Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|7 marzo 2023| n. 6810.

Per le convivenze more uxorio non trova applicazione la disciplina ex artt. 143 e seguenti del c.c.

Per le convivenze more uxorio non trova applicazione la disciplina ex artt. 143 e seguenti del c.c., tuttavia una volta venuta meno la convivenza trovano applicazione le disposizioni degli artt. 337 bis e ss c.c. Posto che è preferibile sempre l’affidamento congiunto dei figli non va confuso affidamento con collocamento dei minori sul quale il giudice deve esplicitamente esprimersi circa la collocazione privilegiata, l’assegnazione della casa familiare ed il diritto di visita del genitore non collocatario.

Ordinanza|7 marzo 2023| n. 6810. Per le convivenze more uxorio non trova applicazione la disciplina ex artt. 143 e seguenti del c.c.

Data udienza 24 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Affidamento di figli – Genitori non coniugati – Decreto pronunciato dalla corte d’appello in sede di reclamo avverso il provvedimento del tribunale – Ricorribilità per cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost. – Carattere decisorio e definitivo – Cass. Sez. U. n. 30903/2022 – Famiglia di fatto – Inapplicabilità degli artt. 143 e ss. cod.civ. e dell’art.144 cod.civ. – Scelta di coabitare libera – Cessazione del rapporto avviene ad nutum – Assegnazione della casa – Interesse dei minori

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21242-2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA VIA GAVINANA 1, presso lo studio dell’avvocato PECORA FRANCESCO ((OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CIMINI MARIA PIA ((OMISSIS)), come da procura in calce al ricorso.
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI N. 73, presso lo studio dell’avvocato ZAZZA ROBERTO ((OMISSIS)) rappresentato e difeso dagli avvocati CROCI ELEONORA ((OMISSIS)), RIZZO MARIA ANTONIETTA ((OMISSIS)), ROSSONI LAURA CLEMENTINA (RSSLCL68T43A794S), come da procure speciali in atti.
-controricorrente-
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 319-2019 depositato il 18/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/02/2023 dal Consigliere LAURA TRICOMI.

RITENUTO CHE:

1.- Nel procedimento ex articolo 337 bis c.c. promosso da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), il Tribunale di Bergamo affido’ le figlie minori (OMISSIS) (nata il (OMISSIS)) e (OMISSIS) (nata il (OMISSIS)) ad entrambi i genitori non coniugati; rigetto’, quindi, le reciproche domande di collocamento delle figlie presso ciascun genitore, dando atto che le stesse coabitavano con i genitori nella casa familiare; pose l’obbligo in capo ad entrambi i genitori di mantenere direttamente le figlie minori in misura proporzionale al proprio reddito, compensando le spese del procedimento e rigettando ogni altra domanda.
Il decreto venne reclamato da (OMISSIS), che ne chiese la modifica e/o la revoca. (OMISSIS) chiese la conferma del decreto, ovvero in subordine la modifica dello stesso nei sensi da lui stesso proposti.
La Corte di appello di Brescia, posta la preliminare considerazione che il presupposto per l’applicazione dell’articolo 337 bis e ss. c.c. non e’ costituita dalla cessazione della convivenza, bensi’ dalla cessazione della unione materiale e spirituale tra le parti e la volonta’, anche solo di una di esse, di non proseguire nel progetto familiare, ha accolto il reclamo. In particolare, avendo dato atto che le parti concordavano sul fatto che fosse rispondente all’interesse delle minori continuare ad abitare nella casa familiare – che non era stata venduta da (OMISSIS) -, ha riformato la prima decisione stabilendo, previa conferma dell’affidamento condiviso delle figlie ad entrambi i genitori, il collocamento prevalente delle stesse presso la madre alla quale ha assegnato la casa familiare, con conseguente regolamentazione dei rapporti padre/figlie e determinazione dei provvedimenti di carattere economico. Nello specifico, ha posto a carico del padre un assegno di mantenimento per ciascuna figlia di Euro 1.000,00= mensili, oltre ISTAT, il 100% delle spese straordinarie relative alla scuola ed alla salute (come richiesto dallo stesso padre) ed il 70% delle altre spese straordinarie, rimanendo di competenza della madre il 30%, in considerazione della rilevante disparita’ economica e reddituale esistente tra le parti.
(OMISSIS) ha proposto ricorso per la cassazione del decreto depositato il 18/5/2020 con due mezzi, seguiti da memoria. (OMISSIS) ha replicato con controricorso e memoria.

