Nelle procedure selettive le clausole che stabiliscono i criteri per la valutazione dei candidati

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 10 aprile 2019, n. 2366.

La massima estrapolata:

Nelle procedure selettive le clausole che stabiliscono i criteri per la valutazione dei candidati non ledono immediatamente l’interesse dei concorrenti e, come tali, possono essere impugnate solo congiuntamente all’atto che definisce l’iter procedimentale; un onere di immediata impugnazione sussiste solo in relazione a quelle prescrizioni che precludono (anche di fatto) la stessa partecipazione dell’interessato alla procedura.

Sentenza 10 aprile 2019, n. 2366

Data udienza 28 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8333 del 2018, proposto da
Regione Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via (…);
contro
Lu. De Le. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Lu. Ma. D’A., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Studio Co. Lu. in Roma, via (…);
ed altri non costituiti in giudizio;
nei confronti
Ga. Di Cr. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Do. De An., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ma. Gr. Pi. in Roma, via (…);
ed altri;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise n. 241/2018, resa tra le parti, concernente le graduatorie relative all’anno 2017 per l’affidamento di incarichi da parte della Regione Molise nell’ambito della Medicina Specialistica Veterinaria;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Lu. De Le. ed altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2019 il Cons. Giovanni Pescatore e uditi per le parti gli Avvocati Um. Ge. su delega dichiarata di Lu. Ma. D’An. e su delega di Do. De An., Si. Pe., Ga. Te. Pi. e l’Avvocato dello Stato Gi. No.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Gli odierni appellati, tutti medici veterinari aspiranti a svolgere la propria attività professionale nell’ambito delle strutture del SSN, hanno inoltrato all’Azienda Sanitaria Regionale del Molise, nel termine del 31 gennaio 2016, domanda per l’inserimento nella graduatoria provinciale per titoli, avente validità annuale, predisposta per l’affidamento di incarichi a tempo determinato nell’ambito della Medicina Specialistica Veterinaria per l’anno 2017. Gli stessi si sono collocati in posizione potenzialmente utile nella graduatoria provvisoria redatta sulla base dei criteri previsti nell’allegato 1 dell’A.C.N. di categoria e approvata con provvedimento aziendale n. 862 del 7 novembre 2016.
2. Con ordine del giorno n. 353 del 29 novembre 2016, il Consiglio Regionale del Molise, richiamando l’accordo sindacale del 19 gennaio 2016 recepito con la delibera di Consiglio regionale n. 52 del 28 gennaio 2016, ha esplicitato i criteri di attribuzione dei punteggi ai fini della formazione delle graduatorie valide per l’anno 2017, prescrivendo la valutazione del servizio prestato dai medici veterinari anche con contratti di lavoro atipico, in ossequio a quanto previsto dall’allegato A dell’ACN 23.3.2005 e s.m.i…
3. L’ASReM, in ragione di quanto disposto con la summenzionata deliberazione, ha provveduto a riformulare le graduatorie provvisorie con provvedimento n. 1005 del 15 dicembre 2016: in seguito alla rettifica gli attuali appellati sono risultati collocati in posizione deteriore e non più utile ai fini dell’ottenimento dell’incarico.
4. Con provvedimento del Direttore Generale dell’ASREM n. 306 del 30 marzo 2017, sono state infine approvate le graduatorie definitive che hanno pedissequamente confermato quelle provvisorie riformulate.
5. I candidati pregiudicati dalla riformulazione delle graduatorie hanno impugnato la serie di atti innanzi indicati. Il Tar adito, con sentenza n. 241/2018, affermata la propria giurisdizione e respinte diverse eccezioni procedurali di inammissibilità e irricevibilità del ricorso, ha accolto in parte l’impugnativa e per l’effetto ha annullato:
i) la delibera di Consiglio regionale della Regione Molise n. 52 del 28 gennaio 2016;
ii) la determina del Direttore generale dell’Azienda Sanitaria regionale del Molise n. 1005 del 15 dicembre 2016;
iii) la determina del Direttore generale dell’Azienda Sanitaria regionale del Molise n. 306 del 30 marzo 2017 di rettifica e di approvazione delle graduatorie definitive della Medicina Specialistica Veterinaria valevoli per l’anno 2017, limitatamente alle Branche specialistiche Veterinarie “Sanità Animale” e “Igiene degli Allevamenti”.
