Ordinanza con cui è ingiunta la demolizione di un fabbricato sul fondamento della difformità dalla concessione

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 11 febbraio 2019, n. 998.

La massima estrapolata:

E’ illegittima l’ordinanza con cui è ingiunta la demolizione di un fabbricato sul fondamento della difformità dalla concessione, che non possa tuttavia dirsi con certezza sussistente, avuto riguardo allo stato iniziale dei lavori ed alle caratteristiche del terreno, che possano giustificare un’originaria realizzazione del piano fuori terra e, successivamente, in conformità alle previsioni del titolo edilizio, l’interramento dello stesso

Sentenza 11 febbraio 2019, n. 998

Data udienza 7 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3257 del 2014, proposto da
Pa. Ma. e Gi. Si., rappresentati e difesi dall’avvocato Pi. Ca. Pu., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio- Sezione staccata di Latina Sezione Prima n. 00721/2013, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2019 il Cons. Francesco Mele e udito, per le parti, l’avvocato Pi. Ca. Pu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con sentenza n. 721/2013 del 19-9-2013 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio-Sezione staccata di Latina rigettava il ricorso proposto dai signori Pa. Ma. e Gi. Si., inteso ad ottenere l’annullamento dell’ordinanza del Responsabile del Servizio Edilizia Privata del Comune di (omissis) n. 27 del 9 aprile 2004 con la quale era ingiunta la sospensione dei lavori e la demolizione di opere relative alla realizzazione di una pertinenza agricola, oggetto della concessione edilizia n. 159 del 20-4-2001, in quanto difformi dal predetto titolo abilitativo essendo stato realizzato completamente fuori terra il piano previsto come interrato.
La prefata sentenza esponeva in fatto quanto segue.
“1. Con il provvedimento impugnato il responsabile del servizio edilizia privata del Comune di (omissis) ha disposto la sospensione dei lavori e la demolizione di opere realizzate in totale difformità dalla concessione edilizia dai ricorrenti.
In concreto ai signori Ma. e Si. è stata assentita in data 20 aprile 2001 la concessione edilizia n. 159 con cui il comune approvava un progetto avente ad oggetto la realizzazione di una pertinenza agricola consistente in un piano interrato, un piano terra e una copertura.
In data 8 marzo 2004 personale dei Carabinieri eseguiva un controllo e rilevava che il piano previsto come interrato era stato realizzato completamente fuori terra; degli esiti del controllo era data notizia al comune che emetteva l’ordinanza impugnata con cui disponeva la sospensione dei lavori e la demolizione delle opere.
2. Di qui il ricorso all’esame con cui i ricorrenti denunciano che il provvedimento impugnato è illegittimo per carenza di presupposti e istruttoria; la tesi dei ricorrenti è che per ragioni tecniche la realizzazione del piano interrato non poteva avvenire che attraverso una (prima) fase di realizzazione del piano completamente fuori terra e un successivo completo interramento del medesimo; di conseguenza non esiste alcuna reale difformità dal progetto nel senso che, una volta che il progetto fosse stato completamente realizzato (alla data di accesso dei Carabinieri il lavori erano stati “appena iniziati” ed erano stati realizzati soltanto i pilastri e la struttura in cemento armato del futuro fabbricato), l’opera sarebbe risultata conforme a quanto autorizzato perché il piano previsto come interrato sarebbe risultato tale…”.
Il giudice di primo grado evidenziava incidentalmente che non era stata osservata la prescrizione, contenuta nell’atto concessorio, della previa effettuazione del tracciamento in loco delle linee planimetriche ed altimetriche stradali, adempimento “che avrebbe prevenuto ogni problema perché avrebbe dato certezza delle quote a cui si sarebbero dovuti collocare i piani del fabbricato”.
Quindi, a sostegno dell’infondatezza del ricorso, sottolineava che la documentazione depositata dai ricorrenti confermava che sul lato sud il fabbricato erigendo era stato posto completamente fuori terra, rimanendo smentita la tesi dei ricorrenti di uno sbancamento per la realizzazione di un interrato, desumendosi da tanto che essi stessero realizzando il progetto originariamente presentato al comune (cioè il progetto che prevedeva un seminterrato e non un piano completamente interrato).
Avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo i signori Ma. e Si. hanno proposto appello, deducendone l’erroneità sotto plurimi profili e chiedendone l’integrale riforma, con il conseguente accoglimento del ricorso di primo grado.
Il Comune di (omissis) non si è costituito in giudizio.
La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 7 febbraio 2019.

