Non sussiste mobbing quando sia assente la sistematicità degli episodi

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 27 novembre 2019, n. 8104.

La massima estrapolata:

Non sussiste mobbing quando sia assente la sistematicità degli episodi, ovvero nell’ipotesi in cui i comportamenti su cui viene basata la pretesa risarcitoria siano riferibili alla normale condotta del datore di lavoro, funzionale all’assetto dell’apparato amministrativo (o imprenditoriale nel caso del lavoro privato), o, infine, quando vi sia una ragionevole ed alternativa spiegazione al comportamento datoriale.

Sentenza 27 novembre 2019, n. 8104

Data udienza 10 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8795 del 2017, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ac., Lo. Ac. e Lu. Ga., con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, in Roma, via (…);
contro
la Presidenza del Consiglio dei Ministri,-OMISSIS-, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e i difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso cui domiciliano ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. -OMISSIS-.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 10 ottobre 2019 il cons. Silvia Martino;
Uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, l’avvocato Lu. Ga. e l’avvocato dello Stato Lu. Ve.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto innanzi al TAR per il Lazio, l’odierno appellante esponeva di essere stato assunto nell’-OMISSIS- nel 1986 e, successivamente, di essere stato inquadrato nel ruolo unico del -OMISSIS-, al cui interno era giunto a rivestire la qualifica “quasi apicale” di Dirigente di seconda fascia di livello A con maggiore anzianità di servizio e con l’incarico di Capo Divisione.
Nell’ambito dei vari servizi aveva poi sempre conseguito il massimo punteggio di 60/60 nelle note di valutazione (l’ultima nel 2013).
Tuttavia, a due anni dal pensionamento, era stato disposto il suo rientro nell’amministrazione di provenienza (-OMISSIS-.), per esigenze di servizio ai sensi dell’art. 32, comma 1, lett. b), d.P.C.M. n. 1/2011.
Inoltre, sosteneva che nel periodo immediatamente precedente, a decorrere dal 2014, erano stati posti in essere comportamenti “intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici” da parte dell’amministrazione mediante assegnazione all’-OMISSIS-, in un ambiente in cui erano pure in corso lavori di ristrutturazione, ma senza individuazione di alcun “obiettivo”, funzione o compito e con sottrazione delle apparecchiature funzionali alla sua attività (computer, telefono cellulare e macchina di servizio).
In tale contesto – nell’ambito della nuova procedura di valutazione introdotta nel 2014 – pur avendo conseguito la valutazione di “ottimo” gli era stato attribuito il punteggio “minimo di 80/100”
Avverso il provvedimento di rientro, deduceva:
1. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; dell’art. 1, comma 1, della L. 241/1990; dell’art. 4, comma 3 lettere i) ed n) della L. 124/2007 e dell’art. 21, commi 1, 2, lettere h) e n) ed 8 della L. 124/2007; dell’art. 32, comma 1, lett. b) del D.P.C.M. 1/2011 e dell’art. 2119 c.c.
Il ricorrente sosteneva di essere stato oggetto di un comportamento vessatorio, orientato proprio al fine del suo allontanamento dal servizi, non solo da parte dell’-OMISSIS- ma anche del -OMISSIS-, ancorché quest’ultimo avesse come compito istituzionale, in virtù della normativa richiamata in rubrica, quello di controllo e indirizzo -OMISSIS- in questione.
Lo sviluppo dell’ultima parte del suo servizio, nel 2014, era quindi definita “esorbitante e incongrua”, per quanto sopra richiamato, e risultava contraria anche agli interessi generali e ai compiti istituzionali perseguiti dalle intimate amministrazioni;
2. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; degli artt. 1175 e 1375 c.c.; arbitrarietà dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per sviamento.
Riteneva, pertanto, che fosse state violate anche le norme che impongono al lavoratore e al datore di lavoro di eseguire le rispettive obbligazioni contrattuali nel rispetto della buona fede e della correttezza;
3. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della L. 241/1990, dell’art. 21, comma 8 della L. 124/2007 e dell’art. 32, comma 1, lett. b) del d.P.C.M. 1/2011.
La motivazione del provvedimento impugnato sarebbe stata solo “apparente”, in quanto non risultavano esternate le richiamate “esigenze di servizio” poste alla base della determinazione, tenuto conto della sua lunga carriera nei -OMISSIS- e dell’epoca dell’ultima riforma legislativa, risalente al 2007;
4. Eccesso di potere per sussistenza delle figure sintomatiche di: difetto di istruttoria, di difetto di potere ed illogicità .
