comunicazione al Comune” (cfr. ibidem, doc. 5).
Secondo gli attuali appellanti, pertanto, per effetto di tale ordine di servizio, il rifacimento di muri di contenimento del terreno nelle medesime dimensioni preesistenti e senza alterazione dello stato esteriore dei luoghi costituiva attività edilizia libera, non soggetta neppure a denuncia d’inizio di attività (d.i.a.).
A loro dire tale disposizione valeva anche per i manufatti insistenti nelle zone assoggettate a vincolo paesaggistico, salva comunque restando la necessità del rilascio dell’autorizzazione del Servizio viabilità del Comune per i muri a confine con strade pubbliche.
Con nota Prot. n. 68818 dd. 19 dicembre 2007 – 2 gennaio 2008) il Dirigente del Settore Lavori Pubblici Viabilità del Comune di (omissis) ha quindi rilasciato in tal senso agli attuali appellati il relativo nulla-osta, (cfr. ibidem, doc. 4: “visto anche l’ordine di servizio emesso dal Settore Territorio riguardante la ricostruzione dei muri di sostegno esistenti, per quanto di competenza si esprime N.O. a quanto eseguito, in quanto si è provveduto ad eliminare il materiale detritico presente sulla sede stradale ed il potenziale pericolo alla pubblica incolumità da eventuali e susseguenti smottamenti”).
Gli attuali appellati affermano che i lavori sono stati regolarmente eseguiti.
Tuttavia, a seguito della presentazione di un esposto da parte di terzi, con nota dd. 8 maggio 2008 la medesima Amministrazione comunale ha comunicato ai medesimi signori Si., à sensi dell’art. 7 e ss. della l. 7 agosto 1990, n. 241, l’avvio di un procedimento sanzionatorio nei loro confronti contestando l’assenza di un titolo abilitativo legittimante gli intrapresi lavori di ripristino (cfr. ibidem, doc. 6).
Con nota dd. 21 maggio 2008 (cfr. ibidem, doc. n. 9) il signor An. Si. ha inoltrato le proprie osservazioni difensive all’Amministrazione comunale, allegando a supporto delle stesse i seguenti atti:
1) copia della nota 3-10 marzo 2008 con la quale il geom. Fu. Ba. dell’Ufficio edilizia privata – Infrazioni aveva comunicato al Corpo di Polizia Municipale che, trattandosi nella specie di intervento di ricostruzione realizzato a seguito di ottenimento di contributo regionale (previa, quindi, formale istruttoria intesa a verificare anche la legittimità dell’intervento) “non occorre presentazione di progetto al fine di realizzare il manufatto danneggiato ricostruito a confine con la pubblica via” (cfr. ibidem, doc. 10);
2) copia del surriferito ordine di servizio dell’ottobre 1998 e della predetta nota del Servizio viabilità dd. 2 gennaio 2008 circa la non necessità di un titolo legittimante l’esecuzione di interventi di fedele ricostruzione di muri di sostegno crollati (cfr. ibidem il predetto doc. 5).
1.2. Decorsi quasi cinque mesi dall’avvio del procedimento, con ordinanza n. 819 Prot. n. 23609/48440 dd. 29 – 30 settembre 2008 il Dirigente preposto al Settore Territorio – Sezione edilizia privata – Infrazioni – ha “Vista la segnalazione di presunta violazione alle norme edilizie e di tutela paesaggistica del Comando Polizia Municipale di (omissis) Prot. n. 23609 dd. 6 maggio 2008; Vista la relazione tecnica di accertamento del Settore Tecnico – Edilizia privata Prot. n. 25633 dd. 15 maggio 2008 a firma del geom. Fu. Ba. e il successivo verbale del Comando di Polizia Municipale n. 179 dd. 23 maggio 2008 a carico dei Signori Si. An., Si. Ma. (comproprietari e committenti), Si. Ga., Si. Lu., Si. Ba., Si. Gi., Tr. Ca., Tr. El. (comproprietari), per aver realizzato nel terreno allibrato a catasto nel Comune di (omissis), Sezione (omissis), al foglio (omissis), mappale (omissis), ubicato in località (omissis), a quanto di seguito descritto: costruzione di muri di cemento armato di contenimento del terreno; tratto di ml. 35,00 circa posto al confine della strada comunale avente altezza media di circa mt. 3,50 rivestito in pietra faccia a vista; tratto sovrastante di m. 25,00 con altezza media di mt. 2,00 non rivestito in pietra facciata a vista; accertato che le opere suddette sono state realizzate in violazione del vigente Piano regolatore generale in assenza di permesso di costruire su zona sottoposta a vincolo paesaggistico, come si evince dalla relazione tecnica Prot. n. 25633 del 15 maggio 2008 dell’Ufficio infrazioni edilizie; Visti ed applicati gli artt. 45 e 46 del Testo coordinato delle leggi in materia di disciplina dell’attività edilizia (l.r. 6 giugno 2008, n. 16 coordinata con la l.r. 17 giugno 2008, n. 17), gli artt. 64, 65 e 71 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e gli artt. 167 e 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; Vista e considerata la nota trasmessa a questo Comune il 5 maggio 2008, Prot. n. 23301 con la quale i Signori Si. Ga., Si. Lu., Si. Ba., Si. Gi., Tr. Ca., Tr. El. si dichiarano estranei alla realizzazione del muro di contenimento contestato; Vista la nota raccomandata Prot. n. 24184 dell’8 maggio 2008 di avvio di procedimento sanzionatorio inviata ai sensi dell’art. 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241 ai responsabili succitati; Preso atto che la nota di memoria a seguito della suddetta comunicazione di avvio del procedimento, trasmessa a questo Comune il 21 maggio 2008, ns. Prot. n. 26698, non aggiunge motivazioni valide, idonee ad incidere sulla legittimità dell’abuso contestato (sic); Visto l’art. 107 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267”.
Conseguentemente il medesimo Dirigente ha ingiunto ai signori An. e Ma. Si. di provvedere entro 90 giorni alla demolizione della sopradescritta opera muraria con il conseguente ripristino dello stato dei luoghi e con l’avvertenza che, in caso di inottemperanza, all’incombente avrebbe provveduto la stessa Amministrazione comunale a spese dei responsabili dell’abuso.
1.3. In dipendenza di ciò, con ricorso proposto sub R.G. 1146 del 2008 innanzi al T.A.R. per la Liguria i signori An. e Ma. Si. hanno chiesto l’annullamento della surriportata ordinanza, nonché di ogni altro atto presupposto e conseguente, deducendo al riguardo i seguenti ordini di censure:
1) plurima violazione e falsa applicazione dell’art. 45 della l.r. 6 giugno 2008, n. 16, e dell’art. 31 del t.u. approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; difetto di presupposto;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 149, 167 e 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; difetto di presupposto;
3) violazione degli artt. 7 e 10 della l. 7 agosto 1990, n. 241, nonché difetto di istruttoria e di motivazione.
In buona sostanza i ricorrenti in primo grado hanno affermato che il manufatto in questione è stato doverosamente eretto per inderogabili esigenze di sicurezza e di pubblica incolumità in sostituzione di quello precedente, come del resto comprovato dalla circostanza che per la sua realizzazione è stato concesso un contributo da parte della Regione previsto – per l’appunto – ai fini della ricostruzione delle opere infrastrutturali venute meno per calamità naturali.
I medesimi ricorrenti hanno rimarcato inoltre la circostanza che la ricostruzione dell’opera è stata regolarmente assentita dallo stesso Ufficio Tecnico del Comune.
Secondo i medesimi ricorrenti, l’impugnata ordinanza si poneva comunque in diametrale contrasto con i precedenti atti di assenso adottati dalla medesima Amministrazione comunale, i quali avrebbero ingenerato un legittimo affidamento circa la possibilità di procedere ai lavori di ricostruzione senza dover acquisire previamente alcun titolo abilitativo.
Inoltre, sempre secondo i ricorrenti in primo grado, l’impugnata ordinanza sarebbe stata emessa
in violazione delle fondamentali regole sulla partecipazione al procedimento amministrativo e risulterebbe comunque illegittima per difetto di istruttoria e di motivazione.
1.4. In tale primo grado del giudizio si è costituito il Comune di (omissis), concludendo per la reiezione del ricorso.
1.5. In tale primo grado di giudizio ha – altresì – dispiegato intervento ad opponendum il signor Va. Fr., titolare del diritto di passo gravante su di un tratto di carreggiata, a suo dire ostruita dalla realizzazione dell’opera muraria.