DIRITTO

Con l’appello in trattazione i signori Ma. e Si. muovono articolate doglianze alla sentenza di primo grado.
Essi rilevano in primo luogo che la circostanza che nel progetto approvato venisse prescritta, per il prospetto sud, la realizzazione di un piano interrato non fonda la sussistenza dell’abuso, dovendosi valutare se la situazione rilevata al momento del sopralluogo dei carabinieri fosse solo una situazione temporanea, giustificata dalla particolarità della giacitura del terreno e destinata ad essere rimossa dagli sviluppi dell’esecuzione dell’opera.
Invero, il mancato interramento rilevato dai Carabinieri indicherebbe solo uno stadio temporaneo nell’esecuzione delle opere.
Censurano, poi, la gravata sentenza nella parte in cui, richiamando due fotografie (nn. 5 e 6) allegate alla perizia di parte sostiene che “sul lato sud il fabbricato erigendo è stato posto completamente fuori terra” e “ciò smentisce la tesi dei ricorrenti secondo cui essi avrebbero sbancato il terreno per realizzare l’interrato con il proposito di ripristinare l’andamento naturale del suolo al termine dei lavori”.
Evidenziano in proposito che in tal modo il Tribunale avrebbe eluso l’argomentazione svolta nel ricorso introduttivo, laddove si affermava che avendo il terreno sul quale doveva essere realizzato il manufatto de quo una pendenza per la quale giace in parte al di sotto del livello della strada, una prima fase di realizzazione, nel corso della quale è intervenuto il sopralluogo dei CC, non poteva che vedere, per motivi di carattere tecnico-realizzativo, il piano in questione integralmente fuori terra, con successivo interramento dello stesso.
Richiamano, poi, la perizia di parte dell’architetto Raus, la quale afferma che “allo stato attuale, l’immobile risulta realizzato al piano interrato e piano terra, nelle sole strutture portanti in c.a” e che al momento del sopralluogo dei Carabinieri “il piano interrato, sottostrada, risultava in parte fuori terra in quanto per l’esecuzione dei lavori (travi di fondazione e muri di contenimento del terrapieno), oltre che per le consuete ed ordinarie esigenze lavorative di cantiere e di sicurezza dei lavoratori, è stato eseguito lo sbancamento dell’area di lavoro – sbancamento che al completamento delle opere verrà ripristinato e sistemato in conformità al progetto approvato, così come in parte è già stato realizzato”.
Deducono, pertanto, che il giudice di primo grado erroneamente non avrebbe considerato sussistenti i vizi di eccesso di potere, carenza di motivazione, travisamento dei fatti e violazione di legge, denunciati con il ricorso introduttivo.
L’appello è meritevole di accoglimento.
E tanto per le ragioni che di seguito si svolgono.
La concessione edilizia n. 159/2001, rilasciata ai signori Ma. Pasquale e Si. Giovanna contiene la condizione che “il lato fuori terra del seminterrato sia realizzato completamente entro terra, come da correzioni in rosso apportate sul grafico”.
Ed, invero, il progetto prodotto in allegato alla richiesta del titolo abilitativo, riportante, al prospetto sud, tale lato completamente fuori terra, risulta essere stato corretto con la specifica indicazione dell’interramento dello stesso.
E’, pertanto, pacifico che il fabbricato, per essere realizzato in conformità al titolo abilitativo, avrebbe dovuto avere la predetta parte completamente interrata.
Osserva, peraltro, il Collegio che la conformità al titolo abilitativo può essere verificata solo all’esito dell’ultimazione dei lavori ovvero, nel corso della realizzazione degli stessi, quando comunque le opere fino a quel momento poste in essere denotino, in maniera inequivocabile, il mancato rispetto delle prescrizioni della concessione edilizia.
Ciò posto, va evidenziato che nella vicenda in esame il mancato interramento del primo livello del fabbricato è stata acclarata allo stadio iniziale dei lavori.
Si legge, infatti, nella segnalazione prot. n. 166/2 del 15-3-2004 dei Carabinieri di Minturno, con riferimento alla quale l’ordinanza di demolizione impugnata ha motivato per relationem, che “dal controllo del titolo concessorio si rilevava che erano appena stati iniziati dei lavori per la realizzazione di una pertinenza agricola di cui alla concessione edilizia n. 159 rilasciata il 20-4-2001…”.
E’, dunque, allo stadio iniziale dei lavori che l’organo accertatore rileva pure che “il piano previsto come piano interrato era stato realizzato completamente fuori terra e non interrato come invece previsto…”.
Orbene, non trattandosi di opere ultimate, occorre verificare se tale realizzazione fuori terra possa plausibilmente giustificarsi quale mero stadio iniziale dei lavori, dovuto ad esigenze tecnico-costruttive, con realizzazione successiva dell’interramento del piano.
La Sezione ritiene che a tale quesito possa essere data risposta positiva.
Va, invero, evidenziato che dalla documentazione fotografica in atti si rileva come effettivamente il terreno sul quale sorge il fabbricato sia in pendenza ed abbia una parte di esso al disotto del livello della strada.
Tanto si evince chiaramente dalla foto n. 1 allegata alla perizia dell’architetto Raus, dalla quale risulta che la strada si trova in corrispondenza del piano terra del manufatto, come pure dalla foto n. 3, da cui è rilevabile l’andamento in pendenza del terreno.
Orbene, dovendo tale piano essere realizzato fuori terra e, dunque, a livello della strada, ne consegue, come plausibile metodologia tecnico-costruttiva utilizzata, che la realizzazione delle strutture sottostanti dovesse essere effettuata, in una prima fase, fuori terra rispetto alla parte retrostante del terreno che appunto si trovava a quota più bassa rispetto al livello della strada medesima.