La determinazione impugnata non era stata preceduta da alcuna attività istruttoria, posto che il ricorrente risultava allontanato dall’-OMISSIS- pur in presenza di posti vacanti del medesimo livello funzionale da lui ricoperto;
5. Illegittimità derivata.
Il ricorrente estendeva la censure precedenti anche agli atti presupposti, consistenti nella motivata richiesta del Direttore Generale del -OMISSIS- e nel parere del Consiglio di Amministrazione, non ancora conosciuti;
6. Violazione, sotto ulteriore profilo, dell’art. 4, comma 3 lett. i) della L. 124/2007. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Ricordava altresì di avere nelle more proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso l’ultima valutazione del 2014, notificato al -OMISSIS- nel settembre 2015 senza che quest’ultimo avesse avviato alcuna attività ispettiva nei confronti dell’-OMISSIS-, secondo quando ivi rappresentato e sopra ricordato in merito alla situazione lavorativa dell’interessato.
Il ricorrente concludeva la sua esposizione avanzando istanza istruttoria al fine di acquisire in giudizio gli atti presupposti sopra richiamati, nonché istanza di ammissione di prova testimoniale sulle circostanze ivi indicate e domanda risarcitoria sotto diversi profili.
L’impugnativa, veniva poi estesa, con motivi aggiunti, agli atti presupposti, esibiti dall’amministrazione
Con i primi motivi aggiunti, il ricorrente deduceva, in sintesi, quanto segue:
1. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; dell’art. 1, comma 1, della L. 241/1990; dell’art. 4, comma 3 lettere i) ed n) della L. 124/2007 e dell’art. 21, commi 1, 2, lettere h) e n) ed 8 della L. 124/2007; dell’art. 32, comma 1, lett. b) del D.P.C.M. 1/2011 e dell’art. 2119 c.c.
Pur ammettendo l’ampia discrezionalità amministrativa esistente in argomento, il ricorrente riteneva comunque abnorme, discriminatoria e vessatoria la determinazione dell’amministrazione, in quanto non vi sarebbe stata logica nel procedere all’allontanamento, per generiche esigenze di servizio, dopo otto anni dall’introduzione dell’ultima riforma legislativa, di un dirigente che aveva sempre conseguito il massimo punteggio valutativo fino al 2013 e che quindi risultava pienamente adeguato ad operare;
2. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; degli artt. 1175 e 1375 c.c.; arbitrarietà dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per sviamento.
Riprendendo il secondo motivo di ricorso, il ricorrente insisteva sulla violazione di legge come lamentata;
3. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; dell’art. 1, comma 1, della L. 241/1990; dell’art. 4, comma 3 lettere i) ed n) della L. 124/2007 e dell’art. 21, commi 1, 2, lettere h) e n) ed 8 della L. 124/2007; dell’art. 32, comma 1, lett. b) del D.P.C.M. 1/2011 e dell’art. 2119 c.c..
Riproponendo la rubrica del primo motivo di ricorso e del primo motivo aggiunto, il ricorrente rilevava che nulla l’amministrazione aveva osservato sulle modalità di svolgimento del servizio nell’ultimo anno nonché sull’assenza di procedimenti disciplinari e di obiettivi assegnati, confermando così la marginalizzazione cui era stato costretto, culminata nei provvedimenti impugnati;
4. Eccesso di potere per sussistenza delle figure sintomatiche di: difetto di istruttoria, di difetto di potere ed illogicità .
Il ricorrente insisteva sull’assenza di una “reale” motivazione e contestava l’indicazione della data nella quale l’amministrazione aveva individuato la sua nomina a -OMISSIS-, che era il 9.5.1996 e non il 26.4.2000.
Era riproposta, infine, la domanda di ammissione di prova testimoniale.
Il -OMISSIS- proponeva anche un secondo atto di motivi aggiunti con il quale censurava la nuova valutazione per il 2014 effettuata dall’amministrazione dopo la pronuncia del Consiglio di Stato, che aveva espresso parere favorevole all’accoglimento del surrichiamato ricorso straordinario.
La motivazione per la quale era stato confermato il precedente giudizio si basava sulla circostanza che egli non era risultato “proattivo”.
Al riguarda, deduceva:
1. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; degli artt. 1, comma 1 e 3, comma 1 della L. 241/1990; dell’art. 4, comma 3 lett. n) della L. 124/2007 e dell’art. 21, commi 1 e 2 lett. h) della L. 124/2007. Violazione e/o falsa applicazione del Regolamento inerente il personale del contingente speciale addetto ai servizi di informazione e sicurezza, nonché dei criteri stabiliti in regolamenti e/o direttive del -OMISSIS- e/o dell’-OMISSIS-, di estremi ignoti, per la valutazione del personale del contingente speciale.
La nuova scheda, a dire del ricorrente, non richiamava alcun elemento valutabile e aderente alla realtà dei fatti, in violazione del principio generale di imparzialità della p.a.. Sussistevano invece criteri oggettivi di valutazione che non sarebbero stati correttamente applicati;
2. Eccesso di potere per sussistenza delle figure sintomatiche di motivazione apparente, difetto assoluto di istruttoria, illogicità e di carenza di potere.
Ancora una volta vi sarebbe stata una motivazione “apparente” nella valutazione in questione, perché resa in assenza di alcun elemento valutabile;
3. In merito alla vessatoria marginalizzazione tecnico-operativa cui è stato illegittimamente sottoposto il ricorrente.
Illogica sarebbe stata anche la circostanza per la quale un dirigente quasi apicale degli apparati di informazione risultava privo di personale a esso sottoposto, come si evinceva dagli atti impugnati.
Il ricorrente insisteva poi in ordine ad una ulteriore istanza istruttoria relativamente all’effettiva attività svolta nel periodo in valutazione.
2. Nella resistenza dell’amministrazione intimata, il TAR respingeva il ricorso e i motivi aggiunti, compensando le spese.
3. La originaria parte ricorrente, rimasta integralmente soccombente, ha impugnato la suindicata decisione alla stregua delle deduzioni che possono essere così sintetizzate.
In particolare, ha riproposto tutte le censure già invano prospettate in primo grado, facendo presente che il TAR avrebbe immotivatamente disatteso tutte le richieste di disporre incombenti istruttori, finendo con il recepire, acriticamente, le difese dell’amministrazione appellata; sarebbe quindi rimasta ingiustamente obliata la evidenza di un atteggiamento ai limiti del persecutorio tenuto dall’amministrazione nei propri confronti.
Nello specifico, l’appellante ha dedotto:
– l’aver illegittimamente omesso l’espletamento di alcun mezzo istruttorio avrebbe impedito al TAR di accertare la sussistenza dei fatti indicati dal ricorrente (egli aveva richiesto l’assunzione di prova testimoniale nonché l’acquisizione dell’ordine di servizio con attribuzione di competenze che il Direttore dell’-OMISSIS- avrebbe dovuto assegnargli per l’anno 2014);
– il TAR avrebbe quindi sostanzialmente omesso di pronunciarsi in ordine alla domanda di accertamento della vessatorietà dei fatti, dei provvedimenti e dei comportamenti censurati;
– il -OMISSIS- non aveva contestato l’esistenza di un potere discrezionale dell’amministrazione, bensì aveva dedotto l’esistenza di una volontà persecutoria, di per sé incompatibile con l’esercizio di un potere, anche ampiamente discrezionale;
– il descritto comportamento vessatorio ha comportato la lesione di diritti fondamentali dell’appellante;
– il TAR non avrebbe colto che la motivazione del provvedimento impugnato era solo apparente, soprattutto in considerazione del fatto che l’appellante, anche dopo la legge n. 124 del 2007, aveva continuato a prestare servizio presso l’-OMISSIS-, per otto anni;
– del pari, non è stata colta la rilevanza della dedotta violazione dell’art. 4, comma 3, lett. i) della l. n. 124 del 2017, in rapporto al fatto che, in seguito al ricorso straordinario interposto avverso l’ultima valutazione di servizio, il Direttore Generale del -OMISSIS- non aveva ritenuto di disporre un’attività ispettiva;
– sarebbe stata comunque vessatoria l’espressione di una valutazione negativa di un dipendente, laddove ciò derivi dall’assenza di attività lavorativa ad esso ascrivibile;
– sarebbe altresì errata l’affermazione secondo cui, nel particolare comparto in oggetto, un dirigente apicale possa operare senza l’assegnazione di obiettivi;
– ad ogni buon conto, sarebbe significativo che l’amministrazione non abbia depositato la relazione del ricorrente in ordine alle attività svolte in relazione all’incarico di studio assegnatogli;
– il ricorrente non ha rivendicato l’attribuzione di “benefit” bensì la propria marginalizzazione logistico – operativa; né comunque ha mai accettato, attraverso la sottoscrizione degli atti di assenso richiamati dal TAR, comportamenti vessatori;
– quanto alla rinnovata valutazione afferente all’anno 2014, anche in questo caso, il primo giudice avrebbe rigettato le doglianze proposte, senza acquisire i documenti richiesti, ed, in particolare, l’ordine di servizio relativo alle competenze che il Direttore dell’-OMISSIS- avrebbe dovuto assegnarli per l’anno 2014.