1.6. Con ordinanza n. 15 dd. 15 gennaio 2019, emessa à sensi dell’allora vigente art. 21 della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dagli artt. 1 e 3 della l. 21 luglio 2000, n. 205, la Sezione I^ dell’adito T.A.R. ha accolto la domanda di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, avanzata dai ricorrenti, “ritenuto che il ricorso allo stato presenta elementi di fondatezza, stante la gravità del danno”.
1.8. Con sentenza n. 173 dd. 22 gennaio 2010 la medesima Sezione I^ dell’adito T.A.R. ha accolto il ricorso, rilevando testualmente che “dagli atti depositati in giudizio risulta che l’opera è stata realizzata dal ricorrente ex necesse, ovverosia in sostituzione del muro preesistente crollato per eventi alluvionali. Questi ha infatti ricevuto il contributo regionale (nota 2 ottobre 2006) specificamente previsto per tali tipi d’interventi; ha ottenuto l’avallo all’esecuzione da parte dell’ufficio tecnico comunale viabilità (N.O. 2 gennaio 2008); infine, lo stesso ufficio ispettivo del Comune, preposto al servizio dell’edilizia, ha escluso (nota 10 marzo 2008) la necessità che l’esecuzione dell’opera fosse subordinata al rilascio del titolo edilizio. La sanzione adottata, disattendendo il procedimento amministrativo effettivamente svoltosi, è stata adottata sul mero presupposto formale della qualificazione dell’intervento come nuova opera, necessitante di idoneo tiolo edilizio. Oltre a tenere in non cale il tipo d’intervento, così facendo il Comune ha di fatto contraddetto i precedenti provvedimenti autorizzativi, ledendo altresì l’affidamento ingenerato nel ricorrente sulla sussistenza dei presupposti e delle condizioni legittimanti l’opera. Violazione che non è stata supplita da alcun effettivo contraddittorio che desse perlomeno ragione dei motivi che hanno indotto l’amministrazione a contraddirsi in danno del ricorrente. Conclusivamente il ricorso deve essere accolto” (cfr. sentenza impugnata, pag. 3 e ss.).
Il medesimo giudice di primo grado ha condannato il Comune di (omissis) alla rifusione delle spese e degli onorari di causa a favore della parte ricorrente, liquidandoli nella misura di Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), nel mentre ha compensato ogni ragione di lite con l’interveniente ad opponendum.
2.1. Con l’appello in epigrafe il Comune di (omissis) chiede ora la riforma di tale sentenza.
L’Amministrazione comunale rileva innanzitutto che l’annullamento della propria ordinanza da parte del giudice di primo grado è avvenuto sulla base di un mero presupposto formale in essa contenuto, che qualifica l’intervento realizzato dai signori Saccardi quale “nuova costruzione”, in ordine alla quale necessiterebbe pertanto il rilascio di un titolo edilizio.
Tale tesi risulterebbe peraltro infondata in quanto:
1) il contributo finanziario per la ricostruzione del manufatto sarebbe stato erogato dall’Amministrazione regionale prescindendo da qualsivoglia valutazione di carattere urbanistico-edilizio in ordine al regime di realizzazione dell’opera;
2) la nota dd. 2 gennaio 2008 dell’Amministrazione comunale recante il nulla-osta per la realizzazione del manufatto assumeva effetto soltanto per quanto segnatamente atteneva alle interferenze del manufatto medesimo con la viabilità, stante la sua prospicienza sulla strada comunale, posto che infatti ivi si era provveduto – tra l’altro – ad “eliminare il materiale detritico presente nella sede stradale e il potenziale pericolo alla pubblica incolumità da eventuali e susseguenti smottamenti” (cfr. ivi);
3) la nota dd. 3 marzo 2008 del Servizio Infrazioni del Comune, se letta congiuntamente al contenuto di un promemoria del Settore Tecnico della medesima Amministrazione comunale redatto nell’ottobre 1998, andrebbe intesa necessariamente nel senso che non necessitava la presentazione di un progetto se l’intervento ricostruttivo fosse stato realizzato con materiali e sagoma uguali rispetto all’opera preesistente.
Ciò posto, l’Amministrazione appellante contesta l’assunto del giudice di primo grado secondo cui “la sanzione adottata, disattendendo il procedimento amministrativo, è stata adottata sul mero presupposto formale della qualificazione dell’intervento come nuova opera, necessitante di idoneo titolo edilizio”.
Non si comprenderebbe, invero, quale “procedimento amministrativo” sarebbe stato “disatteso”, posto che nella specie non risulterebbe esperito alcun procedimento finalizzato al rilascio di un titolo edilizio legittimante l’intervento e che la procedura sanzionatoria è stata comunque conclusa con l’emissione dell’ordinanza di demolizione.
