Nell’espropriazione per pubblica utilità si distingue tra retrocessione totale e parziale

Consiglio di Stato, Sentenza|5 maggio 2021| n. 3522.

Nell’espropriazione per pubblica utilità si distingue tra retrocessione totale e parziale a seconda del livello di attuazione del complessivo intervento per cui è intervenuta l’espropriazione, secondo quanto previsto dalla dichiarazione di pubblica utilità .

Sentenza|5 maggio 2021| n. 3522

Data udienza 8 aprile 2021

Integrale
Tag – parola chiave: Espropriazione per pubblica utilità – Retrocessione – Totale e parziale – Differenza – Livello di attuazione del complessivo intervento – Rilevanza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2030 del 2014, proposto dal signor Ca. Ro., rappresentato e difeso dall’avvocato An. Mo., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Ma. Gr. in Roma, corso (…);
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Cr. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato An. Ma. in Roma, via (…);
nei confronti
la società El. Im. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Be. Be. e Vi. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Vi. Ca. in Bologna, via (…);
la società Im. Fo. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Sede di Bologna Sezione Seconda, n. 548/2013, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e della società El. Im. S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 aprile 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il consigliere Alessandro Verrico e uditi per le parti gli avvocati An. Mo. e Cr. Ca.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. per l’Emilia Romagna, Sede di Bologna (R.G. n. 683/2011), l’odierno appellante – proprietario di un’area di mq. 11.418 nel Comune di (omissis) (individuata catastalmente al Foglio (omissis), mappali (omissis), e parte del mappale (omissis)) – agiva per l’accertamento della intervenuta decadenza della dichiarazione di pubblica utilità del Piano particolareggiato di iniziativa pubblica (PPIP) denominato “Stazione Autocorriere” come approvato dal Comune di (omissis), per la parte relativa al terreno di sua proprietà, già oggetto di procedimento di cessione volontaria in sede di procedimento ablativo di attuazione del Piano, nonché per l’accertamento del diritto del medesimo, ai sensi dell’art. 46 del d.P.R. n. 327/2001, alla retrocessione dell’area stessa, come successivamente edificata.
Conseguentemente il ricorrente chiedeva, in via principale, la condanna del Comune di (omissis), previa individuazione del corrispettivo di cui all’art. 48 del d.P.R. n. 327 del 2001, alla retrocessione della suddetta area per una superficie complessiva di mq. 11.418, comprensiva dei beni ivi edificati e, in via subordinata, la condanna dell’Ente alla retrocessione tramite reintegrazione per equivalente monetario, con condanna del Comune a corrispondere a tale titolo somma corrispondente al valore commerciale dell’area come successivamente edificata, oltre a rivalutazione monetaria e interessi.
Ancora in via principale, il ricorrente chiedeva che, in ogni caso, gli venisse corrisposta l’indennità di cui all’art. 46 del d.P.R. n. 327 del 2001 e che l’Amministrazione comunale fosse condannata al risarcimento di tutti gli ulteriori danni subiti a causa della condotta comunale.
