Operazione di scissione societaria

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 marzo 2022| n. 8120.

Operazione di scissione societaria.

In tema di operazioni straordinarie, l’art. 2504 quater c.c. (richiamato anche per le scissioni dall’art. 2506 ter c.c.), secondo cui, una volta eseguita l’iscrizione dell’atto di fusione nel registro delle imprese, l’invalidità dello stesso non può più essere dichiarata, preclude la possibilità di far valere tanto i vizi dell’atto medesimo, quanto quelli relativi al procedimento di formazione ed alla iscrizione; tuttavia, tale preclusione, essendo finalizzata a preservare l’organizzazione societaria nascente dall’operazione, non impedisce che le parti dell’accordo assumano diverse determinazioni negoziali in presenza di una modificazione dei valori patrimoniali presi in considerazione nel progetto di fusione o di scissione.

Ordinanza|14 marzo 2022| n. 8120. Operazione di scissione societaria

Data udienza 16 novembre 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Fallimento – Operazione di scissione societaria – Impossibilità di dichiarare l’invalidità dell’atto una volta eseguita l’iscrizione nel registro delle imprese – Possibilità di considerare le differenze merse successivamente al progetto di scissione – Genericità delle doglianze – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 8855/2015 proposto da:
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale per Notaio (OMISSIS) di (OMISSIS) del 17.3.2015 con Apostille;
– ricorrente –
contro
Fallimento della (OMISSIS) S.p.a. in persona del curatore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 873/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/11/2021 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che chiede il rigetto del ricorso.

Operazione di scissione societaria

FATTI DI CAUSA

1. – Con ricorso depositato il 7 dicembre 2001 (OMISSIS) ha domandato l’ammissione dello stato passivo del fallimento di (OMISSIS) s.p.a. del credito di Lire 962.623.981, trattandosi di somma versata e non dovuta, e di Lire 12.147.566.679 per asserita “differenza negativa di scissione emersa tra la data di riferimento del progetto di scissione e la data di efficacia della scissione stessa”. Ha esposto: che la fallita aveva approvato, con verbale di assemblea del 25 luglio 1996, un progetto di scissione parziale, che prevedeva l’attribuzione di elementi patrimoniali a una societa’ beneficiaria di nuova costruzione, (OMISSIS) s.r.l. (poi (OMISSIS)); che l’atto di scissione veniva stipulato il 18 dicembre 1996 ed era depositato presso il registro delle imprese il 23 dicembre dello stesso anno; che un aggiornamento degli elementi patrimoniali inclusi nel progetto di scissione, risalente al 30 dicembre 1995, aveva fatto emergere una diversa consistenza del patrimonio della societa’, tale da comportare un debito della beneficiaria verso la societa’ scissa per l’importo di Lire 2.134.861.367; che, in conseguenza del detto obbligo, oggetto di condiviso riconoscimento da parte delle due societa’, (OMISSIS) aveva corrisposto a (OMISSIS) la somma di lire 962.623.981; che tra le parti era poi intercorso un “atto ricognitivo di debito e transattivo” per la residua somma di Lire 1.500.000.000 “a titolo di saldo di scissione generato da differenze positive nella consistenza dei beni trasferiti, come risultanti alla data di efficacia della scissione rispetto alla consistenza risultante alla data del trasferimento”; che, secondo l’attrice, il debito in questione era insussistente, posto che l’apparente differenza dei valori patrimoniali costituiva un semplice “avanzo di scissione”, quale mera posta di riequilibrio contabile, che non poteva dare luogo a un debito; che, al contrario, le variazioni verificatesi tra la data di riferimento del progetto di scissione e la data di efficacia della scissione stessa avevano determinato un credito della beneficiaria di Lire 12.417.566.679.

 

Operazione di scissione societaria

La curatela fallimentare, nel costituirsi, ha contestato quanto dedotto dalla controparte ha svolto domanda riconvenzionale per ottenere il pagamento della somma di Euro 809.015,79, quale saldo del maggior credito di Euro 1.195.526,12 vantato dalla massa nei confronti della controparte.
Il Tribunale di Roma ha respinto la domanda attrice e accolto quella del fallimento condannando (OMISSIS) al pagamento della somma complessiva di Euro 774.685,00, oltre interessi.
2. – La sentenza e’ stata fatta oggetto di impugnazione ma la Corte di appello di Roma ha respinto il gravame di (OMISSIS). Il Giudice distrettuale ha ritenuto, in sintesi, che il Tribunale avesse correttamente applicato il principio secondo il quale l’invalidita’ dell’atto di scissione non puo’ essere dichiarata una volta eseguita l’iscrizione dell’atto stesso nel registro delle imprese. Ha osservato inoltre che risultava essere inammissibile, in assenza di pertinente domanda introdotta in primo grado, il richiamo dell’appellante alla previsione contenuta dell’articolo 2504 quater c.c., comma 2: norma, questa, che concerneva il risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi danneggiati dalla scissione, e non quindi ai soggetti che hanno stipulato l’atto. La Corte di merito ha evidenziato poi che erano stati gli stessi amministratori delle due societa’ (la scissa e la beneficiaria) ad aver accertato nel patrimonio trasferito per effetto della scissione una eccedenza, qualificata come debito di (OMISSIS): il riconoscimento del debito da parte di quest’ultima derivava, quindi, dalla valutazione e approvazione dello stesso ad opera dei suoi organi deliberativi. Ha escluso, in tale contesto, l’esperibilita’ della richiesta consulenza tecnica e l’ammissibilita’ della domandata esibizione di documentazione contabile, ritenendo che i due mezzi istruttori presentassero “natura sostanzialmente esplorativa, risultando dalla citata documentazione sufficientemente acclarata l’esistenza del debito”. Ha escluso, inoltre, la fondatezza della deduzione della societa’ appellante basata sul principio di astrazione processuale della ricognizione del debito: per un verso questo risultava essere sussistente, secondo le stesse determinazioni delle due societa’ e le risultanze della relazione del commissario giudiziale; per altro verso l’atto del 30 giugno 1999 costituiva non solo ricognizione del debito, ma anche accordo transattivo e la transazione non era stata mai impugnata.
3. – Avverso tale sentenza ricorre per cassazione (OMISSIS) con una impugnazione articolata in tre motivi. Il fallimento di (OMISSIS) resiste con controricorso. Il pubblico ministero ha rassegnato conclusioni scritte, domandando il rigetto del ricorso. Sono state depositate memorie.

 

Operazione di scissione societaria

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La ricorrente oppone anzitutto la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2504 quater c.c. e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla contraddittorieta’ della motivazione in ordine alla valutazione delle differenze di scissione. Secondo l’istante, la Corte di merito avrebbe interpretato l’azione da essa proposta a tutela del proprio credito complessivo – derivante dell’indebito pagamento di differenze positive di scissione e dal riconoscimento dell’equivalente delle variazioni patrimoniali verificatesi in suo danno tra la data di riferimento del progetto di scissione e la data di efficacia della scissione stessa – come diretta a ridiscutere, in qualche misura, i termini della scissione gia’ approvata a suo tempo. La ricorrente ricorda come a mente dell’articolo 2504 quater c.c., l’invalidita’ dell’atto di fusione non possa essere pronunciata una volta eseguite le iscrizioni nel registro delle imprese: il giudice distrettuale avrebbe cosi’ trasformato una questione meramente contabile, relativa alla sussistenza di avanzi di scissione, in una sorta di querela nullitatis. Osserva la ricorrente essere escluso – avendo riguardo al principio per cui l’atto di scissione in cui si e’ trasferito il progetto regola definitivamente i rapporti tra le parti – che il fallimento potesse pretendere la modifica dell’assetto risultante dall’accordo del 30 giugno 1999. Non vi era, in altri termini, alcuna ragione che giustificasse il riconoscimento della pretesa creditoria fatta valere da controparte, e pure sorta in data successiva alla iscrizione dell’atto di scissione nel registro delle imprese. L’istante rileva, in proposito, che l’affermazione della Corte di merito ridonda anche sul piano motivazionale, quale contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e quale manifesta contraddittorieta’ della motivazione.

 

Operazione di scissione societaria

Col secondo motivo e’ lamentata la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c., comma 1 e articolo 1988 c.c., nonche’ l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla natura e all’efficacia dell’atto ricognitivo del debito. Viene dedotto che la Corte di appello ha qualificato quanto documentato nella scrittura privata del 30 giugno 1999 come un atto ricognitivo di debito e transattivo. Dopo aver ricordato che, secondo quanto emergeva dalla relazione del Commissario giudiziale del concordato preventivo di (OMISSIS), le poste patrimoniali assunte come termine di riferimento alla data del 31 dicembre 1995 erano completamente diverse da quelle prese in considerazione nel progetto di scissione riferito a quella data, la ricorrente rileva che il giudice di appello avrebbe dovuto fare semplicemente applicazione dei criteri di interpretazione da essa spesi con riferimento alla norma di cui all’articolo 2504 quater c.c., per pervenire alla constatazione che anche il credito vantato dal fallimento avrebbe comportato un’inammissibile modificazione del valore economico risultante dall’atto di scissione gia’ iscritto. L’istante osserva, inoltre, che l’atto sottoscritto dalle parti non presentava alcuno degli elementi propri della transazione e in particolare l’aliquid datum e l’aliquid retentum: l’atto integrava, invece, una ricognizione del debito, produttiva della mera astrazione processuale in ordine all’esistenza dell’obbligo di pagamento, come tale suscettibile di essere superata dalla prova dell’inesistenza del rapporto fondamentale.
Il terzo mezzo e’ svolto in via subordinata ed oppone la violazione dell’articolo 2504 quater c.c., nonche’ degli articoli 61, 116 e 198 c.p.c.. Viene esposto che l’esecuzione delle operazioni di scissione puo’ determinare l’insorgere di differenze che possono scaturire da variazioni delle poste patrimoniali attive e passive del progetto di scissione, intervenute nel periodo compreso tra la data di riferimento del progetto di scissione e la data di efficacia di questa: tali differenze, ad avviso della ricorrente, nulla hanno a che vedere con la preclusione di cui all’articolo 2504 quater c.c., onde andava conferito il giusto rilievo alle modificazioni patrimoniali sopravvenute alla definizione del procedimento di scissione. La sentenza impugnata e’ inoltre censurata nella parte in cui ha ritenuto esplorativa la richiesta di ammissione di consulenza tecnica d’ufficio avanzata dalla ricorrente; e’ spiegato che, avendo la stessa istante assolto all’onere di allegazione e all’onere probatorio che le incombeva, avrebbe dovuto essere accolta l’istanza di consulenza tecnica contabile.
2. – Il ricorso e’ inammissibile.
Secondo la Corte di appello, la situazione patrimoniale come definita nel corso del procedimento di scissione costituisce “un elemento che e’ divenuto parte dell’atto finale perfezionativo del procedimento medesimo e quindi dell’atto di scissione, il quale regola definitivamente il rapporto tra le due societa’”; detta Corte ha in particolare richiamato la disposizione di cui all’articolo 2504 quater c.c., operante anche per le operazioni di scissione dall’articolo 2504 novies (oggi articolo 2506 ter), secondo cui, una volta eseguita l’iscrizione dell’atto di fusione delle societa’, l’invalidita’ dello stesso non puo’ piu’ essere dichiarata.

