Nel processo amministrativo il commissario ad acta

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 24 giugno 2019, n. 4326.

La massima estrapolata:

Nel processo amministrativo il commissario ad acta è un ausiliario del giudice, strumento che permette, nel rispetto del principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, di realizzare il contenuto prescrittivo della sentenza, e dunque l’adeguamento della realtà agli effetti del giudicato che l’Amministrazione pubblica non ha operato. Il commissario ad acta, nel singolo caso, sostituisce l’Amministrazione seguendo il medesimo procedimento definito dalla legge per l’esercizio dei poteri dell’Amministrazione inottemperante.

Sentenza 24 giugno 2019, n. 4326

Data udienza 20 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9035 del 2015, proposto da
Fa. De. Li., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Al. Sa., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso (…);
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato An. Ma., domiciliata in Roma, via (…);
per l’ottemperanza
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. V n. 05251/2013, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto il reclamo esperito nei confronti del provvedimento in data 18 luglio 2018 del commissario ad acta;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2018 il Cons. Stefano Fantini e udita per la parte ricorrente l’avvocato Ma. Al. Sa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- La società Fa. De. Li. ha proposto reclamo avverso il provvedimento in data 18 luglio 2018 del commissario ad acta nominato con sentenza della Sezione 19 maggio 2016, n. 2089 (in sede di ottemperanza al giudicato di cui alla sentenza 31 ottobre 2013, n. 5251).
Quest’ultimo giudicato ha accertato l’illegittimità del diniego di concessione edilizia opposto nel 1996 dal Comune di Roma alla società Ve. ’84, dante causa della odierna ricorrente, per la costruzione di un albergo in via (omissis) – via (omissis), ordinando la rinnovazione dell’istruttoria al fine di verificare la sussistenza in concreto dei presupposti per il rilascio della concessione stessa, avendo presente lo stato dei luoghi al momento della decisione sull’istanza.
In sede di ottemperanza la sentenza n. 2089 del 2016 ha “ribadito l’obbligo per il Comune di Roma (Roma Capitale) di completare la nuova istruttoria procedimentale disposta dalla sentenza n. 5251/2013 entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione. In caso di permanente inottemperanza, provvederà ad avviare la nuova istruttoria nei termini chiariti – e su semplice richiesta della ricorrente – un Commissario ad acta, che viene sin da ora individuato nel Prefetto di Roma, con facoltà di delega a un funzionario del suo Ufficio”.
Con nota prot. n. 23611 in data 18 luglio 2018 il commissario ad acta ha concluso il procedimento denegando l’istanza di concessione presentata dalla società Farmdale.
Avverso detto provvedimento la società da ultimo indicata ha proposto il presente reclamo, chiedendone l’accertamento della illegittimità /nullità, in ragione dell’irritualità della procedura seguita dal Commissario, nonchè della sussistenza dei presupposti per il conseguimento del titolo edilizio.
2. – Il primo motivo di reclamo riguarda dunque l’asserita irritualità della procedura seguita dal commissario ad acta utilizzando ai fini della comunicazione dell’avvio del procedimento, del “preavviso di rigetto” e dello stesso provvedimento conclusivo la carta intestata di Roma Capitale, recependo acriticamente, per relationem, le argomentazioni svolte in giudizio dall’Amministrazione, in tale guisa seguendo un modus operandi non compatibile con la posizione di imparzialità e terzietà propria di un organo ausiliario del giudice (e non già di un organo straordinario dell’Amministrazione).
Il motivo, con valenza eminentemente formale, non è fondato.
Nel processo amministrativo il commissario ad acta è un ausiliario del giudice (Corte cost., 12 maggio 1977, n. 75; Cons. Stato, Ad. plen., 26 agosto 1991, n. 5, nonché art. 21 Cod. proc. amm.), strumento che permette, nel rispetto del principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, di realizzare il contenuto prescrittivo della sentenza, e dunque l’adeguamento della realtà agli effetti del giudicato che l’Amministrazione pubblica non ha operato. Il commissario ad acta, nel singolo caso, sostituisce l’Amministrazione seguendo il medesimo procedimento definito dalla legge per l’esercizio dei poteri dell’Amministrazione inottemperante (Cons. Stato, V, 21 maggio 2018, n. 3039).
Ciò non significa peraltro che l’Amministrazione, la quale con la nomina del commissario ad acta consuma il suo potere di provvedere, non possa comunque svolgere l’attività istruttoria, i cui esiti possono essere trasfusi nella decisione del commissario ad acta, ove corretti, completi e condivisi.
Nel provvedimento prot. n. 23611 in data 18 luglio 2018 il commissario ad acta ha dato espressamente atto (pag. 2) di avere richiamato, nel preavviso di rigetto, per relationem, i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di concessione contenuti nella relazione prot. n. 7799 del 17 gennaio 2018 del dirigente del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica- Direzione Edilizia -U.O. Permessi di costruire, “in quanto autonomamente condivisi”; ha successivamente ribadito l’integrale condivisione della relazione (pag. 4).
3. – Il secondo motivo di reclamo contesta l’assunto, non espressamente coperto dal giudicato, dell’esaurimento della volumetria disponibile sull’originaria particella n. 1404 per effetto della volumetria precedentemente autorizzata con licenza edilizia del 1970 sulla particella n. 1436 (derivante, al pari della 1435, dalla 1404), allegando la persistenza di una cubatura residua assentibile fuori terra di oltre 22.000 mc., compatibile con il progetto di albergo (di 10.337 mc.) presentato dalla Ve. ’84 nel 1995, oggetto dell’istanza denegata, trattandosi di area ricadente nella zona (omissis) del P.R.G. adottato nel 1962 ed approvato nel 1965, contemplante un indice di edificabilità di 8 mc/mq.; critica l’assunto della ipotetica inesistenza di detta tabella “D” all’interno delle N.T.A. del P.R.G. adottato, a suo dire acriticamente recepito dal commissario ad acta.
3.1. – Nello scrutinio di tale motivo di reclamo occorre muovere dalla premessa per cui l’oggetto del giudizio di ottemperanza è rappresentato dalla puntuale verifica dell’esatto adempimento, da parte dell’Amministrazione, dell’obbligo di conformarsi al decisum, verifica che comporta, da parte del giudice dell’ottemperanza, un esercizio di interpretazione del giudicato, al fine di enucleare e precisare il contenuto del relativo comando, non eludibile dall’Amministrazione pur a fronte della discrezionalità che connota la riedizione del suo potere (in termini Cons. Stato, III, 23 settembre 2015, n. 4463), ad esempio in presenza, come nel caso di specie, di una decisione di annullamento per difetto di motivazione.
La sentenza n. 5251 del 2013 ha perimetrato il giudicato sul difetto di istruttoria e dunque di motivazione del diniego sotto il profilo dell’adeguata urbanizzazione dell’area in relazione alla tipologia di intervento, e dell’effettivo possesso del requisito della disponibilità giuridica del fondo in capo al soggetto richiedente il titolo concessorio.
La sentenza resa in sede di ottemperanza ha interpretato il giudicato nel senso che abbia “ingiunto a Roma Capitale di avviare una nuova istruttoria per verificare in concreto la sussistenza dei presupposti per il rilascio della concessione edilizia richiesta il 12 maggio 1995, avendo presente lo stato dei luoghi al momento della decisione sull’istanza in seguito impugnata”.
Ritiene il Collegio che il tema della volumetria esaurita non sia in contrasto con il vincolo discendente dalla res iudicata ed in particolare connesso all’accertamento del difetto di istruttoria relativo alla situazione urbanistica dell’area interessata dall’istanza di concessione edilizia.
3.2. – Nel merito, il motivo è infondato, non avendo la ricorrente fornito un principio di prova idoneo a superare l’assunto dell’inesistenza della tabella “D” nel provvedimento di approvazione definitiva del P.R.G., risalente al 1965, ciò comportando la non operatività dell’indice di edificabilità di 8 mc/mq.
4. – Nonostante il carattere assorbente, ai fini del decidere, di quanto ora osservato in ordine alla volumetria disponibile, va esaminato, per completezza di esposizione, il terzo motivo di reclamo, concernente l’assenza del titolo di disponibilità del fondo da parte dell’appellante, rilevata dal commissario ad acta, in conformità di quanto rappresentato in sede processuale dall’Amministrazione capitolina, nella considerazione della presenza di un mero contratto preliminare risalente al 24 febbraio 1999; allega la ricorrente che il titolo manca per l’area sulla quale insistono le rampe realizzate a servizio del parcheggio e della palazzina I adibita ad uffici.
Anche tale motivo è infondato, in quanto, a prescindere dalla possibilità, per il promissario acquirente dell’immobile, di conseguire il rilascio del permesso di costruire (implicante comunque il consenso, nel caso di specie non provato, del proprietario), resta il fatto che detto contratto preliminare è intervenuto successivamente al diniego opposto, risalente al 1996, ed, a maggiore ragione, successivamente all’istanza di concessione edilizia.
5. – Alla stregua di quanto esposto, il reclamo va respinto.
La complessità della controversia integra le ragioni prescritte dalla legge per la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul reclamo, come in epigrafe proposto, lo respinge
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Claudio Contessa – Consigliere
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere, Estensore

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