6. Avverso la pronuncia del Tar è insorta la Regione Molise, articolando due motivi di censura, di seguito riportati.
7. Si sono costituti in giudizio i resistenti meglio indicati in epigrafe, i quali hanno replicato alle istanze avversarie e richiamato le deduzioni assorbite in primo grado, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a..
8. In via preliminare la resistente Pierni ha inoltre eccepito l’inammissibilità dell’atto di appello per carenza degli elementi deduttivi richiesti dagli artt. 414 e 434 c.p.c., stante le mera riproposizione da parte della Regione delle tesi sostenute nel primo grado di giudizio, in assenza di una organica e analitica rivisitazione critica dei passaggi logici salienti della pronuncia impugnata.
9. L’istanza cautelare è stata accolta con ordinanza n. 5660 del 23.11.2018.
10. La causa è stata infine discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 28.2.2019.

DIRITTO

1. Va premesso che il profilo della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, portato all’attenzione del Tar da una specifica eccezione della Regione Molise, esula dai contenuti degli atti del presente grado di appello, non costituendo oggetto di specifica impugnazione. Ne consegue che la statuizione assunta sul punto dal giudice di primo grado deve ritenersi coperta dal giudicato.
2. Con il primo mezzo di gravame, la Regione censura il passaggio motivazionale con il quale il Tar Molise ha respinto l’eccezione di tardività dell’impugnazione della delibera di C.R. n. 52/2016 (recettiva dell’accordo sindacale del 19 gennaio 2016), pubblicata sul BURM nell’aprile 2016 ma gravata solo nel maggio 2017.
2.1. Sul punto il giudice di primo grado ha osservato che al momento della sua pubblicazione la delibera risultava priva di effetti lesivi, in quanto essa introduceva “meri criteri di valutazione” e “parametri integrativi da applicare in sede di predisposizione delle graduatorie definitive”, il cui effetto lesivo “meramente potenziale” è “divenuto attuale solo allorquando la parte ricorrente ha potuto accertare di non trovarsi più in posizione utile proprio a motivo dei nuovi criteri applicati dalla ASREM nella stesura della graduatoria definitiva in recepimento della delibera regionale”.
Ha inoltre aggiunto il primo giudice che “…poiché il provvedimento dell’Azienda Sanitaria regionale n. 306 del 30.3.2017 con il quale il Direttore Generale ha approvato le graduatorie definitive della Medicina Specialistica Veterinaria valevoli per l’anno 2017 non è mai stato pubblicato sul BURM, come prescritto dal comma 10 dell’art. 21 dell’ACN del 23 marzo 2005 come integrato dall’ACN del 29 luglio 2009, non trova applicazione neppure il successivo comma 11 del medesimo articolo a mente del quale “La pubblicazione costituisce notificazione ufficiale agli interessati ed alle Aziende” “.
La conclusione che il Tar ha tratto da tali premesse è che il termine di impugnazione degli atti contestati – ivi inclusa la presupposta delibera di Consiglio regionale n. 52/2016 – non poteva che decorrere dalla conoscenza effettiva della graduatoria, conoscenza acquisita dalla parte ricorrente solo il 31 marzo 2017, a seguito della sua pubblicazione sull’albo pretorio della ASReM.
2.2. La Regione Molise censura come erronea la soluzione accolta dal primo giudice, per avere questi mancato di considerare che il vero fulcro della controversia attiene proprio all’applicazione dei criteri di attribuzione dei punteggi utilizzati per la stesura delle graduatorie e, nella specie, dei criteri stabiliti con l’accordo sindacale 19 gennaio 2016, recepito con la delibera n. 52/16.
Poiché le clausole in questione – nella parte in cui prescrivono la valutazione del servizio prestato dai medici veterinari anche con contratti di lavoro atipico – assumono, secondo la tesi di parte appellante, efficacia immediatamente lesiva degli interessi dei candidati odierni appellati, questi avrebbero avuto l’onere di impugnarle tempestivamente, gravando la delibera n. 52/2016 entro 60 giorni dalla sua pubblicazione sul BURM, avvenuta in data 1° aprile 2016.
2.3. Il motivo è infondato.
La soluzione adottata dal Tar muove da un preliminare inquadramento della fattispecie nell’ambito delle procedure concorsuali che, per quanto esposto in premessa, costituisce statuizione coperta da giudicato e qui non revisionabile, come tale destinata a riverberarsi anche sulle conseguenti considerazioni in tema di tempestività del ricorso.
