Corte di Cassazione, sezioni unite penali, Sentenza 24 settembre 2018, n.40983.
La massima estrapolata:
La continuazione, quale istituto di carattere generale, è applicabile in ogni caso in cui più reati siano stati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, anche quando si tratti di reati appartenenti a diverse categorie e puniti con pene eterogenee.
Nei casi di reati puniti con pene eterogenee (detentive e pecuniarie) posti in continuazione, l’aumento di pena per il reato satellite va comunque effettuato secondo il criterio della pena unitaria progressiva per moltiplicazione, rispettando tuttavia, per il principio di legalità della pena e del favor rei, il genere della pena previsto per il reato satellite, nel senso che l’aumento della pena detentiva del reato più grave andrà ragguagliato a pena pecuniaria ai sensi dell’art. 135 cod. pen.
Corte di Cassazione
sezioni unite penali
Sentenza 24 settembre 2018, n.40983
Pres. Carcano
est. Lapalorcia
Ritenuto in fatto
1. La Corte di appello di Caltanissetta, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento relativo alla determinazione della pena, ha confermato la sentenza di primo grado con la quale G.G.A. e M.F. erano stati ritenuti responsabili dei reati di cui agli artt. 81 e 110 cod. pen., 44 lett. b), 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001 (realizzazione, in zona sismica, di un fabbricato in sopraelevazione di un preesistente immobile, in assenza dei prescritti titoli abilitativi), e condannati, ritenuta la continuazione tra le due contravvenzioni, alla pena di mesi due e giorni quindici di arresto e Euro 15.000 di ammenda.
L’annullamento era stato determinato dal mancato esame del motivo di ricorso inerente all’eccessività della pena (determinata come segue: pena base per la violazione edilizia, mesi tre di arresto ed Euro 15.000 di ammenda, ridotta a mesi due ed Euro 10.000 per le attenuanti generiche, elevata a mesi due e giorni quindici di arresto ed Euro 15.000 di ammenda per il reato satellite, internamente continuato, di cui agli artt. 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001).
2. Gli imputati G. e M. , tramite il difensore, hanno proposto ricorso avverso la sentenza di rinvio, lamentando violazione di legge in relazione agli artt. 1 e 81 cod. pen., 25 Cost. e 95 d.P.R. 380/2001: in particolare denunciano la violazione del principio di legalità della pena giacché l’aumento inflitto per il reato satellite (pari a giorni quindici di arresto ed Euro 5000 di ammenda) risulterebbe superiore alla pena prevista per esso (l’ammenda da Euro 206 a Euro 10.329), con la conseguenza di vanificare l’effetto mitigatore della pena, ratio dell’istituto di cui all’art. 81 cod. pen..
3. La Quarta Sezione, con ordinanza in data 20/03/2018, ritenendo da un lato rilevabile di ufficio, in presenza di ricorso ammissibile, la questione della legalità della pena, prospettata per la prima volta con il ricorso, riscontrando dall’altro un contrasto di giurisprudenza, e intendendo dissentire dal principio enunciato da Sez. U, n. 4901 del 27/03/1992, Cardarilli, Rv. 191129, ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite.
4. Con decreto del 24 aprile 2018 il Presidente Aggiunto ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite fissando per la trattazione l’odierna udienza.
Considerato in diritto
1. Le questioni di diritto per le quali il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite sono le seguenti:
‘se sia configurabile la continuazione tra reati puniti con pene eterogenee; se, nel caso in cui il reato più grave sia punito con la pena detentiva e quello satellite esclusivamente con la pena pecuniaria, l’aumento di pena per quest’ultimo debba conservare il genere di pena per esso prevista’.
2. Va premesso che l’originaria formulazione dell’art. 81 cod. pen. recitava: ‘Più violazioni di una o di diverse disposizioni di legge con una o più azioni. Reato continuato. – Chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni di legge o commette più violazioni della medesima disposizione di legge è punito a norma degli articoli precedenti.
Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano a chi, con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette, anche in tempi diversi, più violazioni della stessa disposizione di legge, anche se di diversa gravità.
