Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 7 febbraio 2020, n. 996.
La massima estrapolata:
L’ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un’opera abusiva, si configura quale atto dovuto, privo di discrezionalità, subordinato al solo accertamento dell’inottemperanza di ingiunzione di demolizione ed al decorso del termine di legge, che ne costituiscono i presupposti, così che la censura di carenza di motivazione in ordine alla valutazione dell’interesse pubblico è destituita di qualsiasi fondamento giuridico, non essendovi alcuna valutazione discrezionale da compiere, e di conseguenza da giustificare.
Sentenza 7 febbraio 2020, n. 996
Data udienza 21 gennaio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8553 del 2009, proposto dal signor Pi. An. Qu., in qualità di erede della signora Pe. An., rappresentato e difeso dall’avvocato Lo. Ca., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ma. Ga. in Roma, via (…), unitamente e disgiuntamente rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
il Comune di (omissis), non costituito in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce Sezione Prima n. 2050/2008, resa tra le parti, concernente l’acquisizione di opera abusiva al patrimonio comunale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2020, il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e udito l’avv.to St. Sc., su delega dell’avv.to Lo. Ca..
FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce, sez. I, con la sentenza 4 luglio 2008, n. 2050, ha respinto il ricorso, proposto dall’attuale parte appellante, per l’annullamento dell’ordinanza 2 ottobre 1998, n. 65, di acquisizione al patrimonio del Comune di opera abusiva.
Secondo il TAR, sinteticamente:
– la questione di competenza ad emettere l’atto di diniego di sanatoria non è più proponibile dopo l’entrata in vigore del T.U. 18 agosto 2000, n. 267, che ha attribuito al dirigente competenza generale ed incondizionata nella adozione dei provvedimenti repressivi degli abusi edilizi (art. 107);
– la competenza del dirigente in materia di repressione edilizia è divenuta concretamente operativa solo a decorrere dall’entrata in vigore dell’art. 2, comma 12, L. 16 giugno 1998, n. 191, con il quale è stato introdotto il comma 3, lett. f-bis), all’art. 51 L. n. 142-1990;
– nel caso di specie, il provvedimento di acquisizione è stato adottato successivamente all’entrata in vigore della L. n. 191-1998 (pubblicata in G.U. 20 giugno 1998) per cui la competenza dovrebbe fissarsi in capo al dirigente;
– comunque può applicarsi l’art. 21-octies L. 7 agosto 1990, n. 241;
– il provvedimento si basa sulla constatazione dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, tanto più, come nel caso, se rafforzato da sentenza penale;
– né, pertanto, occorre particolare motivazione ulteriore;
– l’acquisizione è atto che sanziona l’inottemperanza alla demolizione, mentre la scelta di mantenere l’immobile abusivo per l’esistenza di prevalenti interessi pubblici è atto successivo rientrante nella competenza del Consiglio comunale (art. 7, comma 5, L. n. 47-1985).
La parte appellante contestava la sentenza del TAR deducendone l’erroneità e riproponendo, in sostanza, i motivi del ricorso di primo grado.
Con l’appello in esame chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.
All’udienza pubblica del 21 gennaio 2020 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. La parte appellante reitera, in questo grado, la censura di incompetenza in relazione al provvedimento impugnato, già esaminata con dovizia di argomentazioni, tutte condivisibili, dal TAR.
Ritiene il Collegio, che la competenza del dirigente in materia di repressione edilizia è divenuta concretamente operativa a decorrere dall’entrata in vigore dell’art. 2, comma 12, L. 16 giugno 1998, n. 191, con il quale è stato introdotto il comma 3, lett. f-bis), all’art. 51 L. n. 142-1990.
Nel caso in esame, il provvedimento di acquisizione è stato adottato successivamente all’entrata in vigore della L. n. 191-1998 (pubblicata in G.U. 20 giugno 1998) per cui la competenza rimane fissata già in capo al dirigente.
Peraltro, la questione di competenza ad emettere l’atto di diniego di sanatoria non è più proponibile dopo l’entrata in vigore del T.U. 18 agosto 2000, n. 267, che ha attribuito al dirigente competenza generale ed incondizionata nella adozione dei provvedimenti repressivi degli abusi edilizi (ex art. 107 TUEL).
In ogni caso, il provvedimento in esame costituisce espressione di un potere vincolato rispetto ai presupposti normativi richiesti e dei quali deve farsi applicazione e, di conseguenza, deve ritenersi applicabile alla fattispecie il principio espresso nell’art. 21-octies, comma 2, prima parte, Legge n. 241-1990, risultando evidente che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, in difetto delle condizioni richieste dalla legge.
Infatti, nel caso in esame, l’atto impugnato se annullato per incompetenza in base alla normativa che si ipotizza allora vigente, dovrebbe ora essere riadottato proprio da quello stesso organo, il dirigente, che allora si era pronunciato e che è divenuto competente in base alla normativa sopravvenuta, e lo stesso peraltro non potrebbe che pronunciarsi negli stessi termini in cui aveva già statuito, non residuando comunque la possibilità di adottare un provvedimento diverso.
2. Quanto alla pretesa omessa indicazione dell’interesse pubblico all’acquisizione, si deve rilevare che il provvedimento costituisce un effetto automatico dell’inottemperanza al precedente ordine di ripristino.
L’ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un’opera abusiva, infatti, si configura quale atto dovuto, privo di discrezionalità, subordinato al solo accertamento dell’inottemperanza di ingiunzione di demolizione ed al decorso del termine di legge (che ne costituiscono i presupposti), così che la censura di carenza di motivazione in ordine alla valutazione dell’interesse pubblico è destituita di qualsiasi fondamento giuridico, non essendovi alcuna valutazione discrezionale da compiere (e di conseguenza da giustificare) (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 1° ottobre 2001, n. 5179, e 27 aprile 2012, n. 2450)
Peraltro, parte appellante è evidentemente del tutto priva di interesse a censurare le successive valutazioni del Comune sulla successiva destinazione dell’immobile acquisito.
3. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.
Nulla spese in assenza di costituzione della parte appellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo respinge.
Nulla per le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere, Estensore
Giovanni Sabbato – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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