Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 30 agosto 2018, n. 39243.
La massima estrapolata:
Non commette il reato di occultamento delle scritture contabili chi presenta la dichiarazione Iva: occorre infatti il fine di evadere le imposte che non sussiste nell’ipotesi in cui il contribuente nei modi e termini previsti dalla norma fiscale presenti il modello annuale.
Sentenza 30 agosto 2018, n. 39243
Data udienza 4 luglio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SARNO Giulio – Presidente
Dott. ANDREAZZA Gaston – rel. Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/12/2016 della CORTE APPELLO di BRESCIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GASTONE ANDREAZZA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. CUOMO LUIGI, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’;
udito il difensore Avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 05/12/2016 la Corte d’Appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Brescia di condanna di (OMISSIS) per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5 in quanto, nella qualita’ di amministratore unico della societa’ (OMISSIS) S.r.l., al fine di evasione, ometteva di presentare la dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi (capo a), e di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 in quanto, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, distruggeva o almeno occultava in tutto o comunque in parte le scritture contabili e i documenti di cui e’ obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari (capo b).
2. Ha proposto ricorso l’imputato lamentando violazione di legge nonche’, mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione; deduce che la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi (quella Iva invece venne presentata) costituisce la conseguenza dell’impossibilita’ in cui si trovava l’imputato di pagare lo studio professionale che da sempre si era occupato delle relative questioni e non il frutto di una volonta’ di evasione fiscale e che la Corte avrebbe erroneamente considerato integralmente, quale base imponibile, in assenza della dichiarazione dei redditi, il ricavo di Euro 245.000 della vendita dell’ultimo immobile di proprieta’ della societa’ omettendo di sottrarre da tale importo i costi di realizzazione (l’appartamento, come confermato da testimonianze assunte, era stato realizzato nel corso di un’operazione di edificazione di un complesso e costituiva l’ultimo cespite rimasto in seno alla societa’ gia’ inattiva nel 2010). Quanto al reato di cui all’articolo 10 (capo b), evidenzia come la contabilita’ fosse stata tenuta e i libri e le scritture contabili custoditi sino al 31/12/2008 e come nessun fine di evasione, anzi smentito dalla intervenuta presentazione della dichiarazione Iva, fosse rilevabile, con conseguente mancanza di motivazione in ordine all’elemento soggettivo richiesto.
3. Va preliminarmente rilevato che nessuna questione puo’ porsi, come prospettato all’odierna udienza dal Difensore, quanto al reato sub a), in ordine al mancato superamento della soglia di punibilita’ (la contestata sottrazione d’imposta Ires e’ di Euro 67.374,00). Va infatti evidenziato che, al momento della commissione del reato, da individuarsi in data 30/12/2011, ovvero al momento della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi cui vanno aggiunti giorni novanta ex articolo 5, comma 2, del Decreto Legislativo cit. (per tutte, Sez. 4, n. 24691 del 03/03/2016, Villabuona, Rv. 267229), e non con riferimento alla conclusione del periodo di imposta cui la dichiarazione si riferisce, la soglia di punibilita’ era stata gia’ portata, per effetto del Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138, articolo 2, comma 36 vicies semel, lettera f) convertito, con modificazioni, nella L. 14 settembre 2011, n. 148, ad Euro 30.000,00 rispetto agli originari 150.000.000 di lire; ne’ puo’ evidentemente rilevare l’innalzamento della soglia ad Euro 50.000,00 per effetto del Decreto Legislativo n. 158 del 2015 posto che, come detto, l’importo nella specie contestato come evaso e’ quello di Euro 67.374,00.
Cio’ posto, quanto alle censure sollevate con riferimento al medesimo reato, le stesse sono inammissibili sia con riguardo alla dedotta impossibilita’ di presentazione della dichiarazione che sarebbe da ricondursi al mancato pagamento delle competenze al professionista che seguiva il ricorrente, sia con riguardo alla determinazione del quantum di imposta.
Quanto al primo profilo, oltre a doversi rilevare, infatti, che lo stesso ricorso non chiarisce in quali termini di collegamento eziologico la morosita’ del ricorrente avrebbe determinato come dato inevitabile la mancata presentazione della dichiarazione, la sentenza impugnata ha chiarito avere lo stesso imputato riferito del rifiuto opposto dal commercialista di proseguire l’assistenza professionale (sicche’, essendone (OMISSIS) ben conscio, era compito del medesimo attivarsi comunque per la presentazione).
Quanto poi al secondo profilo, sempre la stessa sentenza ha motivatamente rilevato (con affermazione qui insindacabile sul piano fattuale) che nell’anno di imposta 2010 la (OMISSIS) S.r.l. non aveva svolto alcuna operazione e non aveva sostenuto alcun costo di esercizio, provvedendo unicamente a cedere a titolo oneroso l’immobile oggetto di costruzione; e quanto ai costi per l’edificazione del fabbricato in cui era ubicato detto immobile, la sentenza ha chiarito che gli stessi erano stati sostenuti in esercizi precedenti sino all’anno di imposta 2008.
4. E’ invece fondata la censura svolta con riferimento al reato di cui all’articolo 10 cit..
Con l’atto di appello si era infatti dedotto che a fronte della intervenuta presentazione della dichiarazione Iva, non poteva essere individuata in capo all’imputato alcuna volonta’ di evasione di tale imposta con conseguente mancanza, sotto tale profilo, del dolo specifico richiesto dalla norma; tale assunto fondato su un presupposto (quello della effettiva presentazione della dichiarazione ai fini Iva) che parrebbe confermato dal fatto che la contestazione del reato di cui all’articolo 5 e’ stata limitata alla dichiarazione dei redditi, e’ pero’ stato del tutto obliterato dalla sentenza impugnata che alcuna risposta ha dato sul punto.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Brescia cui va demandato nuovo giudizio quanto al quomodo degli effetti della presentazione della dichiarazione Iva sulla sussistenza del dolo specifico del reato (che nella norma consiste nel fine di evadere le imposte “sui redditi o sul valore aggiunto”).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo b) con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Brescia.
Motivazione semplificata.
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