In tal caso le diverse violazioni si considerano come un solo reato e si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo’.
L’attuale formulazione della norma, introdotta dall’art. 8 del d.l. 11 aprile 1974, n. 99, convertito nella legge 7 giugno 1974, n. 220, presenta aspetti fortemente innovativi avendo adottato per il concorso formale di reati il criterio del cumulo giuridico, ed avendone esteso la disciplina al reato continuato, la cui area di operatività, già limitata alle violazioni della stessa disposizione di legge, comprende ora anche le violazioni di diverse disposizioni di legge, con conseguente generalizzazione del criterio del cumulo giuridico.
L’art. 81 vigente, infatti, sotto la rubrica ‘Concorso formale. Reato continuato’, statuisce, al secondo comma, che l’unicità del disegno criminoso investe più violazione della stessa o di diverse disposizioni di legge, senza alcuna distinzione di categorie di reati (delitti o contravvenzioni) e senza alcun riferimento al genere (detentive o pecuniarie) e alla specie (reclusione, arresto; multa, ammenda) delle pene da esse previste (art. 39 cod. pen.).
Nonostante la chiara portata innovativa della riforma, una prima interpretazione della Corte Costituzionale in materia di reato continuato aveva tuttavia ritenuto non fondata, in riferimento agli artt. 3, 13 e 25, secondo comma, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 81, primo e secondo comma, cod. pen. (nel nuovo testo risultante dall’art. 8 citato) sul presupposto dell’esclusione dell’applicabilità della norma denunziata in caso di concorso di reati puniti con pene eterogenee. In conseguenza, secondo la Consulta, che tuttavia coglieva il cuore del problema posto dalla norma riformata, non applicandosi alcuna pena detentiva nuova rispetto a quella prevista dalla legge per i reati meno gravi, rimaneva esclusa ogni violazione degli artt. 13 e 25 Cost., come dell’art. 3 Cost., in mancanza di qualunque irrazionale disparità di trattamento tra le varie ipotesi di concorso (Corte cost., sent. n. 34 del 1977).
Successivamente però la stessa Corte Costituzionale, avallando l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, affermava che pena legale non è solo quella prevista dalla singola norma incriminatrice, ma anche quella che risulta dall’applicazione delle varie disposizioni che incidono sul trattamento sanzionatorio, con la conseguenza che, quindi, la pena unica progressiva, applicata come cumulo giuridico ex art. 81 cod. pen., è anch’essa pena legale, perché prevista dalla legge, non sussistendo più alcuna ragione per negare l’applicabilità del cumulo giuridico delle pene quando la continuazione si verifichi fra reati puniti con pene di specie diversa (Corte Cost., sent. n. 312 del 1988).
La giurisprudenza di legittimità aveva infatti ritenuto l’applicabilità della continuazione, quale istituto di carattere generale, in ogni caso in cui più reati siano stati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, anche quando si tratti di reati appartenenti a diverse categorie e puniti con pene eterogenee o di specie diversa, perfino in caso di concorso tra reati militari e reati comuni (Sez. U, n. 5690 del 07/02/1981, Viola, Rv. 149259; Sez. U, n. 6300 del 26/05/1984, Falato, Rv. 165179).
Dopo la pronuncia del 1988 della Consulta, la Corte di cassazione, anche nella sua massima espressione nomofilattica, ribadiva il principio precisando che, una volta ritenuta la continuazione tra più reati, il trattamento sanzionatorio originariamente previsto per i reati satellite non esplica più alcuna efficacia, dovendosi solo aumentare la pena prevista per la violazione più grave a prescindere dalla ‘qualità’ della pena prevista per gli altri reati (Sez. U, n. 4901 del 27/03/1992, Cardarilli, Rv. 191129, seguita da Sez. 6, n. 11462 del 12/06/1997, Albini GM, Rv. 209702).
Indirizzo confermato da Sez. 3, n. 44414 del 30/09/2004, Novaresio, Rv. 230490, per la quale, in tema di trattamento sanzionatorio del reato continuato, la pena destinata a costituire la base sulla quale operare gli aumenti fino al triplo per i reati satellite – anche se puniti con una sanzione di genere diverso – è esclusivamente quella prevista per la violazione più grave, restando assorbite nell’aumento sulla pena base le pene previste per i reati satellite, in quanto la continuazione determina la perdita dell’autonomia sanzionatoria dei reati meno gravi.
Più di recente, la giurisprudenza di legittimità, affrontando, specificamente, le questioni dell’individuazione della violazione più grave e della determinazione della pena base, ha precisato, da un lato, sulla scia di Sez. U, n. 748 del 12/10/1993, dep. 1994, Cassata, Rv. 195805, che la violazione più grave va individuata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata e all’eventuale giudizio di comparazione fra di esse, dall’altro, che, in caso di reati puniti con sanzioni omogenee sia nel genere che nella specie, l’individuazione del concreto trattamento sanzionatorio per il reato ritenuto dal giudice più grave non può comportare l’irrogazione di una pena inferiore nel minimo a quella prevista per uno dei reati satellite (Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, Ciabotti, Rv. 255347).
Tale ultima pronuncia ha pure confermato, per quanto maggiormente rileva nel caso in esame, il criterio della pena unica progressiva per moltiplicazione in presenza di più reati, ritenuti unificati dalla continuazione, puniti con pene eterogenee, sull’assunto dell’omologazione sanzionatoria fra pene, diverse sia per genere che per specie, quale conseguenza della perdita di autonomia sanzionatoria dei reati meno gravi, nell’ambito di una unica pena, anch’essa legale perché appunto prevista dalla legge (tale essendo, secondo Corte Cost. n. 312/1998, già sopra citata, non solo quella prevista dalla singola norma incriminatrice, ma anche quella che risulta dall’applicazione delle varie disposizioni che incidono sul trattamento sanzionatorio).
La stessa sentenza Ciabotti ha quindi puntualizzato, in coerenza con tali assunti, che, se l’aumento della sanzione del reato principale si calcolasse sulla base della pena qualitativa edittalmente prevista per il reato o i reati satellite, si violerebbe il preciso disposto normativo il quale prevede un aumento della pena base determinata per la più grave delle violazioni, e non mediante aumenti derivati da pene di specie diversa.
2.1. Va tuttavia segnalato che, negli anni ‘90, Sez. 5, n. 1953 del 24/04/1996, Mangieri, Rv. 206143 e Sez. 6, n. 2973 del 30/10/1996, Aveta, avevano ritenuto che, in caso di condanna per più reati uniti dal vincolo della continuazione, quando il reato base sia punito con la pena della reclusione e quello satellite con la pena della reclusione o della multa, è possibile irrogare la pena prevista per la continuazione nella forma della pena pecuniaria e non necessariamente in quella detentiva. Tale indirizzo, che applicava il metodo per addizione, contrapposto al metodo per moltiplicazione, sanciva infatti che l’ammissibilità della continuazione anche tra reati puniti con pena eterogenea consente l’unificazione delle pene appartenenti allo stesso genus (reclusione/arresto o multa/ammenda), ma, per il rispetto del principio di legalità, non tra quelle appartenenti a genus differenti, dovendo in tal caso l’aumento di pena essere commisurato al reato più grave ed essendo il rispetto del limite massimo fissato per l’aumento, che può arrivare sino al triplo, garantito dal sistema del ragguaglio fissato dall’art. 135 cod. pen..
Va pure ricordato che, in tempi ancor più risalenti, invece, Sez. 1, n. 908 del 27/09/1985 – dep. 1986, Gaeta, Rv. 171656, premettendo l’applicabilità della disciplina del reato continuato pur se il reato più grave sia punito solo con pena detentiva e quello meno grave con pene congiunte, e ritenendo che entrambe queste ultime dovessero costituire l’aumento per continuazione, aveva ritenuto rispettato il principio di legalità della pena – operando peraltro un sincronico utilizzo del metodo di addizione e di quello per moltiplicazione – ogni volta che, nella pena complessiva derivante dall’applicazione delle norme sul concorso formale o sulla continuazione dei reati, possano individuarsi le pene previste per i singoli reati.
