Nel giudizio di risarcimento del danno derivante da fatto illecito

Corte di Cassazione, civile,
Sentenza|7 maggio 2021| n. 12159.

Nel giudizio di risarcimento del danno derivante da fatto illecito, costituisce violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c., il prescindere dalla specifica quantificazione dalla parte formulata in ordine a ciascuna voce di danno oggetto della domanda di ristoro, salvo che tali indicazioni non siano da ritenere meramente indicative.

Sentenza|7 maggio 2021| n. 12159

Data udienza 11 novembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Risarcimento danni – Caduta a causa di manto stradale dissestato – Somma liquidata – Misura maggiore rispetto nell’importo indicato nella domanda originaria – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 19776/2018 proposto da:
AZIENDA OSPEDALIERA OSPEDALI RIUNITI (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 341/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 20/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/11/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 20/2/2018 la Corte d’Appello di Palermo ha respinto il gravame interposto dall’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti (OMISSIS)” in relazione alla pronunzia Trib. Palermo n. 662/2014, di accoglimento della domanda nei suoi confronti proposta dalla sig. (OMISSIS) di risarcimento dei danni lamentati – in conseguenza della caduta avvenuta il (OMISSIS) nell’area antistante il Pronto Soccorso “a causa del dissesto del manto stradale, con avvallamento”.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti (OMISSIS)” propone ora ricorso per cassazione affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la (OMISSIS).
Gia’ chiamata all’udienza camerale del 5/12/2019 la causa e’ stata rinviata alla pubblica udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 MOTIVO la ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” degli articoli 112, 189 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole che la corte di merito abbia rigettato la censura mossa alla sentenza del giudice di prime cure erroneamente ritenendo insussistente il lamentato vizio di ultrapetizione, a fronte di una condanna al risarcimento del danno per un ammontare superiore a quanto originariamente richiesto e la “inammissibilita’ della domanda nuova formulata in sede di precisazione delle conclusioni”, atteso l’orientamento giurisprudenziale in base al quale l’ultrapetizione non sussiste solo “qualora manchi una limitazione alla domanda, limitazione che puo’ ritenersi insussistente laddove l’attore abbia fatto riferimento alla somma maggiore o minore che risulti dovuta in corso di causa”, mentre nella specie sussiste “la limitazione posta da parte attrice alla domanda (e cio’ mediante l’omissione della suddetta espressione somma maggiore o minore che risulti dovuta in corso di causa”.
Il motivo e’ fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’, che va anche nella specie ribadito, nel giudizio di risarcimento del danno derivante da fatto illecito costituisce violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’articolo 112 c.p.c., il prescindere dalla specifica quantificazione dalla parte formulata in ordine a ciascuna voce di danno oggetto della domanda di ristoro, salvo che tali indicazioni non siano da ritenere (in base ad apprezzamento di fatto concernente l’interpretazione della domanda e censurabile in sede di legittimita’ esclusivamente per vizio di motivazione) meramente indicative (v. Cass., 11/10/2019, n. 25690; Cass., 27/9/2012, n. 16450; Cass., 13/2/2002, n. 2078).
Si e’ al riguardo ulteriormente sottolineato (v. Cass., 25/2/2011, n. 10528) che la precisazione dell’ammontare della somma domandata puo’ avere invero valore meramente indicativo allorquando, pur dopo averla formulata, la parte chieda che il danno venga comunque liquidato secondo giustizia ed equita’, potendo in tale ipotesi il giudice attribuire una somma anche superiore a quella richiesta, rimanendo esclusa solamente la possibilita’ di darsi ingresso a voci di danno diverse da quelle espressamente elencate (cfr. Cass., 13/2/2002, n. 2078; Cass., 12/7/1999, n. 7345. Diversamente, per l’affermazione che nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno, ove l’attore, dopo avere indicato analiticamente le voci di danno di cui chiede il ristoro ed il relativo ammontare, abbia dichiarato di rimettersi comunque “alla valutazione equitativa del giudice”, il giudice non puo’ pronunciare condanna per importi superiori a quelli richiesti dalla parte, giacche’ quella formula, in difetto di una esplicita dichiarazione in tal senso, non puo’ intendersi come una domanda di somme anche maggiori rispetto a quelle indicate, ma solo come richiesta al giudice di effettuare la valutazione equitativa del danno, ai sensi dell’articolo 1226 c.c., v. peraltro, minoritariamente, Cass., 16/2/2010, n. 3593).
Orbene, nell’affermare che “in sede di conclusioni l’attrice, alla luce delle risultanze peritali riformulo’ la propria domanda, con una
evidente emendatio cui correttamente ha dato seguito il Tribunale, vertendosi in ipotesi di mero ampliamento quantitativo del petitum, per le medesime voci (non altre) comunque indicate sin dall’avvio del giudizio, e non alterando quindi in alcun modo ne’ la prospettazione del fatto storico ne’ le conseguenze dannose gia’ individuate”, la corte di merito ha nell’impugnata sentenza invero disatteso il suindicato principio, atteso che come dall’odierna ricorrente (in ossequio ai requisiti richiesti all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6) censurato, l’originaria attrice ed odierna controricorrente ha nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di 1 grado espressamente domandato la sua condanna al pagamento della specificatamente indicata “somma di Euro 6.717,02”, a titolo di “risarcimento per le lesioni subite e per il danno patrimoniale correlato, oltre interessi e rivalutazione monetaria”.
Trattava pertanto di domanda avente ad oggetto una somma certa e determinata (un “importo “secco””, come dalla ricorrente dedotto), senza alcuna (ulteriore) richiesta di liquidazione del danno comunque “secondo giustizia ed equita’”.
Orbene, il suindicato principio e’ nell’impugnata sentenza rimasto invero disatteso dalla corte di merito.
In particolare la’ dove, nell’affermare che “l’attrice, alla luce delle risultanze peritali… riformulo’ la propria domanda, con un evidente emendatio cui correttamente ha dato seguito il Tribunale, vertendosi in ipotesi di mero ampliamento quantitativo del petitum, per le medesime voci (non oltre) comunque indicate sin dall’avvio del giudizio, e non alterando quindi in alcun modo ne’ la prospettazione del fatto storico ne’ le conseguenze dannose gia’ individuate”, e nell’ulteriormente sottolineare che “la danneggiata ha…, tenendo conto dei detti esiti istruttori, quantificato differentemente la pretesa”, sicche’ “nel caso di specie l’indicazione offerta dall’attrice in citazione aveva l’evidente scopo di precisare l’oggetto della pretesa (e non limitarla)… e l’aggravamento poi risultato in corso di giudizio ha comportato, quale conseguenza integrante mera emendatio, l’adeguamento della domanda al nuovo quadro delineatosi per quanto accertato in sede di consulenza medico-legale: adeguamento oggetto di apposita indicazione in sede di precisazione delle conclusioni”, e’ pervenuta a liquidare somma maggiore rispetto all’importo specificamente indicato oggetto della domanda originaria, a tale stregua venendo in effetti ad integrare il denunziato error in procedendo.
Dell’impugnata sentenza, assorbito il 2 motivo (con il quale la ricorrente lamenta avere la corte di merito “errato… laddove, in accoglimento dell’appello proposto, avrebbe dovuto condannare controparte alla refusione in favore dell’odierna ricorrente delle spese di giudizio”), s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo, che in diversa composizione procedera’ a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il 1 motivo di ricorso, assorbito il 2. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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