Ciò posto, è principio consolidato – più frequentemente ribadito nella materia delle gare per l’affidamento di pubbliche commesse ma generalmente valido nel più ampio settore delle procedure selettive – quello per cui le clausole che stabiliscono i criteri per la valutazione dei candidati non ledono immediatamente l’interesse dei concorrenti e, come tali, possono essere impugnate solo congiuntamente all’atto che definisce l’iter procedimentale. Un onere di immediata impugnazione sussiste solo in relazione a quelle prescrizioni che precludono (anche di fatto) la stessa partecipazione dell’interessato alla procedura.
Eccettuata questa ipotesi – non ricorrente nel caso di specie, né in alcun modo evocata dalla parte appellante – il generale regime di impugnazione tipico delle procedure di selezione nel pubblico impiego prevede, dunque, che il dies a quo decorra dalla data di conoscenza dell’esito della comparazione, ovvero dalla conoscenza del provvedimento di approvazione della graduatoria, quale atto che rende concreto e attuale l’effetto pregiudizievole e percepibili gli elementi di contenuto che ne precisano l’esatta portata lesiva.
Risulta dunque irrilevante che l’illegittimità oggetto di doglianza attenga agli atti presupposti e si propaghi, in via derivata, al provvedimento conclusivo, trattandosi di circostanza non utile a far retrocedere il dies a quo alla conoscenza dell’atto presupposto: l’impugnazione è infatti supportata da un apprezzabile e concreto interesse ad agire solo se investe congiuntamente entrambi gli atti della serie procedimentale, sicché il termine decadenziale non può che decorrere dall’atto che della stessa serie segna la compiuta conclusione.
2.4. La pronuncia di primo grado ha fatto piana e corretta applicazione di tale principio e come tale va esente da rilievi.
3. Il secondo motivo di appello investe il capo decisorio relativo all’applicazione dei criteri di attribuzione dei punteggi utilizzati per la stesura della graduatoria valevole per l’anno 2017.
3.1. Sul punto il Tar ha osservato che:
– secondo l’accordo collettivo nazionale in vigore (cfr. il relativo Allegato) ai fini della attribuzione dei punteggi e della conseguente formazione delle graduatorie rilevano le sole modalità di svolgimento della prestazione specialistica tassativamente disciplinate dal vigente ACN (sostituzioni, art. 40; incarichi provvisori, art. 23, commi 7 e 11; incarichi a tempo determinato, art. 22 e 23) e non già le attività svolte “a qualsiasi titolo” nella branca principale;
– il riferimento alla “attività professionale, svolta a qualsiasi titolo nella branca principale dopo la data del conseguimento del titolo valido per l’inclusione in graduatoria” figurava, infatti, con attribuzione di uno specifico punteggio (1,20 per ogni anno di attività frazionabile per mese), nel testo dell’Accordo collettivo nazionale del 2005, ma è stato espunto a seguito dell’Accordo del 2009;
– ne discende che ogni altro tipo di rapporto lavorativo, incluso quello parasubordinato, quand’anche svolto in favore di un’Azienda Sanitaria o di un’altra istituzione pubblica che applichi le norme del vigente Accordo, se non è riconducibile in alcun modo ad una delle tipiche fattispecie citate dall’ACN del 2009 non può essere computato per l’assegnazione del punteggio;
– d’altra parte, lo stesso Allegato all’ACN rimette alle Regioni il solo potere di assegnazione del punteggio per i titoli professionali “con un criterio di equivalenza all’attività oraria”, nei casi in cui l’attività svolta dal medico sia retribuita “a prestazione” anziché ad ore; mentre non riconosce alle Regioni la facoltà di individuare ulteriori titoli professionali e lavorativi da valutare, oltre quelli espressamente ivi previsti, come invece accaduto con la delibera impugnata. Lo stesso verbale di intesa sindacale recepito con la delibera di consiglio regionale n. 52/2016 prendeva le mosse dalla necessità di “assicurare la valorizzazione delle attività svolte a prestazione mediante la definizione di un criterio di equivalenza con l’attività oraria per l’assegnazione del punteggio valido per la relativa graduatoria”, salvo poi pervenire illegittimamente nella parte dispositiva ad estendere la valorizzazione anche alle prestazioni di lavoro atipico, in contrasto con le disposizioni contenute nell’Allegato all’ACN;
– la Regione Molise non poteva pertanto derogare in sede di contrattazione decentrata al suddetto principio contenuto nell’accordo collettivo nazionale finalizzato a garantire l’uniformità dei criteri selettivi sull’intero territorio nazionale, a ciò ostandovi il disposto di cui all’art. 40, comma 3, del d.lgs. 165/2001.
