Offerta delle prestazioni sanitarie è articolata in tre momenti distinti

Consiglio di Stato, Sentenza|11 novembre 2021| n. 7534.

Offerta delle prestazioni sanitarie è articolata in tre momenti distinti.

Secondo il D.lgs. n. 502/1992, l’offerta delle prestazioni sanitarie è articolata in tre momenti distinti: a) l’autorizzazione (art. 8 ter), necessaria per realizzare strutture sanitarie e per l’esercizio delle relative attività ; b) l’accreditamento istituzionale (art. 8 quater), necessario per operare per conto del Servizio Sanitario Regionale, subordinatamente alla rispondenza della struttura ai requisiti ulteriori di qualificazione e in relazione alla funzionalità delle strutture rispetto agli indirizzi della programmazione sanitaria regionale; c) la stipulazione di accordi contrattuali con le Aziende Sanitarie Locali (art. 8-quinquies) con indicazione, tra l’altro, del volume massimo di prestazioni che le strutture sanitarie si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità di assistenza.

Sentenza|11 novembre 2021| n. 7534. Offerta delle prestazioni sanitarie è articolata in tre momenti distinti

Data udienza 21 ottobre 2021

Integrale

Tag- parola chiave: Servizio sanitario nazionale – Accreditamento – Prestazioni sanitarie – Offerta – Articolazione – Disciplina – Dlgs n. 502/1992 – Applicazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 421 del 2021, proposto da Vi. del Ro. S.r.l. Società di Gestione della Residenza per Anziani “Vi. Sa. Fr.”, in persona del legale rapprsentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Cl. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Calabria, non costituita in giudizio;
Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Gi. Br., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Commissario ad acta per il piano di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, Azienda Sanitaria Provinciale di Crotone, Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia, R.s.a. di (omissis) c/o Me. Sp. Ce. S.r.l., R.s.a. di (omissis) c/o Me. Sp. Ce. S.r.l., R.s.a. La Qu. di (omissis), R.s.a. “La Qu.”, non costituiti in giudizio;
Ministero della Salute e Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Seconda n. 1081/2020, resa tra le parti, concernente l’annullamento dell’esclusione della ricorrente dall’elenco delle strutture da contrattualizzare per l’anno 2020 nel Piano di riparto adottato dall’ASP Cosenza, del Decreto del Commissario ad acta n. 4 del 07.01.2020 e relativi allegati, degli atti presupposti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, del Ministero della Salute, del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Commissario ad acta per il piano di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Calabria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2021 il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Offerta delle prestazioni sanitarie è articolata in tre momenti distinti

FATTO

1.- Con ricorso al TAR per la Calabria, sede di Catanzaro, r.g.n. 517/2020, la società ricorrente che gestisce la struttura sanitaria “Vi. Sa. Fr.”, una R.s.a. per Anziani (R2) di n. 25 posti letto ubicata nel Comune di (omissis), autorizzata all’esercizio con DCA n. 131 del 2015, ha impugnato gli atti in epigrafe nella parte in cui non la includono tra le strutture da contrattualizzare e non prevedono alcun budget in suo favore per il 2020.
1.1.- La ricorrente lamentava l’eccesso di potere per disparità di trattamento, l’illogicità, l’irragionevolezza, il difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto, pur essendo state accreditate le prestazioni della struttura ricorrente, essa è l’unica rimasta estranea alla ripartizione operata dall’ASP di Cosenza, senza che risulti la motivazione dell’esclusione.
Erronea sarebbe la motivazione fornita dall’ASP di Cosenza con nota del 17.02.2020 circa la mancanza di accreditamento della ricorrente alla data del 14 dicembre 2019, avendo già l’O.T.A. (Organismo Tecnicamente Accreditante ai sensi dell’Intesa Stato-Regioni del 9 febbraio 2015 con carattere di terzietà ) espresso parere favorevole.
Al contrario, altre strutture in possesso di un accreditamento con prescrizioni e privo di indicazioni sul numero di posti letto, dunque non definitivo, sarebbero state incluse nella distribuzione del budget.