CONSIDERATO CHE:

2.- Preliminarmente va osservato che il ricorso e’ ammissibile perche’ “Il decreto pronunciato dalla corte d’appello in sede di reclamo avverso il provvedimento con cui il tribunale abbia adottato statuizioni in ordine all’affidamento e al mantenimento dei figli minori e’ ricorribile per cassazione, ai sensi della Cost., articolo 111, comma 7, poiche’ ha carattere decisorio e definitivo ed e’ volto a statuire su contrapposte pretese di diritto soggettivo con un’efficacia assimilabile, sia pure “rebus sic stantibus”, al giudicato.” (Cass. Sez. U. n. 30903-2022).
3.1.- Primo Motivo: Violazione e falsa applicazione degli articoli 337 bis, 337 ter e ss. c.c..
La censura concerne la statuizione con cui la Corte di merito ha accolto la domanda di collocamento privilegiato delle figlie presso la madre, cui ha assegnato la casa familiare.
Il ricorrente, sostenendo la validita’ della scelta operata dal Tribunale – che, preso atto della ancora perdurante coabitazione delle parti presso la casa familiare, non aveva adottato alcun provvedimento circa il collocamento privilegiato delle figlie e la assegnazione della casa familiare – si duole della decisione impugnata perche’, a suo parere, sarebbe stata fondata sulla apodittica affermazione dell’esistenza di una intollerabilita’ della convivenza, solo dedotta dalla appellante, senza considerare che, pur essendo venuto meno il progetto affettivo di coppia, il permanere del comune interesse per la crescita e l’educazione delle figlie, era sufficiente a giustificare la scelta del Tribunale.
3.2.- Secondo motivo: Violazione della Cost., articolo 111, comma 6, e degli articoli 132, comma 2, n. 4, 360, comma 1, n. 4, c.p.c. – motivazione contenente affermazioni in totale contrasto tra loro – Perplessita’ della motivazione, vizio ritenuto rilevante in quanto presupposto della valutazione espressa dalla Corte di appello circa la applicabilita’ dell’articolo 337 ter c.c. alla fattispecie.
La censura si appunta sulla parte della statuizione in cui la Corte di merito ha fatto riferimento alla “intollerabilita’ attuale della convivenza”, presumendola – secondo il ricorrente – dalla circostanza che le parti non erano riuscite a trovare un accordo, pur avendo aderito ad un percorso di mediazione, motivazione che contesta evidenziando – a suo parere – contraddizioni insanabili della stessa.
4.1.- I due motivi, da trattare congiuntamente, vanno respinti perche’ sono in parte inammissibili, perche’ afferenti a circostanza non decisiva (intollerabilita’ della convivenza), ed in parte infondati.
4.2.- Come e’ noto, per le cd. famiglia di fatto non trova applicazione la disciplina delineata dagli articoli 143 e ss. c.c. e, segnatamente, per quanto interessa, dall’articolo 144 c.c., relativo alla fissazione della residenza della famiglia, da concordare a cura dei coniugi secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia, dall’articolo 146 c.c., che sanziona l’allontanamento dalla residenza familiare di uno dei coniugi senza giusta causa e dall’articolo 151, comma 1, c.c., laddove stabilisce che “La separazione puo’ essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volonta’ di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole.” perche’ nella convivenza di fatto more uxorio la scelta di coabitare e’ libera e non consegue ad un obbligo giuridico, tanto e’ vero che “In materia di famiglia di fatto non fondata sul matrimonio, non essendo le parti legate da vincolo di coniugio, la cessazione del rapporto avviene ad nutum, ovvero senza necessita’ per l’autorita’ giudiziaria di accertare il carattere irreversibile della crisi del rapporto attraverso l’espletamento di tentativo di conciliazione, atteso che l’esame del Tribunale risulta elettivamente diretto alla verifica dell’adeguatezza degli accordi raggiunti per l’interesse della prole minore, alla luce del disposto normativo di cui all’articolo 155 comma 2 c.c.” (Cass. n. 10102-2004).
4.3.- Cio’ posto, va osservato che nel caso in esame il richiamo all’intollerabilita’ della convivenza, che – come detto – esorbita dal perimetro di indagine del giudice laddove ricorra un’ipotesi di convivenza di fatto, non costituisce ratio decidendi, ma rileva come mero elemento ad colorandum, a sostegno della scelta operata dalla Corte di appello che trova la sua fonte in altre e ben precise disposizioni.
4.4.- Va ricordato, in proposito, che gia’ da tempo e’ stato affermato che “In tema di assegnazione della casa familiare, l’articolo 155-quater c.c., applicabile anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, tutela l’interesse prioritario della prole a permanere nell'”habitat” domestico, postulando, oltre alla permanenza del legame ambientale, la ricorrenza del rapporto di filiazione legittima o naturale cui accede la responsabilita’ genitoriale, mentre non si pone anche a presidio dei rapporti affettivi ed economici che non involgano, in veste di genitori, entrambi i componenti del nucleo che coabitano la casa familiare oppure i figli della coppia che, nella persistenza degli obblighi di cui agli articoli 147 e 261 c.c., abbiano cessato di convivere nell’abitazione, gia’ comune, allontanandosene.” (Cass. n. 18863/2011) e che tale principio oggi e’ confluito negli articoli 337 bis e ss. c.c..
Ne consegue che, una volta, intervenuta la cessazione della convivenza di fatto more uxorio – come nel caso in esame e’ avvenuto ed e’ incontestato -, trovano applicazione proprio gli articoli 337 bis e ss. c.c..
Atteso che non e’ in discussione tra le parti l’affidamento condiviso delle minori e la sussistenza dell’interesse delle stesse a permanere presso la casa familiare, interesse sul quale i genitori hanno concordato – e di tanto ha dato atto la Corte di appello, senza essere smentita -, va osservato che la censura concerne la statuizione di assegnazione della casa familiare e di collocazione prevalente propone un’errata e non condivisibile interpretazione ed applicazione dell’articolo 337 ter c.c..
Invero, per realizzare la finalita’ di cui al comma 1 dell’articolo 337 ter c.c., intesa a consentire il pieno esercizio della bigenitorialita’, il legislatore affida al giudice, nei procedimenti di cui all’articolo 337 bis c.c., come avvenuto nel caso in esame, il compito di adottare i provvedimenti necessari con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale dei minori.
Ed in questo ambito egli “valuta prioritariamente la possibilita’ che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalita’ della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresi’ la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli.
Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilita’ di affidare il minore ad uno dei genitori, l’affidamento familiare.”.
A differenza di quanto ritiene il ricorrente, il legislatore laddove parla di affidamento “ad entrambi i genitori”, si riferisce appunto all’affidamento condiviso cui consegue l’esercizio congiunto della responsabilita’ genitoriale, sul quale specificamente ritorna nell’articolo 337 quater c.c., e non al collocamento fisico (“presenza”) dei minori, sul quale il giudice si deve anche distintamente pronunciare, e che e’ disciplinato dal successivo periodo dell’articolo 337 ter c.c., ove e’ detto “determina i tempi e le modalita’ della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresi’ la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli”, richiamando all’uopo gli oneri di assistenza materiale e morale a cui e’ tenuto ciascun genitore.
Rettamente, pertanto la Corte di appello ha ritenuto che il Tribunale avesse omesso la doverosa pronuncia in merito a questi specifici provvedimenti concernenti i figli ed ha deciso, nel rispetto della disposizione invocata ed avendo preso atto della volonta’ comune di non proseguire nel progetto di coppia – circostanza incontestata -, in merito all’assegnazione della casa familiare ed alla collocazione privilegiata dei minori presso la madre, con regolamentazione del diritto di visita paterno, con ampia motivazione immune da vizi logico/giuridici.
4.5.- La prospettazione del ricorrente di una assegnazione congiunta della casa familiare non trova alcun riscontro nella disciplina invocata ed erroneamente interpretata e cio’, va rimarcato, a prescindere dalla ricorrenza o meno di una intollerabilita’ della convivenza, essendo all’uopo sufficiente, per l’adozione dei provvedimenti in esame, l’avvenuta cessazione della convivenza more uxorio in assenza di una volonta’ comune e concorde dei genitori – gia’ conviventi di fatto – alla prosecuzione della convivenza ad altro titolo, che nel caso in esame non risulta essere stata accertata, ed anzi appare smentita dalle risultanze istruttorie esaminate dalla Corte di merito.
4.6.- Quanto alla possibilita’ di disporre l’assegnazione della casa ai figli, con rotazione dei genitori, va osservato che la questione risulta inammissibile, per difetto di specificita’ ed apparente novita’, in quanto non risulta essere stata tempestivamente proposta in fase di merito, alla stregua del ricorso e del decreto.
Ad ogni modo, gia’ in fase di merito avrebbe dovuto essere rappresentato in modo pertinente e concreto, come tale opzione – che presuppone una seria e concordata organizzazione dei genitori a cio’ funzionale, nel rispetto e nell’esercizio della responsabilita’ genitoriale di ciascuno – avrebbe potuto rispondere al reale interesse dei minori ed alle loro esigenze di crescita ed essere idonea a consolidare l’habitat e le consuetudini di vita, finalita’ a servizio della quale e’ prevista l’assegnazione della casa familiare, di modo da consentire al giudicante gli approfondimenti istruttori, anche officiosi, e le valutazioni del caso, tenuto conto – previo ascolto dei minori ex articolo 315 bis, comma 3, c.c. – dell’eta’, del grado di maturita’ e del livello di capacita’ di gestirsi anche in autonomia raggiunto dagli stessi.
5.- In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalita’ delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.

PQM

– Rigetta il ricorso;
– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio che liquida in Euro 8.000,00=, oltre Euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;
– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalita’ delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52;
– Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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