Notifica di un atto ad una persona giuridica

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 10 luglio 2020, n. 14707.

La massima estrapolata:

È valida la notifica di un atto ad una persona giuridica (nella specie, s.r.l.) presso la sede a mezzo del servizio postale, non essendovi alcuna previsione di legge ostativa al riguardo, purché mediante consegna a persone abilitate a ricevere il piego, mentre, in assenza di tali persone, deve escludersi la possibilità del deposito dell’atto e dei conseguenti avvisi presso l’ufficio postale; l’art. 145 cod. proc. civ., infatti, non consente la notifica alla società con le modalità previste dagli art. 140 e 143 cod. proc. civ., e, quindi, con gli avvisi di deposito di cui all’art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, che costituiscono modalità equivalenti alla notificazione ex art. 140 cod. proc. civ., essendo questa riservata esclusivamente al legale rappresentante 

Ordinanza 10 luglio 2020, n. 14707

Data udienza 18 settembre 2019

Tag – parola chiave: Società – Controversie – Notificazioni – A persona giuridica presso la sede – Validità – Condizioni e limiti – Fondamento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 26125/2015 proposto da:
(OMISSIS) Srl, in persona del legale rappresentate p.t., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso Associazione (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) Srg, in persona del legale rappresentate p.t., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1445/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 25/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/09/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

La societa’ (OMISSIS) s.r.l. si oppose al decreto ingiuntivo con cui il Tribunale di Napoli l’aveva condannata al pagamento della somma di Euro 44.757,01 in favore della (OMISSIS) s.r.l. per fornitura di merci.
Il Tribunale di Napoli dichiaro’ l’opposizione al decreto ingiuntivo inammissibile, perche’ tardiva.
La Corte di appello di Napoli, adita dalla (OMISSIS) s.r.l., ha riformato la sentenza di primo grado dichiarando l’opposizione ammissibile ma, tuttavia, rigettandola nel merito.
Quanto all’ammissibilita’ dell’opposizione, la Corte territoriale premesso che il Decreto Ingiuntivo, emesso l’11 aprile 2013, era stato spedito a mezzo posta alla sede della societa’ destinataria e, a seguito del mancato ritiro presso tale sede, era stato lasciato in giacenza presso l’ufficio postale di (OMISSIS), dove la compiuta giacenza era maturata il 20 maggio 2013 e l’atto era stato effettivamente ritirato il 30 maggio 2013 – ha argomentato che, poiche’ nel ricorso per ingiunzione risultavano indicati tanto il nominativo quanto la residenza del legale rappresentante della societa’ (OMISSIS), la compiuta giacenza presso l’ufficio postale avrebbe condotto al perfezionamento della notifica &la societa’ solo se il plico fosse stato inviato alla residenza del legale rappresentante della stessa; viceversa, poiche’ il plico era stato inviato alla sede sociale, la compiuta giacenza del medesimo presso l’ufficio postale non risultava idonea a determinare il perfeziOnamento della notifica; quest’ultima, tuttavia, doveva ritenersi perfezionata all’esito delle concreto ritiro del plico presso l’ufficio postale. La Corte partenopea concludeva quindi che la notifica del decreto ingiuntivo doveva ritenersi compiuta non alla data del 20 maggio 2013 ma quella del 30 maggio 2013, con la duplice conseguenza che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, l’opposizione (spedita l’8 luglio, entro il termine di quaranta giorni dal 30 maggio) doveva giudicarsi tempestiva e che, contrariamente a quanto sostenuto dalla (OMISSIS), il decreto ingiuntivo (notificato entro il termine di sessanta giorni dalla sua emissione, risalente al 11 aprile 2013) non era divenuto inefficace.
Quanto al merito, la Corte ha rigettato l’opposizione rilevando che la (OMISSIS) non aveva contestato il credito recato dall’ingiunzione e non aveva provato il controcredito da lei opposto in compensazione.
La sentenza della Corte di appello e’ stata impugnata per cassazione dalla (OMISSIS) s.r.l. sulla scorta di due motivi. L’intimata (OMISSIS) s.r.l. ha depositato controricorso.
La causa e’ stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 18 settembre 2019, per la quale non sono state depositato memorie.
Con il primo motivo di ricorso, riferito all’articolo 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente deduce la nullita’ della sentenza e del procedimento e lamenta la violazione degli articoli 140, 143, 145, 156, 160 c.p.c. e della L. n. 890 del 1982, articolo 8, commi 2 e 3, in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa qualificando il vizio della notifica del decreto ingiuntivo come nullita’ invece che come inesistenza, conseguentemente ritenendolo sanabile mediante il raggiungimento dello scopo.
Con il secondo motivo di ricorso, anch’esso riferito all’articolo 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente deduce la nullita’ della sentenza e del procedimento, lamentando la violazione dell’articolo 101, comma 2, articolo 183, comma 6, nonche’ dell’articolo 24 Cost., comma 2 e articolo 111 Cost., comma 2, in cui la Corte sarebbe incorsa ritenendo non provato il credito dedotto in compensazione dalla opponente, senza, tuttavia, procedere alla assegnazione dei termini previsti dall’articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 2, per l’indicazione dei mezzi di prova; in tal modo, argomenta la ricorrente, le sue prerogative difensive sarebbero state limitate, in violazione dei principi costituzionali di cui all’articolo 24, comma 2 e articolo 111, comma 2 e del principio di integrita’ del contraddittorio di cui all’articolo 101 c.p.c., comma 2.
Il primo motivo va disatteso perche’ la decisione della Corte territoriale e’ conforme all’insegnamento di questa Corte alla cui stregua “E’ valida la notifica di un atto ad una persona giuridica presso la sede a mezzo del servizio postale, non essendovi alcuna previsione di legge ostativa al riguardo, purche’ mediante consegna a persone abilitate a ricevere il piego, mentre, in assenza di tali persone, deve escludersi la possibilita’ del deposito dell’atto e dei conseguenti avvisi presso l’ufficio postale; l’articolo 145 c.p.c., infatti, non consente la notifica alla societa’ con le modalita’ previste dagli articolo 140 e 143 c.p.c. e, quindi, con gli avvisi di deposito di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, articolo 8, che costituiscono modalita’ equivalenti alla notificazione ex articolo 140 c.p.c., essendo questa riservata esclusivamente al legale rappresentante. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale, che aveva ritenuto nulla la notificazione dell’avviso dell’udienza della fase prefallimentare effettuata alla societa’ debitrice a mezzo dell’ufficiale postale, il quale, non avendo trovato alcuna persona idonea a ricevere il plico presso la sede della societa’, aveva provveduto al suo deposito presso l’ufficio postale ed all’avviso relativo con lettera raccomandata)”. Le Sezioni Unite di questa Corte, del resto, hanno chiarito, con la sentenza n. 14916/16, che, in base ai principi di strumentalita’ delle forme degli atti processuali e del giusto processo, l’inesistenza della notificazione e’ configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attivita’ priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformita’ dal modello legale nella categoria della nullita’; precisando altresi’ che detti elementi costitutivi consistono: a) nell’attivita’ di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilita’ giuridica di compiere detta attivita’, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtu’ dei quali, cioe’, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, cosi’ da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa.
Anche il secondo motivo va disatteso. Nel mezzo di ricorso si sostiene che la corte di appello avrebbe violato l’articolo 183 c.p.c., comma 6, ed il principio del contraddittorio, ritenendo non provato il controcredito dedotto in giudizio dalla (OMISSIS) senza, tuttavia, avere assegnato a quest’ultima il termine per l’indicazione dei mezzi di prova e le produzioni documentali oggetto della richiesta ex articolo 183 c.p.c., comma 6, dalla stessa formulata in primo grado e reiterata nelle conclusioni di primo grado, richiamate nell’atto di appello e nelle conclusioni di secondo grado.
La doglianza non puo’ trovare accoglimento perche’, secondo la narrativa del processo svolta nel ricorso per cassazione, la (OMISSIS) non aveva, nel proprio atto di appello, specificato quali prove essa avrebbe dedotto se il primo giudice avesse assegnato il richiesto termine per deduzioni istruttorie, essendosi limitata a dolersi dalla mancata assegnazione del termine e a reiterare la relativa richiesta. Soccorre allora il principio enunciato in Cass. 22402/18, alla cui stregua, “Qualora venga dedotto il vizio della sentenza di primo grado per avere il tribunale deciso la causa nel merito prima ancora che le parti avessero definito il “thema decidendum” e il “thema probandum”, l’appellante che faccia valere tale nullita’ non puo’ limitarsi a dedurre detta violazione, ma deve specificare quale sarebbe stato il “thema decidendum” sul quale il giudice di primo grado si sarebbe dovuto pronunciare, ove fosse stata consentita la richiesta appendice di cui all’articolo 183 c.p.c. e quali prove sarebbero state dedotte, con l’evidenziazione del concreto pregiudizio derivato dalla loro mancata ammissione”; nello stesso senso, Cass. n. 21953/19 e, in precedenza, Cass. n. 23162/14.
Ne’ possono ritenersi conferenti le considerazioni svolte nel secondo motivo di ricorso in ordine alla dedotta violazione dell’articolo 101 c.p.c., comma 2, giacche’ la Corte territoriale non ha deciso sulla base di una questione rilevata d’ufficio, ma si e’ limitata a constatare il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravate sulla opponente.
In definitiva il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
Deve darsi atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, del raddoppio del contributo unificato, Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 13, comma 1 quater, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la societa’ ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.800, oltre Euro 200 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *