Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 14189.
Nella responsabilità dell’ente gestore della strada non assume rilievo la circostanza che il soggetto coinvolto nel sinistro stradale conoscesse il tratto di strada percorso
È provata la responsabilità dell’ente gestore della strada quando siano dimostrate le carenze di custodia dell’amministrazione, senza che possa assumere rilievo la circostanza che il soggetto coinvolto nel sinistro stradale conoscesse il tratto di strada percorso. Rilevano invece a titolo di concorso nella responsabilità la condotta di guida pericolosa a velocità elevata, l’assenza di illuminazione e segnaletica.
Sentenza|| n. 14189. Nella responsabilità dell’ente gestore della strada non assume rilievo la circostanza che il soggetto coinvolto nel sinistro stradale conoscesse il tratto di strada percorso
Data udienza 22 febbraio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Custodia – Sinistro stradale – Restringimento della carreggiata – Custode – Artt. 1227, 2043 e 2051 cc
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. AMBROSI Irene – Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1851 del 2020 R.G. proposto da:
COMUNE (OMISSIS), domiciliazione digitale (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
-intimati-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 2024 del 2019 depositata il 16/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/02/2023 dal Consigliere PAOLO PORRECA.
Viste le conclusioni scritte del Pubblico Ministero.
Nella responsabilità dell’ente gestore della strada non assume rilievo la circostanza che il soggetto coinvolto nel sinistro stradale conoscesse il tratto di strada percorso
Rilevato che
il Comune di (OMISSIS) ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 2024 del 2019 della Corte di appello di (OMISSIS), esponendo che:
– (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e quali eredi di (OMISSIS), avevano convenuto in giudizio l’ente deducente per chiedere il risarcimento dei danni per la morte del congiunto (OMISSIS) avvenuta mentre era alla guida della propria autovettura, a (OMISSIS), e si era schiantato contro un muro posto sul lato destro della carreggiata e non segnalato;
– gli attori avevano indicato che la causa dell’incidente era da rinvenire nelle cattive condizioni della strada, priva di segnaletica, d’illuminazione pubblica e invasa, lungo il margine destro, da cespugli;
– il Tribunale aveva accolto la domanda ritenendo il concorso di responsabilita’ della vittima nella misura della meta’, con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare, la mancanza d’illuminazione dei luoghi, il margine destro della carreggiata privo della delimitazione con striscia continua orizzontale, e la mancanza di segnalazione del muro che, nascosto da una folta vegetazione, determinava un restringimento, sulla destra, della carreggiata, affatto prevedibile ed evitabile, in uno, per converso, alla velocita’ del mezzo, del tutto inadeguata rispetto allo stato dei luoghi, escludevano il caso fortuito e, conclusivamente, giustificavano la decisione del giudice di primo grado;
sono rimasti intimati gli originari attori;
il Pubblico Ministero ha rassegnato conclusioni scritte.
Nella responsabilità dell’ente gestore della strada non assume rilievo la circostanza che il soggetto coinvolto nel sinistro stradale conoscesse il tratto di strada percorso
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1227, 2043, 2051, c.c., poiche’ la Corte di appello avrebbe errato mancando di esaminare e tener conto dei rilievi della polizia municipale, dal cui verbale risultava che non vi era un restringimento della carreggiata, larga quattro metri, ne’, dunque, obbligo di segnalazione per l’amministrazione, tenuto altresi’ conto che la presenza di un muretto delimitante la carreggiata viaria era spesso ricorrente in vie cittadine, e fermo restando che, al pari dell’assenza d’illuminazione, si trattava di caratteristiche che interessavano l’intero asse stradale nonche’ conosciute dalla vittima che lo percorreva abitualmente per fare ritorno nella propria abitazione, e che, nell’occasione, viaggiava a 108 km/h ovvero a velocita’ abnorme per il luogo;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051, c.c., poiche’ la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che l’eccessiva velocita’ della vittima era stata fattore eziologico assorbente come ritenuto dallo stesso perito giudiziale oltre che dalla polizia municipale.