L’appellante infine ha provveduto a quantificare le somme asseritamente dovutegli dall’amministrazione, anche a titolo risarcitorio.
4. In data 26.1.2018 l’appellata amministrazione si è costituita depositando atto di stile.
5. Nella camera di consiglio dell’1.2.2018, la Sezione ha disposto l’acquisizione del D.P.C.M. n. 1/2011, come modificato dal D.P.C.M. n. 5/2012, fissando contestualmente l’udienza per la trattazione del merito.
6. In data 6.3.2018 l’appellata amministrazione ha depositato una memoria chiedendo la reiezione dell’appello in quanto infondato.
Ha in particolare rimarcato che:
– il -OMISSIS-., nel suo periodo di permanenza presso l’ultimo organismo di impiego, e quindi a partire dal 26.4.2000, non ha mai avuto personale alle proprie dipendenze, se non nel periodo 15.11.2011 – 31.3.2013, ciò anche in ragione della peculiarità degli incarichi ricevuti nel tempo;
– secondo l’art. 38 – bis del d.P.C.M. n. 1/2011 spetta ai vertici -OMISSIS-disporre d’ufficio l’impiego di personale in relazione alle esigenze di servizio e alle qualità e capacità professionali di ciascuno dipendente, individuando sedi e luoghi di lavoro sulla base delle esigenze organizzative;
– per i dirigenti di seconda fascia di livello A, come l’appellante, l’art. 15, comma 3, prevede la possibilità di conferire “incarichi speciali di staff, di studio, di ricerca o missione di settore”
– la struttura cui è stato assegnato l’appellante è deputata a funzioni di studio e di analisi di problematiche definite di volta in volta dai competenti superiori; nel caso di specie, egli è stato inserito anche in una Commissione interorganismi, a riprova dell’attenzione circa la possibilità di assegnarlo in un più ampio contesto;
– nel periodo di cui trattasi non risulta che l’appellante si sia mai presentato ai proprio superiori, né che abbia proposto ipotesi di lavoro, richiesto l’attribuzione di incarichi o funzioni differenti, o, comunque che abbia lamentato la propria condizione lavorativa;
– il trasferimento dell’appellante all’ultima struttura di impiego è stato determinato dal fatto che le funzioni a lui precedentemente attribuite afferivano ad una struttura soppressa, e ricondotte ad una diversa struttura, destinata ad operare solo in caso di attivazione ad opera della PCM;
– l’ufficio assegnato all’odierno appellante era dotato di due pc nonché di linea telefonica esterna ed interna.
L’amministrazione ha poi fatto rilevare che l’impugnativa della scheda di valutazione per l’anno 2014, all’esito dell’annullamento disposto in sede straordinaria, non è oggettivamente connessa con l’impugnazione originaria. Avverso le argomentazioni del TAR, inoltre, non ha formulato specifiche critiche, dovendosi comunque osservare che si discute di un giudizio che impinge direttamente nel merito dell’azione amministrativa.
7. In data 9.3.2018 l’appellante ha depositato una memoria, in seno alla quale, dopo avere precisato che la causa assume ormai valenza unicamente a fini risarcitori e di ricostruzione della carriera – avendo egli raggiunto i limiti di età previsti per il personale appartenente al contingente speciale – ha reiterato l’istanza di acquisizione in via istruttoria dell’Ordine di -OMISSIS-o recante l’attribuzione delle competenze che il Direttore dell’-OMISSIS- avrebbe dovuto assegnargli per il 2014 (in quanto, in thesi, dimostrativo dello stato di “inattività ” cui sarebbe stato costretto, in detto torno di tempo).
8. L’appello è passato una prima volta in decisione alla pubblica udienza del 22 marzo 2018, in esito alla quale, con ordinanza collegiale n. -OMISSIS-, è stata disposta l’acquisizione di una relazione di chiarimenti dell’amministrazione in ordine agli atti istitutivi e di organizzazione del -OMISSIS-.
L’amministrazione ha eseguito gli incombenti richiesti depositando:
– il decreto del direttore dell’-OMISSIS- in data 29 marzo 2013, entrato in vigore il successivo 1° aprile, recante l’organizzazione interna e la dotazione organica delle articolazioni di livello dirigenziale, adottato in attuazione del d.P.C.M. n. 3/2012, concernente la disciplina in materia di organizzazione e funzionamento -OMISSIS-,
– il decreto del Direttore dell’-OMISSIS- in data 10 luglio 2015, entrato in vigore il successivo 1° ottobre in attuazione del d.P.C.M. n. 27/2015, stesso oggetto.
Da tale documentazione risulta che -OMISSIS-è incardinato nella macrostruttura “-OMISSIS-” e svolge funzioni di studio e di analisi di problematiche definite di volta in volta dai Vertici -OMISSIS- e, comunque, dai Capi Reparto che necessitano di simili attività .
9. In data 29 gennaio 2019, l’appellante ha avanzato un’ulteriore istanza istruttoria, chiedendo l’acquisizione delle competenze che il direttore dell’-OMISSIS- avrebbe dovuto assegnarli per l’anno 2014.
L’omessa produzione di tale documento costituirebbe la prova che, nel corso del 2014, nessun obiettivo, funzione o compito è stato effettivamente assegnato all’appellante.
Ha quindi depositato un’ulteriore memoria, in vista della pubblica udienza del 10 ottobre 2019.
In essa ha in particolare rimarcato che, nell’anno 2014, il Capo Reparto che avrebbe dovuto assegnarli gli obiettivi non ha neanche fatto la sua diretta conoscenza e, ciononostante, ha compilato il rapporto (che egli ritiene negativo), impugnato con i motivi aggiunti.
Ha sottolineato, altresì, che la documentazione versata in atti conferma che il personale addetto al -OMISSIS- abbisogna di direttive da parte degli organi di vertice, le quali però – come dimostrato dal fatto che l’amministrazione non ha ritenuto di depositare documentazione al riguardo – non sono state mai emesse.
10. L’appello è infine passato in decisione alla pubblica udienza del 10 ottobre 2019.
11. L’appello è destituito di fondamento e deve essere respinto.
12. Per una migliore comprensione dei fatti di causa giova richiamare la consolidata giurisprudenza secondo cui la normativa in materia, di carattere speciale, delinea il rapporto alle dipendenze-OMISSIS-quale rapporto di natura fiduciaria e di carattere precario, cui si correla un potere ampiamente discrezionale, strumentale alle preminenti esigenze connesse alla delicata funzione istituzionale di cui trattasi (Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 5422 del 12 novembre 2013).
In sostanza, “la natura eccezionale delle funzioni svolte dagli appartenenti agli -OMISSIS-, il fatto che le stesse afferiscono alla indipendenza e sicurezza della stessa Repubblica, alla tutela dei suoi principi democratici, al conseguente mantenimento delle garanzie costituzionali per i cittadini, non può che costituire, per un verso, fondamento di una lata discrezionalità nelle previsioni di organizzazione dei servizi, anche con riferimento allo status giuridico ed economico dei soggetti ad essi appartenenti; per altro verso, costituisce parametro interpretativo delle disposizioni concretamente adottate, potendosi le stesse ritenere illegittime nella misura in cui risultino violative di fondamentali diritti dell’uomo e di garanzie costituzionali inalienabili, ovvero appaiano di totale irragionevolezza” (Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 5411 del 29 settembre 2011).
La peculiarità di tale rapporto e le esigenze di sicurezza della Repubblica e dell’ordinamento democratico giustificano “sia una molto limitata applicazione delle regole generali valevoli per il rapporto di lavoro alle dipendenze di Pubbliche Amministrazioni, anche con riferimento a rapporti in regime di diritto pubblico o improntati sull’intuitus personae nella attribuzione dell’incarico; sia una lettura diversamente orientata delle disposizioni della l. n. 241/1990.
E’ del tutto evidente, infatti, che, pur non giungendosi ad affermare una inapplicabilità della l. n. 241/1990 ai procedimenti amministrativi gestiti dagli -OMISSIS-(nella misura in cui norme e principi di tale legge costituiscono attuazione dell’art. 97 Cost.), occorre ritenere che tali norme devono essere interpretate (ed applicate) in considerazione della particolarità delle funzioni pubbliche svolte dagli -OMISSIS-. E ciò in un chiaro bilanciamento di valori tutti enunciati e tutelati dalla Carta costituzionale.
