Nell’ambito delle gare pubbliche il giudizio sull’anomalia

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 30 aprile 2020, n. 2761.

La massima estrapolata:

Nell’ambito delle gare pubbliche, il giudizio sull’anomalia dell’offerta costituisce espressione di una valutazione tecnica riservata all’Amministrazione ed è, pertanto, insindacabile in sede giurisdizionale, tranne nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità od irragionevolezza.

Sentenza 30 aprile 2020, n. 2761

Data udienza 21 aprile 2020

Tag – parola chiave: Contratti della PA – Affidamento – Gara – Offerta – Verifica di anomalia – Sindacato – Limiti – Onere della prova – Contenuto – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 9513 del 2019, proposto da
Se. Ri. s.p.a. in proprio e quale mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con Eu. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Ca. e An. Ma., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via (…).
contro
Comune di Vicenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Lo. Ch., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Provincia di Vicenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Ba., Ma. El. Tr., Fe. Ca. e Il. Bo., con domicilio eletto presso lo studio Fe. Ca., in Roma, via (…).
nei confronti
Ci. s.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Eu. Da. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 9867 del 2019, proposto da
Provincia di Vicenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Ba., Ma. El. Tr., Fe. Ca. e Il. Bo., con domicilio eletto presso lo studio Fe. Ca., in Roma, via (…).
contro
Ci. s.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Eu. Da. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.
nei confronti
Se. Ri. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Ca. e An. Ma., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via (…);
Comune di Vicenza, non costituito in giudizio.
per la riforma quanto ad entrambi i ricorsi:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (sezione prima) n. 1148/2019, resa tra le parti.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ci. S.C, del Comune di Vicenza, della Provincia di Vicenza e di Se. Ri. s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2020, tenuta con le modalità di cui all’art. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020 come da verbale, il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. n. 18 del 2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha accolto il ricorso della Società Cooperativa It. di Ri. s.c. – Ci. s.c. contro il Comune di Vicenza e la Provincia di Vicenza e nei confronti della Se. Ri. s.p.a. in proprio e in qualità di capogruppo mandataria del costituendo R.T.I. con Eu. S.r.l., e Ca. Soc.coop. a r.l. (d’ora innanzi Se.) per l’annullamento della determinazione n. 716 del 15 aprile 2019 del Comune di Vicenza, avente ad oggetto “Affidamento del servizio di ristorazione scolastica a ridotto impatto ambientale del Comune di Vicenza per il periodo 2018-2022 (CIG 7346499AC0) dopo la rinnovazione del subprocedimento di valutazione dell’anomalia dell’offerta.”, con la quale è stata aggiudicata la gara al R.T.I. Se. Ri., nonché degli atti presupposti specificamente indicati in ricorso.
1.1. La sentenza espone i fatti nei seguenti termini:
“1. Con gara indetta dal Comune di Vicenza ed espletata per mezzo della Stazione Unica Appaltante (di seguito SUA) istituita presso la Provincia di Vicenza veniva aggiudicato il servizio di ristorazione scolastica a ridotto impatto ambientale nelle scuole primarie per il periodo settembre 2018 – agosto 2022 al R.T.I. primo classificato, costituito da Se. Ri. s.p.a., capogruppo mandataria, Eu. s.r.l. e Ca. s.c.a r.l. (di seguito solo R.T.I. Se.).
2. Avverso tale aggiudicazione Ci. S.C., in proprio e quale capogruppo mandataria del R.T.I. con Ch. Ex. s.r.l. (di seguito solo R.T.I. Ci.), proponeva dinanzi a questa stessa Sezione del T.A.R. Veneto il ricorso rubricato al n. R.G. 878/2018.
3. Tale giudizio si concludeva con la pronuncia della sentenza n. 84 del 24 gennaio 2019 che accoglieva il ricorso annullando il verbale di non anomalia dell’offerta e il provvedimento di aggiudicazione della gara al R.T.I. Se., con restituzione degli atti alla stazione appaltante per la riattivazione del subprocedimento di verifica della congruità dell’offerta dell’aggiudicatario, ai fini delle verifiche e degli approfondimenti istruttori evidenziati nella medesima sentenza, e per la formulazione, all’esito degli stessi, di un nuovo giudizio sull’anomalia dell’offerta.
La citata sentenza non veniva impugnata dalle controparti nei termini prescritti e passava perciò in giudicato.
4. Il Comune di Vicenza, su invito della SUA, provvedeva quindi a richiedere nuove giustificazioni al R.T.I. Se. sull’offerta economica formulata, con particolare riferimento alla fornitura aggiuntiva senza oneri aggiuntivi – prevista al punto 5.14 del capitolato speciale – del 5% di pasti completi e del 10% in più di pasta o riso bianco, condito con olio extravergine di oliva, per ogni refettorio servito.
La richiesta veniva riscontrata dal R.T.I. Se. con nota del 14 febbraio 2019 alla quale veniva altresì allegata una relazione peritale, a sostegno delle giustificazioni rese (cfr. doc. 9 di parte ricorrente).
Il rup, esaminata tale documentazione, esprimeva un nuovo giudizio di non anomalia dell’offerta con verbale di verifica del 21 marzo 2019 (cfr. doc. 4 di parte ricorrente) e all’esito delle prescritte operazioni di gara, veniva quindi disposta l’aggiudicazione definitiva del servizio a favore del R.T.I. Se..”.
1.2. Così ricostruiti i fatti, il primo giudice, dopo aver illustrato i sei motivi di ricorso, ha esaminato congiuntamente ed accolto i motivi quarto, quinto e sesto; ha respinto la richiesta istruttoria della controinteressata di disporre CTU “per accertare se le grammature indicate nelle giustificazioni siano idonee a confezionare i pasti, se i prezzi unitari indicati siano di mercato per un’azienda delle dimensioni di Se. e se i conteggi riportati nelle giustificazioni siano matematicamente corretti”; ha accolto il ricorso, con assorbimento delle censure non esaminate e, per l’effetto, ha annullato il provvedimento di aggiudicazione in favore di Se.; dato atto dell’avvenuta stipulazione del contratto in data 11 settembre 2019 per il periodo 2019-2022, ha accolto anche la domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto, con decorrenza dalla data di notificazione della sentenza, “al fine di consentire il subentro della ricorrente principale nell’appalto in corso di esecuzione, a condizione che tutte le imprese componenti il raggruppamento di imprese subentrante siano in possesso dei requisiti per l’aggiudicazione dell’appalto e la stipulazione del contratto”; ha invece respinto la domanda di risarcimento del danno per equivalente.
