Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 31 marzo 2020, n. 10905.
Massima estrapolata:
Non incorre nel rischio di una sanzione penale chi insulta l’interlocutore in una video chat, anche se alla presenza di più persone. Non scatta infatti il reato di diffamazione, dal momento che la persona offesa è presente, ma si rientra nella fattispecie dell’ingiuria che però è stata depenalizzata dalla legge n. 7 del 2016.
Sentenza 31 marzo 2020, n. 10905
Data udienza 25 febbraio 2020
Tag – parola chiave: Reati – Sanzione – Sanzione penale – Ingiuria in video chat – Reato di diffamazione – Depenalizzazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PALLA Stefano – Presidente
Dott. ZAZA Carlo – Consigliere
Dott. SCARLINI E. V. S. – Consigliere
Dott. BORRELLI Paola – Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/03/2019 della Corte di Appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Tomaso Epidendio, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 28/03/2019 la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Monza del 31/10/2016, che aveva condannato (OMISSIS) alla pena di Euro 600,00 di multa per il reato di cui all’articolo 595 c.p., per avere offeso (OMISSIS), pubblicando commenti e giudizi lesivi della sua reputazione su facebook, comunicando con video chat, con modalita’ accessibili ad un numero indeterminato di persone.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), deducendo due motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Violazione di legge in relazione all’articolo 595 c.p., per avere ritenuto sussistente il reato di diffamazione, anziche’ la fattispecie di ingiuria: deduce che gli insulti sono stati rivolti attraverso una chat vocale sulla piattaforma “Google Hangouts”, diversa dalle altre piattaforme chat digitali, che sono leggibili anche da piu’ persone; in tal caso, il destinatario dei messaggi era solo la persona offesa e la video chat aveva carattere temporaneo, sicche’ non verrebbe in rilievo il precedente di Sez. 5, n. 7904/2019, che riguardava una chat scritta (Whatsapp) in cui il messaggio offensivo puo’ essere visionato anche da altri utenti; nel caso in esame, la chat aveva natura di conversazione vocale, e non rileverebbe che all’ascolto vi fossero altri utenti.
2.2. Vizio di motivazione con riferimento alla valorizzazione della presenza di terzi ascoltatori: i due testi (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno partecipato alla conversazione in diretta, ma hanno dichiarato di avere visto il video della chat tramite youtube, condotta per la quale l’imputato e’ stato assolto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
2. E’, invero, stato accertato che le espressioni offensive sono state pronunciate dall’imputato mediante comunicazione telematica diretta alla persona offesa, ed alla presenza, altresi’, di altre persone invitate nella chat vocale.
Cio’ posto, va rammentato che l’elemento distintivo tra ingiuria e diffamazione e’ costituito dal fatto che nell’ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, e’ diretta all’offeso, mentre nella diffamazione l’offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con piu’ persone e non e’ posto in condizione di interloquire con l’offensore (Sez. 5, n. 10313 del 17/01/2019, Vicaretti, Rv. 276502).
3. Ne consegue che il fatto, come accertato dalla sentenza impugnata, deve essere qualificato come ingiuria aggravata dalla presenza di piu’ persone, ai sensi dell’articolo 594 c.p., u.c., che, ai sensi del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, articolo 1, comma 1, lettera C), e’ stato depenalizzato; la sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio, perche’ il fatto, cosi’ riqualificato, non e’ piu’ previsto dalla legge come reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’, qualificato il fatto ai sensi dell’articolo 594 c.p., u.c., lo stesso non e’ previsto dalla legge come reato.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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