 

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La ricorrente lamentava, inoltre, l’eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto non vengono indicati i criteri sulla cui base l’ASP ha individuato le strutture da contrattualizzare, né i criteri di ripartizione delle risorse, nonché, quanto al DCA n. 4/2020, l’assenza di criteri sulla cui base il Commissario ha determinato che i servizi sociosanitari ed assistenziali possano essere garantiti da un importo di euro 174.450.243,00, senza che emergano neppure le proposte di acquisto delle ASP.
Infine, la ricorrente deduceva l’eccesso di potere per contraddittorietà con il programma operativo 2019/2021 predisposto dallo stesso Commissario e con il DCA n. 65 del 10 marzo 2020, atteso che la nuova rete di assistenza territoriale dispone un aumento di prestazioni che avrebbe dovuto determinare il correlato accrescimento del budget per la spesa sanitaria di riferimento.
In violazione dell’art. 3 dell’Accordo per il rientro dai disavanzi sanitari della Regione Calabria del 17.12.2009, il DCA 4/2020 non è stato trasmesso al Ministero per il prescritto parere né è munito della clausola di “somma urgenza” e sarebbero illegittime alcune clausole dello schema di contratto allegato (artt. 6 e 2) in ordine ai criteri di ripartizione della spesa preventivata e alla durata del contratto.

 

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2. – Con la sentenza in epigrafe, il TAR respingeva il ricorso e compensava le spese di giudizio tra le parti.
Il Tar ha ritenuto che “è pacifico che il provvedimento di accreditamento della ricorrente sia stato adottato solo il 4 febbraio 2020, sicché, alla data di emanazione del DCA n. 4/2020 determinativo del tetto complessivo di spesa, la struttura non poteva dirsi “privato accreditato”. A ben vedere peraltro, l’accreditamento è intervenuto in data successiva anche a quella, inizialmente, fissata nel DCA n. 4/2020 per la stipula del contratto, i.e. il 31.01.2020, non potendo rilevare lo spostamento in avanti di tale ultima data successivamente disposto, proprio perché, per come già argomentato, il momento rilevante per poter essere considerate dal Commissario nella determinazione del budget spettante all’ASP non può che essere solo quello di adozione del DCA n. 4/2020″…
…il parere positivo della Commissione ispettiva, che la ricorrente allega essere stato rilasciato il 5.11.2019 (anche se la stessa allega poi che il verbale ispettivo veniva formalizzato il 17.12.2019 – pag. 4 ricorso)…non può essere considerato equiparato al provvedimento di accreditamento, in quanto atto endoprocedimentale, inidoneo a produrre gli effetti propri dell’accreditamento, unico che avrebbe potuto consentire alla ricorrente di essere inclusa tra le strutture svolgenti prestazioni da acquisire per l’anno 2020″.
Il Tar ha respinto anche la censura di contraddittorietà e disparità di trattamento “in quanto le situazioni in contrapposizione sono tra loro diverse, giustificandosi perciò un diverso trattamento, poiché le strutture delle controinteressate erano comunque state già accreditate nel novembre 2019, come allegato dalla stessa ricorrente, venendosi così ad integrare la condizione necessaria per poter essere inserite nel Piano di Acquisto dell’ASP.”.
Di conseguenza, il TAR ha ritenuto anche infondati “i motivi di ricorso volti a censurare l’esclusione della struttura della ricorrente dal riparto delle risorse assegnate con il DCA n. 4/2020 dal Commissario in favore dell’ASP di Cosenza e la conseguente non contrattualizzazione della stessa, nonché sui criteri di ripartizione di tali risorse…”.
3. – Con l’appello in esame, la ricorrente lamenta l’erroneità e ingiustizia della sentenza, di cui chiede la riforma.
4. – Resistono in giudizio l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il Commissario ad acta per il piano di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Calabria che insistono per l’inammissibilità e il rigetto dell’appello.
5. – Alla pubblica udienza del 21 ottobre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