Le spese di lite sono state liquidate nell’importo di Euro 3.000,00, oltre accessori di legge e contributo unificato, a favore della ricorrente Ci. e a carico di tutte le parti resistenti, Comune di Vicenza, Provincia di Vicenza e Se. Ri., in solido tra loro.
2. La società Se. Ri. s.p.a., in proprio e quale mandataria del r.t.i. con Eu. srl e Ca. Società cooperativa a r.l., ha proposto appello con nove motivi.
2.1. Si sono costituiti, prestando adesione al gravame, il Comune di Vicenza e la Provincia di Vicenza.
La società Ci. s.c., in proprio e in qualità di mandataria del r.t.i. con Ch. Ex. s.r.l., ha resistito ed ha riproposto i motivi di ricorso non esaminati in primo grado.
2.2. Con separato ricorso la Provincia di Vicenza ha proposto altro appello, basato su tre motivi, cui ha resistito Ci..
Nel secondo giudizio si è costituita anche Se., formulando istanza di riunione col giudizio introdotto col proprio precedente gravame.
2.3. Fissata l’udienza pubblica del 21 aprile 2020 per entrambi gli appelli, rispettivamente iscritti ai numeri di registro 9513/19 e 9867/19, le parti costituite hanno depositato memorie e repliche e la Provincia di Vicenza anche note d’udienza il 17 aprile 2020, ai sensi dell’art. 84, comma 5, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18.
2.4. Le cause sono passate in decisione, ai sensi di tale ultima norma, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, e sono state deliberate in camera di consiglio ai sensi dell’art. 84, comma 6, del d.l. n. 18 del 2020.
2.5. I ricorsi vanno riuniti in quanto proposti contro la stessa sentenza.
3. In via prioritaria va dato conto del giudicato formatosi a seguito della sentenza del T.a.r. Veneto, 24 gennaio 2019, n. 84, poiché Ci., interpretando quest’ultimo, avanza una preliminare eccezione di “improcedibilità /infondatezza dell’appello proposto da Se. per intervenuto consolidamento del giudicato sulla sentenza del Tar Veneto n. 84/2019” e ripropone, ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm., i motivi basati su tale giudicato, non espressamente esaminati o assorbiti in primo grado, rubricati come segue.
1) inottemperanza nel giudizio di congruità a quanto statuito dalla sentenza del Tar Venezia n. 84/2019 che vincolava l’ente verificatore ad accertare se il maggior costo del servizio aggiuntivo di pasti determinato a pagina 28 della decisione in origine poteva essere sostenuto dalla società Se. Ri. – mancata ottemperanza del r.u.p. alla richiesta di verifica di congruità nei limiti di quanto prescritto dalla Provincia di Vicenza con la nota n. 13432/2019 trasmessa in data 28.01.2019 – eccesso di potere per contraddittorietà tra il giudizio di congruità adottato dal Comune di Vicenza e dalla Provincia di Vicenza con quella che invece era la statuizione declarata ai capi 9.1 – 9.5 della sentenza n. 84/2019 del Tar Venezia e la comunicazione di riattivazione del subprocedimento di verifica di congruità disposto dalla Provincia di Vicenza in data 28.01.2019 – carenza di motivazione del giudizio di congruità e del provvedimento di aggiudicazione definitiva in relazione a quanto statuito dal giudice amministrativo ai capi 9.1-9-5;
2) illegittimità del giudizio di congruità e inottemperanza alla sentenza del Tar Veneto n. 84/2019, considerato che le giustificazione rese dal RTI Se. Ri. in data 14.02.2019, nel contenuto, sono identiche a quelle che aveva dedotto il medesimo RTI nel corso del giudizio rgn n. 878/2018 – eccesso di potere per sviamento di potere – falsa applicazione articolo 97 del d.lgs. n. 50 del 2016.
3) falsa applicazione articolo 97 d.lgs. n. 50 del 2016 – mutamento dell’offerta anche alla luce del quadro fattuale accertato dalla sentenza del Tar Venezia n. 84/2019 – mancata ottemperanza a quanto statuito dalla sentenza del Tar Venezia ai capi 9.1-9.5 -indeterminatezza ed indeterminabilità dell’offerta del RTI Se. Ri. – violazione del principio di immodificabilità dell’offerta – eccesso di potere per illogicità della motivazione.
Segue: indeterminatezza ed indeterminabilità dell’offerta di gara per duplicità delle offerte che sono riscontrabili dalla comparazione delle due distinte giustificazioni trasmesse all’ente dal RTI Se. Ri. – impossibilità della coesistenza della doppia offerta economica – eccesso di potere per illogicità della motivazione.
L’esame di tali motivi s’impone in quanto, come si dirà, sono fondati i motivi di appello di Se.. Per comodità espositiva, i motivi riproposti da Ci. vengono esaminati preliminarmente perché presuppongono, così come la detta eccezione, la valutazione del giudicato formatosi sui capi da 9 a 9.6 della sentenza del T.a.r. Veneto n. 84/2019.
3.1. Tali capi di sentenza motivano sull’accoglimento della censura “incentrata sull’omessa indicazione, nelle giustificazioni rese dal R.T.I. aggiudicatario, della fornitura aggiuntiva senza oneri aggiuntivi – prevista dall’art. 5.14 del capitolato speciale – del 5% in più di pasti completi per ciascun refettorio servito e del 10% in più di pasta o riso in bianco, condito con olio extravergine, sempre per ciascun refettorio servito” (capo 9.1).
