Non spetta all’amministrazione effettuare una prognosi sulla misura dell’apporto probatorio al giudizio della documentazione richiesta

Consiglio di Stato, Sentenza|3 maggio 2021| n. 3459.

Non spetta all’amministrazione, come al giudice amministrativo adito con azione in materia di accesso ai documenti ex art. 116 cod. proc. amm., effettuare una prognosi sulla misura dell’apporto probatorio al giudizio della documentazione richiesta né, ancor più, vagliare la (eventuale) fondatezza dell’azione proposta in sede civile.

Sentenza|3 maggio 2021| n. 3459

Data udienza 4 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Tributi locali – IMU – Trasparenza amministrativa – Accesso agli atti – Prognosi sulla misura dell’apporto probatorio al giudizio della documentazione richiesta – Non è necessaria

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 769 del 2020, proposto da
Pa. Se., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Fr. e Ma. Ca., con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
contro
Comune di Modena, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato St. Ma., con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Lu. Ma., con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, Sezione Seconda, n. 00-OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Modena e di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 marzo 2021, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, convertito con modificazioni dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, modificato dall’art. 1, comma 17, del d.l. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito con modificazioni dalla l. 26 febbraio 2021, n. 21, il Cons. Federico Di Matteo e data la presenza, ai sensi delle citate disposizioni, degli avvocati Gi. Fr., Ma. Ca. e Lu. Ma., che hanno depositato note d’udienza ai sensi delle disposizioni richiamate;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con istanza del 2 luglio 2019 Pa. Se., a mezzo del proprio difensore, domandava l’accesso “agli atti depositati da -OMISSIS- e/o emessi nei suoi confronti relativamente alle richieste di residenza ed al pagamento dell’IMU di Strada (omissis) (Mo)”.
Nell’istanza dichiarava:
a) di essere proprietario di un immobile adibito a civile abitazione situato in Modena alla strada (omissis), all’interno del condominio “Be.”;
b) che la Sig.ra -OMISSIS- era dipendente del condominio in forza di “contratto di lavoro per portiere” nel quale era previsto l’obbligo di utilizzare quale dimora abituale l’alloggio concesso gratuitamente in uso dal condominio, in via (omissis), int. (omissis);
c) che dal certificato di residenza la -OMISSIS-risultava residente in Strada (omissis) e non nell’alloggio condominiale di via (omissis) e che per questo nell’assemblea dell’8 ottobre 2018, si era opposto all’approvazione del rendiconto consuntivo annuale contenente la spesa, da suddividere tra tutti i condomini, per manutenzione, riscaldamento e utenze dell’appartamento condominiale, ipotizzando la violazione dell’obbligo di dimora nell’alloggio stabilito dal contratto di portierato, ma che, nonostante la sua opposizione, il rendiconto era stato approvato;
d) di aver, allora, richiesto un certificato di residenza storico della -OMISSIS-dal quale era emerso che ella aveva effettivamente inizialmente preso residenza nell’appartamento di via (omissis), ma poi l’aveva spostata per circa dodici anni, dal 27 dicembre 1996 al 6 maggio 2008, in via (omissis), fuori dal complesso condominiale, per poi infine ritornare nel condominio, ma in appartamento diverso da quello concessole;
e) di aver allora segnalato al Comune la possibile violazione dell’obbligo di contribuzione all’imposta municipale unica (IMU) dovuta per gli immobili non utilizzati quali prima casa di abitazione;
f) di voler ora copia “di tutte le eventuali dichiarazioni rese dalla Sig.ra -OMISSIS- e di tutti i provvedimenti e/o atti, comunque denominati, adottati al riguardo da codesto Spett.le Comune”.
Precisava ancora che gli atti richiesti erano necessari per l’esercizio del suo diritto di agire in giudizio con azione per l’annullamento delle delibere assembleari di approvazione del rendiconto consuntivo, nonché per la condanna al risarcimento del danno e/o la rifusione delle spese sostenute pro – quota in relazione all’immobile concesso alla -OMISSIS-
1.1. L’istanza era riscontrata dal Comune di Modena – Servizio tributi con nota del 12 agosto 2019 prot. n. 243202 nella quale si dava atto di aver notificato l’istanza di accesso alla controinteressata, Sig.ra -OMISSIS-, che aveva formalizzato il suo espresso diniego all’accesso; alla successiva nota del 14 agosto 2019, con la quale l’istante richiedeva copia della risposta della controinteressata nell’attesa di un provvedimento motivato conclusivo del procedimento, non seguiva risposta da parte dell’amministrazione comunale.
2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna Pa. Se. impugnava il diniego opposto dal Comune di Modena alla sua richiesta e domandava condanna dell’ente all’ostensione dei documenti richiesti.
Il ricorso era articolato in due censure: in primo luogo, il ricorrente sosteneva il difetto di motivazione del provvedimento con il quale l’amministrazione comunale aveva dato riscontro alla sua istanza, non potendo ritenersi valida ragione di rifiuto il mero riferimento all’opposizione della controinteressata; nel merito, ribadiva l’illegittimità del diniego dovendo riconoscersi prevalente il suo interesse ad accedere ai documenti per la tutela dei propri diritti in giudizio.
2.1. Si costituivano in giudizio il Comune di Modena e la controinteressata; il giudice di primo grado, con la sentenza in epigrafe indicata, respingeva il ricorso.
La decisione di primo grado è fondata su due rationes decidendi:
a) i documenti cui il ricorrente aveva richiesto di accedere – le dichiarazioni rese al fine della liquidazione dell’Imu – attenevano alla posizione tributaria della -OMISSIS- rispetto alla quale il ricorrente non poteva vantare alcuna posizione giuridica privilegiata;
b) in ogni caso, il ricorrente, conoscendo quale era stata nel tempo e qual era attualmente la residenza della -OMISSIS- aveva a disposizione tutti gli elementi per esercitare il suo diritto di difesa verso la controparte, senza necessità di ottenere anche le dichiarazioni Imu: se è vero che secondo giurisprudenza l’accertamento dell’interesse all’accesso alla documentazione amministrativa va effettuato con riferimento alla finalità che l’istante dichiara di perseguire e quindi senza apprezzamenti sulla fondatezza o ammissibilità dell’eventuale domanda o censura, è pur sempre necessario un nesso logico – funzionale tra fine dichiarato dal ricorrente e documentazione richiesta.
Secondo il tribunale vi sono altri strumenti che avrebbero consentito l’acquisizione di tutte le informazioni a supporto della strategia difensiva, vale a dire la richiesta al giudice di esibizione degli atti ritenuti necessari sia ex art. 211 cod. proc. civ. verso la -OMISSIS- sia ex art. 213 cod. proc. civ. verso l’amministrazione comunale.
3. Propone appello Pa. Se.; si sono costituiti il Comune di Modena e -OMISSIS-.
Le parti hanno meglio precisato le loro argomentazioni con le memorie.
All’udienza del 18 marzo 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è articolato in quattro motivi che possono essere congiuntamente esaminati.
1.1. Con il primo motivo, rubricato “Travisamento dei fatti e dei presupposti. Violazione dell’art. 24, comma 7, della l. 241/1990. Violazione dell’art. 24, comma 6, della l. 241/1990 anche in relazione al comma 7”, lamenta l’appellante che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto i documenti richiesti non indispensabili nell’intentato processo civile avente ad oggetto la violazione degli obblighi fissati nel contratto di portierato, laddove essi sono lo strumento probatorio principale a sua disposizione per dimostrare la reale destinazione dell’appartamento condominiale. D’altra parte il diritto di accesso ai documenti va riconosciuto indipendentemente dalla concreta utilità a riportare vittoria nel giudizio civile, poiché è necessario e sufficiente che essi siano pertinenti alle esigenze difensive esposte.
1.2. Col secondo motivo deducendo “Violazione dell’art. 24, comma 7, della l. 241/90. Violazione del principio di buon andamento della p.a. Difetto di motivazione e violazione del regolamento comunale per l’accesso ai documenti e alle informazioni e per la tutela dei dati personali sotto altri profili. Travisamento dei presupposti”, l’appellante contesta la prevalenza accordata dal Tribunale alle esigenze di riservatezza della controinteressata sulla sua richiesta di accesso c.d. defensionale, precisando la sua indifferenza per la posizione tributaria della Sig. -OMISSIS- ma insistendo sul suo specifico interesse ad accedere alle dichiarazioni da questa rilasciate al Comune di Modena e alle conseguenti determinazioni dell’amministrazione circa la residenza effettiva/domicilio/dimora abituale per la tutela dei propri interessi in giudizio.
1.3. Col terzo motivo, sostenendo “Violazione degli articoli 22 e ss. l. 241/1990 sotto altro profilo”, sottolinea che il diniego di accesso non potrebbe essere neppure giustificato dalla possibilità di far ricorso agli strumenti previsti dal codice di procedura civile per l’acquisizione di documenti al giudizio civile, per aver la giurisprudenza prevalente affermato che non sussiste alcun rapporto di specialità tra le norme processuali relative all’acquisizione della prova e la disciplina del diritto di accesso ai sensi degli articoli 22 e ss. l. n. 241 del 1990.
1.4. Infine, con l’ultimo motivo l’appellante denuncia “Violazione degli articoli 22 e 24 l. 241/90. Difetto di motivazione. Violazione dell’art. 3 l. 241/1990 e dell’art. 9 D.P.R. 12/4/2006 n. 184. Violazione del regolamento comunale per l’accesso agli atti. Ingiustizia manifesta della sentenza impugnata in punto di condanna alle spese. Violazione dell’art. 26, comma 2, C.P.A. e dell’art. 92 CPC”, ribadendo la carenza di motivazione nel diniego opposto dal Comune di Modena alla sua richiesta in contrasto con l’obbligo di motivazione previsto per tutti gli atti amministrativi dall’art. 3 l. 241 del 1990: ciò in quanto non avrebbe l’amministrazione spiegato in alcun modo e per quale ragione i documenti e gli atti richiesti gli erano stati negati, né la nota della controinteressata, di opposizione alla sua richiesta di accesso, gli era mai stata messa a disposizione.
2. I motivi sono fondati alla stregua delle osservazioni che seguono.
2.1. Il Sig. Se. ha presentato al Comune di Modena una istanza di accesso c.d. difensivo, in quanto dichiaratamente diretta alla difesa in giudizio dei propri interessi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 febbraio 2021, n. 1154, che distingue tale forma di accesso dalle altre previste dall’ordinamento giuridico, dell’accesso procedimentale e dell’accesso civico).
2.2. Le condizioni alle quali è consentito l’accesso difensivo agli atti amministrativi sono indicate dall’art. 24, comma 7, l. 8 agosto 1990, n. 241, nella “necessità ” del documento – o nella “stretta indispensabilità ” in caso di documento idoneo a rivelare dati sensibili o giudiziari – “per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.
Con le sentenze 25 settembre 2020, n. 19, 20 e 21 l’Adunanza plenaria ha precisato che l’accesso difensivo è consentito a condizione che la parte dimostri:
a) la necessità (o la stretta indispensabilità ) della conoscenza del documento in presenza di un “nesso di strumentalità ” tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica “finale”, da accertare mediante giudizio prognostico ex ante, nel senso che il documento richiesto è stimato necessario ad acquisire elementi di prova in ordine ai fatti – principali e secondari – integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica “finale” controversa e delle pretese astrattamente azionabili in giudizio; in relazione a tale condizione l’Adunanza plenaria ha ulteriormente aggiunto che:
a1) è richiesto che la situazione soggettiva “finale”, direttamente riferibile al richiedente, sia “concretamente e obiettivamente incerta e controversa tra le parti”, per essere in corso una “crisi di cooperazione”, quanto meno da pretesa contestata, non essendo sufficiente un’incertezza meramente ipotetica e subiettiva, anche se non sia ancora pendente un processo in sede giurisdizionale;
a2) al fine di verificare la corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) cui la stessa fattispecie si compone l’interprete è tenuto a operare, “in termini di pratica sussunzione”, il raffronto tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale;
a3) il giudizio sull’interesse legittimante è ancorato inoltre ai canoni della “immediatezza”, “concretezza” e “attualità ” (secondo l’indicazione dell’art. 22, comma 1, lett. d) l. n. 241 del 1990);
che, inoltre, l’istante dimostri:
b) la corrispondenza, mediante la quale è circoscritto l’interesse all’accesso agli atti solo ad una situazione giuridicamente tutelata;
c) il collegamento, nel senso che il legislatore richiede non solo che la situazione legittimante l’accesso sia corrispondente al contenuto di un astratto paradigma legale, ma sia anche collegata al documento in modo da evidenziare in maniera diretta ed univoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento, “e per l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto situazione strumentale, fa da tramite”.
2.3. Ciò posto si osserva che l’appellante ha preannunciato di voler agire in giudizio – avendo già proposto domanda di mediazione civile – per l’annullamento della delibera del condominio Be. (di via (omissis)) dell’8 ottobre 2018, di approvazione del rendiconto annuale per aver previsto la ripartizione tra i condomini delle spese per le utenze dell’appartamento condominiale in uso al portiere.
In definitiva quel che il Sig. Se. intende ottenere dal giudice civile è una pronuncia di merito che accerti l’inesistenza del diritto di credito del condominio e, correlativamente del suo obbligo, al pagamento di certe quote condominiali poste a suo carico (quelle relative alle utenze per l’alloggio del portiere), per il carattere pregiudiziale (in senso tecnico) che tale accertamento riveste rispetto alla questione della validità della delibera impugnata.
Tale essendo la situazione sostanziale “finale”, la Sezione ritiene i documenti richiesti necessari alla cura dell’interesse giuridico vantato nei sensi precisati dall’Adunanza plenaria, seppur non decisivi a dar prova dei fatti (costitutivi) principali della pretesa, essi lo sono senz’altro per dar prova dei fatti secondari, da intendersi, come noto, quali fatti strumentali alla conoscenza dei primi e con funzione probatoria degli stessi.
Non manca neppure il richiesto collegamento tra situazione legittimante l’accesso e documento, poiché da quanto accertato dal (o dichiarato al) Comune di Modena dipende, giusta la clausola del contratto di portierato riportata, la validità della delibera assembleare e, in conseguenza, l’esistenza dell’obbligo al pagamento delle quote condominiali nei termini liquidati nel rendiconto.
2.4. Ottenute le dichiarazioni presentate dalla Sig. -OMISSIS-in sede di liquidazione dell’IMU (relativamente all’individuazione dell’immobile di dimora abituale o residenza anagrafica) e, specialmente, acquisite le risultanze degli accertamenti operati dall’amministrazione comunale (anche in seguito alla sua denuncia), l’appellante avrà la possibilità di dar prova che l’abitazione concessa come alloggio del portiere non è stata da questi utilizzata, con le conseguenze che voglia trarne quanto all’insorgenza del pagamento degli oneri abitativi a carico dei condomini (nonché, dell’eventuale azione per la ripetizione delle somme corrisposte, anch’essa preannunciata nell’istanza rivolta all’amministrazione).
Non spetta all’amministrazione, come al giudice amministrativo adito con azione in materia di accesso ai documenti ex art. 116 cod. proc. amm., effettuare una prognosi sulla misura dell’apporto probatorio al giudizio della documentazione richiesta né, ancor più, vagliare la (eventuale) fondatezza dell’azione proposta in sede civile (o, anche la sua stessa ammissibilità ; cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 8 aprile 2021, n. 2827; V, 27 giugno 2018, n. 3953 e le sentenze ivi citate).
2.5. E’ vero che i documenti ai quali l’appellante richiede di accedere possono rivelare la situazione tributaria della controinteressata, ma non è questa ragione ostativa all’accesso come pure il giudice di primo grado pare aver ritenuto.
Al riguardo, va precisato che, nel caso di specie (al pari della vicenda esaminata dalla sentenza dell’Adunanza plenaria n. 21 del 2020), non vengono in rilievo né dati sensibili – che sono quelli definiti come tali dall’art. 9 del regolamento 2016/679/UE del Parlamento e del Consiglio (vale a dire dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché i dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica) – né giudiziari (previsti dall’art. 10 del citato regolamento, quali dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza), né, tanto meno, dati c.d. supersenibili, quali dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona (ex art. 60 d.lgs. 2003 n. 196), ma, piuttosto, dati personali relativi alla riservatezza c.d. finanziaria ed economica della parte controinteressata, per i quali, per il bilanciamento operato dall’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, vale il già ricordato criterio generale della mera “necessità ” alla cura e difesa di un proprio interesse giuridico.
Riconosciuta, come in precedenza fatto la necessità dei documenti, null’altro osta all’accesso ad essi.
2.6. Neppure è d’ostacolo all’accesso la astratta possibilità che l’appellante possa procurarsi le informazioni a comprova delle sue allegazioni ricorrendo agli strumenti di acquisizione della prova previsti dal codice di procedura civile.
Anche relativamente a tale profilo è sufficiente richiamare quanto affermato dall’Adunanza plenaria n. 21 del 2020 – nella cui motivazione si rinvengono ampie considerazioni a supporto – vale a dire che: “Deve (pertanto) escludersi che la previsione, negli art. 210, 211 e 213 c.p.c., di strumenti di esibizione istruttoria aventi ad oggetto documenti detenuti dalla pubblica amministrazione possa precludere l’esercizio dell’accesso documentale difensivo secondo la disciplina di cui alla l. 241/90, né prima, né in pendenza del processo civile”.
2.7. Deve aggiungersi per completezza che in linea tendenziale, ove non si presenti come meramente pretestuosa ed emulativa e rimanga invece nei limiti fissati dalla giurisprudenza amministrativa, l’esigenza di più ampia conoscenza di dati (altrui) in possesso dell’amministrazione per far valere una propria pretesa in giudizio è meritevole di apprezzamento in quanto consente alla parte che si appresta ad agire in giudizio di poter meglio verificare la (eventuale) fondatezza della propria pretesa e di decidere consapevolmente se proporre o meno l’azione giurisdizionale, effettuando un proprio autonomo doveroso filtro preventivo al fine di contemperare il diritto di azione e di difesa (art. 24 Cost.) con l’altrettanto fondamentale principio di solidarietà (art. 2 Cost.) in un’ottica effettiva di tutela e garanzia del giusto processo e della sua durata ragionevole.
2.8. In conclusione l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza di primo grado, va accolto il ricorso di Pa. Se. e disposta condanna del Comune di Modena all’ostensione dei documenti amministrativi dallo stesso detenuti quali indicati nell’istanza del 2 luglio 2019.
3. Per essere la definitiva sistemazione della materia avvenuta solo con la più recente pronuncia dell’Adunanza plenaria è possibile compensare tra le parti in causa le spese del doppio grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna n. -OMISSIS-, accoglie il ricorso di primo grado di Pa. Se. ed ordina al Comune di Modena di consentire l’accesso ai documenti di cui all’istanza del 2 luglio 2019.
Compensa tra tutte le parti in causa le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della parte privata resistente.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2021 tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 20020, convertito con modificazioni dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, modificato dall’art. 1, comma 17, del d.l. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito con modificazioni dalla l. 26 febbraio 2021, n. 21, con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Federico Di Matteo – Consigliere, Estensore
Giovanni Grasso – Consigliere
Elena Quadri – Consigliere
Giorgio Manca – Consigliere

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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