Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 27 settembre 2018, n. 42564.
Sentenza 27 settembre 2018, n. 42564.
Data udienza 8 giugno 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SABEONE Gerardo – Presidente
Dott. GUARDIANO Alfre – Rel. Consigliere
Dott. TUDINO Alessandri – Consigliere
Dott. MOROSINI Elisabetta – Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 22/02/2017 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Guardiano Alfredo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. Tocci Stefano che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’;
la difesa nel riportarsi agli scritti, difensivi ne chiede l’accoglimento.
FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Roma confermava la sentenza con cui il tribunale di Roma, in data 13.12.2011, aveva condannato (OMISSIS) e (OMISSIS), ciascuno alla pena ritenuta di giustizia, in ordine al reato di cui all’articolo 56 c.p., articolo 110 c.p., articolo 624 c.p., e articolo 625 c.p., n. 2 e 4, loro in rubrica ascritto.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiedono l’annullamento, hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione entrambi gli imputati, a mezzo del loro difensore di fiducia, lamentando: 1) vizio di motivazione, non essendo configurabile il concorso dei due imputati nel reato loro contestato, attesa l’autonomia delle condotte da essi poste in essere, come emerge dalle dichiarazioni dell’unico teste presente ai fatti (l’addetto al servizio antitaccheggio), alla luce della quale deve escludersi che alcun contributo, materiale o psicologico, sia stato fornito da uno degli imputati all’attivita’ posta in essere dall’altro, con la conseguente insussistenza dell’ipotesi concorsuale; 2) vizio di motivazione, con riferimento al mancato riconoscimento della sussistenza della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuita’, di cui all’articolo 62 c.p., n. 4, desumibile dalla considerazione del valore intrinseco dell’oggetto dell’azione predatoria, rapportato alle condizioni patrimoniali della persona offesa, nel caso di specie “un grosso esercizio commerciale”, senza tacere che, trattandosi di reato tentato, il danno di cui si sta discutendo e’ solo quello che potenzialmente avrebbe potuto essere arrecato all’esercizio commerciale ma che in concreto non e’ stato prodotto, in quanto l’azione e’ stata interrotta dal personale di sorveglianza e la merce recuperata.
3. I ricorsi non possono essere accolti per le seguenti ragioni.
4. Quanto al primo motivo di impugnazione, si osserva che con esso i ricorrenti propongono una mera e del tutto generica rivalutazione del compendio probatorio operata dal giudice di secondo grado, non consentita in questa sede, stante la preclusione, per il giudice di legittimita’, di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimita’, quale e’ quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. 6, 22/01/2014, n. 10289).
Decisione che, nel caso in esame, risulta fondata su di un approfondito e coerente percorso motivazionale, con cui i ricorrenti, in ultima analisi, non si confrontano, avendo la corte territoriale evidenziato, con logico argomentare, partendo proprio dall’esame delle dichiarazioni rese dall’addetto alle differenze inventariali del supermercato, teste oculare, come gli imputati avessero agito sin dal primo momento di comune accordo, entrando insieme nell’esercizio commerciale ed aggirandosi, sempre insieme, inizialmente, tra i vari reparti, per poi dividersi alla volta dei diversi obiettivi selezionati, secondo una strategia volta ad appropriarsi del maggiore numero di articoli possibile, distribuendosi tra due distinti reparti (cfr. pp. 1 e 2 della sentenza impugnata).
5. Infondato appare il secondo motivo di ricorso.
Premesso che, secondo l’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimita’, condiviso dal Collegio, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuita’ deve ritenersi compatibile con il delitto tentato, sulla base di un criterio oggettivo, incentrato sul danno che verosimilmente sarebbe stato cagionato nelle ipotesi di consumazione del delitto (cfr. Cass., Sez. U., 28.3.2013, n. 28243), la decisione della corte territoriale, che ne ha escluso la sussistenza nel caso in esame, deve condividersi.
Rilevato, infine, che incombe all’imputato provare gli elementi di fatto idonei a giustificare l’affermazione della sussistenza della circostanza attenuante di cui si invoca il riconoscimento (cfr. Cass., sez. 1, 3.12.2010, n. 2663, P., rv. 249548) e che la circostanza attenuante comune del danno di speciale tenuita’ ricorre quando il danno patrimoniale per la persona offesa dal reato e’ di rilevanza minima (cfr. Cass., sez. un., 28/03/2013, n. 28243; rv 255528), va rilevato che, nel caso in esame, tale onere non e’ stato adempiuto dai ricorrenti, apparendo evidente che il valore della merce cui si e’ indirizzata la concordata azione predatoria dei due imputati (un bracciale del valore di Euro 19,90 e due magliette del valore complessivo di Euro 99,80) non integra quella rilevanza minima del danno arrecato (ovvero che sarebbe stato arrecato se il furto fosse stato consumato), che deve essere pressoche’ irrisorio, richiesta per la concessione della menzionata attenuante (cfr. Cass., sez. 2, 5.10.2017, n. 50660, rv. 271695).
Tale non puo’ certo ritenersi un pregiudizio economico, che si attesta oltre i Euro 118,00.
Ne’ va taciuto che, come da tempo affermato dalla giurisprudenza di legittimita’, ai fini della concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuita’, l’entita’ del danno deve essere valutata anzitutto con riferimento al criterio obiettivo del danno in se’, mentre quello subiettivo (riferimento alle condizioni economiche del soggetto passivo) ha valore sussidiario e viene in considerazione soltanto quando il primo, da solo, non appare decisivo o quando la perdita del bene, nonostante il modesto valore dello stesso, puo’ rappresentare, in relazione alle condizioni particolarmente disagiate della persona offesa, un pregiudizio non trascurabile e quindi tale da escludere l’applicabilita’ dell’attenuante (cfr. Cass., sez. 5 19.1.2015, n. 34310, rv. 265669). L’indagine sulle condizioni economiche della persona offesa e’ pertanto irrilevante quando il criterio obiettivo induca a escludere la speciale tenuita’ del danno, dovendosi a tal fine tenere comunque conto che per la sussistenza dell’attenuante e’ in ogni caso necessario che il pregiudizio cagionato, come si e’ gia’ detto, sia lievissimo (cfr. Cass., sez. 5, 31/05/2011, n. 32097; Cass., sez. IV, 21/04/2010, n. 31391).
6. Sulla base delle svolte considerazioni i ricorsi di cui in premessa vanno rigettati, con condanna di ciascun ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Leave a Reply