Considerato che i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;
e’ opportuno premettere alcune considerazioni sulla responsabilita’ custodiale;
1. nel 2018 questa Sezione ritenne indispensabile operare l’intervento nomofilattico in tema di responsabilita’ per cose in custodia (articolo 2051 c.c.), consapevole del disordine interpretativo riscontrato nella giurisprudenza di merito e delle incertezze ermeneutiche emerse nella sua stessa giurisprudenza; il tutto in una materia particolarmente rilevante per gli aspetti giuridici, sociali ed economici, coinvolgenti soggetti sia privati che pubblici;
nel 2022 intervennero, poi, le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a esprimersi intorno a criticita’ e distonie emerse nella giurisprudenza di legittimita’;
e’ pertanto importante un intervento chiarificatore sulla materia in trattazione, attraverso i punti che si vanno ad esporre;
2. non e’ ulteriormente discutibile che la responsabilita’ di cui all’articolo 2051 c.c. abbia natura oggettiva, come affermato da questa Sezione con le decisioni nn. 2477-2483 rese pubbliche in data 1/02/2018, alla luce delle origini storiche della disposizione codicistica, dell’affermazione di fattispecie di responsabilita’ emancipate dal principio “nessuna responsabilita’ senza colpa”, dei criteri di accertamento del nesso causale e dell’esigibilita’ (da parte dei consociati) di un’attivita’ di adeguamento della condotta in rapporto alle diverse contingenze nelle quali vengano a contatto con la cosa custodita da altri;
tale qualificazione ha ricevuto una definitiva conferma dalle Sezioni Unite di questa Corte che, con la decisione n. 20943 del 30/06/2022, dopo aver diacronicamente ripercorso le tappe segnate (talvolta in modo dissonante) dalla giurisprudenza questa Sezione, hanno ribadito che “La responsabilita’ di cui all’articolo 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalita’ tra la cosa in custodia e il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode”;
3. all’affermazione di tale principio, di carattere generale (punto 9 della decisione), le Sezioni Unite hanno poi fatto seguire ulteriori, altrettanto generali precisazioni, cosi’ sintetizzabili (punti 8.4. e ss. della sentenza 20943/2022):
a) “l’articolo 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilita’ che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicche’ incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosita’ o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima”;
b) “la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’articolo 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacita’ di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso”;
c) “il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, e’ connotato da imprevedibilita’ e inevitabilita’, da intendersi pero’ da un punto di vista oggettivo e della regolarita’ causale (o della causalita’ adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere”;
d) “il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, e’ connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa dell’articolo 1227 c.c., comma 1; e dev’essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarieta’ espresso dalla Cost., articolo 2;
e) quanto piu’ la situazione di possibile danno e’ suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto piu’ incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benche’ astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarita’ causale”;
4. i principi appena evocati sanciscono in via definitiva l’attuale statuto della responsabilita’ del custode, il cui fondamento, nell’opzione ricostruttiva esposta, riposa, pertanto, su elementi di fatto individuati tanto in positivo – la dimostrazione che il danno e’ in nesso di derivazione causale con la cosa custodita (la sequenza e’ quella che muove dall’accertamento di un danno giuridicamente rilevante per risalire alla sussistenza di una relazione causale tra l’evento dannoso e la cosa custodita e si chiude con l’imputazione in capo al custode dell’obbligazione risarcitoria, dalla quale il custode si libera giusta il disposto dell’articolo 2051 c.c., provando il caso fortuito) – quanto in negativo (l’inaccettabilita’ di una mera presunzione di colpa in capo al custode e l’irrilevanza della prova di una sua condotta diligente);
5. nel confermare tali principi, in ossequio all’insegnamento delle Sezioni Unite, mette ancora conto di precisare, sul piano della struttura della fattispecie (non su quello funzionale degli effetti, che risultano ormai definitivamente scolpiti dal massimo organo della nomofilachia) che il caso fortuito appartiene alla categoria dei fatti giuridici e si pone in relazione causale diretta, immediata ed esclusiva con la “res”, senza intermediazione di alcun elemento soggettivo; mentre la condotta del terzo e la condotta del danneggiato rilevano come atto giuridico caratterizzato dalla colpa (articolo 1227, comma 1, c.c.), con rilevanza causale esclusiva o concorrente, intesa, nella specie, come caratterizzazione di una condotta oggettivamente imprevedibile ed oggettivamente imprevenibile da parte del custode;
6. va osservato, in proposito, che sia il fatto (fortuito) che l’atto (del terzo o del danneggiato) si pongono in relazione causale con l’evento di danno non nel senso della (solo descrittivamente definita) “interruzione del nesso tra cosa e danno”, bensi’ alla luce del principio disciplinato dall’articolo 41 c.p., che relega al rango di mera occasione la relazione con la “res”, deprivata della sua efficienza di causalita’ materiale, senza peraltro cancellarne l’efficienza causale sul piano strettamente naturalistico; cio’ tanto nell’ipotesi di efficacia causale assorbente, quanto di causalita’ concorrente di tali condotte, poiche’, senza la preesistenza e la specifica caratterizzazione della “res”, il danno non si verificherebbe (esemplificando: una strada perfettamente asfaltata e senza buche non sara’ in relazione causale, se non naturalistica, con il danno subito dal pedone che inciampa nei suoi piedi);
7. il dato normativo va, pertanto, applicato governando la costruzione funzionale dell’illecito e raccordandola con la modulazione dei rimedi ad esso conseguenti, vale a dire tenendo conto che il sistema risarcitorio si fonda non solo sulla capacita’ preventiva della colpa (giustizia correttiva), ma anche sul soddisfacimento di esigenze meramente compensative (giustizia redistributiva, cioe’ il trasferimento del peso economico di un evento pregiudizievole dal danneggiato su chi abbia la signoria sulla cosa) e, non da ultimo, muovendosi con la consapevolezza che quello causale, essendo un “giudizio” utilizzato per allocare funzionalmente i costi del danno, dev’essere calibrato in relazione alla specifica fattispecie di responsabilita’; costituisce, difatti, un “proprium” della responsabilita’ civile il presentarsi “a geometria variabile, perche’ moltiplica le sue possibilita’ a seconda degli istituti con cui si fonde, facendo scattare principî anche solo lievemente diversi ma con implicazioni notevoli sulla allocazione finale dei costi, sulla prevenzione, sulla sostenibilita’ nel tempo della sua promessa (il risarcimento del danno)”;
8. l’irrilevanza della colpa, quale criterio per risalire al responsabile, e’ condizione necessaria ma non sufficiente per attribuire alla responsabilita’ di cui all’articolo 2051 c.c. natura oggettiva; essa fa giustizia di quei modelli che evocano la presunzione di colpa, la quale individua il fondamento della responsabilita’ pur sempre nel fatto dell’uomo – il custode – venuto meno al suo dovere di controllo e vigilanza affinche’ la cosa non abbia a produrre danno a terzi (Cass. 20/05/1998, n. 5031), ma non anche della teoria del riconoscimento di una presunzione di responsabilita’ in capo al custode, giustificata ritenendo che, se la cosa fosse stata ben governata e controllata, non avrebbe arrecato alcun danno, mentre se il danno si verifica (fatto noto) si presume che cio’ sia avvenuto perche’ la cosa non e’ stata adeguatamente custodita (fatto ignoto); da tale presunzione di responsabilita’ il custode si libererebbe dimostrando, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce, che il danno si e’ verificato in modo non prevedibile ne’ superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso;
9. ritenere che sul custode gravi una presunzione di responsabilita’ – esclusa espressamente, come si e’ detto, dalla gia’ ricordata pronuncia delle Sezioni Unite – e’ indice di una resistenza ad emanciparsi dalla colpa che, infatti, viene evocata in via surrettizia non per fondare, in via di regola, la responsabilita’ del custode, ma (comunque) per escluderla in via di eccezione; la capacita’ di vigilare la cosa, di mantenerne il controllo, di neutralizzarne le potenzialita’ dannose, difatti, non e’ elemento costitutivo della fattispecie di responsabilita’, bensi’ elemento estrinseco del quale va tenuto conto alla stregua di canone interpretativo della “ratio legis”; l’intento di responsabilizzare il custode della “res” o di controbilanciare la signoria di fatto legittimata dall’ordinamento affinche’ ne tragga o possa trarne beneficio sulla cosa con l’obbligazione risarcitoria (Cass. 01/02/2018, n. 2480, § § 11 e 12) possono essere, cioe’, criteri di spiegazione del criterio scelto per allocare il danno, pur non essendo elementi costitutivi della regola di fattispecie ne’ elementi di cui tener conto per escludere l’obbligazione risarcitoria in capo al custode;
10. non e’ stata fornita una definizione normativa della custodia da parte del legislatore del 1942 perche’ l’articolo 2051 c.c. si e’ limitato a tradurre l’espressione francese “sous sa garde” che appariva nell’articolo 1384, 1 comma, Code Napoleon; questa Corte (Cass., Sez. Un., 11/11/1991, n. 12019) ha, tuttavia, avuto gia’ occasione di rilevare le diverse accezioni della portata della custodia come criterio di determinazione della responsabilita’ rinvenienti dalle fonti romane e ha ritenuto di poterle raggruppare nelle seguenti categorie: a) quella che si riallaccia alla configurazione giustinianea per cui la custodia non e’ che un particolare tipo di “diligentia”; b) quella “custodiendae rei”, la quale rimane un criterio soggettivo di responsabilita’; c) quella piu’ recente che individua il concetto di custodia nella responsabilita’ oggettiva; a quest’ultima, che “si concretizza in un criterio oggettivo di responsabilita’, intendendo per tale quello che addossa a colui che ha la custodia della cosa la responsabilita’ per determinati eventi, indipendentemente dalla ricerca di un nesso causale fra il comportamento del custode e l’evento”, ha ricondotto quella rilevante ai sensi dell’articolo 2051 c.c.;
11. non puo’ mettersi in dubbio che, per individuare il responsabile, non debba farsi riferimento alla custodia di fonte contrattuale (Cass. 18/02/2000, n. 1859; Cass. 20/10/2005, n. 20317), siccome l’articolo 2051, c.c., attiene ai rapporti con i terzi danneggiati dalla cosa oggetto di custodia, ne’ possono nutrirsi riserve circa il fatto che, trattandosi di una relazione meramente fattuale, non sia giustificato un mero rinvio ad altri istituti come la proprieta’, i diritti reali minori, il possesso, la semplice detenzione; la relazione giuridica con la cosa non e’ elemento costitutivo della responsabilita’, a differenza di quanto previsto dagli articoli 2052, 2053, 2054 c.c., sicche’ responsabile ex articolo 2051, c.c., puo’ ben essere un soggetto diverso da quello che abbia un titolo giuridico sulla “res”, atteso che rileva esclusivamente la relazione di mero fatto di natura custodiale, a prescindere finanche dal se essa sia titolata; l’applicazione dell’articolo 2051 c.c., si arresta soltanto dinanzi alle cose insuscettibili di custodia in termini oggettivi (acqua, aria): Cass. 20/02/2006, n. 3651;
12. l’indeterminatezza della nozione di caso fortuito, talvolta declinato in termini di polivalenza, consente (e’ bensi’ vero) di considerare il fortuito tanto come limite della responsabilita’ per colpa quanto come limite della causa di imputazione della responsabilita’; nondimeno, quando il caso fortuito e’ evocato espressamente da una norma, come in questo caso, la sua nozione deve essere riempita di contenuto in relazione al contesto e alla “ratio legis”;
per quanto non decisivo, orienta tal senso anche il tenore letterale dell’articolo 2051 cod. civ (“Ciascuno e’ responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”) se confrontato con quello dell’articolo 2050 c.c. (“Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attivita’ pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, e’ tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”), dell’articolo 2053 c.c. (“Il proprietario di un edificio o di altra costruzione e’ responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non e’ dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione”), dell’articolo 2054 c.c. (“Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie e’ obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”);
13. il contenuto della prova liberatoria non solo e’ stato tipizzato dal legislatore, ma e’ stato differenziato secondo la regola di fattispecie di volta in volta presa in considerazione; quando la prova liberatoria e’ costituita dalla ricorrenza del caso fortuito (cfr. anche l’articolo 2052 c.c. “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, e’ responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”) e’ segno che il legislatore non ha voluto che il custode (o il responsabile di cui all’articolo 2052 c.c.) possa liberarsi provando di avere tenuto un comportamento diligente volto a evitare il danno ne’ la dimostrazione che il danno si sarebbe verificato nonostante la diligenza da lui esigibile, data l’imprevedibilita’ e l’inevitabilita’ dell’evento dannoso, tantomeno che l’intervento del caso fortuito abbia reso oggettivamente impossibile la custodia (utili indicazioni a supporto, ma con carattere di minore prossimita’, possono trarsi anche dalle ipotesi in cui il legislatore non ha previsto la prova liberatoria, come nelle ipotesi di cui all’articolo 2049 c.c. e all’articolo 114 cod. consumo);
premessi questi principi di massima, puo’ passarsi ad esaminare la fattispecie oggetto della presente controversia;
nell’ipotesi, va innanzi tutto espunto il profilo, potenzialmente incidente, della conoscenza della strada da parte della vittima, fatto affermato in ricorso (pag. 15) senza che sia stato riportato quando e come sarebbe stato allegato e dimostrato, con conseguente aspecificita’ del gravame “parte qua” (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469);
la Corte di merito ha osservato che hanno concorso a conformare la fattispecie la pericolosita’ della condotta del conducente, in specie la velocita’ rispetto ai luoghi, e le carenze dell’amministrazione, quali la mancata illuminazione e segnaletica laterale destra del muretto (pure a prescindere, dunque, dall’eventuale restringimento viario);
la sentenza gravata descrittivamente richiama elementi di colpa dell’amministrazione per delineare in realta’ la sussistenza della custodia, affermando, infatti, di assumere la prospettiva sussuntiva della responsabilita’ ex articolo 2051, c.c., fatta poi propria anche dalle censure;
la statuita responsabilita’ custodiale, di natura oggettiva, ha cosi’ determinato un’imputazione, in ritenuto concorso con quanto posto in essere dal danneggiato;
nella descritta chiave ricostruttiva, la condotta colposa della vittima, che non adotto’ le normali cautele esigibili in rapporto alle circostanze, e’ stata plausibilmente ritenuta incidente in misura paritaria ma non assorbente;
ora, nel contesto dato, le censure mirano semplicemente a una revisione in fatto della portata eziologica del comportamento del conducente, estranea alla presente sede di legittimita’;
non deve disporsi sulle spese non essendovi state difese delle parti intimate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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