Il muro di cinta che abbia le caratteristiche previste nell’art. 878 c.c.

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Ordinanza 10 febbraio 2020, n. 1026.

La massima estrapolata:

Il muro di cinta che abbia le caratteristiche previste nell’art. 878 c.c. non è considerato costruzione di cui tenere conto ai fini del calcolo delle distanze legali tra edifici e delle facoltà concesse al vicino di realizzare il proprio fabbricato in aderenza o in appoggio. Ne consegue che le distanze legali devono essere computate come se il muro non esistesse.

Ordinanza 10 febbraio 2020, n. 1026

Data udienza 6 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 919 del 2014, proposto da
Si. Cr. e Li. D’U., rappresentati e difesi dall’avvocato St. Sc., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Cl. Pa. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Fl. Fo., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Cl. On. in Roma, Largo (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima n. 00369/2013
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2020 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti gli avvocati Ar. To. per delega di St. Sc. e Lu. Fo. per delega di A.Fl. Fo.;
Rilevato che:
– con ordinanza n. 21 del 5.2.2007 il Comune di (omissis) ha ordinato ai Sig.ri Cr. S i. e D’U. Li. di provvedere alla riduzione in pristino di due opere realizzate in assenza del permesso di costruire, rappresentate da un muro in c.a. di recinzione della lunghezza complessiva di mt 31,20 circa ed altezza variabile da mt 0,85 a mt 1,20 e da un immobile in cls. cementizio armato avente dimensioni esterne di mt 6,60 x 4,85 ed un’altezza di mt 3,22 circa, ivi compreso lo spessore del solaio di circa 0,25 mt, realizzato in aderenza con la muratura esterna del fabbricato originario e fino al confine con la particella n. 85 del medesimo foglio di mappa, su cui sorge un fabbricato per civile abitazione di proprietà di un soggetto terzo;
– con specifico riferimento al secondo immobile, rilevante nel giudizio di appello, con l’ordinanza di ripristino, il Comune, dato atto delle dichiarazioni rese dal Sig. Cr. in occasione del sopralluogo del 1.2.2007 (in particolare, il proprietario aveva dichiarato che “il manufatto realizzato in assenza di permesso di costruire è da adibire a garage e trovasi all’interno della recinzione stessa”), ha rilevato che “L’immobile, realizzato in assenza di permesso di costruire, è posto a distanza inferiore a mt 10,00 dal fabbricato di proprietà del signore…. Non è stato possibile rilevare con esattezza sul posto tale misura, ma la stessa è pari a circa 5,00 mt, come rivelasi anche dallo stralcio planimetrico”;
– i Sig.ri Cr. e D’U., nella qualità di proprietari delle opere reputate abusive dall’Amministrazione comunale, hanno proposto ricorso avverso il provvedimento n. 21/2007 (nonché i relativi atti presupposti, rappresentati dal verbale di sopralluogo dei Vigili Urbani dell’11.1.2007, dalla nota dei Vigili Urbani di Pesche n. 253/2007 di comunicazione al tecnico comunale degli esiti del sopralluogo, dalla nota n. 310 del 2007 di avvio del procedimento e dal verbale di sopralluogo del tecnico comunale del 1.2.2007), deducendo – per quanto rileva ai fini del presente giudizio di appello – l’illegittimità dell’ordinanza comunale nella parte in cui aveva ordinato la riduzione in pristino del manufatto adibito a garage;
– al riguardo, il Tar, pronunciando sul merito della vertenza, ritenuta la fondatezza della doglianza relativa al muro di recinzione (qualificato opera di modeste dimensioni, espressione di una specifica facoltà del diritto di proprietà, per il quale non era richiesto il permesso di costruire), ha rigettato le censure riguardanti il manufatto adibito a garage, riscontrando la violazione della disciplina in materia di distanza di m. 10 tra edifici, prescritta dall’art. 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, non derogabile in ragione della destinazione a garage del manufatto in contestazione; il Tar, altresì, in ragione della natura vincolata dell’ordine di rimessione in pristino, ha ritenuto infondate anche le doglianze relative alla pretesa violazione dei diritti partecipativi, ivi compresa quella sull’obbligo di motivazione;
– i ricorrenti hanno proposto appello avverso la sentenza di primo grado, denunciandone l’erroneità nella parte in cui ha ritenuto necessaria l’acquisizione del permesso a costruire a fronte di un manufatto avente destinazione a garage e comunque caratterizzato dalla natura pertinenziale rispetto all’abitazione di proprietà ;
– in particolare, gli appellanti con il primo motivo di impugnazione hanno contestato che: a) la struttura ritenuta abusiva dal Tar è destinata a garage, costituendo immobile pertinenziale all’abitazione cui è collegata (in origine carente di un posto auto), risultando, per l’effetto, soggetta all’applicazione dell’art. 9 L. n. 122/1989, come modificato dall’art. 136 d.P.R. n. 380/01, abilitante alla realizzazione dell’intervento edilizio sulla base della sola d.i.a., in deroga agli strumenti urbanistici, ai regolamenti edilizi e alla disciplina sulle distanze, con conseguente esclusione della sanzione demolitoria ex artt. 31 e 37 d.P.R. n. 380/01; b) la struttura per cui è controversia dovrebbe qualificarsi come pertinenza ai fini urbanistici ed edilizi; c) la struttura, in quanto posta all’interno del muro di cinta, non dovrebbe essere computata ai fini del rispetto della disciplina sulle distanze; c) i ricorrenti, prima di iniziare i lavori, avrebbero ottenuto il consenso verbale del proprietario frontista; d) la legittimità del manufatto sarebbe comprovata anche dalla “estinzione del reato” (pag. 10 appello) e “assoluzione degli attuali ricorrenti” (pag. 10 appello) pronunciata dal giudice penale in ragione della “natura pertinenziale del manufatto in contestazione rispetto allo immobile adiacente e preesistente” (pag. 11 appello);
– con il secondo motivo di impugnazione gli appellanti contestano l’erroneità della sentenza di prime cure nella parte in cui ha ritenuto inderogabile la disciplina sulla distanza di metri dieci tra edifici, tenuto conto che nel caso di specie la presenza del muro di recinsione comporterebbe un “affievolimento” (pag. 12 appello) dell’obbligo del rispetto delle distanze minime di cui al d.m. n. 1444 del 1968; peraltro, si farebbe questione di muro di altezza “pari a 1,50 metri”, inidoneo a creare intercapedini tali da “intaccare le condizioni igienico – sanitari degli immobili” (pag. 13 appello);
– le parti appellanti hanno depositato (deposito 4.2.2014) in allegato all’atto di appello, la sentenza impugnata, nonché “fascicolo di primo grado” (composto dal ricorso dinnanzi al Tar con annessi l’ordinanza n. 21 del 2007 e la nota comunale n. 310 del 2007) e memoria in primo grado;
– il Comune appellato si è costituito in giudizio, resistendo all’appello; in particolare, l’Amministrazione ha rilevato che: a) il manufatto adibito a garage aveva natura di costruzione, come tale da assoggettare al rispetto della normativa sulle distanze tra edifici di cui al D.M. 1444/68 e al PRG del Comune intimato (parimenti recante la prescrizione della distanza minima di dieci metri tra edifici ricadenti nella zona B2 in cui si trova il manufatto per cui è causa); b) la L. n. 122/1989 non risultava applicabile nel caso di realizzazione di un garage non interrato; c) il manufatto in contestazione non poteva qualificarsi in termini di pertinenza, tenuto conto che “non può certo dirsi che abbia dimensioni estremamente modeste e ridotte” (pag. 5 memoria di costituzione in appello); d) l’ordinanza di demolizione non necessitava di specifica motivazione, essendo sufficiente la constatata esecuzione di un intervento edilizio in assenza del prescritto titolo abilitativo e comunque dovendosi applicare nella specie la disciplina di cui all’art. 21 octies, comma 2, L. n. 241/90; e) risulterebbe infondata anche la doglianza “relativa all’affievolimento dell’obbligo di distanze minime dovuto all’esistenza del muro di cinta” (pag. 7 memoria di costituzione), tenuto conto che la giurisprudenza “in merito alle distanze legali ha specificato che: “Il muro di cinta che abbia le caratteristiche previste nell’art. 878 c.c. non è considerato costruzione di cui tenere conto ai fini del calcolo delle distanze legali tra edifici e delle facoltà concesse al vicino di realizzare il proprio fabbricato in aderenza o in appoggio. Ne consegue che le distanze legali devono essere computate come se il muro non esistesse” (Cass. N. 10461 del 12.05.11)” (pagg. 7/8 memoria di costituzione);
– in vista dell’udienza di merito le parti hanno insistito nelle rispettive difese depositando apposita memoria (del 4 dicembre 2019 quanto all’appellante e del 2 gennaio 2020 quanto all’Amministrazione appellata);
– la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 6 febbraio 2020;
Considerato che:
– la parte appellante ha richiamato un favorevole accertamento reso in sede penale, rilevando che la legittimità del manufatto sarebbe comprovata anche dalla “estinzione del reato” (pag. 10 appello) e “assoluzione degli attuali ricorrenti” (pag. 10 appello) pronunciata dal giudice penale in ragione della “natura pertinenziale del manufatto in contestazione rispetto allo immobile adiacente e preesistente” (pag. 11 appello);
– tale circostanza, sebbene non comprovata in ragione della mancata acquisizione agli atti del provvedimento giurisdizionale invocato dall’appellante a sostegno della legittimità del manufatto per cui è controversia, non risulta oggetto di specifica deduzione da parte dell’Amministrazione appellata;
– si ravvisa, pertanto, preliminarmente, la necessità di ottenere una relazione di chiarimenti da parte del Comune intimato circa la sua eventuale partecipazione al giudizio penale richiamato dall’appellante nel proprio atto di appello e, in ogni caso, in relazione all’avvenuto apprezzamento delle risultanze penali nel procedimento amministrativo, anche al fine di poterne valutare un’ipotetica rilevanza nella presente sede;
Ritenuto di dovere fissare l’udienza di merito per la discussione dell’appello per il giorno 11 giugno 2020;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta:
– dispone gli incombenti istruttori nei sensi di cui in motivazione a carico del Comune appellato, da eseguirsi entro quarantacinque giorni dalla comunicazione della presente ordinanza;
– fissa per la discussione dell’appello l’udienza di merito per il giorno 11 giugno 2020.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Francesco De Luca – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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