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DIRITTO

1.- L’appello è infondato nel merito e, pertanto, può prescindersi dall’eccezione di inammissibilità formulata dall’Avvocatura dello Stato per violazione del principio di specificità dei motivi di appello di cui all’art. 101 c.p.a..
Deve, invece, darsi atto del difetto di legittimazione passiva del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze estranei alla fattispecie oggetto di giudizio in quanto gli atti e i provvedimenti impugnati non sono imputabili ai detti Ministeri.
2. – Con unico articolato motivo, la ricorrente deduce i seguenti vizi: travisamento ed erronea interpretazione dei presupposti di fatto e di diritto; motivazione erronea, contraddittoria, perplessa ed apparente; genericità ed astrattezza della motivazione; violazione degli art. 24 e 113 della Costituzione; error in procedendo per difetto di istruttoria giudiziale; violazione dell’art. 111 della Costituzione; violazione del principio costituzionale del “giusto processo”; violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione al vizio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e di omessa pronuncia.
2.1.- Nella sostanza, il Giudice di prime cure erroneamente non avrebbe valutato il merito dei provvedimenti di esclusione dall’assegnazione di un budget avendo ritenuto fondante un dato di fatto, l’elemento temporale, vale a dire la data in cui è stato adottato il provvedimento di accreditamento.
Di fatto, la ricorrente struttura sanitaria avrebbe potuto ricevere un budget se solo l’Amministrazione avesse rispettato i termini di conclusione del procedimento amministrativo di accreditamento mediante il rilascio del titolo autorizzatorio “formale”.
La ricorrente afferma che alla data del 07.01.2020 di adozione del DCA n. 4/2020, con cui è stata preventivata la spesa sanitaria regionale per il 2020 per l’acquisto di prestazioni dalle strutture private erogatrici, aveva pieno diritto di partecipare alla stipula degli accordi contrattuali di cui all’art. 8 quinquies D.lgs. n. 502/1992, avendo già subito con esito positivo la verifica sul possesso dei requisiti di legge previsti per conseguire l’accreditamento definitivo, come risulta dal verbale di verifica finale dell’O.T.A. del 17.12.2019.

 

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Mancava, quindi, esclusivamente il provvedimento formale di accreditamento col quale il Commissario ad acta avrebbe dovuto sic et simpliciter tradurre la verifica positiva O.T.A. in un decreto, non avendo a questo punto del procedimento alcun margine di discrezionalità, così come previsto espressamente dal DCA n. 95/2019.
2.2. – La struttura ricorrente, nel dicembre 2019, era stata considerata avente diritto alla stipula degli accordi con il SSR nonché inserita nella programmazione della Rete territoriale di cui ai precedenti DD.C.A. 166/2017 e 77/2016. L’azione amministrativa, complessivamente considerata, sarebbe affetta, pertanto, da un palese vizio di contraddittorietà .
2.3. – La formalizzazione dell’accreditamento intervenuta con DCA 46 del 04.02.2020, poco dopo il DCA 4/2020 del 7 gennaio 2020, è da ricondurre esclusivamente al modus operandi della stessa Regione, la quale, in difetto di qualsiasi particolare esigenza istruttoria, ha dilatato illegittimamente i tempi di definizione del procedimento amministrativo avviato dall’appellante ben 5 anni prima, precisamente in data 23.05.2016 (prot. n. 165510).
L’iter amministrativo, invero, è stato procrastinato oltre gli specifici termini di definizione previsti dall’art. 11, co. 6, della L.R. 24/2008, dall’art. 19 della L.R. 19/2001 (120 giorni) e, in ogni caso, oltre le canoniche tempistiche di conclusione dei procedimenti amministrativi in generale di cui all’art. 2 della L. 241/1990.
2.4. – Afferma l’appellante che nel procedimento di accreditamento la verifica dell’O.T.A. assume una rilevanza centrale poiché configura il momento in cui viene effettivamente accertato il possesso dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi necessari per rivestire la posizione giuridica di “privato accreditato”; di conseguenza, in caso di Verbale O.T.A. positivo (come nel caso di specie), la struttura sanitaria rientra tra i soggetti aventi diritto alla contrattualizzazione con il SSR di cui all’art. 8 quinquies D.lgs. 502/1992.
Erroneamente la sentenza impugnata qualifica il Verbale OTA quale atto endoprocedimentale, nonostante sia volto al riconoscimento della posizione di rilevanza giuridica sostanziale di “soggetto accreditato”.