Da ciò discende che l’obbligo di motivazione in ordine alla restituzione di un dipendente -OMISSIS-all’amministrazione di provenienza risulta sufficientemente soddisfatto con il richiamo, pur generale, alla cessazione di particolari esigenze di servizio ovvero del rapporto fiduciario (così come, del resto, non sono richieste particolari procedure comparative per l’accesso ai -OMISSIS-)” (Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 5422/2014, cit.),
13. Ciò posto, nella fattispecie, va anzitutto confermata la decisione di primo grado nella parte in cui ha ritenuto di esaminare gli argomenti dedotti dal ricorrente “ciascuno nell’ambito della rispettiva impugnativa proposta”.
E’ infatti evidente, anche dall’impostazione dell’appello, che il -OMISSIS- ha articolato le proprie doglianze sull’assunto dell’esistenza di un disegno persecutorio che sarebbe stato attuato nei suoi confronti a partire dall’assegnazione al -OMISSIS-, nel 2014, e che sarebbe culminato, l’anno dopo, nel provvedimento di rientro all’amministrazione di originaria appartenenza.
Tuttavia, non solo di tale disegno non vi è alcuna prova, ma, semmai, vi sono elementi per affermare il contrario.
Il TAR ha infatti condivisibilmente osservato che la circostanza che l’odierno appellante “sia stato comunque assegnato a nuovo incarico dopo una lunga permanenza nei “-OMISSIS-” può ben testimoniare la volontà -OMISSIS- di mantenerlo per quanto possibile presso la sua struttura e non certo di porre in essere iniziative “contra legem”, a suo sfavore e per allontanarlo”.
Tale rilievo risulta poi corroborato dalla circostanza che l’assegnazione del -OMISSIS- al -OMISSIS- non è avvenuta ex abrupto, bensì a seguito della soppressione della struttura cui questi era in precedenza adibito.
Al riguardo, non vi è poi alcuna necessità di disporre gli ulteriori incombenti istruttori da questi reiteratamente sollecitati.
Infatti – anche a voler ritenere assodato che, durante la permanenza presso il -OMISSIS-, egli non abbia ricevuto l’assegnazione di specifici e predeterminati “obiettivi” da parte dei superiori – tale circostanza, da un lato, non risulta in contrasto con l’Organigramma dei -OMISSIS-, dall’altro non costituisce nemmeno un indizio dell’asserito “mobbing” che sarebbe stato praticato nei suoi confronti.
In primo luogo, dalla documentazione depositata in esecuzione degli incombenti istruttori si evince che il -OMISSIS- è un’articolazione dell’-OMISSIS- ad organico “flessibile” incardinata nell’ambito della macrostruttura -OMISSIS- cui può essere assegnato all’occorrenza, personale di ogni qualifica e livello funzionale, nei limiti della capacità della dotazione organica per singoli livelli dell’Organismo.
Il personale ivi impiegato svolge funzioni di studio e analisi di problematiche definite, di volta in volta, dal Direttore -OMISSIS-, dai Vice Direttori, dal Capo di -OMISSIS- o dagli altri Capi Reparto che necessitano di simili attività .
Non è contestato, peraltro, che, sulla scorta della previsioni regolamentari contenute nel d.P.C.M. n. 1/2011, ai dirigenti di seconda fascia di livello A (quale era, nel periodo in esame l’appellante) possano essere affidati incarichi speciali e di studio.
Alla luce di tale articolazione organizzativa, è dunque corretto il rilievo del TAR, secondo cui
“la peculiarità di un -OMISSIS- può anche non richiedere obiettivi specifici predeterminati”, come pure quello secondo cui la perdita di alcune dotazioni quali “telefono cellulare di servizio, computer e autovettura” nel caso di specie “non appare circostanza vessatoria in sé considerata ma conseguenza del cambio di Ufficio per un’attività discrezionalmente individuata dall’Amministrazione che non richiedeva, evidentemente, l’apporto di strumenti di lavoro di tal genere […]”, come pure non richiedeva la necessaria presenza di personale dipendente. Quanto alle dotazioni va, altresì, ricordato che l’Amministrazione dichiara che l’ufficio assegnato all’odierno appellante era dotato di due pc nonché di linea telefonica esterna ed interna.
In secondo luogo, il Collegio condivide l’osservazione dell’amministrazione secondo cui un dirigente di elevato livello, quale l’appellante, può anche proporre ipotesi di lavoro di sua iniziativa.
Non risulta però che egli, durante la sua permanenza presso il -OMISSIS-, abbia assunto particolari iniziative, ad esempio, prospettando – in assenza di specifiche esigenze di studio rappresentate dai vari Reparti – la necessità di approfondire particolari tematiche utili all’attività di “-OMISSIS-” nel periodo storico di cui trattasi.
