Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 ottobre 2021| n. 27073.
Ordinanza del giudice adottata in seguito ad opposizione all’esecuzione.
L’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione, a definitiva chiusura della procedura di attuazione di un sequestro conservativo presso terzi, assegni i crediti dichiarati dal terzo, nei limiti della relativa pignorabilità, è impugnabile esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., anche in relazione alla corretta liquidazione delle spese dello stesso procedimento di attuazione; diversamente, ove il giudice abbia inteso sospendere il procedimento di attuazione, a seguito di un’opposizione all’esecuzione formalmente proposta dal debitore ai sensi dell’art. 615 c.p.c., l’ordinanza sarà impugnabile con il reclamo di cui all’art. 624 c.p.c., restando comunque esclusa la possibilità di proporre l’appello. In entrambi i casi, solo a seguito della proposizione di un’opposizione all’esecuzione il giudice, previa liquidazione delle spese della fase sommaria, è tenuto (sempre che l’opponente non vi rinunci) a fissare il termine per l’instaurazione della fase di merito del giudizio di opposizione, potendo, in mancanza, la parte interessata, chiedere l’integrazione del provvedimento ai sensi dell’art. 289 c.p.c., ovvero procedere direttamente alla instaurazione del suddetto giudizio, in tale sede proponendo anche tutte le contestazioni relative all’eventuale liquidazione delle spese relative alla fase sommaria del giudizio di opposizione.
Ordinanza|6 ottobre 2021| n. 27073. Ordinanza del giudice adottata in seguito ad opposizione all’esecuzione
Data udienza 6 maggio 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Sequestro conservativo – Esecuzione – Potere dovere del giudice di verificare anche d’ufficio l’esistenza del titolo esecutivo e la corrispondenza degli importi pretesi con quelli dovuti in base al titolo – Censurabilità mediante opposizione agli atti esecutivi – Ordinanza del giudice adottata in seguito ad opposizione all’esecuzione – Impugnabilità del provvedimento sommario di provvisorio arresto del corso del procedimento di attuazione con reclamo ex art. 624 c.p.c. – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 22595 del ruolo generale dell’anno 2019, proposto da:
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– ricorrente –
nei confronti di
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Firenze n. 1429/2019, pubblicata in data 11 giugno 2019;
udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in data 6 maggio 2021 dal consigliere Tatangelo Augusto.
Ordinanza del giudice adottata in seguito ad opposizione all’esecuzione
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) ha posto in attuazione un provvedimento di sequestro conservativo, ottenuto nei confronti di (OMISSIS), sui crediti vantati da quest’ultimo nei confronti della (OMISSIS) S.r.l., la quale ha reso dichiarazione di quantita’ in senso positivo. Lo Zucconi si e’ costituito nel procedimento di attuazione davanti al giudice dell’esecuzione, facendo presente che il suo credito era sequestrabile e pignorabile solo nei limiti del quinto, in quanto derivante da rapporto di agenzia. Il giudice dell’esecuzione ha dichiarato attuato il sequestro, nei limiti del quinto della somma dichiarata dovuta dal terzo (di Euro 34.160,00), liquidando e ponendo le spese processuali a carico del debitore nella misura di due terzi.
Avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione il creditore procedente ha proposto appello.
La Corte di Appello di Firenze ha dichiarato inammissibile l’impugnazione.
Ricorre il (OMISSIS), sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso lo Zucconi.
E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.
E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto e’ stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
Ordinanza del giudice adottata in seguito ad opposizione all’esecuzione
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 323, 339, 616, 618 e 619 c.p.c. e articolo 24 Cost. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
Il ricorrente sostiene che il provvedimento del giudice dell’esecuzione avrebbe il contenuto sostanziale di una sentenza e sarebbe, come tale, impugnabile con l’appello, avendo deciso l’opposizione all’esecuzione del debitore relativa ai limiti di pignorabilita’ del credito oggetto del sequestro, con liquidazione delle relative spese processuali.
Il ricorso e’ manifestamente infondato, anche se la motivazione della decisione impugnata va parzialmente corretta ed integrata sulla base delle considerazioni che seguono.
In proposito, vanno infatti ribaditi i principi di diritto ormai costantemente affermati da questa Corte in relazione alle modalita’ della contestazione dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione, certamente applicabili anche all’ipotesi dell’attuazione del sequestro conservativo, e che il ricorso non offre motivi idonei ad indurre a rimeditare (cfr., in particolare: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15605 del 22/06/2017, Rv. 644810 – 01; Ordinanza n. 13108 del 24/05/2017, Rv. 644389 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanze nn. 14332, 14333 e 14334 del 08/06/2017; Sez. 6 – 3, Ordinanze nn. 15282 e 15283 del 20/06/2017; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15606 del 22/06/2017; conf., sul principio di diritto: Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10946 del 08/05/2018, Rv. 648877 – 01; nel medesimo senso va tenuto presente l’orientamento ormai consolidato di questa Corte, enunciato in tema di esecuzione forzata per obblighi di fare o di non fare, ma i cui principi di fondo possono estendersi all’esecuzione per espropriazione – ed allo stesso procedimento di attuazione del sequestro conservativo su crediti, anche con riguardo alla pignorabilita’/sequestrabilita’ di questi ultimi – per cui le ordinanze del giudice dell’esecuzione con contenuto decisorio in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all’ammissibilita’ dell’azione esecutiva non possono considerarsi, neppure quando provvedano sulle spese giudiziali, come sentenze decisive di un’opposizione all’esecuzione e, di conseguenza, non sono mai impugnabili con i rimedi all’uopo previsti; in tal senso, di recente: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7402 del 23/03/2017, Rv. 643692 – 01; conf., in precedenza, Sez. 3, Sentenza n. 15015 del 21/07/2016, Rv. 642689 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 8640 del 03/05/2016, Rv. 642688 – 01).
E’ opportuno richiamare in sintesi i predetti principi, anche con riguardo alla loro applicazione in caso di attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto somme di danaro ed alla pi-gnorabilita’/sequestrabilita’ dei beni oggetto delle stesse.
Ordinanza del giudice adottata in seguito ad opposizione all’esecuzione
E’ stato gia’ da tempo chiarito che il giudice dell’esecuzione ha il potere/dovere di verificare di ufficio, anche a prescindere da una opposizione del debitore, l’esistenza del titolo esecutivo e la corrispondenza degli importi pretesi dal creditore con quelli dovuti in base al titolo stesso (cfr. ad es. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11021 del 19/05/2011, Rv. 617431 – 01; Sez. L, Sentenza n. 16610 del 28/07/2011, Rv. 618698 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 4491 del 26/03/2003, Rv. 561469 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 9293 del 09/07/2001, Rv. 548027 – 01; Sez. L, Sentenza n. 8559 del 23/06/2000, Rv. 537956 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 8215 del 10/09/1996, Rv. 499547 – 01). Altrettanto e’ a dirsi con riguardo ai limiti di pignorabilita’ dei crediti posti dall’articolo 545 c.p.c. in relazione ai trattamenti retributivi e/o pensionistici, come attualmente e’ espressamente previsto dall’ultimo comma dell’articolo 545 c.p.c. (e come, peraltro, doveva ritenersi anche in precedenza, in via interpretativa; in proposito si vedano, ad es.: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5761 del 11/06/1999, Rv. 527297 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 6548 del 22/03/2011, Rv. 617581 – 01).
Il giudice dell’esecuzione ha dunque il potere/dovere di procedere all’assegnazione (ovvero, come nel caso di specie, di dichiarare attuato il sequestro conservativo) in favore del creditore, esclusivamente con riguardo agli importi che, sulla base degli atti, risultino allo stesso effettivamente dovuti e nei limiti della pignorabilita’ (o sequestrabilita’) dei crediti oggetto dell’espropriazione (ovvero del sequestro conservativo).
E’ pacifico che il relativo potere del giudice dell’esecuzione, certamente esercitabile al di fuori di ogni contestazione del debitore (anche quindi laddove il debitore non si sia neanche costituito), sia censurabile mediante l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’articolo 617 c.p.c..
Puo’ peraltro accadere che esso venga esercitato in ipotesi in cui il debitore si sia costituito nel processo esecutivo e abbia sollevato contestazioni, o abbia addirittura proposto opposizione all’esecuzione ai sensi dell’articolo 615 c.p.c. (e cio’ sempre, peraltro, tenendo conto che il debitore ha anche la facolta’ di costituirsi nel processo esecutivo senza proporre opposizione all’esecuzione, eventualmente limitandosi a sollecitare l’esercizio dei poteri di ufficio del giudice).
In mancanza di una vera e propria opposizione all’esecuzione, non vi e’ dubbio che il creditore potra’ proporre esclusivamente l’opposizione ai sensi dell’articolo 617 c.p.c. avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione.
Laddove invece sia stata proposta una vera e propria opposizione all’esecuzione ai sensi dell’articolo 615 c.p.c., con la quale il debitore abbia contestato, in tutto o in parte, il diritto di procedere ad esecuzione forzata per il credito fatto valere ovvero la pignorabilita’/sequestrabilita’ del credito oggetto di dichiarazione positiva del terzo, il giudice dell’esecuzione ha due possibilita’.
Ordinanza del giudice adottata in seguito ad opposizione all’esecuzione
Puo’ prendere atto dell’opposizione e, senza esercitare i propri poteri officiosi, limitarsi a sospendere l’esecuzione (in tutto o in parte), ovvero l’attuazione della misura cautelare, nei limiti in cui ritenga probabilmente fondata l’opposizione del debitore, fissando il termine per l’inizio del giudizio di merito; in tal caso il suo provvedimento sara’ reclamabile dal creditore opposto ai sensi dell’articolo 624 c.p.c., per ottenere la revoca della sospensione e, in tal caso (secondo l’indirizzo seguito da questa Corte, a partire da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22033 del 24/10/2011, Rv. 620286 – 01, e poi sempre confermato), se manca la fissazione del termine per iniziare il giudizio di merito, le parti potranno chiedere l’integrazione ai sensi dell’articolo 289 c.p.c. e/o comunque instaurare direttamente il merito dell’opposizione; in mancanza, il processo esecutivo si estinguera’ (in tutto o in parte) ai sensi dell’articolo 624 c.p.c., comma 3, e il provvedimento che dichiari tale successiva estinzione sara’ reclamabile ai sensi dell’articolo 630 c.p.c.. In caso di instaurazione del merito dell’opposizione di cui all’articolo 615 c.p.c., e comunque fino all’eventuale estinzione ai sensi dell’articolo 624 c.p.c., comma 3, il processo esecutivo o il procedimento di attuazione cautelare – pur sospeso – rimarra’ pendente (resteranno in particolare fermi gli effetti del pignoramento o del sequestro: in caso di pignoramento/sequestro presso terzi, le somme pignorate resteranno vincolate). In tale ipotesi non vi e’ spazio per una opposizione ai sensi dell’articolo 617 c.p.c. (e, tanto meno, per un eventuale appello).
Il giudice dell’esecuzione, pero’, non perde i suoi poteri officio-si solo perche’ e’ stata proposta una opposizione all’esecuzione; egli potra’ quindi anche decidere di esercitarli ugualmente, a prescindere dall’opposizione del debitore, assegnando al creditore esclusivamente gli importi effettivamente dovuti, eventualmente nei limiti della ritenuta pignorabilita’ del credito dichiarato dal terzo (ovvero, addirittura nessun importo, laddove ritenga il titolo inefficace o il credito posto in esecuzione integralmente estinto o, ancora, quello dichiarato dal terzo integralmente impignorabile), ovvero dichiarando attuato il sequestro nei medesimi limiti, in tali i casi definendo il processo esecutivo o la procedura di attuazione del sequestro.