Né la qualificazione dell’intervento come “nuova costruzione” potrebbe essere considerata come “un mero presupposto formale”, bensì discenderebbe da una circostanza in alcun modo valutata dal T.A.R.
In tal senso l’Amministrazione appellante afferma che l’intervento in questione in realtà non si configurerebbe quale ripristino ovvero quale fedele ricostruzione del manufatto preesistente, ma configurerebbe, in via non “formale” bensì “sostanziale”, una “nuova costruzione”, posto che l’opera muraria di cui trattasi risulterebbe difforme da quella preesistente con riguardo ai materiali utilizzati, nonché in dipendenza della sua ampiezza e sopraelevazione.
In particolare tale nuovo intervento edilizio avrebbe dovuto essere valutato dagli organi competenti per quanto attiene alla sua idoneità statica, trattandosi di costruzione in cemento armato con funzioni di sostegno, per di più di dimensioni affatto modeste.
L’Amministrazione appellante contesta – altresì – l’assunto del giudice di primo grado secondo cui “il Comune ha di fatto contraddetto i precedenti provvedimenti autorizzativi, ledendo altresì l’affidamento ingenerato sulla sussistenza dei presupposti e delle condizioni legittimanti l’opera”.
A tale riguardo l’appellante ribadisce che, non essendo stati nella specie previamente attivati procedimenti per il rilascio di titoli edilizi per la realizzazione dell’opera, risulterebbe del tutto infondata la tesi della contraddittorietà dell’ordinanza di demolizione con altri atti formati dalla medesima Amministrazione comunale a fini diversi da quelli urbanistico-edilizio.
Né potrebbe ragionevolmente sostenersi che si fosse ingenerato negli attuali appellati un affidamento in ordine alla legittimità di quanto da loro realizzato, posto che da un lato nell’anzidetto promemoria del Servizio Tecnico del Comune dell’ottobre 1998 era stato puntualizzato che l’intervento non necessitava di titolo edilizio soltanto se realizzato con materiali e sagoma uguali al manufatto originario e senza mutare lo stato dei luoghi e che dall’altro, disattendendo l’impegno formalmente assunto nello stesso senso in data 31 gennaio 2007, gli attuali appellati hanno utilizzato materiali diversi e ampliato la consistenza della muratura preesistente.
3.2. Anche in questo ulteriore grado di giudizio si sono costituiti i signori An. e Ma. Si., replicando alle censure avversarie e ripresentando a loro volta i motivi del ricorso da loro proposti in primo grado e rimasti assorbiti nella motivazione della sentenza di accoglimento.
Gli appellati hanno comunque chiesto la reiezione del ricorso.
3.3. Non si è – viceversa – costituito in giudizio il signor Va. Fr., che nel precedente grado di giudizio era intervenuto ad opponendum.
3.4. All’odierna pubblica udienza la causa è stata trattenuta per la decisione.
4.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va respinto per quanto qui appresso specificato.
4.2. Dalla lettura dell’invero breviloquente motivazione della sentenza impugnata risulta che il giudice di primo grado ha in buona sostanza accolto il ricorso ivi proposto dai signori An. e Ma. Si. con riguardo al “mero presupposto formale della qualificazione dell’intervento come nuova opera, necessitante di idoneo tiolo edilizio”, affermato nell’ordinanza impugnata, con ciò tenendo “in non cale il tipo d’intervento” e comunque ponendosi in contraddizione rispetto ai precedenti atti con i quali la medesima Amministrazione comunale aveva – viceversa – affermato la non necessità del rilascio di un titolo edilizio al fine della ricostruzione del manufatto.
Questo giudice, a sua volta, non condivide tali assunti.
Dagli atti di causa consta che il preesistente manufatto è crollato in dipendenza delle eccezionali precipitazioni atmosferiche abbattutesi sui territori della Valle d’Aosta, del Piemonte e della Liguria a decorrere dal 13 ottobre 2000.
Per sovvenire ai danni subiti anche alle abitazioni e alle attività produttive sono state emanate l’ordinanza n. 3090 dd. 18 ottobre 2000 del Ministro dell’Interno delegato alla Protezione Civile pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 246 del 20 ottobre 2000, nonché le ordinanze del medesimo Ministro n. 3092 del 27 ottobre 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 257 del 3 novembre 2000, n. 3093 dell’8 novembre 2000 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 266 del 14 novembre 2000 e n. 3095 dd. 23 novembre 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 277 del 27 novembre 2000.
E’ stata altresì adottata la direttiva dd. 23 ottobre 2000 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile in attuazione dell’art. 3 della predetta ordinanza n. 3090 del 2000, a sua volta pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 254 del 30 ottobre 2000 e in forza della quale il Sindaco, dopo aver accertato la sussistenza dei presupposti per l’erogazione del contributo, provvedeva a trasmettere l’elenco dei contributi ammissibili al Presidente della Regione competente per territorio, il quale, in relazione alle disponibilità finanziarie, stabiliva l’entità dei contributi da erogare e provvedeva a trasferire all’amministrazione comunale le risorse relative.
In tal senso, quindi, tale disciplina di emergenza, proprio in quanto esclusivamente finalizzata all’erogazione in tempi rapidi dei contributi necessari per il ripristino delle opere distrutte, prescindeva da ogni questione in ordine alla necessità – o meno – del rilascio del titolo edilizio al fine della ricostruzione dei manufatti in ordine ai quali era concesso il contributo finanziario.
Come si è visto innanzi, secondo la tesi degli appellati l’Amministrazione comunale, sia mediante un proprio atto di indirizzo risalente all’ottobre del 1998, sia mediante il proprio nulla-osta del Servizio di viabilità del 2 gennaio 2008, non avrebbe reputato necessario il rilascio del permesso di costruire, mentre l’Amministrazione comunale ha affermato in entrambi i gradi di giudizio che l’opera in questione necessiterebbe del rilascio di tale titolo edilizio in quanto asseritamente diversa da quella preesistente per dimensioni e tipologia del materiale utilizzato.
Ciò posto, l’assunto del giudice di primo grado secondo cui l’Amministrazione comunale avrebbe tenuto in “non cale il tipo d’intervento” – e, quindi, che l’opera in questione non abbisognerebbe, di per sé, del titolo edilizio per la sua realizzazione – risulta del tutto apodittico, essendo privo di qualsivoglia illustrazione delle concrete ragioni per cui l’opera medesima dovrebbe essere realizzata senza titolo edilizio.
Né può essere condiviso l’ulteriore assunto dello stesso giudice secondo cui sarebbe ravvisabile una contraddittorietà tra il provvedimento impugnato e altri precedenti atti – in particolare il predetto nulla osta dd. 2 gennaio 2008 – con i quali la medesima Amministrazione comunale avrebbe viceversa assentito la ricostruzione dell’opera muraria senza richiedere al riguardo il rilascio del titolo edilizio: e ciò in quanto il nulla osta anzidetto, rilasciato dall’ufficio comunale competente alla viabilità e non già per il rilascio dei titoli edilizi, atteneva unicamente alla compatibilità dei lavori da eseguire rispetto alle necessità della circolazione stradale, stante l’adiacenza del manufatto rispetto alla sede stradale di proprietà comunale.
In tale contesto, pertanto, questo giudice non può non rilevare che in dipendenza dell’effetto devolutivo conseguente alla proposizione dell’appello la propria cognizione si estende anche alle censure già dedotte in primo grado dalla parte ora appellata e che, essendo rimaste assorbite nella pronuncia resa dal T.A.R., sono state ritualmente riproposte dalla parte medesima nel presente grado di giudizio in via di eccezione (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 22 giugno 2018, n. 3874): e, in questo senso, va quindi rimarcato che gli appellanti hanno qui ritualmente riproposto la censura di difetto di istruttoria e di motivazione.
Tale censura risulta ictu oculi fondata, in quanto nel testo del provvedimento impugnato si afferma – ancora una volta, in via del tutto apodittica – che la realizzazione dell’opera muraria è avvenuta “in violazione delle norme prescritte dal vigente P.T.G. in assenza di permesso di costruire su zona sottoposta a vincolo paesaggistico”, senza quindi citare tali norme di piano, e men che meno le disposizioni di legge che subordinerebbero la realizzazione dell’opera al rilascio del permesso di costruire.
Per di più, la tesi difensiva che l’Amministrazione comunale ha sviluppato in entrambi i gradi di giudizio si fonda sull’allegazione della circostanza – comunque, parimenti non suffragata da idonei supporti probatori – secondo cui i Si. avrebbero realizzato un’opera difforme da quella preesistente in quanto di diversa sagoma e costruita con materiale differente rispetto al manufatto originario, con conseguente necessità (non ricorrendo più i presupposti contemplati dall’ordine di servizio emesso dal Settore Territorio del medesimo Comune nell’ottobre del 1998) di rilascio del titolo edilizio.
Tale circostanza, tuttavia, non risulta in alcun modo riferita nell’impugnata ordinanza di demolizione, e costituisce pertanto integrazione postuma della motivazione ivi contenuta, di per sé illegittima (cfr. al riguardo, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 19 ottobre 2018, n. 5984).
4.3. In dipendenza di tutto ciò, l’appello in epigrafe va respinto per le motivazioni sin qui esposte e – per l’effetto – il ricorso proposto in primo grado dai signori An. e Ma. Si. va accolto con esclusivo riguardo alla censura di difetto di istruttoria e di motivazione da loro in quella sede dedotta.
Per l’effetto, l’Amministrazione comunale dovrà riconsiderare la fattispecie avuto riguardo, mediante una rinnovata e puntuale istruttoria, alla concreta natura dell’opera e all’attuale disciplina della materia.
In questa sede può solo incidentalmente rilevarsi che la ricostruzione di ruderi, vale a dire residui edilizi inidonei a identificare i connotati essenziali dell’opera preesistente, dovrebbe essere di per sé ricondotta nell’alveo della nuova costruzione, non rilevando in contrario la possibilità di risalire attraverso complesse indagini tecniche all’originaria consistenza di un manufatto oramai non più esistente come tale (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 5 dicembre 2016, n. 5106, e i numerosi precedenti ivi citati, nonché Sez. V, 21 ottobre 2014, n. 5174, e 11 giugno 2013, n. 3221; sempre per inciso va pure rilevato che tale orientamento non è ad oggi mutato neppure a seguito della novella apportata all’art. 3 del t.u. approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per effetto dell’art. 41, comma 4, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla l. 9 agosto 2013, n. 98, e delle ulteriori novelle apportate a tale disciplina: cfr. sul punto Cons. Stato, sez. V, 15 marzo 2016, n. 1025).
Si afferma inoltre la necessità del permesso di costruire (olim concessione edilizia) per la realizzazione dei terrapieni e dei muri di contenimento che hanno prodotto un dislivello del terreno oppure hanno accentuato quello già esistente, nel mentre tale titolo edilizio non risulterebbe – di per sé – necessario per la realizzazione delle murature con il fine di evitare smottamenti o frane (così Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2005, n. 1619, e 28 giugno 2000, n. 3637).
Tuttavia – anche in disparte restando che in via ormai del tutto consolidata la giurisprudenza penale non opera tale distinzione ma afferma che, comunque, risulterebbe necessario il permesso di costruire per la realizzazione di un muro di contenimento, in quanto si tratta di un manufatto che si eleva al di sopra del suolo ed è destinato a trasformare durevolmente l’area impegnata, essendo come tale qualificabile intervento di nuova costruzione à sensi dell’art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (cfr. al riguardo, ex plurimis, Cass. Pen., Sez. III, 21 novembre 2018, n. 55366, nonché 29 settembre 2011, n. 41425, 14 maggio 2008, n. 35698, e 17 giugno 1999, n. 1116) – la più recente giurisprudenza amministrativa, pur confermando l’anzidetta propria tesi incentrata sulla distinzione tra le predette tipologie di intervento, afferma ora che il permesso di costruire risulta comunque necessario se, avuto riguardo alla sua struttura e all’estensione dell’area impegnata, l’opera muraria risulta di per sé tale da modificare l’assetto urbanistico del territorio (così, ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4169): e ciò con riguardo alla circostanza che il muro di contenimento è struttura che – differenziandosi dalla semplice recinzione, la quale evidenzia caratteristiche tipologiche di minima entità al fine della mera delimitazione della proprietà – non ha di per sé natura pertinenziale, in quanto è opera dotata di specificità ed autonomia soprattutto in relazione alla funzione assolta, consistente nel sostenere il terreno al fine di evitarne movimenti franosi in caso di dislivello, originario o incrementato (cfr. ibidem).
4. Il Collegio, pur respingendo l’appello in epigrafe, reputa di compensare integralmente le spese e gli onorari del presente grado di giudizio, in considerazione della particolarità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge come da motivazione.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 settembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Fulvio Rocco – Consigliere, Estensore
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Carla Ciuffetti – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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