Con la conseguenza che, nel caso esaminato, aveva ritenuto che la pena conseguente al cumulo dovesse essere costituita da due pene di diverso genere (detentiva e pecuniaria), una riferita al reato più grave e l’altra, da aggiungersi alla pena base, riferita al reato cosiddetto satellite, in modo che della pena complessiva una parte (la detentiva) fosse riferibile ad entrambe le violazioni in concorso e la pena pecuniaria attenga solo a quella meno grave.
Deve altresì evidenziarsi che, negli anni ‘90, Sez. U, n. 15 del 26/11/1997 – dep. 1998, Varnelli, Rv. 209487, in coerenza con il sistema dell’aumento per moltiplicazione – secondo cui la pena destinata a costituire la base sulla quale operare gli aumenti fino al triplo per i reati satellite (qualunque sia il genere o la specie della loro sanzione edittale) è esclusivamente quella prevista per la violazione più grave con conseguente perdita di autonomia delle pene stabilite per i reati minori -, aveva statuito che, ai fini della determinazione dell’aumento di pena per la continuazione nell’ipotesi in cui il reato più grave sia un delitto punito con la sola multa ed il reato satellite una contravvenzione punita con pena congiunta, la pena pecuniaria (ammenda), pur di specie diversa, si cumula a quella del reato base (multa) divenendo ad essa omogenea, mentre per il calcolo della pena detentiva dell’arresto (di cui tale pronuncia, in linea con la già citata sentenza Gaeta, riteneva necessario tener conto nell’aumento della pena prevista per la violazione più grave) occorre convertire l’arresto in pena pecuniaria secondo le regole poste dall’art. 135 cod. pen. sul ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, in modo che l’arresto convertito in pena pecuniaria diviene porzione dell’aumento sulla pena base.
In tal modo si introduceva, sia pure con riferimento al caso in cui la pena detentiva è prevista per il reato satellite e la pena pecuniaria per il reato più grave, la possibilità, nell’interesse dell’imputato, del ragguaglio della pena detentiva a pena pecuniaria. Indirizzo cui si allineava Sez. 1, n. 4724 del 02/10/1998, Bracone, Rv. 211883.
2.2. Dopo la pronuncia delle Sez. U, Ciabotti, e in linea con la stessa, si consolidava, nell’interpretazione delle sezioni semplici della Corte di legittimità, l’orientamento secondo il quale la continuazione, quale istituto di carattere generale, è applicabile in ogni caso in cui più reati siano stati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, anche quando si tratti di reati appartenenti a diverse categorie e puniti con pene eterogenee o di specie diversa, nel qual caso, se per la violazione più grave è prevista la pena detentiva (in particolare la reclusione), la determinazione della pena complessiva va effettuata mediante aumento della reclusione, pur quando la pena prevista per il reato satellite sia pecuniaria (in tal senso Sez. F, n. 41659 del 05/09/2013, Teti, Rv. 257324; Sez. 5, n. 35999 del 17/03/2015, Vasili, Rv. 265002; Sez. 5, n. 26450 del 13/04/2017, Arena, Rv. 270540).
3. Della correttezza di tale soluzione hanno però di recente dubitato talune pronunce di legittimità che, a fronte di un reato base punito con pena detentiva e di un reato satellite sanzionato con pena solo pecuniaria, con conseguente necessità, che sarebbe imposta dall’art. 81 cod. pen., di effettuare l’aumento di pena per il reato satellite sub specie di pena detentiva, hanno ritenuto discutibile l’ammissibilità della continuazione, giacché il cumulo giuridico si risolverebbe, in caso di reati puniti con pene eterogenee, nella violazione del principio, rispettivamente, del favor rei, storicamente ritenuto ratio ispiratrice dell’art. 81 cod. pen., e di quello di legalità della pena.
Richiama la violazione del favor rei, Sez. 5, n. 46695 del 03/10/2016, C, Rv. 268638, secondo cui deve escludersi l’applicabilità dello speciale criterio di determinazione della pena stabilito nei primi due commi dell’art. 81 cod. pen., nei casi in cui il concorso formale e la continuazione abbiano ad oggetto reati puniti con pene eterogenee o di specie diversa, poiché in tali ipotesi l’unificazione delle pene diverse, con relativo aumento di quella prevista per il reato più grave, determina la conversione delle pene per i reati satellite in pene più gravi per genere o specie, in violazione appunto del principio del favor rei che ispira la disciplina del reato continuato, la cui applicazione non può mai risolversi a danno dell’imputato. Nel caso, affrontato nella sentenza, di reati satellite puniti con pena pecuniaria a fronte di un reato base, ritenuto più grave, caratterizzato dalla presenza di pena detentiva congiunta a pena pecuniaria, la determinazione della pena realizzata mediante aumento anche della pena detentiva, viene considerata un’illegittima compressione dei diritti dell’imputato che, paradossalmente, si vedrebbe irrogata una pena detentiva più consistente in presenza di un accertato disegno unitario nella violazione di diverse disposizioni di legge, che, secondo la previsione del legislatore, dovrebbe dar luogo ad un trattamento sanzionatorio di maggior favore.
Ritiene violato il principio di legalità della pena Sez. 4, n. 46963 del 20/09/2017, Bianchi, che, affrontando d’ufficio, ex art. 609, comma 2, cod. proc. pen., la questione relativa all’illegalità della pena inflitta per il reato satellite (aumento sia della pena detentiva che di quella pecuniaria previste per il reato più grave, mentre il reato satellite era punito con pena solo pecuniaria), si è espressa in senso conforme alla sentenza appena ricordata, ritenendo che il segmento di pena applicato a titolo di continuazione contrastasse con l’insegnamento ‘espresso dal diritto vivente’ sul tema della determinazione della pena in caso di continuazione tra reati puniti con pene eterogenee.
4. Il contrasto di giurisprudenza così determinatosi, che rischia, nei casi ricordati, di investire l’applicabilità stessa dello speciale criterio di determinazione della pena stabilito nei primi due commi dell’art. 81 cod. pen., piuttosto che le modalità della sua applicazione, va composto, ad avviso del Collegio, fornendo anzitutto risposta affermativa al primo quesito posto alle Sezioni Unite, nel senso della possibilità di configurare il reato continuato anche allorché le violazioni da unificare siano punite con pene eterogenee. Una diversa soluzione non sarebbe infatti autorizzata dall’interpretazione anzitutto testuale dell’attuale art. 81 cod. pen., privo di distinzione tra categorie di reati (delitti o contravvenzioni) e di riferimento al genere (detentive o pecuniarie) e alla specie (reclusione, arresto; multa, ammenda) delle pene per essi previste, né dalla ratio legis della disposizione, da individuare nell’esigenza di riservare un particolare trattamento sanzionatorio nel caso in cui le più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge siano manifestazione di un disegno criminoso unitario, sintomatico, nell’ottica del legislatore, di minor pericolosità rispetto a plurime progettazioni criminose.
Del resto neppure la più recente – e sensibile – giurisprudenza minoritaria, poco sopra ricordata, contesta, a ben vedere, gli argomenti alla base dell’orientamento in tal senso della giurisprudenza costituzionale del 1988 e di quella antecedente e successiva, assolutamente prevalente, di legittimità, limitandosi piuttosto ad affermare, nel presupposto che l’art. 81 cod. pen. esiga la determinazione della pena secondo il criterio della pena unica progressiva per moltiplicazione mediante aumento della pena per il reato più grave (indipendentemente dal genere di quella prevista per i reati satellite che andrebbe ad omologarsi alla pena base), che il cumulo giuridico sia praticabile soltanto così prospettando una sorta di trattamento caso per caso – allorché non si risolva in un trattamento deteriore per l’imputato rispetto al cumulo materiale, pena, a diversamente ritenere, lo snaturamento dell’istituto della continuazione.
Né, ad avallare la generale esclusione dell’applicazione del cumulo giuridico in caso di più reati puniti con pene eterogenee, può militare il carattere di fictio iuris del reato continuato, e quindi la concezione pluralistica dello stesso, dal momento che la previsione della sua scindibilità al preciso fine dell’applicazione di altri istituti (quali depenalizzazione, prescrizione, indulto, sostituzione delle pene detentive brevi, durata delle misure cautelari personali, benefici penitenziari) non può incidere sull’unitarietà del reato continuato quoad poenam.
5. Il problema è quindi piuttosto quello di contemperare, laddove ricorra l’unicità del disegno criminoso, il riconoscimento della continuazione con il rispetto del principio di legalità nella determinazione della pena, integrato dal favor rei. A tale scopo il Collegio ritiene di dover superare sia l’assunto delle Sez. U, Ciabotti – e della conforme giurisprudenza delle sezioni singole – secondo il quale l’aumento per la continuazione postula l’omologazione al genere e alla specie della pena relativa alla violazione più grave, sia quello per cui l’aumento della pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave introduca una forma di pena di per sé legale – a prescindere dal genere della pena prevista per i reati satellite – nel presupposto che è tale non solo quella prevista dalla singola norma incriminatrice, ma anche quella risultante dall’applicazione delle varie disposizioni che incidono sul trattamento sanzionatorio.
Sotto il primo profilo va osservato che il concetto di aumento ex art. 81 cod. pen. prescinde da tale necessaria omologazione, esigendo, in presenza di reati accomunati da un’unica progettualità, una integrazione della pena base, che tuttavia, come rilevato in dottrina, non deve essere necessariamente omogenea e condizionata dal tipo di sanzione prevista per il reato più grave.
Sotto il secondo deve evidenziarsi in primo luogo il doppio limite all’aumento della pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave previsto nello stesso art. 81 cod. pen.: limite interno quello che prevede il rispetto del triplo della pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave; limite esterno quello, di cui al terzo comma, per il quale la pena non può essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti, e cioè al cumulo materiale. Tale ultimo limite sarebbe inevitabilmente violato, ad avviso del Collegio, nel caso in cui, per effetto del cumulo giuridico ex art. 81 cod. pen., si aumentasse sub specie di pena detentiva la pena detentiva prevista per il reato più grave a fronte di un reato satellite punito con la sola pena pecuniaria. In tal caso, infatti, il risultato sarebbe superiore al cumulo materiale in quanto il cumulo giuridico comprenderebbe una frazione di pena detentiva estranea al cumulo materiale, con conseguente illegalità della pena stessa. Senza contare il divieto di cumulo tra pene detentive e pene pecuniarie, che restano distinte a qualunque effetto giuridico, dettato dall’art. 76, ultimo comma, cod. pen..
5.1. In secondo luogo l’aumento della pena detentiva a fronte di una pena solo pecuniaria prevista per il reato satellite, colliderebbe con il principio della proporzionalità della pena che, proprio attraverso la natura della sanzione prevista, sanziona la maggiore o minore gravità del reato. Va quindi valorizzata la visione ‘multifocale’ (ora unitaria, ora pluralistica) del reato continuato che, secondo Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714, richiede l’individuazione delle pene per i singoli reati satellite ed è essenziale ai fini della ‘misura’ degli aumenti da apportare alla pena-base.
Le Sez. U, Sebbar hanno sottolineato come la perdita della autonomia sanzionatoria dei reati-satellite nell’ambito del reato continuato non comporti affatto la irrilevanza della valutazione della gravità dei predetti reati singolarmente considerati, come confermato dalla lettera del comma 2 dell’art. 533 del codice di rito, che impone la procedura bifasica per la quale il giudicante, prima, ‘stabilisce’ la pena per ciascun reato, poi, ‘determina’ la pena da applicare per il reato unitariamente considerato, così ridefinendo, in vista della unitaria risposta repressiva, la pena ‘complessiva’ da applicare. Pena di cui il giudice dovrebbe pure specificare, per quanto la mancanza non sia causa di nullità, l’entità dei singoli aumenti per i reati satellite, evitando quantificazioni forfettarie, in quanto tale specificazione rileva non solo allorché debba procedersi alla scissione delle pene per applicare soltanto ad alcuni dei reati fittiziamente unificati taluni istituti giuridici, ma soprattutto per consentire il controllo dell’esercizio della discrezionalità del giudice nella determinazione della pena, e quindi il rispetto del principio di proporzionalità di essa, dovendo i singoli aumenti corrispondere alla valutazione della gravità degli episodi in continuazione.
Del resto la violazione del principio di proporzionalità della pena, in quanto causa della perdita della valutazione del peso ponderale del reato satellite – peso evidentemente minore allorquando quest’ultimo sia punito con pena pecuniaria -, è a sua volta fonte di illegalità della pena stessa (Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264207, in motivazione). Mentre il rispetto del genere di pena dei reati minori contribuisce a conservare l’incidenza sulla pena complessiva del peso ponderale di essi.
6. La soluzione del secondo quesito rimesso alle Sezioni Unite deve quindi essere, per le ragioni indicate, affermativa nel senso che, affinché la pena del reato continuato sia legale, occorre rispettare il genere della pena pecuniaria previsto per il reato satellite.
6.1. Per raggiungere tale obiettivo sono prospettabili due criteri di determinazione della pena: quello per addizione, auspicato dalla dottrina e applicato dalla sentenza Mangieri, sopra richiamata, consistente nell’affiancare alla pena detentiva inflitta per la violazione più grave, una quota della pena pecuniaria prevista per il reato meno grave; quello per moltiplicazione comportante l’aumento della pena base. Quest’ultimo, applicato dalla prevalente giurisprudenza tradizionale in materia, appare maggiormente in linea con la previsione, anche testuale, dell’art. 81 cod. pen., oltre che con la struttura unitaria, quoad poenam, del reato continuato. Per realizzare il rispetto del genere della pena prevista per il reato satellite facendo applicazione di tale metodo di computo, il Collegio ritiene allora che l’aumento debba effettuarsi, come auspicato anche in dottrina, in due fasi, dapprima sub specie di pena detentiva sulla pena detentiva del reato base, e, in seconda battuta, mediante ragguaglio a pena pecuniaria, ex art. 135 cod. pen., di tale aumento, secondo quanto a suo tempo prospettato da Sez. U Varnelli.
Va aggiunto che, se la pena dei reati in continuazione è dello stesso genere (detentiva o pecuniaria) anche se di specie diversa (reclusione-arresto; multa-ammenda), l’aumento per moltiplicazione si effettuerà rendendo omogenea la pena per il reato satellite a quella dello stesso genere, sia pure più grave, del reato base. Se invece la pena detentiva base è la reclusione, e quella del reato satellite una pena pecuniaria, la specie di pena pecuniaria frutto del ragguaglio sarà la multa – anche se il reato satellite è punito con l’ammenda -, in linea con la previsione, relativa al cumulo materiale, che le pene di specie diversa concorrenti si considerano, per ogni effetto giuridico, come pena unica della specie più grave (art. 76, secondo comma, prima parte, cod. pen.).