 

Operazione di scissione societaria

La disposizione teste’ richiamata, come si sa, pone una preclusione di carattere assoluto, che riguarda tanto il caso in cui si deducano vizi inerenti direttamente all’atto di fusione, quanto l’ipotesi in cui i vizi concernano il procedimento di formazione dell’atto e della sua iscrizione (cosi’ Cass. 20 dicembre 2005, n. 28242).
La regola posta dall’articolo 2504 quater, non opera, pero’, nel senso indicato dalla Corte di merito. Essa vale a preservare l’effettivita’ dell’organizzazione societaria nascente dall’operazione di fusione (o da quella di scissione): preclude la pronuncia dell’invalidita’ dell’atto una volta che ne sia operata l’iscrizione nel registro delle imprese – evitando cosi’ quelle che la relazione ministeriale al Decreto Legislativo n. 22 del 1991, indica come le difficolta’ gravissime che nascerebbero quando fosse dichiarata nulla una fusione gia’ attuata -, ma non impedisce alle parti dell’accordo di fusione (o di scissione) di assumere determinazioni negoziali in presenza di una modificazione dei valori patrimoniali presi in considerazione nel progetto di fusione (o di scissione): e nella fattispecie si fa questione proprio dell’emersione di “differenze rispetto al progetto di scissione” (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).
L’impostazione seguita dalla Corte di merito, basata del dettato dell’articolo 2504 quater c.c., non basta, tuttavia, a dar ragione dell’accoglimento della proposta impugnazione.
La detta Corte ha infatti conferito un preciso rilievo all’accordo del 30 giugno 1999 in forza del quale la beneficiaria aveva versato a (OMISSIS) la somma di Lire 962.623.981 e si era impegnata a corrispondere alla stessa societa’ l’ulteriore importo di Lire 1.500.000.000. Tale atto, secondo il Giudice del gravame, non ha il valore di una semplice ricognizione di debito, ma integra un vero e proprio accordo transattivo: accordo – e’ precisato nella sentenza -che non era stato mai impugnato. E’ evidente che, nella prospettiva assunta dalla Corte di Roma, la transazione costituisca il titolo della attribuzioni patrimoniali che si inscrivono nell’atto: attribuzioni che, trovando fondamento nel legittimo dispiegarsi dell’autonomia privata, determinano il superamento del precedente assetto (quello insorgente dall’atto di scissione, da cui non discendevano reciproche posizioni di credito e di debito in capo alle due societa’).
Col secondo motivo la ricorrente ha censurato siffatta qualificazione dell’atto del 30 giugno 1999. La doglianza e’ tuttavia inammissibile, in quanto carente di autosufficienza. L’istante non riproduce, nel corpo del ricorso, la scrittura privata: non la riproduce, in particolare, nelle parti che possano fornire a questa Corte precise indicazioni quanto alla natura dell’accordo intercorso.
Va rammentato che chi ricorre per cassazione ha l’onere di indicare i documenti su cui il ricorso e’ fondato, mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione, oltre al luogo in cui ne e’ avvenuta la produzione (Cass. 27 luglio 2017, n. 18679; Cass. 15 luglio 2015, n. 14784; cfr. pure Cass. 7 marzo 2018, n. 5478). Il principio e’ stato ribadito dalle Sezioni Unite, che hanno precisato essere inammissibili, per violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimita’ (Cass. Sez. U. 27 dicembre 2019, n. 34469).
L’inammissibilita’ della censura che investe il tema del valore transattivo dell’accordo del 30 giugno 1999 implica che risultino carenti di decisivita’ (e, quindi, a loro volta inammissibili), sia il primo che il terzo motivo. Le doglianze formulate con tali mezzi di censura afferiscono, infatti, a profili (sul reale portato dell’articolo 2504 quater c.c., e, rispettivamente, sulla situazione patrimoniale delle societa’ coinvolte nell’operazione di scissione) che sono destinati a perdere di significato difronte all’efficacia dispositiva che si riconnette all’accordo in questione, in quanto transazione.
3. – Segue, secondo soccombenza, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte;
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 34.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

 

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