Si tratta, a ben vedere, di una circostanza coerente con la valutazione del servizio reso nel 2014, di livello ottimo, ma non apicale.
E’ altresì significativo, al riguardo, che la nuova scheda, adottata dopo l’annullamento in sede straordinario dell’originaria valutazione sia stata motivata proprio in ragione dell’assenza di spirito di iniziativa del -OMISSIS-, ovvero in relazione all’assenza di un comportamento adeguatamente “proattivo” nel periodo considerato.
Va poi rimarcato, anche in questa sede, che non risulta che egli abbia richiesto, nel periodo considerato, l’attribuzione di incarichi o funzioni differenti da quelle conferitegli, ovvero che abbia assunto iniziative volte ad ottenere competenze o mansioni ulteriori.
Di fatto, l’appellante ha cominciato a dolersi della propria condizione lavorativa solo in occasione dell’impugnazione, in sede straordinaria, della valutazione ricevuta per l’anno 2014.
Tuttavia, come evidenziato dal TAR, tale circostanza non comportava la necessità di avviare ispezioni e verifiche sull’attività dell’-OMISSIS- da parte del -OMISSIS-, “inerendo l’impugnativa a mera contestazione del giudizio sul servizio svolto”.
In sostanza, anche sotto questo profilo, l’appellante ricostruisce in chiave puramente soggettiva un’evenienza del tutto ordinaria nello svolgimento di un rapporto di impiego, ovvero la possibilità che, da un anno all’altro, vi siano oscillazioni nella qualità della prestazione lavorativa resa.
E se è vero che, per consolidata giurisprudenza, un improvviso abbassamento delle costanti qualifiche riportate dal dipendente negli anni precedenti richiede una adeguata ed espressa motivazione, il mero deficit di motivazione di una scheda valutativa (come quello rilevato nel parere n. 2509/2016 della I^ Sezione di questo Consiglio), non costituisce, di per sé, una disfunzione tale da esigere l’avvio di una attività ispettiva nei confronti dell’Organismo che ha emesso la relativa valutazione.
Le complessive considerazioni innanzi esposte, oltre ad escludere che la condotta dell’Amministrazione evidenzi profili di vessatorietà, fondano altresì il rigetto delle censure proposte dal ricorrente, con i secondi motivi aggiunti, avverso la nuova valutazione per il 2014 effettuata dall’amministrazione dopo la pronuncia del Consiglio di Stato, che aveva espresso parere favorevole all’accoglimento del surrichiamato ricorso straordinario.
Più in generale, occorre ricordare che ai fini della configurabilità del c.d. “mobbing” sono necessari:
– la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;
– l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente;
– il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore;
– la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio
Per quanto concerne il primo degli elementi in precedenza indicati, consistente nella sistematicità dei comportamenti vessatori nei confronti del dipendente e quindi nella possibilità di individuare una precisa strategia persecutoria, la giurisprudenza richiede il riscontro di una diffusa ostilità proveniente dall’ambiente di lavoro, posta in essere attraverso una pluralità di condotte frutto di una vera e propria strategia avente di mira l’emarginazione del dipendente dalla struttura organizzativa di cui fa parte.
Non sussiste il mobbing, pertanto, quando sia assente la sistematicità degli episodi, ovvero nell’ipotesi in cui i comportamenti su cui viene basata la pretesa risarcitoria siano riferibili alla normale condotta del datore di lavoro, funzionale all’assetto dell’apparato amministrativo (o imprenditoriale nel caso del lavoro privato), o, infine, quando vi sia una ragionevole ed alternativa spiegazione al comportamento datoriale (Cons. Stato, VI, 6 maggio 2008 n. 2015).
E’ questo, appunto, il caso di specie, in cui non è stato allegato alcun elemento da cui possa evincersi che l’assegnazione al -OMISSIS- – unico atto ascritto dall’appellante ad un più complessivo disegno di mobbing – sia stata posta in essere in modo mirato, al solo scopo di vessarlo e di espellerlo dai -OMISSIS-, in attuazione di un disegno persecutorio obiettivamente percepibile.
Vi è al contrario prova del fatto che – come si chiarirà appresso – alla luce del riassetto ordinativo -OMISSIS- in corso, l’appellante, semplicemente, non rivestiva più un profilo professionale utile all’assolvimento dei nuovi incarichi all’uopo necessari.
14. Relativamente al provvedimento che ha disposto il rientro dell’appellante nell’amministrazione di provenienza, il Collegio richiama in primo luogo quanto in precedenza evidenziato circa la peculiarità del rapporto di impiego con i -OMISSIS-.
Da essa discende infatti che l’obbligo di motivazione in ordine alla restituzione di un dipendente all’amministrazione di provenienza risulta sufficientemente soddisfatto con il richiamo alla cessazione di particolari esigenze di servizio ovvero del rapporto fiduciario (così come, del resto, non sono richieste particolari procedure comparative per l’accesso ai -OMISSIS-).
In sostanza, la cessazione del rapporto non necessita di motivazione ulteriore rispetto alla mera indicazione della norma che richiama le esigenze organizzative e funzionali del -OMISSIS-, essendo evidente che l’ostensione dei motivi specifici che impongono la “restituzione” del dipendente all’amministrazione di provenienza può pregiudicare tali esigenze.
In particolare, secondo quanto prescrive l’art. 32, comma 1, lett. b) del d.P.C.M. n. 1/2011, il rientro del personale può essere disposto “per esigenze di servizio, qualora il profilo personale o professionale, per età, competenza e qualificazione, non sia più compatibile con le esigenze organizzative e funzionali dell’Organismo, o per altre motivate esigenze di servizio definite dal Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge, tempestivamente comunicate al -OMISSIS-“,
A fronte di siffatta previsione, nel caso di specie, la motivazione del provvedimento di rientro è poi desumibile “per relationem” dalla motivata richiesta del Direttore Generale del -OMISSIS- e dal parere del Consiglio di Amministrazione, provvedimenti depositati in atti già in primo grado ed avverso i quali il -OMISSIS- ha articolato i primi motivi aggiunti, puntualmente scrutinati dal TAR.
Al riguardo, il primo giudice ha sottolineato come la motivazione del provvedimento di rientro sia tutt’altro che apparente, essendo dato leggere in tale proposta direttoriale che “il profilo professionale posseduto, attese le pregresse esperienze maturate, le vacanza organiche nel livello della qualifica dirigenziale e le esigenze di servizio in atto, non risulta allo stato in linea con le specifiche priorità organizzative-funzionali di questa -OMISSIS-, quali sono venute peraltro delineandosi nel tempo e, in particolare, rispetto a quelle che avevano determinato l’assunzione del -OMISSIS-. all’allora -OMISSIS-. Infatti, esplorata – con esito non favorevole – ogni possibilità di reimpiego alla luce del riassetto ordinativo -OMISSIS- in corso, non è più dato intravedere la necessaria corrispondenza tra il profilo professionale dell’interessato ed i nuovi incarichi emergenti dalle proiezioni ordinative”.
Tale indicazione è stata fatta propria anche nella nota direttoriale n. 15469 pure oggetto dei motivi aggiunti e “testimonia come vi sia stata esclusivamente una decisione di ordine strutturale e organizzativo alla base del disposto “rientro” e non una volontà di allontanamento “sic et simpliciter” del ricorrente”.
Il primo giudice ha poi correttamente confutato anche la tesi dell’appellante volta a valorizzare la circostanza secondo cui le nuove “proiezioni ordinative” risalivano alla l. n. 124/2007 e il suo servizio si era prolungato senza problemi da tale sino data al 2014.
E’ infatti del tutto logico che proprio perché erano trascorsi otto anni dalla riforma legislativa ben potessero essere mutate, nel frattempo, le concrete necessità organizzative -OMISSIS-.
Pure ineccepibile è altresì il rilievo del TAR secondo cui rientra nella discrezionalità dell’amministrazione intimata l’individuazione delle mansioni ritenute più consone all’utilizzo dei propri dipendenti.
Pertanto, la circostanza che, nella fattispecie, fossero disponibili altri posti vacanti del medesimo livello funzionale ricoperto dall’odierno appellante “non obbligava l’Amministrazione a ricoprirli con la professionalità del ricorrente”.
15. La complessiva reiezione delle censure dirette a lamentare la vessatorietà e l’illegittimità dell’azione dell’Amministrazione comporta anche il rigetto delle domande risarcitorie, difettando la prova del necessario elemento oggettivo dell’ingiustizia del danno.
16. In definitiva, per quanto testé argomentato, l’appello deve essere respinto.
In relazione alla peculiare natura della controversia in esame, le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, di cui in premessa, lo respinge.
Compensa le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il nominativo del ricorrente e gli Uffici ove ha svolto la sua attività di servizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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