Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 10 settembre 2020, n. 5422.
La massima estrapolata:
Nel processo amministrativo l’appellante non può limitarsi a riproporre i motivi del ricorso di primo grado senza una specifica indicazione delle ragioni per cui ciascuno di essi viene riproposto in relazione alle diverse statuizioni della sentenza gravata, tanto contrastando col generale principio della specificità dei motivi di appello che discende dal carattere impugnatorio dell’appello.
Sentenza 10 settembre 2020, n. 5422
Data udienza 30 giugno 2020
Tag – parola chiave: Processo amministrativo – Impugnazioni – Appello – Riproposizione motivi del ricorso di primo grado – Presupposti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5112 del 2010, proposto dalle società Cr. Ag. Le. It. S.r.l. ed Om. S.p.A, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Lu. Vi. e Pi. Me., con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via (…);
contro
Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Ri. Su., An. Ma. e Ra. Iz. ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. II, del 6 aprile 2009, n. 3146, resa sul ricorso r.g. n. 952/2008, proposto per l’annullamento: – della nota del Comune di Milano – Sportello Unico dell’Edilizia – n. 150369/2008 del 18.2.2008, con cui è stata disposta la rivalutazione degli oneri di urbanizzazione relativi alla DIA presentata dalla Le. in data 20.12.2007, secondo le nuove tariffe approvate con delibera del C.C. n. 73 del 21.12.2007; – di ogni altro atto connesso e conseguente, ivi compreso il Regolamento Edilizio del Comune di Milano in parte qua, all’art 106 comma 2 laddove prevede che “la denuncia di inizio attività e la relazione asseverata depositata presso altro ufficio dell’Amministrazione Comunale si intende presentata dalla data in cui perviene ad uno degli Uffici competenti”, nonché della delibera del C.C. n. 73 del 21.12.2007
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 giugno 2020, svoltasi con modalità telematica ai sensi del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con l. 24 aprile 2020, n. 27, e del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70, il Cons. Francesco Guarracino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, le società Le. S.p.A. (già In. Le. S.p.A.) e Om. S.p.A., la prima proprietaria, la seconda locataria finanziaria di un’area sita in Milano, via (omissis) (in catasto al fg. (omissis) mapp. (omissis)), premettendo di aver depositato in data 20 dicembre 2007, presso il protocollo generale del Comune di Milano, una D.I.A. per l’esecuzione di opere di ristrutturazione edilizia del complesso immobiliare ubicato sulla predetta area, si dolevano che il Comune, sull’assunto che la D.I.A. fosse pervenuta allo Sportello Unico per l’Edilizia in data 9 gennaio 2008, aveva disposto che gli oneri di urbanizzazione ivi autoliquidati venissero rideterminati applicando le nuove tariffe approvate dal Consiglio comunale con delibera n. 73 del 21 dicembre 2007, divenuta esecutiva in data 8 gennaio 2008, ed impugnavano quindi il provvedimento in questione, il Regolamento Edilizio del Comune di Milano – nella parte in cui, all’art 106 comma 2, prevedeva che la denuncia di inizio attività e la relazione asseverata depositata presso altro ufficio si intendesse presentata dalla data in cui fosse pervenuta ad uno degli Uffici competenti (dunque allo Sportello Unico per l’Edilizia) – nonché la stessa deliberazione consiliare n. 73/2007.
Con sentenza n. 3146 del 6 aprile 2009, il T.A.R. adito (sez. II) respingeva il ricorso compensando le spese di lite.
Avverso la decisione di primo grado hanno proposto appello le società Cr. Ag. Le. It. S.r.l. (quale avente causa di Le. S.p.A.) ed Om. S.p.A.
Il Comune di Milano ha resistito all’appello.
Con ordinanza del 14 maggio 2020, n. 3090, la Sezione, anche in considerazione del fatto che dopo la costituzione in giudizio del Comune, avvenuta il 22 maggio 2010, non risultavano depositati ulteriori documenti o memorie (fatta salva l’istanza di fissazione di udienza ex art. 82 c.p.a.), che non era nota la consistenza delle integrazioni progettuali che, secondo quanto riportato nella sentenza appellata, avrebbero infine condotto all’avvio dei lavori a fine gennaio 2008 e che, a quanto emerso da recente sentenza resa tra le medesime parti dallo stesso T.A.R. (Sez. IV, 31.10.2018, n. 2463), la vicenda per cui è causa era stata oggetto di successivi sviluppi, sono stati disposti incombenti istruttori a carico del Comune di Milano.
In data 1° giugno 2020 è pervenuta la relazione istruttoria chiesta all’amministrazione, cui hanno fatto seguito, in chiave critica, le note di udienza depositate da parte appellante.
Alla pubblica udienza del 30 giugno 2020, svoltasi con modalità telematiche, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. – E’ appellata la sentenza con cui il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ha respinto il ricorso proposto contro il provvedimento col quale il Comune di Milano aveva disposto la rideterminazione degli oneri di urbanizzazione in relazione ad una D.I.A. per l’esecuzione di opere di ristrutturazione edilizia di un complesso immobiliare, presentata al protocollo generale dell’Ente in data 20 dicembre 2007, alla luce delle nuove tariffe approvate dal Consiglio comunale con delibera n. 73 del 21 dicembre 2007.
2. – Giova alla chiarezza dell’esposizione anzitutto riassumere le questioni originariamente proposte all’esame del T.A.R.
La prima concerneva la data in cui la D.I.A., depositata al protocollo generale del Comune di Milano il 20 dicembre 2007, sarebbe effettivamente pervenuta allo Sportello Unico dell’Edilizia (sostenendosi nel ricorso di primo grado che questo ne avrebbe avuto disponibilità, comunque, prima del 9 gennaio 2008); vi era connessa quella, pure affidata al primo motivo di impugnazione, che investiva la legittimità dell’art 106 comma 2 del Reg. Edilizio, in forza del quale, come detto poc’anzi, la domanda si intendeva presentata soltanto dalla data in cui fosse pervenuta allo Sportello Unico per l’Edilizia.
Con un secondo motivo di ricorso l’applicabilità alla D.I.A. delle tariffe approvate il 21 dicembre 2007 con la delibera n. 73, divenuta esecutiva in data 8 gennaio 2008, era contestata sostenendo, altresì, che, diversamente da quanto opinato dall’amministrazione, la quantificazione degli oneri contributivi dovuti dovesse avvenire, anche alla luce della disciplina regionale (segnatamente dell’art. 42, commi 2 e 3, l.r. Lombardia 11 marzo 2005, n. 12), sulla base delle tariffe vigenti alla data di presentazione della domanda, non corrispondendo al vero che la D.I.A. non producesse alcun effetto prima che fossero decorsi trenta giorni da quella data; col corollario che anche la delibera consiliare n. 73/2007, ove mai avesse inteso disporre retroattivamente, sarebbe stata illegittima.
Un terzo motivo di impugnazione era volto a denunciare la pretesa contraddittorietà dell’atto impugnato rispetto alla precedente comunicazione del 15 gennaio 2008 del settore Contabilità, con la quale lo stesso Comune aveva confermato il calcolo degli oneri ed ammesso le richiedenti alla rateizzazione, mentre col quarto ed ultimo motivo di censura ad essere denunziata era la violazione dell’art. 42, commi 8 e 9, della l.r. 12/2005 cit., per essere stato il provvedimento di rideterminazione degli oneri concessori protocollato (il 18 febbraio 2008) e comunicato (il 22 febbraio 2008) oltre il termine di trenta giorni dalla presentazione della D.I.A., entro il quale, come espressamente previsto dalle disposizioni richiamate, il Comune avrebbe dovuto verificare la correttezza del calcolo del contributo di costruzione e, del caso, inibire l’attività edilizia.
3. – Con la sentenza in questa sede appellata il T.A.R. ha esaminato, anzitutto, la questione generale della rilevanza delle sopravvenienze normative tra la data di presentazione della D.I.A. ed il decorso del successivo termine di trenta giorni assegnato all’amministrazione per lo svolgimento di verifiche e l’eventuale esercizio dei poteri inibitori, abbracciando la tesi per cui la D.I.A., indipendentemente dalla sua natura, avrebbe prodotto effetti soltanto dal trentesimo giorno dalla sua presentazione e pervenendo, pertanto, alla conclusione della piena applicabilità alla medesima delle modifiche della disciplina legislativa e regolamentare (compresa quella pianificatoria e relativa agli oneri concessori) introdotte in quel lasso temporale.
Tale conclusione non avrebbe trovato ostacolo nelle previsioni della legislazione regionale invocata da parte ricorrente, in quanto i commi 2 e 3 dell’art 42 della l.r. 12/2005 si sarebbero limitati a disciplinare il procedimento di presentazione della D.I.A., stabilendo che dovesse esservi allegato il calcolo degli oneri dovuti, senza introdurre una deroga al principio generale sull’efficacia della D.I.A., ed i commi 8 e 9 dello stesso articolo, a loro volta, si sarebbero limitati ad affermare la perentorietà del termine di 30 giorni per l’esercizio della funzione di controllo; anzi, secondo il T.A.R. la modifica in seguito apportata all’art. 38 della medesima legge regionale con l’introduzione del comma 7 bis ad opera della l.r. 14 marzo 2008, n. 4 – per cui, per il permesso di costruire, gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria dovevano essere determinati alla data di presentazione della richiesta di permesso, purché vi fosse la completezza documentale – avrebbe dimostrato che prima della modifica legislativa gli oneri andassero determinati al momento del rilascio del titolo per il permesso di costruire e, quindi, per la D.I.A. decorsi i trenta giorni dalla sua presentazione.
Tanto osservato sul piano generale, il T.A.R. ha, comunque, evidenziato che nello specifico la D.I.A. non era completa di tutti gli elementi richiesti, tanto è vero che l’interessata era stata diffidata dall’iniziare i lavori, che avevano potuto essere avviati solo dopo la presentazione di integrazioni progettuali a fine gennaio 2008 (nell’esposizione in fatto la sentenza specifica che il progetto originario aveva ottenuto il parere negativo della Commissione edilizia e che dopo il 31 gennaio 2008 la società aveva presentato un nuovo progetto), e ciò avrebbe costituito un’ulteriore ragione per cui il provvedimento di rideterminazione delle tariffe sarebbe stato corretto, poiché la carenza di requisiti avrebbe reso la denuncia non produttiva di alcun effetto e, quindi, irrilevante il momento in cui essa era stata presentata incompleta.
Venendo, poi, alla specifica questione legata alla presentazione della D.I.A. al protocollo generale, anziché allo Sportello unico, il Giudice di primo grado, da un lato, ha riconosciuto la legittimità della disposizione regolamentare impugnata, ritenendola giustificata dai tempi estremamente ristretti assegnati all’amministrazione per eseguire le dovute verifiche, ma, dall’altro, ha affermato che, in ogni caso, la questione non era rilevante anche prendendo come termine di raffronto la data del 20 dicembre 2007, sia perché la delibera doveva comunque trovare applicazione per le ragioni già esposte (in relazione al momento in cui avrebbe acquistato efficacia) sia perché a quella data la D.I.A. non era completa e, quindi, non poteva assumere alcun valore.
Respinti sulla base di queste considerazioni il primo, il secondo ed il quarto motivo del ricorso di primo grado, il TAR ne ha disatteso il terzo motivo, perché il controllo formale effettuato dall’amministrazione sull’esattezza matematica del calcolo predisposto dall’interessato non avrebbe precluso all’ufficio competente di ricalcolare gli oneri, a fronte di tariffe sopravvenute prima del momento della intervenuta efficacia della D.I.A.
4. – L’appello è affidato a tre motivi di gravame, raggruppati sotto la rubrica “A) Sui contenuti della sentenza” (pagg. 8 – 14 dell’appello).
Ad essi segue una mera riproposizione testuale, salvo lievi adattamenti di forma, dei quattro motivi del ricorso di primo grado, a loro volta raggruppati sotto la rubrica “B) Sulle censure disattese dal TAR Lombardia Milano – sul fumus” (pagg. 14 – 23 dell’appello).
Con il primo motivo parte appellante sostiene essere certo che la pratica edilizia fosse giunta nella materiale disponibilità dello Sportello unico per l’edilizia del Comune di Milano al più tardi il 7 gennaio 2008, lamentando che il T.A.R. non abbia considerato, al riguardo, quanto affermato nella nota del Comune di Milano del 29 aprile 2008 prodotta nel primo grado del giudizio e dolendosi che non abbia accolto l’istanza istruttoria per l’acquisizione di copia dei registri comunali interni attestanti il passaggio della pratica fra i vari settori (dal Protocollo generale allo Sportello unico per l’edilizia).
Con il secondo motivo critica il ragionamento svolto dal Giudice di primo grado per sostenere che, in base al principio tempus regit actum, la disciplina applicabile sarebbe stata quella in vigore alla data di efficacia, anziché di presentazione, della D.I.A., tacciandone la decisione d’illogicità e contraddittorietà con riferimento all’interpretazione della legislazione regionale e propugnando la necessità di distinguere tra le sopravvenienze normative in materia urbanistica, edilizia ed igienico-sanitaria e le eventuali modifiche in itinere della disciplina in materia di oneri di urbanizzazione.
Col terzo motivo denuncia la mancata considerazione, da parte del Giudice di primo grado, delle precisazioni contenute nella diffida del Comune di Milano del 6 febbraio 2008, con cui l’amministrazione, precisando che “restano confermati i termini di pagamento per contributi di costruzione secondo le modalità indicate nella DIA in oggetto”, avrebbe confermato che per il calcolo degli oneri di urbanizzazione occorreva far riferimento al momento del protocollo della pratica, al di là di eventuali carenze documentali.
5. – L’appello è infondato.
6. – I primi due motivi d’appello, i quali si prestano ad un esame congiunto, devono essere respinti perché, al di là delle affermazioni generali concernenti il regime di efficacia della D.I.A. ed il modo con cui lo stesso avrebbe interagito con l’entrata in vigore medio tempore di modifiche della disciplina sul calcolo degli oneri di concessione, il Giudice di primo grado ha rinvenuto una specifica ed assorbente ragione per cui al caso di specie dovessero trovare applicazione le nuove tariffe nel fatto che la D.I.A. presentata al protocollo generale il 20 dicembre 2007 non era completa, tanto che, ricevuto il parere negativo della Commissione edilizia e la conseguente diffida a non dare inizio ai lavori, la società proponente, alla fine di gennaio 2008, aveva presentato un nuovo progetto (cfr. sentenza appellata, pag. 9: “Poiché la denuncia, per essere efficace, deve avere tutti i contenuti prescritti, la carenza di uno dei requisiti richiesti dalla legge rende la denuncia non produttiva di alcun effetto, e quindi risulta irrilevante il momento in cui la denuncia è stata presentata incompleta. Il termine di riferimento per il decorso dei trenta giorni sarà quello in cui viene presentata la documentazione completa”).
Tanto rendeva recessiva ogni considerazione di carattere generale ed astratto sul momento in cui le D.I.A. acquistassero piena efficacia alla stregua del quadro normativo esaminato in sentenza, tanto da indurre lo stesso T.A.R. a riconoscere che la questione della legittimità dell’art. 106 del Regolamento edilizio comunale (pur sciolta in senso positivo) “nel caso in esame non è rilevante” (pag. 10 sentenza appellata) e a disattendere l’istanza istruttoria volta a verificare la effettiva data di trasmissione della D.I.A. in questione allo Sportello Unico (ibidem).
I due motivi di appello, pertanto, non colgono l’effettiva ragione della decisione assunta dal Giudice di primo grado, al di là della correttezza della tesi sostenuta da parte appellante per cui, in linea di principio, le D.I.A. acquistavano efficacia alla data stessa della loro presentazione e non già decorso il termine concesso all’amministrazione per i controlli (C.d.S., sez. IV, 4 settembre 2012, n. 4669, per la natura non provvedimentale, ma privata della D.I.A.).
7. – Ebbene, che la D.I.A. originaria riguardasse un progetto di ristrutturazione, mediante demolizione e ricostruzione di edifici industriali, che non era suscettibile di essere eseguito, come espressamente eccepito in primo grado dal Comune, risulta confermato dalla documentazione allora prodotta in giudizio dall’amministrazione, segnatamente dalla diffida datata 6 febbraio 2008 e notificata il successivo 28 febbraio, con cui erano stati rappresentati alla società presentatrice la carenza documentale della pratica ed il fatto che l’impatto paesistico del progetto risultava oltre la soglia di rilevanza definita dalle linee guida per l’esame paesistico dei progetti approvate con delibera della G.R.. n. 7/11045 del 2002.
Con la diffida era stato rammentato alla ditta proponente l’intervento la possibilità di presentare una nuova soluzione progettuale nel rispetto delle osservazioni espresse nel parere negativo della Commissione edilizia, che risulta adottato nella seduta del 31 gennaio 2008.
Agli atti di causa è presente copia di una successiva diffida, datata 4 agosto e notificata il 28 agosto 2008, da cui risulta che, a seguito della prima diffida, la ditta aveva presentato il 26 marzo 2008, per l’appunto, una soluzione progettuale aggiornata (su cui la C.E. si era positivamente espressa il 10 aprile 2008; ulteriori integrazioni erano state effettuate dal progettista in data 29 maggio 2008; la nuova diffida era stata giustificata con rilievi aggiuntivi).
La dedotta incompletezza della documentazione prodotta, in origine, a corredo della denuncia d’inizio attività è rimasta incontestata, come pure l’assunto del T.A.R. secondo cui ciò impediva, comunque, alla D.I.A. di produrre effetti, facendo escludere che l’amministrazione avesse proceduto, con gli atti contestati in primo grado, ad una applicazione retroattiva del nuovo regime tariffario.
D’altro canto, la soluzione prescelta dal primo Giudice appare logica e coerente: infatti, laddove, contrariamente argomentando, si ritenesse che anche la presentazione di un progetto incompleto cristalizzi la data di assunzione dell’atto privato impedendo l’applicazione di nuove tariffe, eventualmente deliberate in seguito dal Comune, sarebbe agevole per chiunque cautelarsi da questo sgradito (seppur fisiologico) evento depositando al protocollo una D.I.A. embrionale ed incompleta, ottenendo un effetto di “prenotazione” atto ad eludere il principio generale.
8. – Anche il terzo motivo di appello dev’essere respinto, perché se è vero che la diffida conteneva la precisazione per cui “restano confermati i termini di pagamento per contributi di costruzione secondo le modalità indicate nella DIA in oggetto”, il fatto che la rideterminazione degli oneri concessori costituisce l’esercizio di una legittima facoltà nell’ambito di un rapporto paritetico tra la pubblica amministrazione e il privato, nel quale l’atto di imposizione e di liquidazione del contributo non ha natura autoritativa né costituisce esplicazione di una potestà pubblicistica, ma si risolve in un mero atto ricognitivo e contabile, in applicazione di rigidi e prestabiliti parametri regolamentari e tabellari, esclusa qualsivoglia discrezionalità applicativa, comporta che nell’ordinario termine decennale di prescrizione sia sempre possibile, e anzi doverosa, da parte della pubblica amministrazione, la rideterminazione del contributo, quante volte essa si accorga che la sua originaria liquidazione sia dipesa dall’applicazione inesatta o incoerente di parametri e coefficienti determinativi o da un semplice errore di calcolo (C.d.S., Ad. Plen., 30 agosto 2018, n. 12).
9. – Per quanto riguarda, infine, la riproposizione testuale in chiave acritica dei quattro motivi del ricorso di primo grado (pagg. 14 – 23 dell’appello), per consolidato orientamento giurisprudenziale l’appellante non può limitarsi a riproporre i motivi del ricorso di primo grado senza una specifica indicazione delle ragioni per cui ciascuno di essi viene riproposto in relazione alle diverse statuizioni della sentenza gravata, tanto contrastando col generale principio della specificità dei motivi di appello che discende dal carattere impugnatorio dell’appello (ex multis, C.d.S., sez. II, 3 giugno 2020, n. 3471; Cons. giust. amm. Reg. Sicilia, sez. giurisd., 1° giugno 2020, n. 362).
Le uniche critiche alla decisione appellata, difatti, sono quelle contenute nei tre motivi in precedenza esaminati.
10. – Per queste ragioni, in conclusione, l’appello dev’essere respinto.
11. – Le spese del presente grado del giudizio seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte appellante alla rifusione delle spese processuali del presente grado del giudizio in favore del Comune di Milano, che liquida nella somma complessiva di Euro 3000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge, ove dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 giugno 2020, svoltasi in videoconferenza con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Giuseppe Rotondo – Consigliere
Francesco Guarracino – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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