6.2. Conclusivamente, discende da quanto sopra, in relazione ai casi più frequenti e maggiormente significativi, ma senza pretesa di esaustività, che:
a) se il reato più grave è punito con pena detentiva e il reato satellite soltanto con pena pecuniaria, l’aumento di pena per quest’ultimo, da effettuarsi sulla pena detentiva, va ragguagliato a pena pecuniaria in applicazione dell’art. 135 cod. pen.;
b) se il reato più grave è punito con pena detentiva e il reato satellite con pena congiunta, l’aumento si effettua con pena detentiva della specie di quella prevista per la violazione più grave;
c) se il reato più grave è punito con pena congiunta e il reato satellite con la sola pena pecuniaria, saranno aumentate entrambe le pene previste per il primo reato, con ragguaglio a pena pecuniaria dell’aumento della pena detentiva;
d) se il reato più grave è punito con pena congiunta e il reato satellite con pena alternativa, il giudice può operare l’aumento di pena in relazione ad una soltanto delle pene previste per la violazione più grave motivando la scelta ex art. 133 cod. pen. (conformemente a Sez. 1, n. 7395 del 20/10/2017 – dep. 2018, Basile, Rv. 272404, la quale ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che, ritenuto più grave il delitto di ricettazione, punito con la reclusione e la multa, aveva disposto l’aumento sia dell’una che dell’altra per la continuazione con la contravvenzione di detenzione abusiva di armi ex art. 697 cod. pen., punita con l’arresto o l’ammenda);
e) se il reato più grave è punito con pena congiunta e il reato satellite con pena detentiva, si aumentano entrambe le pene previste per la violazione più grave;
f) se il reato più grave è punito con pena alternativa e il reato satellite con pena pecuniaria, il giudice opererà l’aumento di pena in relazione ad una soltanto delle pene previste per la violazione più grave motivando la scelta ex art. 133 cod. pen. e, in caso di aumento della pena detentiva, esso andrà ragguagliato a pena pecuniaria in applicazione dell’art. 135 cod. pen.;
g) se il reato più grave è un delitto punito con la sola pena della multa e quello satellite una contravvenzione punita con pena congiunta, o alternativa, si aumenta soltanto la pena pecuniaria sub specie di multa (tenuto conto che, come condivisibilmente affermato da Sez. U, Varnelli, il delitto è sempre più grave della contravvenzione per le conseguenze più gravi che l’ordinamento riconnette alla commissione del delitto; conforme, Sez. 5, n. 1781 del 19/04/1999 Ciccinato G, Rv. 213400).
7. Possono essere quindi enunciati i seguenti principi di diritto:
‘La continuazione, quale istituto di carattere generale, è applicabile in ogni caso in cui più reati siano stati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, anche quando si tratti di reati appartenenti a diverse categorie e puniti con pene eterogenee.
Nei casi di reati puniti con pene eterogenee (detentive e pecuniarie) posti in continuazione, l’aumento di pena per il reato satellite va comunque effettuato secondo il criterio della pena unitaria progressiva per moltiplicazione, rispettando tuttavia, per il principio di legalità della pena e del favor rei, il genere della pena previsto per il reato satellite, nel senso che l’aumento della pena detentiva del reato più grave andrà ragguagliato a pena pecuniaria ai sensi dell’art. 135 cod. pen.’.
8. Venendo all’esame del ricorso comune a G. e M. , va osservato che esso, alla stregua di quanto sopra, è fondato e merita accoglimento.
La sentenza impugnata, in presenza di reati contravvenzionali puniti rispettivamente, quello più grave, con pena congiunta, quelli satellite con la sola pena dell’ammenda, ha determinato la pena come segue: pena base mesi tre di arresto ed Euro 15.000 di ammenda, ridotta per la concessione di attenuanti generiche a mesi due ed Euro 10.000, più giorni quindici ed Euro 5.000 per continuazione, per una pena finale di mesi due e giorni quindici di arresto ed Euro 15.000 di ammenda.
Facendo applicazione dei principi enunciati, l’aumento operato sulla pena detentiva, pari a giorni quindici di arresto, deve essere ragguagliato, per rispettare il genere di pena previsto per il reato satellite, a pena pecuniaria ai sensi dell’art. 135 cod. pen..
Alla rideterminazione della pena, conseguente all’annullamento senza rinvio in parte qua della sentenza impugnata, può provvedersi in questa sede ex art. 620, comma 1, lett. l), cod. proc. pen., fissandola nella misura di mesi due di arresto ed Euro 18.750 di ammenda, così calcolata: pena base mesi tre di arresto ed Euro 15.000 di ammenda, ridotta per la concessione di attenuanti generiche a mesi due ed Euro 10.000, più giorni quindici di arresto ed Euro 5.000 per continuazione, secondo quanto statuito dal giudice di merito, con ragguaglio, tuttavia, dell’aumento di giorni quindici di arresto alla pena di Euro 3.750 di ammenda, ottenuta calcolando, per ciascuno dei quindici giorni, Euro 250 di pena pecuniaria, essendo tale criterio di ragguaglio già in vigore all’epoca dei fatti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio che ridetermina in mesi due di arresto ed Euro 18.750 di ammenda
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