Nella materia concorsuale il dies a quo del termine processuale di impugnativa

Consiglio di Stato,
Sezione terza, Sentenza 3 dicembre 2020, n. 7661.

Nella materia concorsuale, il dies a quo del termine processuale di impugnativa coincide con quello in cui è stato portato a conoscenza degli interessati l’esito della prova non superata, mediante pubblicazione dell’elenco dei candidati “ammessi”.

Sentenza 3 dicembre 2020, n. 7661

Data udienza 26 novembre 2020

Tag – parola chiave: Concorsi pubblici – Processo amministrativo – Impugnative – Dies a quo – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3853 del 2020, proposto da
Co. Te. & Ri. S.c.a.r.l. in proprio e quale capofila della costituenda associazione temporanea con l’Università degli Studi di Bari – Dipartimento di Biologia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Di Ca., Sa. Ni., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Ar. Del Ve. in Roma, viale (…);
contro
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via (…);

Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Ma. Gr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso la Delegazione Romana della Regione Puglia in Roma alla via (…);
nei confronti
U.N.C.I. Agroalimentare – non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Prima n. 01583/2019, resa tra le parti, concernente la mancata ammissione della ricorrente al finanziamento di cui al Fondo per gli affari marittimi e la pesca FEAMP 2014/2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo;
Visti l’atto di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale proposto dalla Regione Puglia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 novembre 2020 il Cons. Giovanni Pescatore e uditi per le parti gli avvocati Sa. Ni. e Ma. Gr.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. – L’odierna appellante ha presentato domanda di sostegno per la Misura 1.26 nell’ambito del Programma Operativo FEAMP (Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e per la Pesca) – Puglia 2014/2020.
Lo ha fatto candidandosi in associazione temporanea con l’Università degli Studi di Bari, dipartimento di Biologia, con il progetto denominato “Marcatura Satellitare del Pesce Spada” (MASPA).
2. – Le misure del PO FEAMP sono disciplinate dal Regolamento UE n. 508/2014 il quale, a proposito della Misura 1.26 “Innovazione”, espressamente prevede che “Gli interventi finanziati a norma del presente articolo sono svolti da o in collaborazione con un organismo scientifico o tecnico riconosciuto dallo Stato membro o dall’Unione. Tale organismo scientifico o tecnico ne convalida i risultati” (art. 26 comma 2 del Reg. cit.).
3. – Alla luce del paragrafo 1.3 delle Disposizioni attuative della Misura 1.26, la Regione Puglia ha predisposto l’Avviso pubblico (D.D.S. n. 202 del 4/12/2017) selezionando, nell’esercizio della sua discrezionalità e competenza di autorità procedente, due categorie di soggetti ammissibili, ovvero (a) gli organismi scientifici o tecnici riconosciuti dallo Stato Membro o dall’Unione e (b) le associazioni del settore della pesca professionale, in collaborazione con un Organismo scientifico o tecnico riconosciuto dallo Stato Membro o dall’Unione (punto 5 dell’Avviso Pubblico).
4. – Con riguardo al progetto di Co. è stata rilevata una duplice ragione di inammissibilità per carenza dei requisiti soggettivi, in quanto la Regione ha ritenuto che la proponente non avesse dimostrato né di essere un “Organismo scientifico o tecnico riconosciuto” (ipotesi sub 1 del par. 1.3 della Parte B dell’Avviso), né di vantare la forma giuridica dell'”Associazione del settore della pesca professionale” (ipotesi sub 2 del par. 1.3 citato).
5. – Difatti, nella dichiarazione ex d.P.R. n. 445/2000 richiesta dal punto 9 del par. 9 dell’Avviso Co. per un verso aveva declinato la propria forma giuridica di “società cooperativa” e non di “Associazione del settore della pesca professionale”; e, per altro verso, aveva indicato, quali “estremi del riconoscimento”, di essere iscritta all’Anagrafe Nazionale delle Ricerche (c.d. ARIANNA), presso il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca. Tuttavia, detta iscrizione è stata ritenuta non attributiva di “alcun titolo o particolare qualifica o accreditamento, trattandosi di un mero schedario anagrafico con finalità ricognitive”.
6. – Co. ha quindi ha proposto ricorso innanzi al TAR Puglia avverso la nota prot. n. 855 del 25.01.2019 con la quale è stata decretata l’inammissibilità della sua domanda, nonché avverso la comunicazione dei motivi ostativi (nota del 14.12.2018), l’annesso verbale istruttorio e la graduatoria dei progetti ammissibili (D.D.S. n. 12 del 31.01.2019); successivamente, la società ha formulato motivi aggiunti avverso l’elenco dei progetti non ammessi (D.D.S. n. 11 del 31.01.2019).
7. – Il Tar Puglia-Sede di Bari, con la sentenza qui appellata n. 1583/2019, ha respinto il ricorso ed i successivi motivi aggiunti, affermando la legittimità dei provvedimenti impugnati.
8. – La pronuncia di primo grado è stata fatta oggetto di un appello principale da parte di Co. s.c.a.r.l. e di un appello incidentale da parte della Regione Puglia.
Nell’appello principale innanzitutto viene contestata l’interpretazione del bando che è stata resa dal primo giudice. In subordine, vengono invocati l’annullamento e/o la disapplicazione delle disposizioni dell’Avviso, ove interpretate nel senso accolto dal Tar, in quanto in asserito contrasto con l’art. 26 del Regolamento UE n. 508/2014.
L’appello incidentale verte sul profilo pregiudiziale (già delibato in senso positivo dal Tar) dell’ammissibilità dell’impugnativa di primo grado.
9. – A seguito dell’accoglimento dell’istanza cautelare (disposto con ordinanza n. 3613/2020), effettuato lo scambio di memorie ex art. 73 c.p.a., la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 26 novembre 2020.

DIRITTO

1. – E’ prioritaria, in ordine logico, la disamina dell’appello incidentale a mezzo del quale la Regione Puglia ha chiesto la riforma della sentenza n. 1583/2019 con riguardo alla sola statuizione reiettiva dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado.
1.1. – L’inammissibilità per carenza di interesse deriverebbe dalla mancata tempestiva impugnazione dell’elenco delle domande non ammissibili (approvato con D.D.S. n. 11 del 31.01.2019), contestato solo con i motivi aggiunti, oltre i 60 giorni dalla sua pubblicazione sul BURP.
1.2. – L’eccezione è stata respinta dal Collegio di primo grado in considerazione della natura di atto meramente confermativo del ridetto elenco e del carattere lesivo, invece, della precedente nota prot.n. 855 del 25.1.2019 (impugnata con il ricorso introduttivo) che, respingendo le controdeduzioni presentate ai sensi dell’art. 10 bis della legge 241/1990, aveva dichiarato definitivamente inammissibile la domanda proposta da Co..
A conferma della natura di atto confermativo dell’elenco delle domande non ammissibili approvato con determina n. 11 del 31.01.2019, il Collegio di primo grado ha osservato come nessuna attività istruttoria lo avesse preceduto, così da potergli conferire tenore diverso da quello di documento meramente riepilogativo delle dichiarazioni di non ammissibilità già inoltrate ai concorrenti.
1.3. – Avverso tale statuizione è insorta la Regione Puglia, contestando innanzitutto l’asserita natura immediatamente lesiva della nota prot.n. 855 del 25.1.2019.
Si tratterebbe, a suo dire, di atto endoprocedimentale, adottato da soggetto diverso da quello (con qualifica dirigenziale) al quale è attribuita la definizione della procedura e l’adozione dei relativi atti conclusivi.
1.4. – La deduzione non ha pregio.
Essa non supera, infatti, il dato sostanziale costituito dal fatto che la nota del 25.1.2019 della Regione Puglia reca la prima “comunicazione esito finale di non ammissibilità ” e, con essa, l’unica motivazione della mancata ammissione, poi ripresa dalla determina n. 11 che dell’atto precedente costituisce (dal punto di vista contenutistico) un mero riepi.
La comunicazione 25.1.2019 è stata adottata ai sensi del punto 10.1 lett. b) dell’Avviso Pubblico, che così recita: “Per le domande che conseguiranno un esito negativo della verifica di ammissibilità sarà data comunicazione al richiedente (ai sensi della L. 241/1990) delle motivazioni che hanno determinato l’esito negativo della verifica”. Nella successione procedimentale, la ridetta nota del 25.1.2019 è stata anticipata dalla comunicazione del 10.1.2019 del responsabile territoriale, nonché dall’inoltro dei motivi ostativi (nota del 14.12.2018) cui hanno fatto seguito le osservazioni della deducente (20.12.2018), del cui “mancato accoglimento” è stata resa comunicazione, infine, proprio con il provvedimento del 25.1.2019.
Che, viceversa, la determina n. 11 del 31.1.2019 non sia stata preceduta da ulteriori attività istruttorie e che non abbia arrecato alcun apporto innovativo al compendio dispositivo e motivazionale che l’aveva preceduta, è circostanza che la stessa parte appellante in alcun modo contesta.
Dunque, avrebbe senso eccepire l’irritualità del ricorso se questo avesse avuto ad oggetto la determina n. 11 e non la nota del 25.1.2019, quale suo atto presupposto, ma non nel caso contrario, non essendo state poste validamente in dubbio la natura lesiva della nota presupposta e, viceversa, la consistenza di atto meramente confermativo attribuibile alla determina n. 11.
1.5. – L’ammissibilità del ricorso è poi avvalorata dal fatto che Co. ha invece tempestivamente impugnato la successiva determina di approvazione della graduatoria dei soggetti ammessi (n. 12 del 31.1.2019) e non vi è dubbio che detta graduatoria costituisce essa sì l’atto conclusivo della procedura concorsuale (ai sensi del punto 10.3. dell’Avviso, pag. 26), sia dal punto di vista temporale (la determina n. 12 segue la n. 11), sia dal punto di vista contenutistico, avendone sancito gli esiti finali, sia, direttamente, per i concorrenti che vi risultano utilmente inseriti; sia, indirettamente, per i concorrenti che non vi compaiono.
A questo proposito è utile ricordare che, nella materia concorsuale, il dies a quo del termine processuale di impugnativa coincide con quello in cui è stato portato a conoscenza degli interessati l’esito della prova non superata, mediante pubblicazione dell’elenco dei candidati “ammessi” (Cons. Stato, sez. III, n. 4365/2019 e sez. II, n. 5469/2020).
Il fatto che nel caso in esame l’avviso abbia previsto anche la pubblicazione di un elenco dei soggetti non ammessi – quale adempimento aggiuntivo a quello della graduatoria degli ammessi – non induce a diversa conclusione, essendosi trattato, come già chiarito, di una mera formalizzazione riepilogativa e confermativa di atti di esclusione già motivatamente adottati e comunicati ai singoli concorrenti interessati.
1.6. – Appurata l’ammissibilità del ricorso per effetto della impugnazione della nota del 25.1.2019 e della graduatoria dei soggetti ammessi (determina n. 12 del 31.1.2019), diventa irrilevante esaminare la seconda censura concernente la supposta tardività dei motivi aggiunti proposti avverso la determina n. 11 del 31.1.2019.
2. – Venendo al merito, con il primo mezzo di impugnazione (riepilogativo dei primi due motivi del ricorso di primo grado) la ricorrente sostiene la tesi secondo la quale diversi atti legislativi comunitari (tra i quali il regolamento della Commissione n. 651 del 14.6.2014, nonché la Comunicazione della Commissione Europea n. 198/2001 recante la “disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”) tracciano una definizione di organismo di ricerca del tutto difforme da quella recepita dal Tar, in quanto svincolata da uno specifico status giuridico e basata, piuttosto, sull’effettivo svolgimento di una “attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale o di sviluppo sperimentale”, preordinata a “garantire un’ampia diffusione dei risultati di tali attività mediante l’insegnamento, la pubblicazione o il trasferimento di conoscenze”.
Si tratterebbe, in sostanza, di un requisito di matrice “esperienziale”, il cui possesso andrebbe verificato in concreto e che nella fattispecie all’esame sarebbe comprovato dal fatto che Co. ha sempre esercitato una rilevante attività di ricerca, accompagnata da una altrettanto apprezzabile attività di pubblicazione scientifica (v. pag. 20 e ss. atto di appello).
2.1. – Stando all’opposta ricostruzione del Collegio di primo grado, la qualificazione come “organismo di ricerca” passerebbe, invece, attraverso il riconoscimento di cui all’art. 27 del D.P.R. 1639/1968 (regolamento di attuazione della legge 963/1965 che disciplina l’esercizio della pesca marittima), quindi attraverso il rilascio di un “titolo” espresso, emesso all’esito di un procedimento tipizzato e da autorità a ciò specificamente deputata.
2.2. – L’obiezione che a questa impostazione viene opposta dalla parte appellante verte sulla erroneità dell’inquadramento normativo, assente negli atti della procedura ed enucleato per la prima volta dal Tar, in quanto l’art. 27 del D.P.R. 1639/1968 è riferito alle autorizzazioni all’esercizio della pesca scientifica a bordo di motopesca commerciali, sicché, tenuto conto di tale suo specifico ambito elettivo, esso non potrebbe rilevare ai diversi fini del riconoscimento di organismo scientifico qui controverso.
Più in generale e in disparte l’inedito richiamo normativo effettuato dal Tar, secondo Co. non esiste alcuna procedura tipizzata dal legislatore per l’attribuzione della qualificazione soggettiva richiesta, sicché sarebbe stato onere dell’amministrazione verificare in concreto l’attività svolta da ogni soggetto istante e, quindi, anche le credenziali scientifiche avanzate dalla ricorrente nelle proprie osservazioni ex art. 10 bis L. 241/1990.
2.3. – Il motivo è infondato.
È preliminare considerare che il par. 9, lettera A), punto 9), della Parte A dell’Avviso (contenente le Disposizioni attuative della Misura 1.26) richiedeva, tra la documentazione da allegare alla domanda, la “Dichiarazione ai sensi del D.P.R. 445/2000 che l’organismo scientifico o tecnico beneficiario è riconosciuto dallo Stato membro o dall’Unione, contenente gli estremi del riconoscimento”.
Il fatto, poi, che lo stesso Avviso non prescrivesse di allegare alla domanda di partecipazione alcuna prova (pubblicazioni, risultati di progetti già conclusi, etc.) in ordine all’eventuale precedente contributo fornito alla ricerca scientifica, lascia intendere la ratio tassativa e tipizzante del requisito soggettivo richiesto (riconoscimento quale organismo scientifico o tecnico) e l’intento ad esso sotteso di evitare che la Regione potesse essere chiamata ad effettuare accertamenti in concreto di tipo curricolare, piuttosto che limitarsi alla verifica di titoli di immediato riscontro.
2.4. – E’ pur vero che nell’Avviso non è stata indicata alcuna specifica tipologia di “riconoscimento” utile ai fini della ammissione e che proprio al fine di colmare questa lacuna il Tar ha fatto riferimento al procedimento di cui all’art. 27 del DPR n. 1639/1968, recante il regolamento di attuazione della legge n. 963/1965 sull’esercizio della pesca marittima.
Secondo la Regione, si tratterebbe di ” richiamo.. solo esemplificativo” in quanto, per come formulata, la disposizione del Bando avrebbe consentito la partecipazione a tutti gli organismi scientifici e tecnici purché “riconosciuti” a mezzo di “procedure formalizzate e incontestabilmente presenti nell’ordinamento italiano e comunitario” (v. memoria 14.6.2020, pagg. 9 e 14).
A questo stesso riguardo si fa rilevare da parte della Regione che gli undici organismi ammessi alla procedura – tra cui la partner dell’odierna appellante, l’Università di Bari – hanno tutti indicato, nella dichiarazione ex d.P.R. n. 445/2000, gli estremi di specifici provvedimenti di riconoscimento emessi dalle Autorità competenti (v. memoria 26.10.2020, pag. 10).
2.5. – A giudizio del Collegio, la composizione letterale degli atti di gara è in una certa misura contraddittoria rispetto alla logica tipizzante rivendicata dall’amministrazione nel provvedimento espulsivo, in quanto l’Avviso effettivamente non fornisce indicazioni chiare circa l’individuazione della qualifica soggettiva condizionante l’ammissione del progetto.
Di tanto, tuttavia, la parte ricorrente non ha motivo di dolersi, in quanto le richiamate disposizioni dell’Avviso non sono state impugnate e per il resto è netta e insuperabile la prescrizione in esso contenuta che impone l’esibizione di un atto di espresso riconoscimento, documentalmente verificabile, del quale la ricorrente è pacificamente sprovvista, avendo essa stessa ammesso che l’iscrizione all’Anagrafe Nazionale delle Ricerche “non attesta un riconoscimento”, potendo al più rilevare quale “elemento a supporto e dimostrazione della comprovata natura della ricorrente” (atto di appello pag. 24).
Dunque, le deduzioni articolate dalla ricorrente non scalfiscono la ribadita necessità di un titolo di riconoscimento ad essa mancante. Tanto basta ai fini della reiezione delle doglianze qui reiterate, in quanto è pacifica l’esistenza nell’ordinamento nazionale di varie procedure formali, finalizzate a vario titolo al riconoscimento della qualità scientifica (e ne è riprova il fatto che gli altri partecipanti alla procedura abbiano soddisfatto la richiesta del bando; nello stesso senso si veda il parere reso da Cons. St. sez. II, n. 1536/2015); mentre i rilievi sulla indeterminatezza della tipologia di riconoscimento avrebbero in ipotesi potuto alimentare contestazioni di diverso tipo – circa l’adeguatezza dei titoli dedotti, la loro equivalenza e loro rispondenza alle prescrizioni dell’Avviso – ma solo da parte di soggetti effettivamente muniti di credenziali astrattamente in linea con quelle richieste.
Nel caso specifico, viceversa, la ricorrente non dispone di un titolo di riconoscimento e, nel censurare l’indeterminatezza del requisito, pretende di obliterarlo in radice, sostituendolo con altro di diversa matrice (requisito esperenziale).
L’ulteriore richiamo a distinte procedure selettive che sono state impostate su regole difformi da quelle qui esaminate non muta il segno delle esposte conclusioni, stante l’autonomia che contraddistingue le vicende poste a confronto, ognuna delle quali giudicabile in relazione alle regole sue proprie.
3. – Con un secondo motivo di appello (corrispondente al terzo motivo del ricorso di primo grado), la ricorrente sostiene l’ammissibilità della sua domanda poiché formulata nella forma di una costituenda associazione temporanea con il dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Bari – quindi in aderenza al par. 2 dell’art. 26 del Reg. (UE) 508/2014, ai sensi del quale “gli interventi finanziati sono svolti da o in collaborazione con un organismo scientifico o tecnico riconosciuto dallo stato membro Unione”.
Sarebbe invece violativa dell’art. 26 del Regolamento UE 508/2014 e, quindi, meritevole di annullamento o disapplicazione, una interpretazione rigidamente testuale della lettera b) del punto 5 dell’avviso pubblico (e del presupposto paragrafo 1.3 delle Disposizioni attuative della Misura 1.26) che finisse per limitare alle sole Associazioni del settore della pesca la possibilità di presentare progetti in collaborazione con organismi scientifici o tecnici riconosciuti, come sostenuto nella nota regionale del 14.12.2018; e ciò in quanto la limitazione alle “associazioni del settore della pesca professionale” – presente nelle disposizioni attuative e nell’avviso pubblico – è del tutto estranea al Regolamento UE.
3.1. – Da parte sua, la difesa regionale ripropone, ai sensi dell’art. 101, 2° comma c.p.a., l’eccezione di tardività della richiesta ex adverso formulata di disapplicazione e/o annullamento dell’Avviso e delle disposizioni attuative in preteso contrasto con l’art. 26 del Reg. UE n. 508/2014, sostenendo che detta richiesta avrebbe dovuto essere fatta valere negli ordinari termini decadenziali prescritti per l’esercizio dell’azione di annullamento e a decorrere, quindi, dalla pubblicazione del bando (14.12.2017).
3.2. – Nel merito, la Regione sostiene di avere legittimamente esercitato un potere discrezionale che le consentiva di fissare requisiti di partecipazione ulteriori e più restrittivi rispetto a quelli riportati nelle disposizioni del Regolamento UE, da intendersi come recanti “criteri di principio” privi di “portata precettiva” (v. memoria 26.10.2020, pag. 3).
3.3. – Il motivo di appello non può essere accolto, stante la fondatezza dell’eccezione di irricevibilità .
La lettera b) del punto 5 dell’avviso pubblico ed il presupposto paragrafo 1.3 delle Disposizioni attuative della Misura 1.26 sono chiari e inequivoci nell’elencare due sole tipologie di soggetti ammessi e nell’includere, nella seconda tipologia, le sole “Associazioni del settore della pesca professionale in collaborazione con un organismo scientifico o tecnico riconosciuto dallo Stato Membro o dall’Unione”.
L’ulteriore ma generico riferimento al rapporto di “collaborazione con un organismo scientifico o tecnico riconosciuto dallo Stato membro o dall’Unione” – pure contenuto nello stesso paragrafo 1.3 delle Disposizioni attuative ed enfatizzato in proprio favore da Co. – costituisce un richiamo all’elemento selettivo centrale imposto dall’art. 26 del Reg. (UE) 508/2014, ma non elide la più chiara ed analitica elencazione delle tipologie soggettive tipizzate nel bando.
Sicché, onde rivalersi dell’antinomia di quest’ultimo rispetto al Regolamento UE, la parte avrebbe dovuto attivarsi nell’ordinario termine decadenziale prescritto per l’esercizio dell’azione di annullamento, venendo in gioco un profilo di contrasto immediatamente percepibile ed implicante mera annullabilità dell’atto amministrativo (Cons. Stato, sez. VI, n. 1983/2011).
È quindi fondata l’eccezione di irricevibilità per tardività del motivo di censura.
4. – Per quanto esposto, l’appello principale va integralmente respinto.
5. – L’esito di reciproca soccombenza e la consistenza inedita ed essenzialmente interpretativa delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese relative ad entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, respinge sia l’appello principale che l’appello incidentale.
Compensa tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Michele Corradino – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore
Ezio Fedullo – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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