Ovviamente, in siffatte ipotesi non vi sara’ luogo a provvedere, per evidente difetto di interesse, sull’istanza di sospensione dell’esecuzione, e il giudice dell’esecuzione potrebbe – come sarebbe opportuno – dichiararlo espressamente (ma anche laddove non lo faccia, la situazione sostanziale rimane la medesima). Resta ferma peraltro l’opposizione gia’ proposta e, quindi, dovrebbe comunque ugualmente essere assegnato il termine per l’instaurazione del merito di essa, a meno che il debitore non vi rinunzi, e andrebbero altresi’ liquidate le spese della fase sommaria dell’opposizione. In una siffatta ipotesi, non vi e’ un provvedimento di sospensione reclamabile; il creditore potra’ dunque proporre esclusivamente l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’articolo 617 c.p.c. avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione che assegna gli importi ritenuti dovuti (e/o non assegna alcunche’ e dichiara improcedibile l’esecuzione/attuazione). Entrambe le parti (se il debitore non ha rinunziato alla sua opposizione) potranno instaurare il merito di essa (previa eventuale istanza di integrazione ai sensi dell’articolo 289 c.p.c.), anche al fine di ottenere la corretta liquidazione delle spese della fase sommaria. In tal caso il procedimento esecutivo (o di attuazione del sequestro) e’ da ritenersi definito e non piu’ pendente. In mancanza di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’articolo 617 c.p.c. avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che ha definito il procedimento, cessano gli effetti del pignoramento o del sequestro (in caso di pignoramento/sequestro presso terzi, le somme non assegnate o dichiarate assoggettate a sequestro sono definitivamente – e irreversibilmente – svincolate).
Ordinanza del giudice adottata in seguito ad opposizione all’esecuzione
L’esito stesso dell’opposizione all’esecuzione di cui all’articolo 615 c.p.c. eventualmente coltivata dalle parti (in mancanza di opposizione ai sensi dell’articolo 617 c.p.c. avverso il provvedimento di improcedibilita’, o che ha comunque definito il procedimento, liberando i beni non assegnati o dichiarati assoggettati a sequestro) non consentira’ di riaprirlo, e avra’ effetti solo per future eventuali nuove procedure promosse sulla base del medesimo titolo (o nei nuovi giudizi di cognizione relativi al medesimo rapporto). Al fine di individuare i rimedi con cui le parti possono contestare i provvedimenti adottati dal giudice dell’esecuzione in tutti i casi esposti, dunque, cio’ che e’ decisivo non e’ tanto la circostanza che il debitore abbia o meno proposto una opposizione all’esecuzione ai sensi dell’articolo 615 c.p.c., ma la natura del provvedimento emesso dallo stesso giudice dell’esecuzione. Onde individuare il rimedio esperibile occorre cioe’ stabilire se il giudice dell’esecuzione ha semplicemente sospeso o se ha, al contrario, definito il procedimento pendente davanti a se’.
Si tratta evidentemente di due provvedimenti di natura incompatibile, che si escludono a vicenda: la sospensione comporta la perdurante pendenza del procedimento e quindi la conservazione degli effetti del suo atto iniziale (pignoramento o sequestro che sia); l’improcedibilita’, o comunque la definizione del procedimento a seguito dell’assegnazione (o della dichiarazione di assoggettamento a sequestro) dei soli importi ritenuti dovuti e pignorabili/sequestrabili, invece, esclude tale perdurante pendenza, e soprattutto determina la cessazione degli effetti del vincolo, in tutto o in parte. Se il giudice dell’esecuzione definisce il procedimento, dichiarandone l’improcedibilita’ (o se, con definizione impropria, ne dichiara la cd. estinzione atipica, o comunque lo chiude di fatto a seguito dell’avvenuta assegnazione degli importi ritenuti pignorabili e dovuti al creditore o della dichiarazione di assoggettamento a sequestro degli stessi; e cio’ soprattutto laddove, ad es. nel pignoramento/sequestro presso terzi, dichiari espressamente lo svincolo delle somme residue e, quindi, liberi il terzo dai suoi obblighi di custodia), questo provvedimento e’ sul piano logico del tutto incompatibile con un provvedimento implicito di sospensione. Al tempo stesso e’ evidente che un provvedimento di sospensione e’ logicamente incompatibile sia con la definizione del procedimento, sia con la dichiarazione di estinzione o di improcedibilita’ dello stesso, e a fortiori con la liberazione dei beni assoggettati a vincolo dal creditore ma non assegnati o non dichiarati oggetto di attuazione del sequestro.
Laddove il procedimento sia stato definito dal giudice dell’esecuzione, quindi, non potra’ esservi alcuno spazio per ravvisare un provvedimento (neanche implicito) di sospensione reclamabile.
Il creditore potra’ proporre esclusivamente l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’articolo 617 c.p.c. avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione che ha definito il procedimento (sia esso espresso come dichiarazione di improcedibilita’, di estinzione cd. atipica o di definizione della procedura in senso solo parzialmente corrispondente all’azione esercitata), ma non certo il reclamo ai sensi dell’articolo 624 c.p.c., che e’ riservato al provvedimento cautelare di sospensione emesso in un procedimento che resta pendente.
Cio’ non toglie che, se era stata proposta una opposizione all’esecuzione ai sensi dell’articolo 615 c.p.c. (e non vi era stata rinunzia ad essa), le parti possano coltivarla (secondo le modalita’ illustrate nella gia’ citata Cass. n. 22033/2011, i cui principi restano validi anche in tale ipotesi). Il suo esito, pero’ (almeno in mancanza di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’articolo 617 c.p.c. avverso il provvedimento che ha definito la procedura), non potra’ consentire la riapertura o la riassunzione del procedimento ormai definito (anche perche’ i beni assoggettati a vincolo sono stati ormai irreversibilmente liberati), e avra’ efficacia solo per ulteriori e futuri rapporti tra le parti (ad. es. un nuovo pignoramento/sequestro sulla base del medesimo titolo, o un nuovo giudizio di cognizione con riguardo al medesimo rapporto obbligatorio)
Come e’ evidente, neanche in tali casi vi e’ alcuno spazio per l’impugnazione con l’appello dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione che definiscono il procedimento, esecutivo o di attuazione cautelare che sia.
Nella specie, dunque, non ha rilievo stabilire se il debitore destinatario della misura cautelare del sequestro conservativo aveva proposto effettivamente una opposizione all’esecuzione ai sensi dell’articolo 615 c.p.c. per contestare l’integrale sequestrabilita’ dei crediti dichiarati dal terzo, in quanto e’ assolutamente certo (per quanto riferito dalla stessa parte ricorrente) che il giudice dell’esecuzione non ha inteso sospendere il procedimento di attuazione del sequestro conservativo ai sensi dell’articolo 624 c.p.c., in relazione ad una siffatta opposizione, ma, esercitando i suoi poteri di ufficio, ha definito tale procedimento, con la dichiarazione di attuazione del sequestro esclusivamente sulla quota ritenuta pignorabile/sequestrabile dei crediti dichiarati dal terzo, implicitamente disponendo per il residuo la liberazione di detti crediti dal vincolo del pignoramento.
Tale provvedimento non puo’ in alcun modo essere qualificato come sentenza in senso sostanziale su una opposizione all’esecuzione, come sostenuto dal ricorrente, trattandosi, al contrario, di un provvedimento il cui contenuto e’ espressione dell’ordinario esercizio dei poteri officiosi del giudice dell’esecuzione nel procedimento di attuazione del sequestro conservativo.
Di conseguenza, il suddetto provvedimento- era contestabile dal creditore esclusivamente mediante l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’articolo 617 c.p.c.; in tale sede sarebbe stato per lui possibile contestare anche la correttezza del provvedimento del giudice dell’esecuzione relativo alla liquidazione delle spese della procedura esecutiva.
Puo’ essere opportuno altresi’ precisare che il creditore stesso, laddove (come egli sostiene) il debitore avesse effettivamente proposto una opposizione all’esecuzione ai sensi dell’articolo 615 c.p.c., avrebbe comunque potuto eventualmente instaurare il relativo giudizio di merito a cognizione piena, nonostante la mancata assegnazione del relativo termine (chiedendo al giudice l’integrazione del provvedimento con l’indicazione di detto termine ai sensi dell’articolo 289 c.p.c., ovvero anche provvedendo direttamente alla notificazione dell’atto di citazione nei termini di legge), onde ottenere una sentenza idonea al giudicato sul punto e, in tale sede, avrebbe potuto contestare il provvedimento del giudice dell’esecuzione relativo alle spese processuali, se ed in quanto riferibile non alle spese del procedimento di attuazione del sequestro ma a quelle relative alla fase sommaria del giudizio di opposizione all’esecuzione.
Va radicalmente esclusa, invece, in ogni caso, la possibilita’ di proposizione dell’appello direttamente avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, tanto con riguardo alla dichiarazione di (limitata) attuazione del sequestro nei limiti della ritenuta pignorabilita’ del credito dichiarato dal terzo, quanto con riguardo alla liquidazione delle spese processuali (sia quelle relative al procedimento di attuazione, sia quelle relative alla fase sommaria di una eventuale opposizione all’esecuzione).
Vanno pertanto ribaditi e precisati, anche con riguardo alla procedura di attuazione del sequestro conservativo, i seguenti principi di diritto:
“Nel caso in cui il giudice dell’esecuzione, in sede di attuazione di un sequestro conservativo presso terzi, dichiari attuato il sequestro nei limiti della ritenuta pignorabilita’/sequestrabilita’ dei crediti dichiarati dal terzo, l’ordinanza da questi adottata, in via ne’ sommaria ne’ provvisoria, a definitiva chiusura della procedura di attuazione del provvedimento cautelare, e’ impu-qnabile esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’articolo 617 c.p.c., anche in relazione alla corretta liquidazione delle spese dello stesso procedimento di attuazione; diversamente, se adottata in seguito a contestazioni del debitore prospettate mediante una formale opposizione all’esecuzione ai sensi dell’articolo 615 c.p.c., in relazione alla quale il giudice abbia dichiarato di volersi pronunziare, il provvedimento sommario di provvisorio arresto del corso del procedimento di attuazione, che resta percio’ pendente, e’ impugnabile con il reclamo ai sensi dell’articolo 624 c.p.c..
In entrambi i casi, se (e solo se) e’ stata proposta dal debitore una opposizione all’esecuzione ai sensi dell’articolo 615 c.p.c., il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento che sospende o chiude il procedimento di attuazione davanti a se’, deve contestualmente fissare (salvo che l’opponente stesso vi rinunzi) il termine per l’instaurazione della fase di merito del giudizio di opposizione, liquidando le spese della relativa fase sommaria e, in mancanza, sara’ possibile per la parte interessata chiedere l’integrazione del provvedimento ai sensi dell’articolo 289 c.p.c., ovvero procedere direttamente alla instaurazione del suddetto giudizio di merito, in tale sede proponendo anche tutte le contestazioni relative alla eventuale liquidazione delle spese relative alla fase sommaria del giudizio di opposizione.
In nessun caso e’, invece, proponibile appello avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione”.
Deve dunque, in definitiva, ritenersi conforme a diritto la decisione impugnata, che ha dichiarato l’inammissibilita’ dell’appello del (OMISSIS), sia pure con le correzioni di motivazione sin qui esposte.
2. Il ricorso e’ rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo, con distrazione in favore del difensore del controricorrente, che ha reso la prescritta dichiarazione di anticipo ai sensi dell’articolo 93 c.p.c..
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) di cui all’articolo 13, comma 1 quater, del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall’articolo 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.
P.Q.M.
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimita’ in favore del controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avvocato (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 93 c.p.c..
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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