Nel giudizio amministrativo non basta dedurre genericamente un vizio

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 20 giugno 2019, n. 4242.

La massima estrapolata:

Nel giudizio amministrativo non basta dedurre genericamente un vizio, ma bisogna precisare il profilo sotto il quale il vizio viene dedotto e, ancora, indicare tutte quelle circostanze dalle quali possa desumersi che il vizio denunciato effettivamente sussiste, pena l’inammissibilità per genericità della censura proposta.

Sentenza 20 giugno 2019, n. 4242

Data udienza 21 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 7551 del 2009, proposto da
Uc. An., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Gr., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Comune di Latina, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Di Le., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pa. Po. in Roma, piazza (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione staccata di Latina Sezione Prima n. 01236/2008, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Latina;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Co., su delega dell’avvocato Gr., e Di Le.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso ritualmente notificato la dottoressa An. Uc., dipendente in servizio presso il Comune di Latina (di seguito “il Comune”) con la qualifica di funzionario di categoria D, posizione economica D6, impugnava dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio la deliberazione della Giunta Municipale del Comune n. 248 del 30 aprile 2008, pubblicata il 5 maggio 2008, recante l’approvazione del programma triennale del fabbisogno del personale relativo alle annualità 2008, 2009 e 2010, comprensivo del Piano per la stabilizzazione del personale precario.
1.1. La ricorrente premetteva di aver partecipato alla procedura concorsuale interna (indetta con Delibera consiliare n. 29 del 1995) per ventinove posti di funzionario e/o capo UOC, ottava qualifica funzionale, risultando vincitrice con assegnazione ai servizi sociali: censurava, pertanto, l’operato dell’amministrazione comunale inteso a negarle la collocazione nel posto messo a concorso e lo svolgimento effettivo delle relative mansioni, da ultimo mediante l’adozione di un piano triennale di fabbisogno del personale che prevedeva nel settore di interesse (i servizi sociali) un concorso per progressione verticale per l’ottava qualifica funzionale (a suo dire la stessa per la quale era stata nominata vincitrice nella precedente procedura selettiva).
2. Con la sentenza in epigrafe, nella resistenza del Comune (che, costituitosi in giudizio, eccepiva l’inammissibilità e l’improcedibilità del gravame sotto plurimi profili e nel merito ne argomentava l’infondatezza), il Tribunale amministrativo ha dichiarato inammissibile il ricorso per genericità ed indeterminatezza dei motivi e delle censure dedotte.
3. Avverso la sentenza la dottoressa Uc. ha proposto appello, deducendone l’erroneità nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il ricorso perché ritenuto carente della specifica esposizione dei motivi su cui era fondato il gravame per avere il primo giudice omesso l’esame della narrativa e della documentazione allegata con cui la ricorrente aveva impugnato il detto programma triennale di fabbisogno del personale proprio in quanto viziato da violazione di legge ed eccesso di potere: ne ha, pertanto, chiesto la riforma per i seguenti motivi: “a) eccesso di potere e/o violazione o falsa applicazione di legge e/o abuso di potere e carenza di motivazione; b) eccesso di potere e violazione di legge in riferimento all’art. 97 della Costituzione; c)violazionedi legge in relazione all’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241”.
3.1. Si è costituito in giudizio il Comune e ha depositato memorie nelle quali ha eccepito in limine l’inammissibilità e improcedibilità dell’appello sotto plurimi profili (e in particolare: a) per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo; b) in quanto le pretese azionate afferiscono alla procedura concorsuale di assunzione con progressione verticale con riguardo ad una categoria giuridica – D3 – di cui la dottoressa Uc. era già in possesso, potendo anzi vantare una maggiore posizione economica D6; c) per avere il Comune definito, con successiva deliberazione giuntale n. 727 del 30 dicembre 2008, le linee guida per le progressioni verticali, sopprimendo la copertura del posto in parola; d) per non avere l’appellante impugnato gli atti programmatori adottati dall’ente in relazione alle successive annualità ; e) per essere stata l’appellante destinataria del conferimento di incarico di posizione di alta professionalità nell’ambito dell’Ufficio Invalidi Civili). Il Comune ha chiesto altresì di dichiarare l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’appello (stante, nelle more del giudizio, l’intervenuto collocamento a riposo della dottoressa Uc. per dimissioni volontarie a far data dal 1 dicembre 2015) e, in subordine, ne ha domandato il rigetto per la sua infondatezza.
3.2. All’udienza pubblica del 21 marzo 2019, il Presidente, ai sensi dell’art. 73, comma 3, Cod. proc. amm., informava le parti che il Collegio aveva rilevato la sussistenza dei presupposti per la declaratoria di sopravvenuta carenza d’interesse al ricorso in appello.
3.3. Le parti si sono in ogni caso riportate agli scritti difensivi e, infine, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

4. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dalla difesa del Comune nella memoria di costituzione.
4.1. In disparte l’inammissibilità dell’eccezione sollevata con memoria e non dedotta con appello incidentale avverso il capo della sentenza che, decidendo il ricorso, ha ritenuto implicitamente sussistente la giurisdizione amministrativa, l’eccezione è infondata.
4.2. Deve ricordarsi che la giurisdizione del giudice ordinario ovvero del giudice amministrativo deve essere verificata con riferimento all’oggetto della domanda, delineato alla stregua del petitum sostanziale individuato in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio e in base agli elementi oggettivi che caratterizzano la sostanza del rapporto giuridico posto a fondamento della pretesa fatta valere (Cass., S.U., n. 12307 del 2004; 30 giugno 1999, n. 379; Cass. 2 agosto 2002, n. 11626); d’altra parte, poi, ove il privato deduca comunque in giudizio la lesione attuale di una posizione giuridica soggettiva avente consistenza di diritto soggettivo, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario.
4.3. Nel caso di specie oggetto di impugnativa in prime cure è stato l’atto generale di programmazione del fabbisogno del personale per il triennio 2008-2010, contestando la legittimità delle scelte discrezionali operate dal Comune, in adempimento della normativa di settore, volte a programmare nuovi concorsi o selezioni per coprire un posto in pianta organica (secondo la prospettazione attorea già oggetto di una procedura selettiva esaurita).
4.4. In tal senso, la posizione giuridica fatta valere va qualificata in termini di interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri discrezionali di c.d. rimodulazione (intesa quale modifica e integrazione del Piano annuale delle assunzioni) da parte dell’Ente locale e del corretto e ottimale impiego delle risorse in conformità ai principi di buon andamento ed efficienza dell’azione amministrativa (che imporrebbero, secondo la prospettazione dell’appellante, di tener conto di una pregressa procedura selettiva ancora valida ed efficace): posizione rispetto alla quale si radica la giurisdizione amministrativa.
5. Nel merito l’appello è infondato, il che esime il Collegio dall’esame delle eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse (all’esito del collocamento in quiescenza della dottoressa Uc.), sollevate in limine dalla difesa del Comune appellato.
5.1. Meritano, invero, conferma le statuizioni di prime cure, esenti dalle critiche appuntate nella parte in cui hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso per non avere la parte ricorrente esplicitato i motivi di illegittimità dell’atto deliberativo impugnato.
5.2. Correttamente, infatti, il giudice di prime cure ha richiamato il pacifico indirizzo giurisprudenziale secondo il quale nel giudizio amministrativo non basta dedurre genericamente un vizio, ma bisogna precisare il profilo sotto il quale il vizio viene dedotto e, ancora, indicare tutte quelle circostanze dalle quali possa desumersi che il vizio denunciato effettivamente sussiste, pena l’inammissibilità per genericità della censura proposta: e ne ha tratto le dovute conseguenze in punto di inammissibilità del ricorso proposto, per violazione dell’obbligo ex art. 40, comma 1, lett. d), cod. proc. amm. di specificità delle censure, del tutto generiche e indeterminate, sì da inibire non solo il sindacato giurisdizionale di legittimità, ma anche lo svolgimento di un’adeguata e congrua difesa della controparte, con conseguente lesione del principio del contraddittorio, difettando del tutto nella specie l’esposizione puntuale dei motivi su cui il gravame era fondato.
5.3. Risulta infatti dalla lettura del ricorso di primo grado e dal suo raffronto con l’atto di appello che solo in quest’ultimo sono stati enunciati specifici motivi di impugnazione con la puntuale indicazione dei vizi di legittimità da cui il provvedimento amministrativo gravato sarebbe in tesi affetto.
5.4. In definitiva, come bene rilevato dal primo giudice, il ricorso originario, a parte una generica contestazione della violazione del principio di ragionevolezza (per la generica affermazione secondo cui “l’espletamento della procedura concorsuale di cui alla delibera impugnata significherebbe revocare di fatto illegittimamente il concorso per il quale è risultata vincitrice”) non contiene la compiuta e puntuale enunciazione dei motivi di diritto che renderebbero illegittimi, e quindi annullabili, gli atti programmatori adottati dal Comune e impugnati dalla ricorrente.
6. In conclusione, l’appello va respinto, con conferma della sentenza impugnata.
7. Sussistono giusti motivi, in considerazione delle peculiarità della vicenda e della natura e dell’oggetto della controversia, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dispone compensarsi tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero – Presidente FF
Valerio Perotti – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere, Estensore
Stefano Fantini – Consigliere

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