3.2. Nel suo atto di appello, la Regione Molise sostiene di aver ritenuto applicabile l’allegato 1 all’accordo sottoscritto nel 2005 per la medicina veterinaria, da cui si evince la valutabilità dei titoli professionali corrispondenti ad attività “svolta a qualunque titolo”, e ciò “in linea con lo stesso ACN 2015 il cui Allegato 1, quanto a figure professionali compresi i veterinari, prevede la valutabilità di “sostituzioni, incarichi provvisori e a tempo determinato effettuati nella branca specialistica o area professionale per cui si partecipa, presso Aziende sanitarie ed altre Istituzioni pubbliche che applicano le norme del presente Accordo (INPS, INAIL, Ministero della Difesa, SASN, ecc.)” ” (pag. 15 appello).
Aggiunge inoltre la Regione di essersi orientata per un criterio interpretativo estensivo, che tenesse conto del servizio prestato a qualsiasi titolo dai medici veterinari, “considerando, in fase di prima applicazione, la disciplina di cui all’A.C.N. 23 marzo 2005 ed, in via estensiva, anche le posizioni dei medici che hanno prestato attività professionale con contratto di collaborazione non riconoscibile altrimenti, considerata la mancanza di altri riferimenti normativi in ordine alla valutazione del servizio prestato” (pag.16 appello).
3.3. Le deduzioni poste a base dell’appello non sono condivisibili.
3.4. Innanzitutto, la prospettazione della parte appellante non fornisce una puntuale ed analitica confutazione delle plurime ragioni che supportano la conclusione accolta dal primo giudice.
L’atto di appello non prende in considerazione i passaggi logici portanti della sentenza oggetto di impugnazione, né oppone argomentazioni idonee a incrinare il fondamento logico-giuridico della motivazione che la sorregge.
In questo senso può condividersi l’eccezione sollevata dalla resistente Pierni nel senso dell’inammissibilità in parte qua, per carenza di specificità, del mezzo di gravame.
3.5. La posizione argomentata dalla Regione è, comunque, anche infondata nel merito.
3.5.I) Essa fa richiamo all’Allegato all’Accordo sottoscritto nel 2005, il quale, tuttavia, è stato superato dall’Accordo sottoscritto nel 2009 nella parte in cui, tra i titoli professionali valutabili per la formazione delle graduatorie di cui all’art. 17, include unicamente le “sostituzioni” e gli “incarichi provvisori e a tempo determinato effettuati nella branca specialistica o area professionale per cui si partecipa, presso Aziende Sanitarie ed altre istituzioni pubbliche che applicano le norme del presente Accordo”.
Dunque, l’affermazione della Regione appare controproducente rispetto alla tesi da questa perorata, in quanto fa riferimento ad un testo normativo (l’Accordo 2005) – e ad un enunciato riguardante i titoli professionali valutabili – non più vigente al momento di espletamento della procedura del 2016.
3.5.II) La Regione pretende inoltre di avvalorare le proprie determinazioni descrivendole come assunte “in linea con lo stesso ACN 2015”, quando è vero, al contrario, che le più recenti versioni dell’Accordo sottoscritte nel 2009 e nel 2015 contengono una elencazione tassativa di titoli professionali, ai quali può essere associata l’attribuzione di punteggio, dalle quale esula la fattispecie della collaborazione coordinata e continuativa.
3.5.III) Più in generale, l’impostazione che si ricava dalla lettura della versione dell’Accordo varata nel 2009 è che le uniche prestazioni lavorative utilmente apprezzabili ai fini della attribuzione dei punteggi sono quelle svolte nell’ambito di rapporti “convenzionali”, come tali disciplinati dal medesimo ACN. Si tratta delle tre fattispecie tipiche della sostituzione, dell’incarico provvisorio e dell’incarico a tempo determinato (disciplinate agli artt. 20, 21 e 36 dell’ACN del 2015), regolamentate nella durata, nel corrispettivo (art. 46) oltre che nelle modalità di attribuzione, e tutte riconducibili ad un modello di conferimento degli incarichi unitario e di tipo “convenzionale”, delineato in termini generali all’art. 2 dell’ACN del 2015.
Il conferimento della sostituzione o dell’incarico (provvisorio o a tempo determinato) è previsto che avvenga sulla base di una specifica e tipizzata procedura selettiva (art. 17 dell’ACN del 2015), che ne regola tempi e modalità, dettagliando i requisiti richiesti ai candidati e i titoli da questi spendibili.