3.2. Secondo Ci. la sentenza avrebbe statuito quanto segue:
a) che il costo della fornitura aggiuntiva di pasta e riso era pari a 12.603,37 Euro (corrispondente al 10 % di 126.033,70 Euro, indicato da Se. nelle prime giustificazioni come costo delle materie prime alimentari);
b) che il costo annuo della fornitura aggiuntiva ulteriore del 5% era pari a 69.375,64 Euro (in quanto calcolato sul costo annuo di 1.387.512,85 Euro, sempre indicato da Se. nelle prime giustificazioni);
c) che non poteva essere condivisa l’asserzione, resa da Se. nel giudizio di primo grado, che la fornitura aggiuntiva pari al 5% del costo dei pasti completi non incideva sul costo della materia non alimentare.
3.3. Così sintetizzati (nella memoria depositata il 14 dicembre 2019) i punti sui quali, a detta dell’appellata, si sarebbe formato il giudicato, si avrebbero le conseguenze denunciate con i primi tre motivi del ricorso (riproposti in appello, con le rubriche di cui sopra); e precisamente:
– che Se. avrebbe dovuto giustificare il costo dei pasti aggiuntivi negli importi, già stimati nella sentenza, di Euro 69.375,64 annuali, oltre che in ulteriori 12.603,37 riferiti alla sola fornitura di pasta e riso bianco sempre annuali; che invece il RUP – disattendendo la nota della SUA Provincia di Vicenza che gli chiedeva di ottemperare al giudicato – aveva chiesto solo “una generica giustificazione” sul servizio aggiuntivo; che tale richiesta generica avrebbe consentito a Se. di riproporre le medesime giustificazioni fornite dalla difesa in giudizio e disattese dal giudice (primo motivo);
– che tale ultimo assunto sarebbe confermato dal confronto tra le argomentazioni difensive della memoria depositata in giudizio il 3 settembre 2018 e le giustificazioni fornite nel secondo procedimento di verifica di anomalia dell’offerta in data 19 febbraio 2019 (secondo motivo);
– che le seconde giustificazioni sarebbero comunque inammissibili perché comporterebbero una modificazione dell’offerta formulata in corso di gara, nonché l’indeterminatezza o l’indeterminabilità della medesima, in quanto nelle prime giustificazioni Se. aveva indicato solo 391.409 pasti annui, mentre nelle seconde risultano indicati 410.249 pasti annui, comprensivi dei pasti aggiuntivi; con la conseguenza che, comparando i prezzi offerti, si avrebbero due diversi prezzi riferiti al medesimo pasto (terzo motivo).
4. I motivi sono infondati, non essendo corretto il presupposto da cui muove la difesa di Ci..
4.1. Con la sentenza n. 84 del 24 gennaio 2019 il T.a.r. Veneto ha deciso come segue:
– ha constatato che nelle prime giustificazioni fornite dall’aggiudicataria, nel riportare il costo totale annuo dei pasti, “non vi è alcuna indicazione se il numero dei pasti annuo comprenda anche la fornitura aggiuntiva gratuita di pasti completi prevista dall’art. 5.14 del capitolato speciale” (punto 9.2);
– “a fronte dell’omessa specificazione da parte del R.T.I. Se., nelle proprie giustificazioni, del fatto che il costo annuo dei pasti fosse comprensivo anche della fornitura gratuita aggiuntiva del 5% e che il costo annuo dei prodotti alimentari fosse comprensivo anche – in merito alla voce “Pasta gnocchi riso” – della fornitura gratuita aggiuntiva del 10%”, ha affermato la carenza di istruttoria, perché “la stazione appaltante avrebbe dovuto svolgere ulteriori approfondimenti e richiedere apposite precisazioni, adeguatamente comprovate” (punto 9.3);
– ha concluso che detta carenza di istruttoria “vizia irrimediabilmente la valutazione di non anomalia dell’offerta del R.T.I. Se. fatta dal R.U.P. e, attraverso questa, lo stesso provvedimento di aggiudicazione” (punto 9.3), risultando la valutazione positiva inficiata da vizi di manifesta erroneità ed errore di fatto, non rimediabili mediante ricorso alla valutazione di attendibilità dell’offerta nel suo complesso (come opposto dalle amministrazioni resistenti), proprio a causa dell’omissione riscontrata nelle giustificazioni dell’aggiudicataria e della mancanza di istruttoria, che avrebbero comportato, secondo il T.a.r., la mancata dimostrazione della sostenibilità economica della fornitura aggiuntiva (punto 9.4);
– da qui “l’annullamento della nota del R.U.P. prot. n. 0093068/2018 del 20 giugno 2018, recante la valutazione di non anomalia dell’offerta del R.T.I. Se., nonché della determina del Comune di Vicenza n. 1400 del 26 giugno 2018, recante aggiudicazione definitiva dell’appalto al predetto R.T.I.; […] la restituzione degli atti alla stazione appaltante, in modo che essa riattivi il subprocedimento di verifica della congruità dell’offerta dell’aggiudicatario, ai fini delle verifiche e approfondimenti istruttori poc’anzi esposti ai punti 9.1-9.5, onde pervenire, in esito agli stessi, a un nuovo giudizio” (punto 10).
4.2. Orbene, data per nota la differenza tra effetti caducatori ed effetti conformativi del giudicato, nel caso di specie questi ultimi, per come fatto palese dalle statuizioni appena riassunte, consistono nell’ordine di riattivazione del subprocedimento di verifica di anomalia, al fine di colmare la lacuna riscontrata nelle giustificazioni dell’aggiudicataria mediante un nuovo giudizio (in argomento si rinvia a Cons. Stato, V, 14 aprile 2020, n. 2383).
Nessun altro dato o elemento dell’offerta dell’aggiudicataria è stato accertato con efficacia di giudicato, vincolante per l’amministrazione in termini tali che ne avrebbe dovuto tenere conto nella riedizione del potere di verifica dell’anomalia.
Il giudicato si forma sulle statuizioni che abbiano portata decisoria, non sulle argomentazioni svolte dal giudice solo incidentalmente.
