Nella materia delle autorizzazioni di polizia

Consiglio di Stato, Sentenza|25 marzo 2021| n. 2517.

Nella materia delle autorizzazioni di polizia, l’affidabilità e la buona condotta dell’istante possono esser desunti da sue condotte comunque significative, ma soprattutto collegate e coerenti con il tipo d’attività soggetta a tali titoli di polizia, con la precisazione, però, che il relativo giudizio parte dai dati per giungere ad una ragionevole valutazione complessiva della loro rilevanza, così da desumerne il serio e non remoto pericolo di sua inaffidabilità e cattiva condotta inerente all’attività e, da qui, l’abuso del titolo stesso.

Sentenza|25 marzo 2021| n. 2517

Data udienza 18 marzo 2021

Integrale
Tag – parola chiave: Pubblica sicurezza – Licenza per sala giochi – Revoca – Giudizio di inaffidabilità – Fattispecie

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3903 del 2020, proposto da -OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Gh. Ma. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, e Questura di Avellino, in persona del Questore pro tempore, entrambi rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza n. -OMISSIS-del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, sez. I,, resa tra le parti, concernente la revoca della licenza per sala giochi nei confronti di -OMISSIS-.
visto l’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, conv. con mod. in l. n. 176 del 2020;
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno e della Questura di Avellino;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 marzo 2021 il Consigliere Massimiliano Noccelli, mentre nessuno è comparso per le parti, che non hanno chiesto di discutere oralmente la causa da remoto;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. -OMISSIS-., odierna appellante, ha impugnato avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, il decreto del Questore della Provincia di Avellino, prot. n. CAT. -OMISSIS-, con il quale è stata revocata la licenza rilasciata a -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 88 del T.U.L.P.S., per la gestione di una sala giochi denominata -OMISSIS-, e ne ha chiesto l’annullamento.
1.1. Con i primi due motivi di ricorso -OMISSIS- ha lamentato la violazione di legge, per l’insussistenza dei presupposti stabiliti dall’art. 88 del T.U.L.P.S., in quanto le circostanze richiamate nel provvedimento impugnato non giustificherebbero il giudizio di inaffidabilità di -OMISSIS-.
1.2. Con il terzo motivo la ricorrente ha lamentato la violazione delle norme sulla partecipazione procedimentale, di cui alla l. n. 241 del 1990, in quanto l’amministrazione non avrebbe tenuto conto delle sue osservazioni in detta sede procedimentale.
1.3. Nel primo grado del giudizio si è costituito il Ministero dell’Interno per chiedere la reiezione del ricorso.
1.4. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno (di qui in avanti, per brevità, il Tribunale), con la sentenza n. -OMISSIS-resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., ha respinto il ricorso.
2. Avverso tale sentenza ha proposto appello -OMISSIS-, lamentandone l’erroneità per quattro distinti motivi che di seguito saranno esaminati, e ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma, con il conseguente annullamento degli atti impugnati.
2.1. Si è costituito il Ministero dell’Interno per chiedere la reiezione del ricorso.
2.2. Con l’ordinanza n. -OMISSIS-la Sezione ha respinto l’istanza cautelare proposta dal Ministero dell’appellante.
2.3. Infine, nella pubblica udienza del 18 marzo 2021 tenutasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, conv. con mod. in l. n. 176 del 2020, il Collegio, sulla base degli scritti difensivi, ha trattenuto la causa in decisione.
3. L’appello è infondato.
4. Con il primo motivo (pp. 2-5 del ricorso), anzitutto, l’appellante lamenta che il primo giudice abbia respinto la prima censura articolata nel ricorso senza minimamente confutare i rilievi dello stesso appellante, secondo cui i controlli effettuati non avrebbero rilevato incontri con i soggetti controindicati (in particolare, -OMISSIS- se non per ragioni lavorative e secondo cui, per altro verso, il padre di -OMISSIS-, sarebbe stato riabilitato il 6 aprile 2017, con l’estinzione di ogni effetto penale.
4.1. Il motivo va respinto.
4.2. I rilievi dell’appellante sono stati minuziosamente esaminati e confutati dalla sentenza qui impugnata, la quale ha correttamente osservato che la frequenza degli incontri, la gravità dei reati richiamati nonché la pluralità delle persone coinvolte nei vari episodi e trovate in compagnia di -OMISSIS- sono elementi che depongono nel senso della inattendibilità di detti rilievi, secondo cui si tratterebbe di incontri meramente episodici o determinati da ragioni di amicizia e/o di lavoro.
4.3. Bene ha anche osservato il primo giudice che assume rilevanza anche un’altra circostanza significativa e, cioè, i precedenti penali a carico dei familiari di -OMISSIS- per danneggiamento, violazione di norme sull’immigrazione, nonché la loro frequentazione con persone pregiudicate per reati contro il patrimonio, invasione di terreni ed edifici, lesioni personali colpose, minaccia, violazione degli obblighi di assistenza familiare, maltrattamento verso fanciulli, divieto di detenzione delle armi, con la conseguente irrilevanza del fatto, valorizzato nel ricorso, che -OMISSIS- non abbia subì to condanne penali.
4.4. L’insieme di questi elementi ha indotto il primo giudice a svalutare i rilievi dell’appellante, che non sono stati in grado di incrinare il complessivo giudizio di inaffidabilità espresso dalla Questura sulla sua condotta.
5. Con il secondo motivo (pp. 5-6 del ricorso), ancora, l’appellante censura il giudizio di inaffidabilità in ordine al sopralluogo di polizia svolto presso la sala scommesse del 13 dicembre 2019, lamentando che il primo giudice non avrebbe visionato il filmato delle telecamere della sala per avere l’esatta percezione di quanto accaduto e, cioè, che -OMISSIS- si sarebbe assentato per soli cinque minuti, tempo necessario per spostare la propria automobile che ostacolava l’ingresso di altre vetture nel piazzale antistante la sala scommesse, sicché non vi sarebbe stato alcun illegittimo esercizio dell’attività da parte di persona non autorizzata (-OMISSIS–), diversa dal titolare della licenza,
5.1. A riprova di ciò, infatti, l’appellante deduce che nella fascia oraria 11:00 – 12:00 nessun ticket sarebbe stato convalidato sui terminali di cassa delle piattaforme installate.
5.2. Anche questo motivo è infondato.
5.3. Come ha ben rilevato la sentenza impugnata, infatti, la circostanza secondo cui in più di un’occasione -OMISSIS-fosse stato trovato a gestire il locale nonché la circostanza secondo cui lo stesso -OMISSIS- si trovasse in un punto nevralgico, quale la postazione della cassa, e ancora il dato che durante il controllo di polizia fosse rimasto nella postazione anche dopo il sopraggiungere del titolare, nonostante questi – a dire dell’appellante – si fosse assentato solo per spostare l’automobile, dimostrano senza ombra di dubbio il ruolo effettivo svolto dal -OMISSIS- all’interno dell’esercizio, certo non episodico né casuale.
5.4. Inoltre, come ha ben evidenziato la sentenza impugnata, il fatto che in occasione di più di un controllo di polizia -OMISSIS- sia stato trovato a gestire l’attività di scommesse per conto di -OMISSIS- e che l’autorità questorile abbia già in passato l’affidabilità del -OMISSIS- a gestire la sala scommesse, per i suoi trascorsi e le sue frequentazioni, conferma che il provvedimento impugnato abbia congruamente motivato con riferimento a circostanza rilevanti per la revoca della licenza.
5.5. Il motivo, quindi, va respinto.
6. Ancora, con il terzo motivo (p. 6 del ricorso), l’appellante contesta che la partecipazione della società al procedimento sia stata solo formale, in quanto le deduzioni del privato non sarebbero state prese in considerazione dall’amministrazione, che si sarebbe limitata a confutarle in modo generico e approssimativo.
6.1. Anche questo motivo è destituito di fondamento.
6.2. Diversamente da quanto sostiene l’appellante, infatti, la Questura ha esaminato i rilievi svolti dall’appellante ed è correttamente giunta alla conclusione che -OMISSIS- non dia sicuro affidamento di non abusare del titolo e che “le memorie difensive prodotte non appaiono idonee a confutare la scarsa inclinazione dello stesso ad osservare le regole e i precetti giuridici”, con una motivazione che, per quanto sintetica, è condivisibile perché, come si è visto, i rilievi riproposti dall’appellante in questa sede non sono tali da incrinare il complessivo giudizio di inaffidabilità espresso dalla Questura di Avellino.
6.3. Del resto, si deve qui rammentare, il dovere, in capo alla pubblica amministrazione, di esaminare le memorie prodotte dall’interessato a seguito della comunicazione di avvio del procedimento o del preavviso di rigetto non comporta la confutazione analitica delle allegazioni presentate dall’interessato, essendo sufficiente, ai fini della giustificazione del provvedimento adottato, la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell’atto stesso (Cons. St., sez. VI, 24 febbraio 2017, n. 873).
7. Infine, con il quarto motivo (p. 7 del ricorso), l’odierno appellante lamenta la violazione dell’art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990 in quanto, a suo dire, nessun elemento giustificherebbe la revoca della licenza.
7.1. Anche questo motivo, tuttavia, è infondato.
7.2. Come ha ben messo in rilievo anche sul punto la sentenza impugnata, infatti, l’art. 88, comma terzo, del T.U.L.P.S. pienamente giustifica la revoca del titolo autorizzatorio, sussistendo nel caso di specie l’interesse pubblico alla revoca.
7.3. La mancanza della “buona condotta” di cui all’art. 11 del R.D. n. 773 del 1931, ha già chiarito questa Sezione, non può sostanziarsi solo in una generica “colpa d’autore”, costituita da un giudizio di disvalore su eventuali cattive frequentazioni e sulla vita spregiudicata e, più in generale, sul comportamento del titolare della licenza, ma deve concretizzarsi in un motivato e ragionevole giudizio sulla presenza di specifici atti, fatti o legami che, per natura, intensità, caratteristiche, contesto ambientale, lascino temere che la licenza possa essere strumento di abusi o, ancor peggio, illeciti impieghi da parte del titolare o di soggetti terzi, anche legati a dinamiche di criminalità organizzata.
7.4. Di più, nella materia delle autorizzazioni di polizia, come anche questo Consiglio ha già chiarito, l’affidabilità e la buona condotta dell’istante possono esser desunti da sue condotte comunque significative, ma soprattutto collegate e coerenti con il tipo d’attività soggetta a tali titoli di polizia, con la precisazione, però, che il relativo giudizio parte dai dati per giungere ad una ragionevole valutazione complessiva della loro rilevanza, così da desumerne il serio e non remoto pericolo di sua inaffidabilità e cattiva condotta inerente all’attività e, da qui, l’abuso del titolo stesso (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 28 maggio 2018, n. 3154; Cons. St., sez. III, 4 dicembre 2015, n. 5522; Cons. St., sez. III, 3 aprile 2013, n. 1867).
7.5. Nel caso di specie, per tutte le ragioni che si sono esaminate, sussiste questo serio e non remoto rischio di abuso nella licenza, che pienamente giustifica la revoca, come ha correttamente acclarato la sentenza oggetto di gravame.
8. In conclusione, per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello è infondato nei suoi quattro motivi, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
9. Le spese del presente grado del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza dell’odierna appellante.
9.1. Rimane definitivamente a carico di –OMISSIS- il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da -OMISSIS-., lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna -OMISSIS-. a rifondere in favore del Ministero dell’Interno le spese del presente grado del giudizio, che liquida nell’importo di Euro 3.000,00, oltre agli accessori come per legge.
Pone definitivamente a carico di -OMISSIS-. il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità di –OMISSIS-
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2021, con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere, Estensore
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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