Solo in un secondo momento la porzione sottostante del fabbricato avrebbe potuto essere interrata mediante riporto di terreno, così realizzando la prescrizione contenuta nel titolo edificatorio.
D’altra parte, ove si consideri che il progetto originario (si vedano i prospetti nord, ovest ed est) già prevedeva che i tre lati del piano sottostante fossero interrati, risulta evidente che tale condizione anche per il lato sud avrebbe potuto realizzarsi attraverso l’interramento dello stesso mediante copertura con terreno.
Orbene, le suddette considerazioni non consentono di ritenere, in relazione allo stato iniziale dei lavori quale acclarato dai carabinieri, la certezza che il fabbricato fosse stato realizzato in modo da escludere che il lato originariamente fuori terra risultasse, poi, a conclusione dei lavori, completamente entro terra.
Invero, la realizzazione della struttura in una prima fase completamente fuori terra poteva trovare giustificazione nell’andamento del terreno, il quale sarebbe stato successivamente livellato in modo tale da avere anche il lato sud completamente interrato.
Né per altra via è possibile desumere, al momento dell’accertamento, che la parte sottostante del fabbricato sarebbe stata lasciata fuori terra al lato sud.
Tanto avrebbe potuto trarsi con certezza ove, all’atto dei rilievi dei carabinieri, tale lato sud fosse risultato tompagnato con la presenza dell’apertura centrale e delle due finestre laterali, come da progetto originario.
Orbene, di tanto non dà contezza la richiamata segnalazione di lavori edili abusivi prot. n. 166/2 del 22-3-2004 dei carabinieri di Minturno, mentre la relazione tecnica dell’architetto Raus, corredata da documentazione fotografica, rileva che “alla data di sospensione dei lavori ed allo stato attuale l’immobile risulta realizzato al piano interrato e piano terra nelle sole strutture portanti in c.a.”
Non vi sono, dunque, elementi costruttivi del predetto lato sud del seminterrato i quali inducano a ritenere con certezza che lo stesso fosse stato realizzato per essere lasciato fuori terra anche all’esito dell’attività edificatoria, a lavori ultimati.
Sulla base delle considerazioni sopra svolte risulta, dunque, non decisiva la circostanza, richiamata dalla sentenza di primo grado, che le fotografie allegate al rapporto di perizia depositato in data 8 ottobre 2010 (foto 5 e 6) confermano che sul lato sud il fabbricato erigendo è stato posto completamente fuori terra.
Tale situazione, invero, come sopra detto può trovare ragionevole e plausibile giustificazione nell’andamento del terreno e non esclude comunque che si sarebbe proceduto all’interramento con l’ultimazione del fabbricato.
In disparte a quanto sopra, non può, inoltre, escludersi che nella specie non vi siano state opere di sbancamento del terreno, risultando queste ordinariamente necessarie, come sottolineato nella relazione peritale di parte, per la realizzazione delle travi di fondazione e dei muri di contenimento del terrapieno, nonché per le esigenze lavorative di cantiere e di sicurezza dei lavoratori.
Non è, pertanto, condivisibile la sentenza di prime cure laddove rileva che il posizionamento sul lato sud del fabbricato completamente fuori terra lascia intendere che i ricorrenti stessero realizzando il progetto originariamente presentato al Comune (cioè il progetto che prevedeva un seminterrato e non un piano completamente interrato).
Di tanto, invero, per le argomentazioni sopra esposte non vi è certezza.
Deve, di conseguenza, ritenersi l’illegittimità della gravata ordinanza, atteso che la stessa ha posto a fondamento dell’ingiunzione demolitoria una difformità dalla concessione, la quale non poteva dirsi con certezza sussistente, avuto riguardo allo stato iniziale dei lavori ed alle caratteristiche del terreno che potevano giustificare una originaria realizzazione del piano fuori terra con successivo interramento dello stesso.
In conclusione, dunque, l’appello deve essere accolto, la sentenza del Tribunale Amministrativo per il Lazio- Sezione staccata di Latina n. 721/2013 riformata e, in accoglimento del ricorso di primo grado, deve essere annullata l’ordinanza di demolizione del Comune di (omissis) n. 27 del 9 aprile 2004.
Resta evidente che il Comune, nell’esercizio della istituzionale funzione di vigilanza in materia urbanistico-edilizia, dovrà attentamente e costantemente seguire lo svolgimento dei lavori di realizzazione del fabbricato, avendo cura di verificare che lo stato finale delle opere si connoti per il totale interramento del piano sottostante, conformemente alle previsioni della concessione edilizia n. 159/2001.
In caso di acclarata difformità, l’ente locale adotterà i conseguenti provvedimenti sanzionatori.
L’opinabilità della vicenda in fatto e la mancata costituzione in giudizio del Comune di (omissis) giustificano una pronuncia di irripetibilità delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio-Sezione staccata di Latina n. 721/2013 ed in accoglimento del ricorso di primo grado, annulla l’ordinanza di demolizione del Comune di (omissis) n. 27 del 9 aprile 2004.
Spese del doppio grado irripetibili.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente FF
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere, Estensore
Oreste Mario Caputo – Consigliere

Per aprire la mia pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *