Corte di Cassazione, sezione tributaria, Ordinanza 17 gennaio 2019, n. 1141.

La massima estrapolata:

Non è soggetto a imposta di registro l’accordo, consacrato in un verbale di conciliazione giudiziale, con il quale si chiude una causa intentata da un fratello verso l’altro fratello per vedersi riconoscere la quota di legittima spettantegli in morte del loro padre, a condizione che si tratti di un accordo avente a oggetto la sola reintegrazione della quota di legittima che sia stata violata con donazioni o con disposizioni testamentarie.

Ordinanza 17 gennaio 2019, n. 1141

Data udienza 26 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 9720-2013 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente con atto di costituzione –
avverso la sentenza n. 23/2012 della COMM.TRIB.REG. di MILANO, depositata il 10/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/09/2018 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

RITENUTO

Che:
la Commissione tributaria provinciale di Lecco respinse il ricorso, proposto da (OMISSIS), erede universale di (OMISSIS), deceduta il (OMISSIS), madre del contribuente, con il quale era stato impugnato l’avviso di liquidazione emesso dall’Ufficio del registro, in relazione al verbale di conciliazione n. (OMISSIS) del (OMISSIS), intervenuto nel corso del giudizio civile intentato dal fratello, (OMISSIS), beneficiario di legato di immobili in sostituzione di legittima, giusta testamento olografo pubblicato il (OMISSIS) dal notaio (OMISSIS), di (OMISSIS);
che i germani, con la predetta conciliazione, si accordarono nel senso che, il secondo, soddisfatto mediante la ricezione di una somma di denaro (Euro 622.000,00), rinunciava alla disposizione testamentaria sicche’ la proprieta’ degli immobili oggetto di legato era trasferita al primo, e cio’ al fine di reintegrare i diritti di legittimario pretesamente violati, con applicazione della imposta sulle successioni, ai sensi del Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articolo 43, nella formulazione vigente al momento dell’apertura della successione testamentaria, anziche’ della imposta di registro, con aliquota del 3 per cento, sulla predetta somma di denaro, come invece richiesto dall’Ufficio, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 29, con l’impugnato avviso di liquidazione;
che la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, rigetto’ l’appello del contribuente, e confermo’ la sentenza di primo grado, ritenendo, in particolare, che “gli accordi transattivi tesi a reintegrare i diritti di legittima (purche’ risultanti da atto pubblico o scrittura privata autenticata, quindi rivestiti di forma solenne)” sono cosa diversa dalla conciliazione giudiziale, e quella che ne occupa, disciplinata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 29, trattandosi “sostanzialmente di transazione tra due parti”, va “tassata in relazione agli obblighi di pagamento che ne derivano, in quanto transazione che non importa trasferimento di proprieta’ o trasferimento o costituzione di diritti reali”, avendo il notaio “semplicemente effettuato la trascrizione dell’accettazione di eredita’ formulata da (OMISSIS), originariamente erede universale”, essendo, viceversa, inapplicabile l’imposta sulle successioni, di cui al Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articolo 43,;
che, per la cassazione di tale sentenza, il contribuente presenta un ricorso affidato a tre motivi, mentre l’intimata Amministrazione finanziaria si e’ limitata a chiedere, ai sensi dell’articolo 370 c.p.c., comma 1, di partecipare alla discussione orale della causa.

CONSIDERATO

Che:
con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente deduce violazione del Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articolo 43, motivazione apparente, omessa valutazione di elementi decisivi della controversia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giacche’ la sentenza impugnata non spiega le ragioni per le quali la rilevata natura speciale dell’indicata disposizione, che elenca gli atti destinati a reintegrare i diritti dei legittimari, non possa trovare applicazione anche con riferimento ai verbali di conciliazione giudiziale, trattandosi di atti a fede privilegiata, con sottoscrizione delle parti resa certa dalla presenza del giudice e del cancelliere, assimilabili ad un negozio di diritto privato;
che, con il secondo motivo di impugnazione, deduce, in via subordinata, violazione degli articoli 523 e 551 c.c. e della L. n. 266 del 2005, articolo 1, comma 497, omessa valutazione di un punto decisivo della controversia, motivazione assente, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, giacche’ ove non fosse applicabile l’imposta sulle successioni, l’imposta di registro, come subordinatamente richiesto dal contribuente, avrebbe dovuto essere quantificata con riguardo al valore dei cespiti, determinato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 52, commi 4 e 5, (TUIR), pari ad Euro 107.672,00, non potendo condividersi la tesi, fatta propria del giudicante, secondo cui (OMISSIS), beneficiario di legato in sostituzione di legittima, ai sensi dell’articolo 551 c.c., non sarebbe mai diventato proprietario dei beni legatigli dalla madre, avendo rinunciato agli stessi, di tal che il verbale conciliativo non avrebbe trasferito alcunche’ a (OMISSIS), atteso che, nella esaminata fattispecie, il legatario e’ anche legittimario, e la proprieta’ dei beni oggetto di legato si acquista in maniera automatica alla morte del testatore, ai sensi dell’articolo 649 c.c., senza necessita’ di accettazione alcuna, com’e’ ricavabile dalla documentazione catastale e dalla denuncia di successione versate in atti;
che, con il terzo motivo di impugnazione, deduce violazione della L. n. 12 del 2000, articolo 7, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giacche’ l’impugnato avviso di liquidazione e’ nullo, in quanto privo di scheda esplicativa, che giustifichi i dati contabili su cui si basa l’imposizione fiscale, ed il contribuente non e’ stato posto in grado di comprendere i motivi della pretesa creditoria, essendo di alcuna utilita’ il codice (109T) riportato nell’atto medesimo accanto alla voce “registro”;
che il ricorrente, infatti, il quale si duole della regolarita’ formale dell’atto impositivo, ammette che l’avviso di liquidazione faceva seguito a registrazione d’ufficio, che non implicava contestazione di valore, e che gli elementi da dichiarare al fisco, ai fini dell’applicazione della imposta di registro, erano soltanto quelli contenuti nell’atto da registrare (che funge da dichiarazione), segnatamente, il verbale di conciliazione intervenuto nella controversia giudiziaria (“Prot. 2569/08 (OMISSIS) c/ (OMISSIS)”) pendente tra i due fratelli, donde la legittima adozione, da parte dell’Ufficio, dell’avviso di liquidazione (Cass. n. 9856/2017), e poiche’ la motivazione di un avviso di liquidazione ha, soprattutto, la “funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio dell’eventuale fase contenziosa successiva, consentendo al contribuente l’esercizio del diritto di difesa”, non e’ dato comprendere, stante la genericita’ delle allegazioni difensive, il concreto pregiudizio arrecato al diritto di difesa del contribuente;
che il primo motivo di ricorso e’ fondato, e merita accoglimento, con consequenziale assorbimento del secondo e del terzo motivo d’impugnazione; che, ad avviso di parte ricorrente, l’attribuzione a (OMISSIS), con il verbale di conciliazione del (OMISSIS), degli immobili oggetto del legato in sostituzione di legittima disposto dalla testatrice in favore dell’altro figlio, (OMISSIS), stante l’intenzione, palesata nell’atto di ultima volonta’, di soddisfare il predetto legittimario con l’attribuzione di beni determinati, senza chiamarlo all’eredita’ insieme al fratello, non concreterebbe alcun trasferimento assoggettabile alla imposta di registro, trattandosi di attribuzione assoggettabile alla imposta sulle successioni, ai sensi del Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articolo 43, (disposizione che ripropone l’abrogato Decreto del Presidente della Repubblica n. 637 del 1972, articolo 28);
che, invero, qualora il de cuius abbia disposto delle proprie sostanze, sia attraverso negozi liberali di natura donativa, sia mediante disposizioni testamentarie, venendo a ledere i diritti riservati ai legittimari, questi ultimi possono agire giudizialmente per la tutela dei propri diritti e, segnatamente, mediante l’azione di riduzione (articolo 553 c.c. e ss.gg.), che e’ il mezzo attributo al legittimario per far dichiarare l’inefficacia (totale o parziale) delle disposizioni eccedenti la quota di cui il de cuius poteva liberamente disporre;
che il legittimario, in alternativa alla via giudiziale, puo’ addivenire ad un accordo negoziale con i beneficiari delle disposizioni lesive, al fine di vedere ripristinati i propri diritti, accordo non tipizzato dal legislatore, che ha rimesso alla autonomia privata l’individuazione del concreto assetto negoziale attraverso il quale raggiungere il risultato voluto, cioe’ quello di reintegrare la quota di riserva, o quantomeno un valore corrispondente a tale quota;
che a tale tipologia di accordi, i quali tengono luogo della sentenza che accoglie la domanda di riduzione delle disposizioni lesive, viene generalmente attribuita natura non transattiva, ma meramente ricognitiva, di accertamento, in quanto i soggetti interessati riconoscono l’inefficacia delle disposizioni testamentarie lesive, mentre la qualificazione in termini di transazione richiede pur sempre l’esistenza dell’elemento delle reciproche concessioni, che il codice civile (articolo 1965 c.c.) prevede come essenziale, e che secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 7548/2003), deve desumersi dallo stesso contenuto dell’atto, volto a prevenire una lite (l’esperimento dell’azione di riduzione), ovvero a mettere fine alla lite medesima;
che l’ammissibilita’ di tale figura negoziale, ampiamente riconosciuta in dottrina, non rilevandosi alcun divieto di legge, viene espressamente affermata dal legislatore in una norma tributaria, il Decreto Legislativo n. 346 del 1990, art 43, che recita: “Nelle successioni testamentarie l’imposta si applica in base alle disposizioni contenute nel testamento, anche se impugnate giudizialmente, nonche’ agli eventuali accordi diretti a reintegrare i diritti dei legittimari, risultanti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, salvo il disposto, in caso di accoglimento dell’impugnazione o di accordi sopravvenuti, dell’articolo 28, comma 6, o dell’articolo 42, comma 1, lettera e).”;
che, dunque, la disposizione sancisce una sorta di neutralita’ fiscale del negozio tra vivi, risultante da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, successivo all’apertura della successione, e volto alla reintegra dei diritti dei legittimari, in quanto lo sottrae dall’ambito di applicazione dell’ordinaria imposta di registro, per assoggettarlo all’imposta di successione, in coerenza con l’effetto che gli e’ proprio, l’acquisto ex lege (a causa di morte) della quota di legittima del patrimonio del defunto, tant’e’ che esso va trascritto, ai sensi dell’articolo 2648 c.c., comma 3, e articolo 2650 c.c., nonche’ annotato, ai sensi dell’articolo 2655 c.c., ai margini della trascrizione dell’originario acquisto lesivo, al fine di assicurare la continuita’ delle trascrizioni;
che al legittimario leso nei propri diritti non e’ preclusa l’opzione di stipulare un negozio avente natura transattiva (articoli 1965 c.c. e ss.), ma in tal caso la tassazione dell’accordo segue le ordinarie regole in tema di imposta di registro, avuto riguardo ai concreti effetti (anche eventualmente traslativi) voluti dalle parti contraenti, in quanto le attribuzioni concordate tra gli interessati non hanno natura sostanzialmente ereditaria, e non sono soggette, quindi, all’applicazione dell’imposta sulle successioni, ma si inseriscono, attraverso il meccanismo delle reciproche concessioni, nella composizione di una lite, attuale o futura, originata da una pretesa lesione dei diritti di legittima, secondo le contrapposte tesi delle parti;
che, in detta ipotesi, la norma in tema di successione necessaria rileva soltanto come presupposto del negozio, e non lo caratterizza causalmente, perche’ le parti litigiose, con la transazione, intendono sostituire una regolamentazione nuova a quella precedente, che aveva dato luogo al contrasto, e per far cio’ esse necessariamente dispongono del diritto controverso, per cui le aspettative del legittimario vengono reintegrate in senso puramente economico, evitando nel contempo che in futuro il medesimo possa proporre l’azione di riduzione;
che, tanto premesso, il nucleo essenziale della questione sottoposta all’attenzione del Collegio verte attorno all’esatta individuazione della natura e del contenuto dell’accordo oggetto del verbale di conciliazione del (OMISSIS), occorrendo accertare se le parti abbiano inteso esclusivamente reintegrare i diritti di legittima lesi, ovvero modificare e/o integrare in via negoziale l’assetto della successione, rispetto a quanto disposto dal testatore;
che, dal verbale di conciliazione (articoli 3 e 4, debitamente trascritti nel ricorso per cassazione), emerge che i litiganti sono addivenuti ad una determinazione pattizia della legittima e della reintegra conseguente, ed a tal fine e’ irrilevante che le parti, invece di procedere ad una nuova determinazione dell’asse ereditario e delle quote spettanti ad ognuno, abbiano convenuto che la legittima dovesse ritenersi correttamente reintegrata mediante l’attribuzione di una somma di denaro, a (OMISSIS), destinatario di legato in sostituzione di legittima, a fronte della sua rinuncia a conseguire la parte dei beni ereditari spettantegli ex lege, e, comunque, a conservare anche solo in parte il legato;
che, nella esaminata fattispecie, avuto riguardo alla ratio del Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articolo 43, deve attribuirsi rilievo preminente non tanto alla veste formale assunta dall’accordo integrativo (conciliazione giudiziale/atto pubblico o da scrittura privata autenticata), quanto piuttosto alla sussistenza delle condizioni previste dalla legge per sottrarre l’atto, contenente l’accordo reintegrativo, dall’ambito di applicazione della imposta di registro, mantenendolo – causalmente – nell’orbita della imposizione mortis causa (Cass. n. 2869/1992, in fattispecie disciplinata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 673 del 1972, articolo 28);
che l’applicazione dell’esaminata norma, quindi, della quale nella specie ricorrono le condizioni, avrebbe dovuto essere contestata mediante argomentazioni sostanzialmente diverse da quelle fatte proprie dalla sentenza impugnata, la quale va cassata, e la causa, poiche’ non necessita di ulteriori accertamenti, va decisa nel merito, con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente;
che l’assenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale giustifica la compensazione delle spese processuali delle fasi di merito, mentre per quelle del giudizio di legittimita’ vale la regola della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente. Condanna la intimata Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge. Compensa le spese di giudizio del merito.

Avv. Renato D’Isa

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