3.5.IV) La scelta consapevole di valorizzare le sole esperienze professionali maturate nell’ambito del descritto regime “convenzionale” ha avuto di mira lo scopo specifico di circoscrivere l’indeterminatezza della precedente previsione dell’ACN, avendo tratto spunto proprio dalle criticità che avevano caratterizzato la prassi applicativa dell’ACN del 2005 ed, in particolare, dalle incertezze e dalla scarsa trasparenza nell’assegnazione dei punteggi che si erano riscontrate nella delibazione dei titoli professionali di tipo parasubordinato.
Di tanto si trae conferma nel parere SISAC n. 840/2014 (pubblicato in data 19.3.2015 e formulato ai sensi dell’art. 46 del d.lgs. n. 165/2001) nel quale si legge che “l’affidamento di incarichi di specialista ambulatoriale interna non riconducibili alle tipologie negoziali dell’ACN e quindi con incarichi parasubordinati (co.co.co., co.co.pro.) era una prassi poco coerente con l’ordinamento vigente, spesso atta all’elusione delle graduatorie esistenti. Per tali ragioni le controparti negoziali che hanno sottoscritto l’ACN 29 luglio 2009, OO.SS e SISAC hanno voluto ricondurre alle sole attività istituzionali svolte ai sensi dell’accordo, in modo chiaro ed univoco, il punteggio per attività professionali valido ai fini della validità della graduatoria, abrogando ogni altro punteggio per attività svolta “a qualsiasi titolo” nella branca principale. Questa volontà negoziale è palese e non necessiterebbe di ulteriori specificazioni. Orbene ogni altro tipo di rapporto, incluso quello parasubordinato, quand’anche svolto in favore di un’Azienda sanitaria o di altra istituzione pubblica che applica le norme del vigente accordo non è riconducibile in alcun modo ad una delle tipiche fattispecie citate”.
3.5.V) In definitiva, gli argomenti di interpretazione testuale e sistematica dell’ACN, quale fonte regolamentare della procedura selettiva, inducono a condividere le argomentazioni svolte dal Tar e ad avallarne le relative conclusioni, nella parte in cui valorizzano la portata prescrittiva e vincolante della elencazione tassativa dei titoli professionali apprezzabili ai fini della formazione delle graduatorie di merito.
3.5.VI) Condivisibile appare anche il riconfinamento (operato dal Tar) dei poteri assegnati in materia alle Regioni, in un ambito che non pare consentire loro alcun intervento di modifica dei criteri di attribuzione dei punteggi relativi ai titoli professionali.
La facoltà ad esse riconosciuta di definire “l’assegnazione del punteggio con un criterio di equivalenza all’attività oraria” (allegato 1 ACN) rileva infatti – secondo quanto correttamente ritenuto dal primo giudice – nei soli casi in cui l’attività svolta dal medico sia retribuita “a prestazione” anziché ad ore; essa non vale, pertanto, a riconoscere alle Regioni anche il potere di estendere o modificare il novero dei titoli professionali valutabili, oltre quelli espressamente previsti dall’Allegato all’ACN.
La sede deputata alla definizione dei criteri che devono orientare la formazione delle graduatorie (di cui all’Allegato 1 dell’ACN) è infatti quella della contrattazione collettiva nazionale. Invero, l’art. 3, comma 4, dell’ACN del 2015, nel richiamare l’articolo 39 in tema di rapporti tra i tre diversi livelli di contrattazione (nazionale, regionale e aziendale), definisce quali regole sono modificabili in sede di contrattazione decentrata – attraverso Accordo integrativo regionale da recepirsi in sede di Accordo attuativo aziendale.
Ebbene, i criteri di attribuzione dei punteggi non rientrano tra i compiti e le funzioni attribuiti ai livelli di contrattazione decentrati (regionale ed aziendali) e devono quindi ritenersi da questi inderogabili (cfr. art. 3 dell’A.C.N. di categoria e art. 40 d.lgs. 165/2001), anche perché funzionali alla garanzia di uniformità delle procedure selettive sull’intero territorio nazionale, presidio ultimo della trasparenza e della imparzialità dell’azione amministrativa.
4. Alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, l’appello si appalesa dunque infondato e non meritevole di accoglimento.
5. La natura interpretativa e la sostanziale novità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Garofoli – Presidente
Pierfrancesco Ungari – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore
Giulia Ferrari – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *