Parametro necessario e obbligatorio per la retribuzione è la qualifica posseduta dal dipendente

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 21 gennaio 2020, n. 496

La massima estrapolata:

Nel pubblico impiego, parametro necessario e obbligatorio per la retribuzione è la qualifica posseduta dal dipendente, a prescindere dalle funzioni superiori eventualmente svolte, anche se formalmente attribuite.

Sentenza 21 gennaio 2020, n. 496

Data udienza 3 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5338 del 2009, proposto dalla signora
Ad. St., rappresentata e difesa dall’avvocato Al. Li., con domicilio eletto presso lo studio Fr. Ce. in Roma, via (…);
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
Ministero dell’Economia e delle Finanze.
per la riforma della sentenza n. 5686 del 2008 della sez IV del Tribunale amministrativo per la Campania, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2019 il Cons. Giovanni Orsini e uditi per le parti gli avvocati An.Di Li. su delega di Al. Li. e l’avv.to dello Stato Ro. Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’originaria ricorrente, già collaboratore di cancelleria (VII qualifica funzionale), ha richiesto al Tar per la Campania che le fosse riconosciuto il diritto alla corresponsione di tutte le somme pari alla differenza tra la retribuzione percepita in ragione della propria qualifica e quella corrispondente alle mansioni superiori effettivamente svolte (corrispondenti alla qualifica superiore di IX livello), oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali. Ha dedotto a sostegno del proprio ricorso la violazione degli articoli 2126 e 2041 c.c., dell’articolo 36 Cost., del decreto legislativo n. 29 del 1993, la disparità di trattamento e la manifesta ingiustizia. In via subordinata, ha dedotto la illegittimità costituzionale dell’articolo 15 del decreto legislativo n. 387 del 1998 e la violazione degli articoli 3 e 36 della Costituzione.
2. In punto di fatto ha rilevato che a decorrere dal 22 gennaio 1996 e fino al 14 marzo 1996, con ordine di servizio del 22 gennaio 1996, ha svolto mansioni di direzione dell’ufficio esecuzioni penali, in sostituzione del direttore assente; con successivo ordine di servizio del 14 marzo 1996, è stata assegnata dal primo dirigente della Pretura circondariale di Napoli alla direzione dell’ufficio compilazione schede per i casellari giudiziari; tali funzioni venivano svolte fino al 18 luglio 1997 quando, con nuovo ordine di servizio, la ricorrente veniva assegnata nuovamente a mansioni proprie della sua qualifica.
3. Il Tar per la Campania – Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso non ritenendo sussistenti gli elementi fattuali idonei a sostenere il riconoscimento della pretesa economica auspicata. Con riferimento al primo periodo, infatti, ha rilevato che lo stesso è inferiore al periodo minimo di 60 giorni e che comunque… la sostituzione non ha carattere continuativo; con riferimento al secondo periodo, l’assegnazione è, testualmente, “provvisoria”. In ogni caso, osta al soddisfacimento della pretesa vantata il principio affermatosi in giurisprudenza della irrilevanza, in difetto di una norma espressa, delle mansioni superiori espletate dal dipendente. Quanto all’asserita questione di legittimità costituzionale, il giudice di prime cure l’ha ritenuta infondata in ragione del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, per effetto della modifica apportata dall’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998, il diritto del dipendente pubblico, che ne abbia svolto le funzioni, al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore vada riconosciuto con carattere di generalità solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del d.1gs. n. 387/1998. Infine, è stato precisato che l’unica norma che all’epoca dei fatti disciplinava in via generale la retribuibilità delle mansioni superiori nel pubblico impiego – l’articolo 57 del decreto legislativo n. 29 del 1993 – non è mai entrato in vigore essendo stato abrogato dall’art. 43 d.1g. 31 marzo 1998 n. 80 dopo che la sua operatività è stata più volte differita “ope legis”, da ultimo al 31 dicembre 1998 con l’art. 39 comma 17 1. 27 dicembre 1997 n. 449.
4. Avverso la suddetta sentenza la dott.ssa Straniero ha proposto appello affidato ad un unico articolato motivo di gravame. In particolare, ribadisce che le mansioni effettivamente svolte appartengono a qualifiche superiori e contesta la statuizione del giudice di prime cure ritenendo inconferente il richiamo all’articolo 15 del decreto legislativo n. 387 del 1998 in quanto l’attività svolta è precedente alla sua entrata in vigore; censura, inoltre la statuizione del primo giudice laddove definisce l’attività svolta come “provvisoria”. Infine, contesta la giurisprudenza richiamata nella sentenza appellata riportandosi ad alcune pronunce asseritamente di segno opposto.