Perciò all’opposto di quanto sostenuto da Ci., nel caso di specie il giudicato non riguarda affatto:
– a) la necessità per la stazione appaltante di calcolare in aggiunta ai costi già indicati da Se. il costo della fornitura aggiuntiva di pasta e riso (per di più asseritamente corrispondente al 10% di 126.033,70 Euro, cioè dell’importo indicato da Se. nelle prime giustificazioni come costo delle materie prime alimentari): la relativa argomentazione è solo ipotetica (“se si dovesse accedere alla tesi della ricorrente […]”), cioè formulata nella mera ipotesi che la fornitura aggiuntiva non fosse stata “inclusa” (cioè, considerata) nell’offerta dell’aggiudicataria (punto 9.2);
– b) la necessità per la stazione appaltante di calcolare in aggiunta ai costi già indicati da Se. il costo annuo della fornitura aggiuntiva ulteriore del 5% dei pasti (asseritamente) pari a 69.375,64 Euro (in quanto calcolato sul costo annuo di 1.387.512,85 Euro, sempre indicato da Se. nelle prime giustificazioni): per tale costo vale quanto appena detto sul ragionamento puramente ipotetico svolto nella sentenza non impugnata (punto 9.2);
– c) l’accertamento dell’incidenza della fornitura aggiuntiva del 5% del costo dei pasti completi anche sui costi fissi: ancora una volta, occorre distinguere tra quanto accertato in positivo all’esito del giudizio e quanto invece affermato in motivazione incidenter tantum; meramente incidentali -prive cioè di qualsivoglia portata decisoria- sono le considerazioni svolte al punto 9.5 della sentenza concernenti la difesa in giudizio di Se. (anche in punto di incidenza della fornitura aggiuntiva sui costi fissi), dal momento che il giudice si è limitato ad affermare che quella difesa “non convince”, ma tenendo conto delle prime giustificazioni, senza perciò conformare la futura valutazione da svolgersi dall’amministrazione in base a nuove giustificazioni da fornirsi da parte dell’aggiudicataria;
– d) parimenti prive di effetti conformativi sono le restanti argomentazioni della sentenza n. 84 del 2019 (punti 9.5 e 9.6); non è necessario occuparsene specificamente, poiché irrilevanti ai fini della presente decisione, né poste a fondamento dei motivi riproposti da Ci..
4.3. Questi ultimi, per la parte in cui sono basati sull’interpretazione del giudicato appena confutata, vanno respinti. La richiesta di chiarimenti e giustificazioni rivolta dal r.u.p. alla società Se. è corretta e conforme al giudicato. Ogni ulteriore questione sulla nuova valutazione di non anomalia effettuata dalla stazione appaltante riguarda perciò eventuali vizi del secondo giudizio, autonomamente considerato.
4.3.1. Per altra parte i motivi riproposti pongono temi di decisione (quali, in particolare, quelli di cui al terzo motivo) altrettanto infondati, ma che, in quanto comuni ai motivi dell’appello di Se., verranno affrontati trattando di questi ultimi.
5. I primi sette motivi dell’appello di Se. riguardano la decisione di primo grado in punto di illegittimità del secondo giudizio di non anomalia dell’offerta.
5.1. La sentenza appellata ha deciso secondo quanto appresso:
– Se. avrebbe reso “giustificazioni contraddittorie e comunque generiche e prive di riscontri oggettivi” (punti 2.2 e 2.3), in particolare perché la controinteressata non avrebbe “fornito prove oggettive di alcun tipo circa la sostenibilità e l’attendibilità del costo per le materie prime necessarie per la preparazione dei pasti che, peraltro, nell’ambito di una gara per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica rappresenta una voce di costo di primaria rilevanza” (punto 2.4) ed il r.u.p., a sua volta, si sarebbe limitato a recepire i costi indicati da Se. senza richiedere integrazioni documentali a comprova, con ciò dando luogo ad “un’evidente carenza di istruttoria” (punto 2.5);
– le modalità di calcolo utilizzate da Se. e dal consulente tecnico per determinare il costo medio per le materie prime dei pasti aggiuntivi non sarebbero attendibili sotto vari profili (punto 2.6), in particolare per avere utilizzato soltanto quattro menù come campione per il calcolo, ma scegliendoli “in modo arbitrario… tra i cinquanta menù indicati dalla stazione appaltante nella tabella 1 del capitolato speciale di appalto (cfr. pag. 70, doc. 11 di parte ricorrente)”, anche perché “solo uno dei quattro menù scelti contiene la carne, mentre gli altri contengono alimenti meno costosi e hanno perciò un costo per materie prime particolarmente basso”, di modo che sarebbe “evidente che la scelta di tali parametri di calcolo, operata del tutto discrezionalmente dalla controinteressata, incide in modo diretto sul costo per le materie prime dei pasti, consentendone un significativo abbassamento” (punto 2.6.1). Tale giudizio troverebbe riscontro nell’esame della consulenza tecnica di parte che viene svolta nella parte seguente della motivazione (punto 2.6.2), per pervenire alla conclusione che “il metodo di calcolo del costo medio di ciascun pasto aggiuntivo per le materie prime e del costo annuo complessivo utilizzato dalla controinteressata, oltre che privo di riscontri, deve ritenersi oggettivamente inattendibile.” (punto 2.6.3);
– inoltre, sarebbero inattendibili e incongrui il costo medio a pasto (euro 0,99) e il costo complessivo annuo (euro 18.500) per i pasti aggiuntivi e per la pasta/riso aggiuntivi, previsti all’art. 5.14 del capitolato, indicati da Se. a giustificazione della sostenibilità economica della propria offerta, anche sotto altri profili, esaminati ai punti 2.7.1, 2.7.2 e 2.7.3 della motivazione (su cui si tornerà ).