 

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Da ciò discende l’inattendibilità dell’intero impianto motivazionale della sentenza da ritenersi nulla per difetto assoluto di motivazione o per motivazione apparente.
Contrariamente a quanto lascia intendere il Giudice di prime cure, il possesso del provvedimento di formalizzazione rilasciato dal Commissario ad acta non è da ritenersi condicio sine qua non per l’inclusione tra le strutture da contrattualizzare, giacché tale diritto matura fin dal momento dell’esito positivo della verifica ispettiva dell’O.T.A., stante la natura vincolante ed obbligatoria del relativo verbale.
Difatti, le delibere aziendali di recepimento delle verifiche O.T.A. (che sono antecedenti al Decreto commissariale di accreditamento formale) sono strutturate in maniera tale da prevedere una sezione dedicata all’assegnazione del budget per la struttura che ha ricevuto una valutazione positiva da parte dell’O.T.A. (cfr. Delibera n. 1 ASP Cosenza in cui è presente la summenzionata sezione dedicata all’assegnazione del budget provvisorio).
2.5. – Una volta acclarata la posizione di “privato accreditato” della struttura appellante, risulterebbe altresì infondata la statuizione del TAR relativa alla sussistenza del difetto di interesse all’impugnativa del contenuto dello schema di contratto allegato al DCA n. 4/2020.
2.6. – La pronuncia gravata risulterebbe viziata anche dal travisamento dei presupposti di fatto e di diritto nella parte in cui giustifica l’inclusione nella ripartizione compiuta dall’ASP di Cosenza delle controinteressate, e cioè la R.s.a. Anziani Mottafollone e la R.s.a. di Spezzano Albanese, le quali risultano in possesso di accreditamento incompleto, in quanto non sono stati indicati i posti letto da assegnare, rinviandone la determinazione a provvedimento successivo.
2.7. – La sentenza, infine, sarebbe affetta dal vizio di omessa pronuncia sulle numerose ed articolate doglianze mosse nel ricorso introduttivo fra cui le censure relative alla violazione dell’art. 3 dell’Accordo per il rientro dai disavanzi sanitari della Regione Calabria del 17.12.2009, alla violazione della L. n. 244/2007, alla violazione del DPCM 12.01.2017 e del Programma Operativo 2019/2021 e, in generale, dei LEA.
2.8. – Le 25 prestazioni sanitarie di RSA che la struttura sanitaria appellante erogherebbe in regime di convenzionamento trovano piena capienza nel fabbisogno assistenziale stimato per il comprensorio di Cosenza dal DCA n. 65/2020.
L’ASP di Cosenza ha costituito un elenco di strutture che non soddisfano affatto il detto fabbisogno.
Tanto sarebbe sufficiente a comprovare l’irragionevolezza e l’illogicità dei provvedimenti amministrativi impugnati che non assegnano alcun budget alla ricorrente nonostante vi fossero i presupposti e le risorse per procedere alla sua contrattualizzazione.
3. – Il Collegio ritiene non condivisibile l’assunto da cui muove la tesi dell’appellante, ovvero la sussistenza del diritto ad essere inclusa tra le strutture sanitarie da contrattualizzare ex art. 8 quinquies D.l.gs. 502/1992 in quanto struttura sostanzialmente accreditata alla data del 14.12.2019 in cui l’ASP Cosenza redigeva il Piano di Acquisti avendo già superato positivamente la verifica da parte dell’O.T.A. circa il possesso dei requisiti organizzativi, tecnologici e strutturali richiesti ex lege.
3.1. – Com’è noto, secondo il D.lgs. n. 502/1992, l’offerta delle prestazioni sanitarie è articolata in tre momenti distinti: a) l’autorizzazione (art. 8 ter), necessaria per realizzare strutture sanitarie e per l’esercizio delle relative attività ; b) l’accreditamento istituzionale (art. 8 quater), necessario per operare per conto del Servizio Sanitario Regionale, subordinatamente alla rispondenza della struttura ai requisiti ulteriori di qualificazione e in relazione alla funzionalità delle strutture rispetto agli indirizzi della programmazione sanitaria regionale; c) la stipulazione di accordi contrattuali con le Aziende Sanitarie Locali (art. 8-quinquies) con indicazione, tra l’altro, del volume massimo di prestazioni che le strutture sanitarie si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità di assistenza (Consiglio di Stato, Sez. III, 12.8.2019, n. 5682; 24.7.2018, n. 4518; 21 marzo 2018, n. 1827; 1 agosto 2014, n. 4101; 26 settembre 2013, n. 4788).