5. In data 29 ottobre 2014 si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia.
6. L’appellante ha depositato documenti sull’attività svolta in data 23 ottobre 2019.
7. All’udienza pubblica del 3 dicembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
8. L’appello è infondato.
8.1. In primo luogo, deve essere ribadito il principio pacificamente affermato nella giurisprudenza amministrativa secondo cui, nel pubblico impiego, parametro necessario e obbligatorio per la retribuzione è la qualifica posseduta dal dipendente, a prescindere dalle funzioni superiori eventualmente svolte, anche se formalmente attribuite, in ossequio ai principi costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione (Cons. St., sez. VI, n. 4100).
8.2. L’assegnazione dell’appellante allo svolgimento di funzioni superiori rispetto alla propria qualifica, è stata disposta peraltro per esigenze organizzative di natura transitoria volte a garantire la continuazione dell’attività dell’ufficio. Per il primo periodo, tale natura transitoria si evince dallo stesso ordine di servizio del 22 gennaio 1996 laddove si stabilisce che nei giorni di assenza il Direttore sarà sostituito dal collaboratore di cancelleria, e ciò risulta ulteriormente confermato dall’inciso salvo ogni eventuale provvedimento del Primo Dirigente di questa pretura; lo stesso dicasi per il secondo periodo, la cui natura provvisoria è espressamente dichiarata nell’ordine di servizio del 14 marzo 1996 e si evince comunque dalla ratio sottesa all’assegnazione stessa e cioè la necessità di garantire la continuazione nella direzione dell’ufficio dei decreti penali durante la vacanza del posto direttivo.
8.3. In ogni caso, con riferimento all’operatività del decreto legislativo n. 387 del 1998, il Collegio ritiene di dover confermare la più recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato secondo cui nel pubblico impiego il diritto alla retribuzione corrispondente alle mansioni superiori effettivamente svolte è stato introdotto con carattere di generalità dall’articolo 15 del citato decreto legislativo, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore (22 novembre 1998), e con norma avente natura innovativa, e non ricognitiva (Cons, St., sez. V, n. 6495/2012): ad essa non può pertanto attribuirsi alcuna efficacia retroattiva.
8.4. Giova ancora precisare che alla norma in questione non può nemmeno essere assegnata valenza di principio generale, immanente nell’ordinamento, quale espressione dell’articolo 36 Cost., che sancisce il principio di corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e quantità del lavoro prestato. Deve rammentarsi infatti che in applicazione degli articoli 51 e 97 della Costituzione gli interessi pubblici coinvolti hanno natura indisponibile e, quindi, l’attribuzione al dipendente delle mansioni ed il conferimento del relativo trattamento economico non possono costituire oggetto di libere scelte dei rispettivi apparati di vertice dal momento che nel pubblico impiego non trova applicazione l’articolo 2103 c.c. (cfr. Cons. St.,sez. VI, n. 2555/2012). Nel pubblico impiego concorrono, con quelli che presiedono all’impiego privato, altri principi di pari rilevanza costituzionale, quali quelli degli articoli 97 e 98 Cost.. Relativamente al primo, l’esercizio di mansioni superiori si porrebbe in contrasto con il buon andamento e l’imparzialità dell’Amministrazione, nonché con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità proprie dei pubblici impiegati; l’art. 98, d’altra parte nel disporre che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione, vieta che la valutazione del rapporto di pubblico impiego sia ridotta alla pura logica del rapporto di scambio (cfr. Cons. St., sez. V, n. 3109/2012).
9. Alla luce delle considerazioni esposte l’appello deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’appellata amministrazione che liquida in euro 1500.00 (Euro millecinquecento/00) oltre oneri accessori, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Giovanni Sabbato – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere, Estensore
Francesco Guarracino – Consigliere

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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