6. I riferiti capi di sentenza sono censurati dall’appellante con i seguenti motivi:
– Motivo primo: Travisamento del fatto presupposto. Carenza e contraddittoria motivazione – Illogicità manifesta – Violazione di legge: Violazione del principio di non contestazione ex art. lo 115 c.p.c. in relazione all’art. lo 2729 c.c.; violazione onere prova art. lo 63 c.p.a. – omesso esercizio del potere di cui all’art. 64 c.p.a.; secondo l’appellante, il T.a.r. non ha applicato i principi di diritto deducibili dalle sentenze del Consiglio di Stato in materia di giudizio di anomalia dell’offerta esposti nella premessa della stessa sentenza;
– Motivo secondo: Violazione del principio di non contestazione ex art. lo 115 c.p.c. in relazione all’art. lo 2729 c.c.; violazione onere prova art. lo 63 e 64 c.p.a. Travisamento del fatto presupposto; motivazione contraddittoria; secondo l’appellante, la ricorrente Ci. era gravata dell’onere della prova, mentre ha formulato censure generiche e prive di riscontri oggettivi, senza contestare i dati di fatto esposti nella perizia di parte, quanto a componenti necessarie per produrre i menù, grammatura per ciascun piatto e prezzo del prodotto; il giudice di primo grado ha invertito l’onere della prova, ponendolo a carico della controinteressata ed inoltre non ha esercitato i poteri istruttori dell’art. 65 cod. proc. amm.;
– Motivo terzo: Infondatezza della critica alla consulenza del dott Da. La. Pi. allegata alle seconde giustificazioni della controinteressata; secondo l’appellante, Ci. non ha allegato e provato alcun costo fisso diverso da quelli indicati dal perito di parte, incidente sul costo della produzione dei pasti in relazione alla quantità di pasti, pasta o riso in bianco, da fornire dall’appaltatore; l’aggiudicataria ha allegato l’analisi dei costi della materia prima dei quattro menù, non per provare il costo medio della materia prima di tutti i pasti da fornire, ma soltanto per evidenziare la infondatezza della eccezione di Ci. (secondo la quale il costo della materia prima per preparare un menù non poteva essere inferiore ad Euro 1,00), dimostrando invece che il costo della materia prima dipende dal menù da realizzare; perciò non è decisivo l’argomento che il T.a.r. ha usato per smentire la perizia di parte, mentre è significativo che l’analisi dei costi della materia prima dei quattro menù abbia dimostrato l’enorme differenza del costo della materia prima in relazione al menù da fornire (come peraltro riconosciuto dallo stesso T.a.r.); la sentenza è errata nella parte in cui ha giudicato inattendibile il costo della materia prima medio dei menù dell’aggiudicataria, per travisamento del fatto e per violazione dello scopo del giudizio di anomalia che riguarda l’offerta nel suo complesso e non le singole sue componenti; essa è inoltre contraddittoria tra quanto affermato al punto 2.6 e quanto affermato al punto 2.7.
– Motivo quarto: Violazione della funzione del giudizio sull’anomalia finalizzato ad accertare l’attendibilità e serietà dell’offerta con giudizio globale e sintetico e non sulle singole componenti; secondo l’appellante, il T.a.r., anziché verificare che il giudizio dell’amministrazione sulla non anomalia dell’offerta di Se. fosse affetto da abnormità, errori di fatto o manifestamente illogico, secondo l’insegnamento del Consiglio di Stato (n. 987 del 2015), si è limitato – decidendo in contrasto con il prevalente e condivisibile indirizzo giurisprudenziale in materia di verifica di anomalia delle offerte, secondo cui il giudizio della stazione appaltante è espressione di ampia discrezionalità tecnica e l’offerta deve essere valutata nel suo complesso, senza parcellizzazione delle singole voci – a valutare esclusivamente il costo delle derrate alimentari, per di più quantificandolo in modo errato, considerato che non è basato su alcun dato oggettivo, laddove invece il consulente di Se. sarebbe stato particolarmente prudente nell’analizzare i costi;
– Motivo quinto: Aumento del numero dei pasti nelle seconde giustificazioni motivazione illogica travisamento del fatto presupposto; secondo l’appellante, contrariamente a quanto dedotto da Ci., Se. con le seconde giustificazioni non ha modificato in alcun modo il numero dei pasti, rispetto alle prime, per calcolare il costo della materia prima, considerato che il numero di pasti indicati per calcolare i ricavi è diverso dal numero dei pasti da fornire (poiché il 5% dei pasti gratuiti come pure il 10% di pasta o riso da fornire gratuitamente non forniscono ricavi), laddove invece i due dati sono stati confusi dalla ricorrente;
– Motivo sesto: Costo della pasta o del riso da fornire gratuitamente motivazione illogica travisamento del fatto presupposto; secondo l’appellante, la sentenza n. 84/2019, richiamata dalla sentenza qui impugnata, aveva indicato, incidenter tantum, il costo del 5% dei pasti da fornire nell’importo di Euro 69.375,64, moltiplicando il numero dei pasti per il ricavo del pasto, in violazione del principio di utilità marginale, che corrisponde a nozione di comune esperienza e comunque è stato posto a base della consulenza di parte del dott. Da. La. (che ha dimostrato la manifesta infondatezza del detto giudizio del costo del 5% dei pasti);
– Motivo settimo: Giudizio del RUP violazione di legge art. lo 97 codice contratti pubblici travisamento del fatto motivazione illogica; secondo l’appellante, contrariamente a quanto affermato dal T.a.r. – non in linea con la giurisprudenza in tema di giudizio di anomalia (Cons. Stato, 13 settembre 2015, n. 3855) – il r.u.p. non ha ritenuto di chiedere alcun chiarimento alla Se. perché evidentemente ha stimato congrui i costi da questa indicati.
7. All’esame dei motivi va premesso, in punto di fatto, che, come riconosciuto anche in sentenza, Se. ha fornito ulteriori giustificazioni in data 19 febbraio 2019, corredate da perizia di parte, dalle quali si evince quanto segue:
– è stata colmata la lacuna accertata con la sentenza n. 84/2019, atteso che Se. ha chiarito che la propria offerta economica era riferita alla fornitura di tutti i pasti richiesti dal capitolato speciale, compresa la fornitura aggiuntiva di cui al punto 5.14;
– ha ribadito che tale fornitura aggiuntiva – per la quale il numero complessivo annuo di pasti di 391.409 deve essere aumentato a 410.979 – consiste in 112 pasti aggiuntivi giornalieri (portando il numero dei pasti giornalieri al totale di 2.359), che non incidono sui costi fissi (trasporto, manodopera e spese generali, come precisato alla pag. 7 delle giustificazioni), ma soltanto sui costi per le materie prime;
– ha confermato i costi per le materie prime già indicati nella prima relazione giustificativa, specificamente il costo complessivo annuo di Euro 450.120,35 (comprensivo dei pasti aggiuntivi), che, diviso per il detto numero di pasti complessivo annuo (410.979), fa ottenere un costo medio a pasto per le materie prime di Euro 1,01 (rectius, 1,09), comprensivo anche di pasta e riso aggiuntivi;
– ha inserito un’analisi comparativa di quattro menù al fine di dimostrare che tale costo è in linea con quello ricavato da tale analisi (0,99) ed ha riscontrato i dati con relazione tecnica di parte, volta a dimostrare altresì la mancata incidenza delle forniture aggiuntive sui costi fissi.
7.1. Ciò premesso, i motivi sono fondati per le ragioni di seguito esposte in riferimento a ciascuna doglianza, indicata secondo l’ordine del ricorso in appello:
7.1. 1. I principi giurisprudenziali da applicare sono, in primo luogo, i seguenti:
– nell’ambito delle gare pubbliche, il giudizio sull’anomalia dell’offerta costituisce espressione di una valutazione tecnica riservata all’Amministrazione ed è, pertanto, insindacabile in sede giurisdizionale, tranne nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità od irragionevolezza (cfr. Cons. Stato, V, 27 febbraio 2019, n. 1387, tra le più recenti);
– in merito alla sospetta anomalia dell’offerta, la valutazione favorevole della stazione appaltante circa le giustificazioni fornite dall’impresa concorrente non richiede un particolare onere motivazionale e la motivazione per relationem deve ritenersi sufficiente in caso di positiva valutazione di congruità di una presunta offerta anomala (così, tra le altre, Cons. Stato, III, 13 settembre 2018, n. 5378);
– incombe sulla parte che agisce in giudizio indicare e provare specificamente i fatti posti a base delle pretese avanzate, in base al principio generale, applicabile anche al processo amministrativo, dagli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c.. Se è vero, infatti, che nel processo amministrativo il sistema probatorio è retto dal principio dispositivo con metodo acquisitivo degli elementi di prova da parte del giudice, è altrettanto vero che, in mancanza di una prova compiuta a fondamento delle proprie pretese, il ricorrente debba avanzare un principio di prova perché il giudice possa esercitare i propri poteri istruttori. (cfr. Cons. Stato, IV, 28 maggio 2013, n. 2910; id., V, 2 ottobre 2013 n° 4880).
L’applicazione di tali principi al controllo giurisdizionale sul giudizio di non anomalia dell’offerta espresso dalla stazione appaltante comporta che sia onere del ricorrente, che impugna la corrispondente determinazione e l’aggiudicazione in favore della parte controinteressata, contestare specificamente i dati posti a fondamento del giudizio e soprattutto fornire elementi significativi della manifesta incongruità di tali dati, quali indici, a loro volta, della manifesta e macroscopica erroneità del giudizio positivo espresso dalla stazione appaltante.
7.1.2. Le conseguenze applicative nel caso di specie sono esattamente quelle sostenute dall’appellante col secondo e col terzo motivo. Quanto al secondo motivo, infatti, va condivisa la censura di mancata specifica contestazione da parte di Ci. delle componenti necessarie e delle grammature per prodotto esposte con le seconde giustificazioni di Se. e con l’allegata perizia di parte; a ciò si aggiunga che la ricorrente non ha fornito alcun elemento a sostegno della dedotta irragionevolezza del giudizio di congruità sui prezzi delle materie prime espresso dalla stazione appaltante. Alla stregua del criterio di riparto dell’onere della prova desumibile dalla giurisprudenza sopra richiamata, sarebbe stato onere della ricorrente Ci. fornire, quanto meno, degli indici significativi dell’assoluta incongruità dei prezzi esposti da Se., a fronte dei quali poi la dinamica processuale avrebbe imposto a quest’ultima di reagire con la dimostrazione delle ragioni per le quali – in thesi – i propri prezzi si giustificherebbero anche se inferiori a quelli di mercato (ed a tale controprova sono riferite le massime giurisprudenziali che sembrano far gravare l’onere della prova sulla controinteressata resistente).
E’ quindi fondata la critica mossa col secondo motivo per la quale il giudice di primo grado, invece, in violazione degli art. li 63 e 64 c.p.a., non solo non ha dato per ammessi, perché non contestati, i dati allegati da Se. nelle giustificazioni, ma ha invertito l’onere probatorio ponendolo a carico della controinteressata, laddove, in prima battuta, sarebbe dovuto gravare sulla ricorrente.
Parimenti, per le medesime ragioni, è fondata l’ulteriore critica – mossa sempre col secondo motivo- all’affermazione della sentenza, secondo cui la controinteressata, nel fornire le giustificazioni, si sarebbe discostata dai “parametri oggettivi, estrapolabili dalla documentazione di gara e dalla stessa offerta della controinteressata in base alla interpretazione letterale e ad un criterio di ragionevolezza” (punto 2.7.2), laddove invece avrebbe dovuto ancorare le proprie giustificazioni a “dati e circostanze oggettive”. In realtà, non risulta affatto che Se. si sia “scostata” dalla propria offerta, essendosi limitata a precisarla – colmando in particolare la lacuna riscontrata con la sentenza n. 84/2019 – mantenendo tuttavia fermi i costi complessivi delle materie prime già indicati con le prime giustificazioni e basando su questi costi le seconde giustificazioni e la relazione tecnica di parte. In particolare, essendo stati mantenuti fermi i costi complessivi delle materie prime indicati alla pag. 7 delle prime giustificazioni (compreso il costo per la fornitura di pasta riso e gnocchi per l’intera durata dell’appalto, indicato nell’importo di Euro 126.033,70), a fronte del giudizio positivo espresso dalla stazione appaltante e della mancata specifica contestazione della ricorrente, l’unico punto controverso da dirimere con le seconde giustificazioni atteneva, non direttamente alla prova dei costi delle materie prime, bensì alla dimostrazione della congruità del costo medio a pasto per le materie prime, che ne risultava, una volta che il costo complessivo di queste fosse diviso per il numero dei complessivo dei pasti comprendendovi i pasti aggiuntivi (5%) e la pasta e il riso in più (10%).
Questo è lo scopo principale della disamina dei menù contenuta alle pagg. 4-6 delle seconde giustificazioni ed, in parte, della relazione tecnica che vi è allegata.
7.1.3. Le affermazioni contenute nella sentenza riguardo a tale relazione tecnica non sono corrette per le ragioni esposte dall’appellante col terzo motivo di gravame.
Va premesso che le contestazioni mosse da Ci. all’operato del perito di parte Se. riguardavano il risultato raggiunto all’esito dell’analisi dei costi e dei menù, quantificando nell’importo di Euro 0,99 il costo medio delle materie di un pasto-tipo; questo risultato Ci. ha contestato reputandolo irrisorio e irragionevole, nonché – alla stregua di argomentazione svolte anche nel presente giudizio di appello – in contrasto con altri importi indicati dalla stessa Se. come costo medio delle materie prime di un pasto. Il primo giudice ha seguito l’impostazione della ricorrente, di modo che le argomentazioni di cui ai punti 2.6.1 e 2.6.2 si prestano alle critiche come appresso sintetizzate.
Poiché è incontestabile – oltre che, come nota l’appellante, riconosciuto dallo stesso T.a.r. – che il costo della materia prima per menù dipende dal tipo di menù da preparare, le seconde giustificazioni e la relazione tecnica di parte dimostrano come tale differenza tra i diversi menù potesse essere anche molto significativa, di modo che, non solo non potrebbe essere reputato manifestamente incongruo il costo medio di Euro 0,99, ma – ciò che più rileva ai fini del giudizio di anomalia – a maggior ragione non avrebbe la stazione appaltante manifestamente errato nel reputare congruo il costo medio per le materie prime a pasto, indicato nelle seconde giustificazioni di Se. (pag.3, dove il criterio di calcolo indicato condurrebbe al risultato di Euro 1,09, erroneamente riportato come Euro 1,01), da cui non si discosta significativamente il costo medio indicato nel ricorso in appello (1,05) perché ottenuto depurandolo dei costi di pasta e riso aggiuntivi.
Le conclusioni raggiunte nella sentenza sono basate su un travisamento del fatto presupposto – poiché lo scopo delle giustificazioni non era quello di determinare il costo medio a pasto per le materie prime- e sono comunque infondate – poiché la controinteressata ha raggiunto con le giustificazioni prodotte alla stazione appaltante lo scopo avuto di mira, cioè quello di dimostrare l’attendibilità del prezzo medio indicato, a fronte dell’enorme variabilità del costo della materia prima per la preparazione dei pasti in funzione dei menù .
7.1.4. Tale conclusione vieppiù si giustifica alla luce del principio giurisprudenziale sul quale è fondato il quarto motivo di appello, invocato non solo dall’appellante Se., ma anche dalle amministrazioni costituite a sostegno dell’insindacabilità del giudizio di non anomalia dell’offerta economica della controinteressata, secondo cui la serietà e l’attendibilità dell’offerta del singolo concorrente devono essere valutate in modo sintetico e globale (cfr., tra le altre, Cons. Stato, V, 26 novembre 2018, n. 6689), di modo che anche qualora per qualche voce di costo l’offerta economica risulti pari a zero, questo dato non può essere isolatamente considerato al fine di desumerne la scarsa affidabilità complessiva dell’offerta, dovendo essere considerato l’utile che il concorrente ritrae dalla propria offerta complessivamente valutata (cfr. Cons. Stato, V, 17 marzo 2016, n. 1090).
Ribadito perciò che l’offerta deve essere valutata nel suo complesso, senza parcellizzazione delle singole voci, va accolta la critica alla sentenza impugnata per essersi occupata esclusivamente del costo delle materie prime in riferimento alla fornitura aggiuntiva, per di più nei termini errati di cui sopra.
7.1.5. Tale critica si completa con quella di cui al quinto motivo di appello, parimenti fondata, laddove evidenzia come il primo giudice abbia dato erroneamente seguito all’argomentazione di Ci. secondo cui vi sarebbe stata una modificazione dell’offerta (avendo Se. indicato nelle prime giustificazioni 391.409 pasti e nelle seconde 410.979).
La censura, riproposta da Ci. in appello, anche ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm., è destituita di fondamento, così come l’altra, correlata, secondo cui l’offerta economica dell’aggiudicataria avrebbe finito per sdoppiarsi in due prezzi distinti, l’uno valevole per la fornitura-base e l’altra per la fornitura aggiuntiva. In realtà, l’indicazione “secca” di 391.409 pasti contenuta nell’offerta corrisponde al numero dei pasti indicato dall’amministrazione per determinare la base d’asta, quindi al numero dei pasti da prendere a riferimento per il calcolo dei ricavi; mentre ciò che rileva, ai fini del giudizio di anomalia, è che – come detto – la controinteressata abbia, una volta per tutte, indicato i costi annui della materia prima, in particolare il costo annuo complessivo di Euro 450.120,35, e che questo sia non manifestamente inattendibile, secondo quanto sopra, anche se riferito a numero di pasti incrementato del 5% ed all’aggiunta di pasta e riso.
7.1.6. Le argomentazioni del sesto motivo sono volte a smentire quanto affermato incidenter tantum nella sentenza n. 84/2019 a proposito dei costi (asseritamente) aggiuntivi che la controinteressata avrebbe dovuto sostenere per garantire il 5% di pasti ed il 10% di pasta e riso in più . Per quanto detto sulla portata del giudicato, la questione va affrontata, non tanto nella prospettiva della sua violazione, quanto perché la sentenza qui appellata la ripropone ai punti 2.7.1 (per il costo di entrambe le tipologie di forniture aggiuntive) e 2.7.2 (specificamente per il costo della fornitura aggiuntiva di pasta e riso) della motivazione e perché costituisce uno degli argomenti fondamentali su cui torna ad insistere la difesa di Ci. in appello.
Al riguardo, richiamando quanto sopra argomentato, non si può che rilevare che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, nessuna palese contraddizione è riscontrabile tra le prime e le seconde giustificazioni quanto ai costi delle materie prime e che come dedotto ed illustrato col sesto motivo:
– per un verso, la relazione tecnica di parte ha dimostrato l’erroneità del criterio di calcolo dei costi per la fornitura aggiuntiva che non tenga conto dell’utilità marginale;
– per altro verso, con riguardo alla cifra di Euro 126,033,70, il dato è stato mal interpretato dal primo giudice, che perciò è incorso in errore per travisamento del fatto, per le ragioni esposte dall’appellante, alle quali è qui sufficiente fare rinvio.
7.1.7. Il settimo motivo è fondato per quanto detto trattando dei motivi riproposti da Ci. ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm. in merito alla correttezza dell’operato del r.u.p., e, trattando dei primi tre motivi di appello, in merito al riparto dell’onere della prova nel giudizio di anomalia: il r.u.p. non ha chiesto integrazioni documentali a Se. perché ha ritenuto congrui i dati da questa forniti; il presente giudizio non ha fatto emergere profili di manifesta irragionevolezza o di palese travisamento dei fatti da parte della stazione appaltante tali da consentire il sindacato giurisdizionale sulla detta valutazione. La conclusione vieppiù si giustifica se si considera che – come pure ridetto – tale valutazione non può essere parcellizzata, ma si esprime in riferimento alla sostenibilità economica dell’intera offerta, e non sono emersi elementi atti a dimostrare che, considerando l’incidenza dei costi delle forniture aggiuntive, il servizio sarebbe reso in perdita.
7.2. A proposito dell’incidenza sui costi totali, occorre infine sottolineare che, sebbene la sentenza non abbia affrontato la questione ex professo, sono fondati i rilievi svolti dall’appellante – in specie col terzo motivo e comunque in replica alle contrarie argomentazioni dell’appellata – concernenti l’avvenuta dimostrazione da parte della controinteressata dell’irrilevante incidenza delle forniture aggiuntive sui costi fissi. Alle argomentazioni della relazione di parte, positivamente sottoposte al vaglio della stazione appaltante, è sufficiente aggiungere che il giudizio di quest’ultima va immune dalla censura di manifesta irragionevolezza anche sui costi fissi, sol che si consideri che si sta dibattendo di appena 112 pasti aggiuntivi al giorno (essendo oggettivamente irrilevanti gli altrettanto modesti quantitativi di pasta e riso bianco, per di più da aggiungere soltanto ai menù che prevedono tali alimenti), distribuiti tra numerosi refettori, su un totale di oltre 2.000 pasti. Contrariamente a quanto genericamente affermato dal primo giudice, sono decisive, in specie con riguardo all’incidenza sui costi fissi, l’organizzazione aziendale e l’esperienza maturata nel settore da Se. e dalle altre società che compongono il raggruppamento; né ha diretta incidenza sul giudizio di anomalia la verifica del rapporto tra la produzione del pasti e il numero degli addetti allocati dall’impresa per la distribuzione, su cui si sofferma la difesa dell’appellata, poiché si tratta di dato (indicato nel progetto della controinteressata) del quale la ricorrente – che peraltro ha introdotto l’argomento soltanto con memoria depositata in primo grado il 16 settembre 2019 (sicché risultano nuove e perciò inammissibili le conseguenze prospettate in tema di aumento del costo del lavoro) – non ha dimostrato la concreta incidenza sull’aggiudicazione (non essendo sufficiente il richiamo, in astratto, alla previsione del punto n. 3 del paragrafo 18.1 del disciplinare).
7.3. In conclusione, i primi sette motivi del ricorso di Se. sono fondati.
8. L’accoglimento di tali motivi ed il rigetto dei motivi riproposti da Ci. ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm. comportano l’assorbimento dei motivi ottavo e nono dell’appello di Se., concernenti rispettivamente la dichiarazione di inefficacia del contratto e la condanna alle spese del giudizio di primo grado.
8.1. Accolto quindi l’appello di Se., per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, va respinto il ricorso di Ci. l’aggiudicazione dell’appalto.
9. L’appello avanzato dalla Provincia di Vicenza è basato su tre motivi, rispettivamente volti a censurare la dichiarazione del diritto della ricorrente Ci. al subentro nel contratto, la condanna al pagamento in solido delle spese di lite (anche) a carico della SUA Provincia di Vicenza, nonché il vizio di motivazione e l’erroneità in diritto della sentenza di primo grado.
9.1. La riforma di quest’ultima a seguito dell’accoglimento dell’appello di Se. priva di interesse i primi due motivi di gravame della Provincia di Vicenza, che perciò vanno dichiarati improcedibili, ferma restando la fondatezza del terzo motivo per le ragioni già esposte trattando i motivi di appello della controinteressata.
10. La peculiarità della vicenda amministrativa, che ha preso avvio da precedente giudicato sfavorevole all’odierna appellante, consente la compensazione per giusti motivi delle spese dei due gradi di giudizio tra tutte le parti processuali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, riunisce i ricorsi come in epigrafe proposti e definitivamente pronunciando su entrambi, accoglie l’appello di Se. e, respinti i motivi riproposti ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm., in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto da Ci.; dichiara improcedibile l’appello della Provincia di Vicenza, nei limiti di quanto specificato in motivazione.
Compensa integralmente tra tutte le parti le spese processuali di entrambi i gradi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero – Presidente FF
Stefano Fantini – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere, Estensore
Elena Quadri – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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