Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 31 agosto 2020, n. 18079.
La massima estrapolata:
Spetta al giudice di merito la valutazione della condotta della vittima come idonea a interrompere del tutto il nesso causale tra cosa in custodia ed evento di danno e costituire caso fortuito, anziché come mera concausa apprezzabile ai sensi e per gli effetti dell’art. 1227, comma primo, c.c.
Ordinanza 31 agosto 2020, n. 18079
Data udienza 16 giugno 2020
Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Incidente mortale occorso a causa del ghiaccio sulla strada – Comune – Risarcimento – Danno non imprevedibile – Estensione del territorio – Irrilevanza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35749/2018 R.G. proposto da:
Comune di Curtatone, rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avv. (OMISSIS) e dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia, n. 1482/2018, depositata il 24 settembre 2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16 giugno 2020 dal Consigliere Emilio Iannello.
RILEVATO
che:
1. La Corte d’appello di Brescia, in riforma della decisione di primo grado, riconosciuto il concorso del fatto colposo della vittima nella misura del 50%, ha condannato per la restante quota il Comune di Curtatone al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dagli odierni controricorrenti – rispettivamente marito, figli, madre e sorelle di (OMISSIS) – in conseguenza del sinistro mortale occorso a quest’ultima, in data (OMISSIS), per la fuoriuscita della vettura da essa guidata dalla percorsa strada comunale, causata dalla patina ghiacciata che ne ricopriva il fondo.
Sulla base delle conclusioni del c.t.u. ha in sintesi ritenuto non ascrivibile a caso fortuito la formazione di ghiaccio sul manto stradale (trattandosi di “fenomeno non dotato dei caratteri di imprevedibilita’ e repentinita’ tali da rendere impossibile farvi fronte con tempestivita’”), non avendo inoltre il Comune appellato assolto l’onere della prova a suo carico, ne’ potendosi ritenere l’estensione del territorio motivo di per se’ sufficiente ad escludere la sua responsabilita’.
2. Avverso tale sentenza il Comune propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resistono gli intimati, depositando controricorso.
3. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che e’ stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 380-bis c.p.c..
Fissata per la trattazione l’adunanza del 12 marzo 2020, a causa del sopravvenire dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in attuazione del Decreto Legge 8 marzo 2020, n. 11, articolo 1, il Primo Presidente, con decreto del 9 marzo 2020 (prot. Interno n. 526) ne ha disposto il rinvio a nuovo ruolo (come di tutte le cause fissate per le udienze e adunanze camerali in calendario nel periodo compreso tra il 9 e il 22 marzo 2020, con la sola eccezione – che qui non viene in rilievo – di quelle indicate nel cit. D.L., articolo 2, comma 2, lettera g).
Quindi, in attuazione dei decreti del P.P. nn. 44, 47, 55 e 76, a loro volta attuativi del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 83, comma 7, convertito dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successivamente modificato dal Decreto Legge 30 aprile 2020, n. 28, articolo 3, comma 1, lettera c), essendo stata prevista la possibilita’, per la Sesta Sezione, di fissare adunanze camerali nel numero ivi precisato nel periodo dal 1 al 19 giugno, la presente causa e’ stata destinata per la trattazione in adunanza camerale nella data odierna, con decreto del Presidente titolare del quale e’ stata data rituale comunicazione alle parti.
In vista della nuova adunanza i controricorrenti hanno presentato seconda memoria unitamente ad istanza per la liquidazione delle spese processuali relative al giudizio di inibitoria ex articolo 373 c.p.c..
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 1227 c.c., comma 2, articoli 2043 e 2051 c.c., nonche’ dell’articolo 141 C.d.S., per avere la Corte d’appello escluso la totale interruzione del nesso di causalita’ tra la cosa in custodia e l’evento dannoso che, secondo l’ente, avrebbe dovuto invece affermarsi per l’autonoma efficienza causale della condotta della stessa vittima nella causazione dell’evento.
Cio’ in ragione degli stessi elementi in tal senso valorizzati dal primo giudice e segnatamente: dell’assenza di collisione con altri veicoli; dell’andatura non adeguata alle condizioni di tempo e di luogo; della collocazione della strada al di fuori del perimetro urbano; della perfetta conoscenza ed abituale percorrenza della strada da parte della vittima, anche nei giorni nei quali si erano mantenute costanti temperature rigide; della particolare estensione del patrimonio stradale di competenza comunale.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 2054, 2056 e 2729 c.c., e dell’articolo 115 c.p.c..
Lamenta che la Corte di merito, pur avendo recepito gli elementi sopra indicati, li ha valorizzati al solo fine di distribuire le colpe esattamente a meta’ tra custode ed utenti della strada, seguendo un ragionamento semplicistico e sottraendosi all'”obbligata differenziazione delle posizioni antagoniste”.
Rileva che, in mancanza di alcuna motivazione sul punto, tale conclusione appare dettata dall’applicazione analogica dell’articolo 2054 c.c., non consentita al di fuori della ipotesi di scontro tra veicoli.
Tale ponderazione risulterebbe anche in contrasto con l’articolo 2729 c.c., in combinato disposto con l’articolo 115 c.p.c., posto che il giudice d’appello, al contempo, non ha motivato il concorso paritetico e non ha valutato gli indizi come idonei ad escludere del tutto la responsabilita’ del Comune.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia infine, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, “con particolare riferimento alla contraddittorieta’, incoerenza ed inconciliabilita’ tra l’espressione percentuale del concorso di colpa attribuito e le osservazioni (illogiche) che in motivazione l’hanno sorretta”.
Lamenta che la Corte d’appello ha ritenuto equivalente il contributo causale della cosa in custodia rispetto a quello della vittima, pur avendo a questa comunque attribuito la violazione dell’articolo 141 C.d.S., sotto il profilo specifico della mancata tenuta di una velocita’ particolarmente moderata in relazione alla prevedibile formazione di ghiaccio.
Vi sarebbe inoltre contraddittorieta’ tra l’affermazione secondo cui la pendenza della strada nel punto esatto di uscita dell’automezzo aveva impedito lo scioglimento del ghiaccio e quella secondo cui era mancato, o era stato insufficiente, il servizio cautelativo di spargimento del sale.
4. I primi due motivi, congiuntamente esaminabili per la loro intima connessione, sono inammissibili.
Secondo costante insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 1, giusta il disposto di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilita’, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. nn. 16132/05, 26048/05, 20145/05, 1108/06, 10043/06, 20100/06, 21245/06, 14752/07, 3010/12 e 16038/13). In altri termini, non e’ il punto d’arrivo della decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle.
Il ricorrente – lungi dall’impostare in tal modo le proprie argomentazioni critiche – allega in realta’ un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensi’ alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Cass. 26/03/2010, n. 7394; 30/12/2015, n. 26110), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica del ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in se’ incontroverso.
Doglianza di fondo e’, infatti, in entrambi i motivi, la mancata valutazione della condotta della stessa vittima non – come ritenuto in sentenza – quale mera concausa apprezzabile ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1227 c.c., comma 1, ma come idonea a interrompere del tutto il nesso causale tra cosa in custodia ed evento di danno e costituire caso fortuito.
E’ questa, pero’, una tipica valutazione di merito, non sindacabile sul piano della corretta applicazione del diritto, neppure sub specie di difetto di sussunzione.
Ne’ vi e’ contraddizione logica tra l’affermazione del carattere colposo della condotta della stessa vittima e l’attribuzione alla stessa di rilievo causale meramente concorrente e non esclusivo, ne’ tale ponderazione comporta la violazione di alcuna norma.
5. Il riferimento poi all’estensione della strada comunale e alla sua collocazione fuori dal centro abitato e’, in tale contesto argomentativo (caso fortuito ed efficienza causale della condotta colposa della vittima), evidentemente eccentrico, trattandosi di elemento in astratto valutabile al fine di escludere in concreto la sussistenza di un effettivo potere di custodia in capo all’ente.
Non e’ questo tuttavia l’obiettivo censorio dei motivi in esame, i quali si concentrano piuttosto, ed esclusivamente, sulla ponderazione dei due fattori causali (difetto di manutenzione della strada idonea ad evitare la formazione di patine ghiacciate e condotta di guida della vittima), ovvero sulla configurabilita’ del caso fortuito, senza mai giungere a negare la sussistenza di un effettivo potere di governo della strada.
Nel primo contesto argomentativo (nesso causale tra la cosa e l’evento di danno) l’estensione e l’ubicazione della strada comunale sono invece certamente privi di significato e rilevanza.
6. Devesi peraltro osservare che, anche nella sopra detta diversa (e non percorsa) prospettiva argomentativa, tale riferimento risulterebbe nella specie privo di rilievo censorio in quanto generico e avulso da un confronto critico con la sentenza impugnata, la quale al contrario da’ conto del fatto che, secondo quanto accertato, nel tratto in questione “lo spargisale era stato azionato l’ultima volta nei giorni 1 e 2 gennaio (ovvero ben 10 giorni prima del sinistro, ma durante i giorni successivi le temperature erano rimaste… al di sotto dello zero per la maggior parte della giornata”, cio’ che implica, oltre che la prevedibilita’ della formazione di ghiaccio (come rimarcato in sentenza), anche evidentemente la sussistenza (e il concreto esercizio) di un effettivo potere di custodia sul tratto di strada in questione.
7. Palesemente fuori segno e’ poi il riferimento ad una ipotetica erronea applicazione dell’articolo 2054 c.c., comma 2, non potendo ravvisarsi alcuna ragione testuale o logica che possa indurre a ritenere che la attribuita equivalenza dei due fattori causali sia stata affermata per via di una applicazione analogica di quella norma e non invece, come appare evidente, nell’esercizio di una insindacabile valutazione di merito.
8. E’ altresi’ inammissibile il terzo motivo.
Viene evocato un vizio di motivazione illogica o contraddittoria riferibile al previgente testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma del tutto estranea al nuovo paradigma censorio (risultante dalla modifica introdotta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, commi 1, lettera b, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134), il quale – limitando il sindacato della Corte di legittimita’, oltre che ai casi d’inesistenza della motivazione in se’ (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), al vizio di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti” – richiede, come noto, l’indicazione di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioe’ che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, la’ dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass. Sez. U 22/09/2014, n. 19881; Sez. U 07/04/2014, n. 8053).
9. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore dei contro ricorrenti, delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
10. Non puo’ prendersi in esame la richiesta di liquidazione delle spese sostenute dagli odierni controricorrenti innanzi alla Corte d’appello per resistere vittoriosamente all’istanza di sospensione, ex articolo 373 c.p.c., dell’efficacia esecutiva della sentenza in questa sede impugnata.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la richiesta di pronuncia, in sede di legittimita’, sull’istanza di rimborso delle spese processuali affrontate dalla parte per resistere vittoriosamente all’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di merito impugnata, puo’ essere esaminata alla condizione che l’istanza, e i relativi documenti da produrre, siano stati notificati alla controparte, ovvero che il contraddittorio con la medesima sia stato comunque rispettato in ragione della sua presenza all’udienza, cosi’ da permetterle di interloquire sul punto (Cass. 20/10/2015, n. 21198).
Nella specie non vi e’ in prova in atti della notifica, ne’ dell’istanza, ne’ dei documenti che ad essa si dicono allegati.
Nell’istanza, del resto, si afferma (ma poi non si prova) che si procede alla notifica di essa medesima, mentre nulla si dice dell’eventuale notifica (comunque, ripetesi, non provata) dei documenti.
Essendo il procedimento soggetto a rito camerale, per il quale come noto e’ prevista la decisione in camera di consiglio senza l’intervento del pubblico ministero e delle parti (articolo 380-bis c.p.c.), e’ da escludere che della istanza (e della richiesta in essa contenuta) controparte abbia potuto prendere visione.
Non puo’ pertanto considerarsi ritualmente instaurato il contraddittorio, cio’ che rende in definitiva inammissibile l’istanza (v. Cass. 04/10/2018, n. 24201).
11. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del cit. articolo 13, articolo 1-bis.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Dichiara inammissibile la richiesta di liquidazione delle spese relative al procedimento ex articolo 373 c.p.c., svoltosi avanti la Corte d’appello di Brescia. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del cit. articolo 13, articolo 1-bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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