2. Il T.a.r., con la sentenza n. 548 del 18 luglio 2013, ha respinto il ricorso ed ha compensato le spese di giudizio tra le parti. Il Tribunale, in particolare:
a) ha ritenuto di potersi esimere dall’esaminare le eccezioni in rito sollevate dall’amministrazione comunale resistente e dalla società Im. Fo. s.r.l., in ragione dell’infondatezza del ricorso nel merito;
b) ha rilevato l’insussistenza dei presupposti per l’accertamento, ex art. 46, comma 1, d.P.R. n. 327/2001, della decadenza della dichiarazione di pubblica utilità conseguente all’approvazione del Piano particolareggiato ad iniziativa pubblica denominato “Stazione autocorriere”, atteso che:
b.1) le opere effettivamente realizzate a seguito dell’approvazione del suddetto Piano non sono completamente diverse da quelle previste nel progetto originario;
b.2) il ricorrente era a conoscenza che parte dei parcheggi pubblici previsti originariamente dal piano sarebbero stati realizzati seguendo un procedimento ablativo diverso dal Piano, avendo il Comune di (omissis) aderito all’accordo di programma, il quale non aveva costituito ostacolo alla cessione bonaria né era stato impugnato dal proprietario dell’area;
b.3) è irrilevante che i parcheggi pubblici non siano stati esattamente realizzati nel luogo originariamente previsto dal Piano, dato che, comunque, essi sono stati realizzati in area facente parte del comparto d’intervento;
b.4) il Piano particolareggiato non prevedeva unicamente la realizzazione di opere pubbliche (quali i parcheggi e la stazione delle autocorriere), ma anche la realizzazione di un edificio destinato ad ospitare attività private, servizi funzionali ai trasporti (bar-artigianato di servizio relativo alla cura della persona) e servizi accessori alla stazione delle autocorriere (atrio di attesa per gli utenti della stazione autocorriere);
b.5) la variante urbanistica relativa alle “aree edificabili” del Piano particolareggiato di cui alla deliberazione della Giunta comunale n. 274 del 31 ottobre 2000 non comportava il dedotto sostanziale stravolgimento del complessivo assetto del territorio originariamente previsto dal Piano;
c) ha pertanto ritenuto infondata sia la pretesa inerente il pagamento dell’indennità di cui allo stesso art. 46 del d.P.R. n. 327 del 2001, sia la pretesa al risarcimento del danno patrimoniale.
3. L’originario ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha preliminarmente riproposto i motivi del ricorso di primo grado attinenti, per un verso, al superamento, tramite l’approvazione ai sensi della l. n. 1/1978 del parcheggio di interscambio, della originaria dichiarazione di pubblicata utilità derivata dal PPIP e, per altro verso, allo stravolgimento delle previsioni dell’assetto del territorio determinate dal PPIP tramite l’approvazione della variante allo stesso.
L’appellante ha inoltre sostenuto le censure riassumibili nei seguenti termini:
i) l’impugnata sentenza sarebbe errata ove non ha preso in considerazione la totale diversità delle opere eseguite rispetto a quelle previste dal progetto originario, atteso che:
– i parcheggi pubblici previsti dal PPIP non sono stati realizzati, essendo stato realizzato il solo parcheggio d’interscambio mediante la diversa procedura dell’approvazione dell’opera pubblica ex legge n. 1/1978;
– la sala d’attesa per le autocorriere è divenuta un atrio di attesa per viaggiatori di mq. 50 al piano terra unitamente con l’uso pubblico di mq. 150 al piano primo quale sala polifunzionale;
– i due edifici non sono conformi né al PRG vigente, che destina l’area ad attrezzature pubbliche, né alla destinazione impressa dal PPIP;
ii) la sentenza gravata sarebbe altresì errata, perché ha motivato in ordine all’onere di impugnativa da parte del ricorrente dell’accordo di programma, laddove lo stesso avrebbe esercitato il diritto potestativo alla retrocessione totale, in ragione della sopravvenuta mancanza della pubblica utilità nell’esecuzione della variante del PPIP adottato il 31 ottobre 2000;
iii) sarebbe inoltre errata la statuizione del T.a.r. riferita alla avvenuta realizzazione dei parcheggi pubblici nell’area facente parte del comparto di intervento, in quanto nei luoghi previsti dal PPIP sarebbe stato realizzato il solo parcheggio d’interscambio e non anche il parcheggio pubblico nell’area del ricorrente;
iv) il primo giudice sarebbe incorso in un fraintendimento, non avendo colto che, secondo quanto previsto dalle NTA del PPIP, la Stazione delle Autocorriere rappresenta essa stessa un “volume edificabile”, nell’ambito del quale andrebbero ricompresi “i servizi funzionali ai trasporti”, che non sono certo il poliambulatorio e l’edificio destinato a terziario/commerciale costruiti;
v) la sentenza avrebbe erroneamente ritenuto che la variante al PPIP aveva prodotto una riduzione della volumetria rispetto alle opere previste dal PPIP originario, nonché che gli edifici realizzati sono conformi alle previsioni delle NTA del PPIP riguardanti la realizzazione di servizi accessori nell’edificio destinato alla stazione autocorriere.