La giurisprudenza ha più volte evidenziato come l’accreditamento implica il superamento non soltanto di un vaglio di discrezionalità tecnica, consistente nell’accertamento dei requisiti di qualificazione, strutturali, tecnologici e organizzativi, definiti dalle Regioni con l’individuazione di specifici standard di qualità, ma anche di uno più generale di carattere programmatorio, che trova fondamento nelle scelte della Regione, tenuta ad individuare, attraverso l’adozione di piani preventivi, le quantità di prestazioni erogabili nel rispetto di un tetto di spesa massimo, sulla cui base valutare la possibilità di accreditare nuove strutture in relazione all’effettivo fabbisogno assistenziale (C.d.S. sez. III, 24/07/2018, n. 4518).
Si è, dunque, evidenziato come il suddetto accreditamento legittimi la singola struttura ad operare nell’ambito di un servizio pubblico essenziale obbediente non già a criteri di mercato, ma a criteri di servizio pubblico di erogazione di prestazioni assistenziali remunerate a tariffa a carico dell’erario, di guisa che la stessa è sottoposta “all’esercizio del potere autoritativo e conformativo dell’amministrazione, che assolve la funzione di mantenere in un quadro di certezza il volume e la tipologia dell’attività del soggetto accreditato” (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3810/2018).
In tale articolato processo di valutazione, la Regione è chiamata non solo a verificare che le strutture già autorizzate rispondano ai “requisiti ulteriori” di qualificazione in conformità a standard di qualità precostituiti in maniera da assicurare omogeneità nell’offerta dei servizi, ma anche agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti (art. 8 quater, comma 1, cit.).
In sintesi, mediante la procedura di accreditamento l’Amministrazione accerta che l’operatore sanitario sia in grado di rendere prestazioni che soddisfino gli standard richiesti dal servizio sanitario regionale e, al contempo, coerenti con la programmazione dell’offerta.
Ne consegue che l’attività di determinazione del fabbisogno territoriale costituisce – unitamente alla programmazione della spesa pubblica sanitaria – un passaggio propedeutico alla valutazione delle istanze di accreditamento (Consiglio di Stato, Sez. III, 24.7.2018, n. 4518; 29.1.2013, n. 550).
Tale conclusione è testualmente desumibile dall’art. 8 quater, comma 1, del D.lgs. n. 502/1992 che attribuisce alle Regioni la competenza a rilasciare l’accreditamento istituzionale subordinatamente alla rispondenza dei richiedenti a requisiti di qualificazione, alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti.
Applicando tali coordinate ermeneutiche deve allora concludersi che sebbene l’accertamento tecnico discrezionale in fase istruttoria del possesso dei requisiti qualitativi “ulteriori” per l’esercizio delle attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale da parte delle strutture sanitarie accreditande sia presupposto indispensabile, il procedimento di accreditamento non può dirsi concluso positivamente se non con la valutazione finale che tiene conto anche della ricognizione del fabbisogno regionale, e della verifica del volume di attività svolto e della qualità dei suoi risultati.
Il decreto di accreditamento (e non il Verbale dell’O.T.A.), dunque, rappresenta il provvedimento conclusivo del procedimento di competenza dell’organo dotato di potere esterno (in via ordinaria, la Regione – Direzione Generale del Dipartimento Tutela della Salute – e, nella fase di commissariamento, il Commissario ad acta) che attribuisce alla struttura la qualità di soggetto accreditato.
Pertanto, seppure nel procedimento di accreditamento il parere tecnico dell’O.T.A. assume una rilevanza centrale, poiché configura il momento in cui viene effettivamente accertato il possesso dei requisiti qualitativi necessari, si tratta di un atto istruttorio, endoprocedimentale, che non attribuisce, contrariamente alla tesi dell’appellante, la posizione giuridica di “privato accreditato” e non ha rilevanza esterna verso i terzi.
Difatti, risulta dal decreto di accreditamento della ricorrente n. 46 del 4.2.2020 che dopo il parere tecnico dell’O.T.A. è stato acquisito anche il parere dell’ASP di Cosenza, di cui alla deliberazione n. 1 dell’8 gennaio 2020, ai sensi della DDG n. 11195/2019, ed il Commissario ha valutato anche la compatibilità dell’accreditamento di 25 posti letto della R.s.a. San Francesco con la riorganizzazione della rete territoriale dell’Assistenza in fase di attuazione e l’aggiornamento dei piani attuativi aziendali ai fini della coerenza con il DPCM LEA 12.1.2017.
Essendo pacifico che, alla data di adozione del DCA n. 4 del 7.1.2020, con il quale venivano definiti i livelli massimi di finanziamento da assegnare alla rete di assistenza privata già accreditata, non era ancora intervenuto l’atto conclusivo del procedimento che riconosceva l’accreditamento (DCA n. 46 del 4.2.2020), è evidente che la ricorrente non poteva essere inclusa nel piano di riparto del budget per l’anno 2020.
Tale circostanza temporale correttamente è stata ritenuta dirimente dal Primo Giudice, con conseguente rigetto degli ulteriori motivi prospettati per infondatezza e/o carenza di interesse.
3.2. – La tardività della conclusione del procedimento di accreditamento, che non ha rispettato i termini fissati dall’art. dall’art. 11, co. 6, della L.R. 24/2008, dall’art. 19 della L.R. 19/2001 (120 giorni) e, in ogni caso, la canonica tempistica di conclusione dei procedimenti amministrativi in generale di cui all’art. 2 della L. 241/1990, non può rilevare ai fini della anticipazione degli effetti del provvedimento di accreditamento alla data del verbale redatto dall’O.T.A.
Fermo il principio che i termini di conclusione del procedimento hanno natura ordinatoria e non perentoria e non rendono di per sé illegittimo il provvedimento emesso in ritardo, tutt’al più è discutibile se il ritardo avrebbe potuto rilevare ai fini dell’accertamento dell’eventuale sussistenza dei presupposti della responsabilità civile a carico dell’Amministrazione ai sensi dell’art. 2 bis della L. 241/1990 (accertamento che però esula dall’oggetto del presente giudizio), sempreché l’azione fosse stata tempestivamente proposta nel termine di decadenza di cui all’art. 30, commi 3 e 4, c.p.a. (C.d.S., Sez. IV, 2 gennaio 2019 n. 20, C.G.A, 24/01/2018, n. 33).
Va affermata, in ogni caso, l’impossibilità di traslare il giudizio sul comportamento della Pubblica Amministrazione in un giudizio sulla illegittimità dei provvedimenti da questa adottati in quanto le regole di “responsabilità “, riguardando il complessivo comportamento dell’Amministrazione, non interferiscono con le “regole di validità ” (di diritto pubblico), sulla cui base si giudica la “legittimità ” degli atti amministrativi (C.d.S., sez. III n. 4518/2018 cit.; A.P., 4 maggio 2018, n. 5).
3.3. – Neppure è rilevante la dedotta contraddittorietà rispetto alla delibera n. 1 dell’ASP di Cosenza dell’8.1.2020, recante parere favorevole all’accreditamento che alla pag. 1 prevede una sezione riferita a “budget provvisorio”.
Difatti, nella sezione richiamata si precisa che la deliberazione “non comporta oneri di spesa” e, in ogni caso, alla luce del richiamato quadro normativo, non avrebbe potuto riferirsi all’attribuzione di budget per il 2020 a strutture non ancora accreditate.
3.4. – Quanto alla disparità di trattamento lamentata nei confronti di altre strutture sanitarie già accreditate, anche se con mancata definizione dei posti letti, il Collegio ribadisce che il mancato accreditamento della ricorrente (alla data del DCA n. 4/2020) impedisce di svolgere qualsiasi valutazione di tipo comparativo.
3.5.- Infine, non sussiste l’illegittimità denunciata del Piano di Acquisti dell’ASP di Cosenza anno 2020, oltre che del DCA n. 4/2020 nella parte in cui sono stati definiti i livelli massimi di finanziamento alle ASP, e, più in generale, l’illegittimità dell’esclusione dell’appellante dall’elenco delle strutture da contrattualizzare, non potendosi, per quanto già ampiamente argomentato, ritenere che la ricorrente alla data del 14.12.2019 ricoprisse la posizione giuridica di “soggetto privato accreditato” in forza del solo parere tecnico dell’O.T.A..
Di conseguenza, l’appellante non ha neppure interesse all’esame delle ulteriori censure mosse avverso il DCA n. 4/2020 e lo schema di contratto allegato.
4. – In conclusione, l’appello va respinto.
5. – Le spese di giudizio possono compensarsi tra le parti in considerazione della peculiarità della vicenda.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara, in parte, inammissibile per difetto di legittimazione passiva nei confronti del Ministero della Salute e del Ministero dell’economia e delle Finanze e, in parte, lo rigetta, e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Michele Corradino – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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