3.1. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis), il quale si è opposto all’appello e ne ha chiesto l’integrale rigetto.
3.2. Con nota del 28 settembre 2018, si è costituito un nuovo difensore per il Comune appellato, in sostituzione del precedente nel frattempo deceduto.
3.3. Si è altresì costituita in giudizio la società El. Im. s.r.l., eccependo l’inammissibilità, l’improcedibilità e, comunque, l’infondatezza in fatto ed in diritto del ricorso in appello.
3.4. Il Comune, depositando memoria in data 5 marzo 2021, ha preliminarmente eccepito:
a) l’inammissibilità dell’originario ricorso, ritenendo non sussistenti i presupposti di cui al secondo comma dell’art. 59 della l. n. 69/2009, a causa della avvenuta notifica (in data 20 maggio 2011) successivamente al passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Bologna (in data 30 aprile 2011) e in quanto involgente parti diverse e nuove rispetto a quelle del giudizio civile (le società Im. Fo. s.r.l. e El. Im. s.r.l.);
b) la prescrizione dell’azione risarcitoria formulata in via subordinata, per decorso del quinquennio ex art. 2947 c.c.;
c) l’inammissibilità dell’originario ricorso, poiché la domanda di retrocessione/restituzione non è stata esercitata anche nei confronti degli attuali proprietari dell’area;
d) l’inammissibilità dell’originario ricorso per indeterminatezza delle domande azionate.
Nel merito, il Comune appellato ha evidenziato che:
a) il Piano particolareggiato prevedeva la realizzazione di parcheggi, della autostazione corriere e di importanti volumi (pari a 7.500 mc/ha) da adibire a servizi (bar, ristoranti, servizi alla persona, etc.) da definirsi complementari e di servizio alla destinazione dell’area e all’esistenza di una infrastruttura intermodale complementare al trasporto, in tal modo ricomprendendo tutte le destinazioni relative alle zone G4 di P.R.G.;
b) la variante al Piano particolareggiato non apportava sostanziali modifiche, in quanto i parcheggi restavano quelli già previsti e si operava uno “scorporo” dell’unico edificio previsto dal Piano particolareggiato in due edifici, peraltro di minor impatto e con minore volumetria, ma con la medesima destinazione d’uso già prevista dal Piano particolareggiato originario; destinazione che, con particolare riferimento al lotto B (“attività di servizio alla persona con la specifica destinazione di servizi medici e paramedici”), peraltro si evince dal bando di gara emesso dall’Amministrazione comunale per l’assegnazione dell’area in questione, dal verbale di gara del 13 settembre 2001 in cui si descriveva il progetto presentato dalla società El. s.r.l., nonché dal finale rogito stipulato tra il Comune di (omissis) e la stessa società di assegnazione dell’area stessa;
c) il parcheggio d’interscambio non esclude la realizzazione dei parcheggi previsti nel PPIP, i quali venivano realizzati ove erano stati previsti (salva la superficie occupata dall’edificio B) e per effetto di una dichiarazione di pubblica utilità che già era stata emanata e richiamata al momento della attivazione della procedura espropriativa, e di cui la cessione espropriativa medesima costituiva attuazione;
d) non vi sarebbero i presupposti per il riconoscimento del preteso diritto all’indennità ex art. 46 del d.P.R. n. 327/2001, atteso che manca la prova della “impossibilità dell’esecuzione dell’opera pubblica”, né per la retrocessione parziale, poiché non esiste porzione di area dell’appellante che non sia stata utilizzata, né vi è stato il riconoscimento della inutilità dei beni o la richiesta ai sensi del quinto comma dell’art. 47 del d.P.R. n. 327/2001.
3.5. Con memoria difensiva depositata il 17 marzo 2021, l’appellante ha replicato alle avverse deduzioni, insistendo nelle censure dedotte, ed ha eccepito l’inammissibilità per tardività delle eccezioni preliminari riproposte dal Comune in grado di appello.
3.6. Infine entrambe le parti hanno chiesto la discussione orale della causa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137.
4. All’udienza dell’8 aprile 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
5. Il Collegio preliminarmente deve dare atto della tardività della riproposizione delle eccezioni di primo grado perché effettuata, con memoria depositata in data 5 marzo 2021, oltre il termine perentorio di sessanta giorni dalla notifica dell’atto di appello sancito dal combinato disposto degli artt. 46, comma 1, e 101, comma 2, c.p.a., decorrente dal 3 marzo 2014 e scaduto il giorno martedì 2 maggio 2014.
Le eccezioni preliminari riproposte dal Comune di (omissis) nel presente grado di appello sono quindi inammissibili perché tardive.
6. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.
7. Con preliminare riferimento alla destinazione d’uso dell’area in esame, il Collegio osserva che con la variante generale al PRG, adottata nel 1995 ed approvata il 10 febbraio 1997, veniva confermata la destinazione dell’area indicata nel PRG del 1987, prevedendola quale zona G4, disciplinata dagli artt. 37 e 108 delle norme di attuazione del PRG, ed assoggettata al Piano particolareggiato di iniziativa pubblica (PPIP), denominato “Stazione Autocorriere”. In particolare, l’area aveva vocazione, in parte, a parcheggio pubblico (art. 108 delle N.T.A.) e, in parte, edificabile, da attuarsi previo piano particolareggiato, idonea ad ospitare, oltre alle destinazioni necessarie per la stazione autocorriere, le seguenti destinazioni d’uso: C1 – Commercio al dettaglio; C2 – Esercizi pubblici; C3 – Medie strutture commerciali; D2 – Produzione di beni immateriali a contenuta generazione di movimento; S6 – Attività ricreative (art. 37 delle N.T.A).
7.1. Il Piano particolareggiato “Stazione Autocorriere” – Zona di interscambio tra il trasporto stradale pubblico, privato e quello ferroviario, con valore equivalente a dichiarazione di pubblica utilità ex art. 16 l. n. 1150/1942, applicabile ratione temporis, e art. 12 d.P.R. n. 327/2001, veniva adottato il 24 gennaio 1994, con deliberazione del Consiglio comunale n. 3, ed approvato il 28 giugno 1996, con deliberazione consiliare n. 96. Il Piano prevedeva, sulla sinistra, un’area destinata a parcheggi, e sulla destra, sull’area di proprietà dell’odierno appellante, la parte verso il basso (corrispondente al mappale (omissis)/parte) anch’essa destinata a parcheggi, l’altra parte (sempre corrispondente al mappale (omissis)/parte, verso l’alto) destinata a sede della stazione autocorriere, con un edificio a semicerchio.
Le norme tecniche di attuazione del PPIP, che regolano, ai sensi dell’art. 1, comma 1, “l’edificabilità all’interno del Piano Particolareggiato di iniziativa pubblica per la realizzazione di una stazione autocorriere, di un parcheggio auto e servizi vari di interesse della stazione autocorriere e ferroviaria”, prevedevano, quanto ai “volumi edificabili”, quali “usi ammessi” “stazione delle autocorriere, servizi funzionali ai trasporti (bar, tabaccherie, ristoranti, artigianato di servizio per attività concernenti la cura della persona)”, e, quanto alle “aree residue”, “spazi di sosta e parcheggio, verde pubblico, viabilità “.
7.2. Con deliberazioni del Consiglio comunale n. 163 del 31 ottobre 1996 e della Giunta comunale n. 100 del 24 febbraio 1997 veniva approvata, con la procedura di cui alla legge n. 1/1978, implicante la dichiarazione di pubblica utilità delle opere, la realizzazione di un parcheggio d’interscambio tra trasporto stradale e ferroviario, sulla base di un accordo di programma, stipulato dal Comune di (omissis) con la Regione Emilia Romagna, la Provincia di Bologna, il Comune di Bologna e l’A.T.C.
7.3. Con la successiva delibera di Giunta comunale n. 525 del 29 giugno 1997, il Comune avviava quindi il procedimento di espropriazione, ai sensi dell’art. 22, comma 3, della legge urbanistica regionale a carico del proprietario dell’area, per l’attuazione del complessivo Piano particolareggiato di iniziativa pubblica della zona destinata a stazione autocorriere “in cui si delineavano due specie di opere, opere di urbanizzazione primaria e opere per la stazione autocorriere e servizi accessori”; la medesima deliberazione faceva puntuale riferimento all’accordo di programma, che costitutiva “parte delle opere di urbanizzazione primaria del Piano Particolareggiato”.
7.4. Con rogito del 20 gennaio 1999, a seguito della deliberazione del Consiglio comunale n. 143 del 30 ottobre 1998, si addiveniva alla cessione bonaria del terreno dell’odierno appellante in favore del Comune, al prezzo d’esproprio, calcolato ex art. 5-bis della legge n. 359/1992, per un valore di lire 47.000/mq; nell’atto si faceva riferimento sia al Piano particolareggiato, approvato con delibera n. 96 del 28 giugno 1996, sia all’accordo di Programma, di cui alla delibera consiliare n. 163 del 31 ottobre 1996, di cui il rogito stesso costituiva attuazione.
7.5. Con la deliberazione di Giunta comunale n. 274 del 31 ottobre 2000, l’Amministrazione adottava una variante al PPIP, con la quale venivano previsti (in corrispondenza del mappale ex (omissis)/parte) due lotti edificabili: l’uno denominato lotto A, di mc. 5900, destinato ad accogliere un edificio commerciale comprensivo di un atrio-attesa per viaggiatori al piano terra e di una sala polifunzionale al piano primo per riunioni e conferenze, e l’altro denominato lotto B, di mc. 7600, con la destinazione d’uso “D2 – Produzione di beni immateriali a contenuta generazione di movimento, limitatamente ad attività di servizio alle persone qualificabili come servizi medici e paramedici”.
Tra gli elaborati di Piano figuravano le norme tecniche di attuazione, il cui art. 4 indicava, tra gli usi ammessi, “per i volumi edificabili: stazione delle autocorriere, servizi funzionali ai trasporti (bar, tabaccheria, ristoranti artigianato di servizio per attività concernenti la cura delle persone); per le aree residue, spazi di sosta e parcheggio, verde pubblico e viabilità “.
Il successivo art. 5 delle medesime N.T.A. indicava in 6.000 mq. le aree con destinazione a parcheggio ed un indice territoriale pari a 7.500 mc/ha, con una altezza massima di 8 metri, dunque complessivi mc. 15.000, su un’area totale di 20.782 mq.
7.6. Con la determinazione dirigenziale n. 168 del 6 luglio 2001, veniva indetta una gara per l’assegnazione dei lotti A e B, che veniva in seguito vinta dalla società El. s.r.l.; quest’ultima, pertanto, acquistava l’area dal Comune e, in seguito, rivendeva parte di essa alla società Im. Fo. (parte corrispondente al Lotto A).
7.7. Con atto di citazione dinanzi al Tribunale Civile di Bologna, l’odierno appellante agiva per la retrocessione totale dell’area di sua proprietà oggetto del procedimento espropriativo.
Il Tribunale Sezione I civile, con la sentenza n. 701 del 15 marzo 2010, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo. La causa veniva quindi riassunta dal ricorrente dinanzi al T.a.r. per l’Emilia Romagna con il ricorso R.G. n. 683/2011.
8. In ragione delle precedenti considerazioni e delle seguenti motivazioni, si rivelano infondate le censure di parte appellante, che, in quanto strettamente connesse, sono suscettibili di trattazione unitaria.
9. Al riguardo, il Collegio osserva preliminarmente come non sia configurabile in capo al privato destinatario di una procedura espropriativa alcuna posizione suscettibile di tutela in relazione alla scelta dello specifico tipo di opera pubblica che l’Amministrazione espropriante intende realizzare sull’area di sua proprietà .
In questo senso vanno lette le disposizioni dell’art. 9 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, rubricato “Vincoli derivanti da piani urbanistici”, il quale, al comma 5, riconosce al Consiglio comunale la possibilità, nel caso di sottoposizione di un bene a vincolo preordinato all’esproprio e laddove non sia ancora decorso il relativo termine di durata quinquennale, di disporre o autorizzare motivatamente la variazione delle opere pubbliche o di pubblica utilità da realizzare sul bene vincolato rispetto a quelle originariamente previste nel piano urbanistico generale.
La previsione normativa, nel momento in cui afferma l’esistenza di uno ius variandi in capo all’autorità amministrativa nella fase progettuale dell’opera (ferma restando l’invarianza del carattere pubblico o di pubblica utilità di essa), presuppone implicitamente un principio di sostanziale indifferenza del privato destinatario della procedura espropriativa rispetto al tipo di opera che verrà concretamente realizzata.
Non può pertanto essere ravvisato alcun interesse realmente tutelabile in capo al soggetto che, colpito dal vincolo espropriativo, veda mutare la conformazione, la collocazione ovvero la natura stessa dell’opera.
Tanto meno, i proprietari delle aree espropriate possono vantare alcuna legittima aspettativa sulle utilità che emergono dalla gestione dell’area dopo l’espropriazione o la cessione bonaria.
9.1. Se tali conclusioni possono valere in generale nei casi in cui venga variata l’opera successivamente all’apposizione del vincolo, le stesse vanno riaffermate a fortiori nell’ipotesi in cui tale mutamento sia stato apportato a mezzo di atti autoritativi, come quello intervenuto nella fattispecie in esame, ai sensi della l. 3 gennaio 1978, n. 1, con le menzionate deliberazioni del Consiglio comunale n. 163 del 31 ottobre 1996 e della Giunta comunale n. 100 del 24 febbraio 1997, considerato inoltre che l’area soggetta ad esproprio non è stata mai sottratta alla destinazione originariamente attribuita.
In assenza di una preclusione nella legislazione vigente, l’autorità urbanistica può infatti legittimamente mutare la destinazione anche delle aree che già siano state oggetto di atti ablatori o di accordi di cessione.
Una volta emessi gli ulteriori provvedimenti amministrativi incidenti sulla pianificazione dell’area, non vi è alcuna ragione giuridica, tanto meno desumibile dal testo unico sugli espropri, per ritenere che vadano restituiti all’originario proprietario i terreni ove sono state realizzate opere secundum ius.
D’altra parte, per i casi in cui l’ordinamento dispone la retrocessione, l’originario proprietario deve restituire quanto a suo tempo ha percepito, divenendo sine causa la relativa percezione della indennità : per il caso in cui siano state realizzate le opere, sulla base di atti che abbiano mutato (come potevano mutare) la pianificazione urbanistica, nessuna disposizione prevede che vada disposta la retrocessione.
10. Unitamente a tali considerazioni (basate sull’inquadramento sistematico delle disposizioni del testo unico sugli espropri in rapporto alle regole sulla pianificazione urbanistica e che di per sé sono sufficienti a ravvisare l’infondatezza dell’appello), il Collegio rileva peraltro l’insussistenza sotto altro profilo nel caso di specie dei presupposti necessari per disporre la richiesta retrocessione dell’area.
10.1. Mediante l’istituto della retrocessione il proprietario espropriato può, in tutto o in parte, ottenere nuovamente i propri beni, laddove all’esito del procedimento espropriativo se ne sia nei fatti palesata la mancata finalizzazione effettiva all’intervento pubblico in ragione del quale erano stati occupati (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. II, 30 marzo 2020, n. 2159).
Si distingue peraltro tra retrocessione totale e parziale (Cons. Stato, sez. IV, 28 settembre 2020, n. 5654; sez. II, 30 marzo 2020, n. 2159; sez. II, 9 dicembre 2019, n. 8387), a seconda del livello di attuazione del complessivo intervento per cui è intervenuta l’espropriazione, secondo quanto previsto dalla dichiarazione di pubblica utilità .
In particolare:
a) la retrocessione totale presuppone la definitiva inutilità del bene o la mancata attuazione dell’intera opera o finalità pubblica, per fattori sopravvenuti, difficoltà attuative o anche per errori di programmazione o di realizzazione, con la conseguenza che, ove la parte ne manifesti la volontà, non vi è ragione di non restituirle un bene, destinato ad essere inutilizzato, quanto meno per le finalità originarie;
b) si ha, invece, la retrocessione parziale nel caso in cui l’opera pubblica o di pubblica utilità sia stata realizzata e sia residuata solo una parte del bene, con la conseguenza che in capo al proprietario dello stesso bene espropriato sorge un interesse legittimo pretensivo ad ottenerne la restituzione, subordinato tuttavia ad una valutazione discrezionale dell’Amministrazione circa l’attuale utilità della stessa porzione alla realizzazione dell’interesse pubblico.
Inoltre, secondo la recente giurisprudenza civile (cfr. Cass. civ., sez. I, 7 settembre 2020, n. 18580), la valutazione dell’effettiva esecuzione dell’opera pubblica o di interesse pubblico dovrebbe essere compiuta con riferimento all’intero complesso di beni interessati dalla dichiarazione di pubblica utilità e non riguardo ai fondi di proprietà del privato, con la conseguenza che, quando l’opera programmata non abbia poi in concreto riguardato qualcuno di tali fondi o porzioni, ma sia stata comunque eseguita anche se in termini ridotti, la loro mancata utilizzazione non fa sorgere il diritto alla retrocessione, tutelabile innanzi al giudice ordinario, ma il interesse legittimo all’inservibilità dei beni, cui soltanto consegue il diritto alla restituzione: in correlazione a tale interesse legittimo, sussiste il potere dell’Amministrativo di disporre che il bene rimanga nel proprio patrimonio.
10.2. Ciò posto, il Collegio, con riferimento alla fattispecie in esame, esclude per di più che sia ravvisabile una mancata esecuzione integrale dell’opera ovvero un mutamento dell’intervento tale da contrastare con la destinazione originaria dell’area.
In tale senso, è rilevante considerare cumulativamente le seguenti circostanze:
a) la destinazione d’uso dell’area interessata dal Piano particolareggiato non si limitava a prevedere il parcheggio e la stazione delle autocorriere, ma ricomprendeva tutte le destinazione relative alle zone G4 di PRG, come peraltro ricordato dagli atti del Piano particolareggiato e dalla deliberazione n. 525/1997; invero, come innanzi precisato, le norme tecniche di attuazione del PPIP prevedevano, quanto ai “volumi edificabili”, quali “usi ammessi” “stazione delle autocorriere, servizi funzionali ai trasporti (bar, tabaccherie, ristoranti, artigianato di servizio per attività concernenti la cura della persona)”, e, quanto alle “aree residue”, “spazi di sosta e parcheggio, verde pubblico, viabilità “;
b) le opere realizzate neppure sono diverse da quelle previste nell’originario progetto, in quanto sono coerenti con le destinazioni d’uso di cui al vigente PRG, attuate mediante lo strumento del Piano particolareggiato, invero:
b.1) la destinazione delle aree un tempo di proprietà dell’appellante sono rimaste destinate parte a parcheggio e viabilità e parte ad area edificata secondo le destinazioni di piano: da un lato, il parcheggio pubblico è stato realizzato comunque “in area facente parte del comparto di intervento”, dall’altro, nell’area di proprietà Ro. è stato comunque realizzato un parcheggio, così come il progetto dell’originario edificio nell’ambito del quale avrebbero potuto trovare collocazione anche “attività private, funzionali ai trasporti (bar-artigianato di servizio alla cura della persona)” risulta solo essere stato modificato in due edifici, con medesima destinazione e minor impatto urbanistico;
b.2) tali considerazioni, invero, valgono anche per la porzione edificabile dell’area, prevedendosi, al lotto A, al piano terra un atrio per viaggiatori in attesa di mezzi pubblici, esercizi commerciali di vicinato, pubblici esercizi o attività di servizio alla persona ed al primo piano uffici ed una sala per attività ricreative, e un lotto B “attività di servizio alla persona con la specifica destinazione di servizi medici e paramedici”, in coerenza con quanto contemplato dalle richiamate NTA del Piano particolareggiato, stante la sussumibilità di tale destinazione nel concetto di “attività di servizio alla persona” originariamente prospettato;
b.3) d’altro canto, la rilevabile diminuzione della zona destinata a parcheggio rispetto all’area edificata, per effetto dell’accordo di programma e dello scorporo del fabbricato originario in due fabbricati, piuttosto che determinare uno stravolgimento dell’opera o dell’assetto territoriale necessario ai fini della retrocessione, concreta esclusivamente una diversa distribuzione dell’opera, senza mutamento né di tipologia né di destinazione d’uso;
b.4) ferma restando l’irrilevanza, ai fini della retrocessione, della circostanza che i parcheggi venivano realizzati in attuazione dell’accordo di programma e secondo la procedura della l. 3 gennaio 1978, n. 1, non ravvisandosi, solo per tale motivo, alcun contrasto con il Piano particolareggiato;
c) ad ogni modo, la realizzazione del parcheggio di interscambio tra trasporto stradale e ferroviario, in attuazione dell’accordo di programma, avveniva nella piena consapevolezza dell’attuale appellante, il quale, al momento della cessione bonaria dell’area di sua proprietà (in ragione di espressa previsione nell’atto di rogito) era a conoscenza della circostanza che parte dei parcheggi pubblici sarebbero stati realizzati in forza di un procedimento ablativo “diverso dal piano”, in virtù dell’adesione dell’Amministrazione comunale al detto accordo;
d) così come, non può non rilevare, sebbene ad abundantiam, che né l’accordo di programma né la successiva variante al Piano particolareggiato erano oggetto di impugnativa da parte dell’odierno appellante.
In sintesi, è del tutto irrilevante, rispetto all’originario proprietario espropriato, il come sia stata realizzata l’opera pubblica, tanto più se le opere risultano coerenti con ulteriori atti di pianificazione o atti che abbiano modificato i relativi progetti.
10.3. Alla luce di tali considerazioni, ferme le preliminari riflessioni in ordine alla reale sussistenza di un interesse tutelabile del privato in caso di mutamento dell’opera pubblica o di pubblica utilità, deve quindi escludersi che nel caso di specie si ravvisino i presupposti per consentire una retrocessione del bene.
11. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere pertanto respinto.
12. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, ad eccezione del rapporto tra l’appellante e la società El. Im. S.r.l. per il quale si ritiene di disporne la compensazione, in ragione dell’attività processuale concretamente svolta dalla società appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello R.G. n. 2030/2014, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento in favore del Comune di (omissis) delle spese del presente grado di giudizio, nella misura di euro 15.000,00 (quindicimila/00), oltre accessori di legge se dovuti.
Compensa le spese del presente grado di giudizio tra l’appellante e la società El. Im. S.r.l.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2021 svoltasi ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
Silvia Martino – Consigliere
Michele Conforti – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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