Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 29 aprile 2019, n. 17804.
La massima estrapolata:
È nullo il provvedimento del giudice che, adottando la misura cautelare degli arresti domiciliari, provveda alla relativa esecuzione presso una casa di lavoro. Quest’ultima è un istituto a vocazione detentiva, pertanto è da escludersi che gli arresti domiciliari possano ivi trovare esecuzione.
Sentenza 29 aprile 2019, n. 17804
Data udienza 22 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Francesc – Presidente
Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere
Dott. BELMONTE Maria – Consigliere
Dott. BORRELLI Pao – Rel. Consigliere
Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 05/02/2019 del TRIB. DEL RIESAME di PERUGIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Borrelli Paola;
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Picardi Antonietta, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. (OMISSIS) per l’indagato, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. L’ordinanza di rigetto impugnata e’ stata emessa il 5 febbraio 2019 dal Tribunale del riesame di Perugia in sede di appello avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva respinto la richiesta di revoca degli arresti domiciliari applicati a (OMISSIS) per furto pluriaggravato.
2. Contro l’ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, che ha articolato un unico motivo di ricorso per violazione di legge, in particolare dell’articolo 212 c.p., e articolo 95 disp. att. c.p.p.. Secondo il ricorrente, il Tribunale aveva errato nel richiamare il suddetto articolo 95 disp. att. c.p.p., dal momento che quest’ultimo si riferisce solo alla custodia in carcere; la misura cautelare degli arresti domiciliari, invece, non poteva trovare applicazione in un luogo – la casa di lavoro – che e’ un vero e proprio carcere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ fondato, sicche’ il provvedimento impugnato va annullato con rinvio al Tribunale di Perugia per nuovo esame.
L’ordinanza impugnata – dopo aver citato Sez. 1, n. 11495 del 20/01/2010, Sola, Rv. 246533 – 01 ed essersi adeguata alla traccia argomentativa che si legge nella motivazione della sentenza – ha concluso per l’eseguibilita’ della misura cautelare degli arresti domiciliari in una casa di lavoro, “da un lato perche’ detta struttura, per definizione, non e’ un Istituto di Custodia e Pena, dall’altro perche’ risulta ritualmente perseguita la finalita’ di controllo del prevenuto presso un domicilio con divieto di allontanarsene”.
Orbene, va preliminarmente precisato che la sentenza della prima sezione penale di questa Corte citata dal Tribunale perugino si pone il problema della compatibilita’ tra arresti domiciliari e casa di lavoro da un’angolazione diversa da quella che concerne la vicenda sub iudice, vale a dire quella dell’eventuale incidenza sospensiva della misura ex articolo 284 c.p.p., rispetto alla misura di sicurezza; va pertanto escluso che dal principio ivi sancito sia consentito evincere che gli arresti domiciliari possano trovare esecuzione presso la casa di lavoro.
Quanto a quest’ultima proposizione, il Collegio reputa invero che la decisione sia giunta ad una conclusione errata in diritto.
Gli arresti domiciliari, a norma dell’articolo 284 c.p.p., comma 1, possono trovare esecuzione nell’abitazione dell’indagato o in altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo pubblico di cura o assistenza ovvero ancora, ove istituita, in una casa famiglia protetta. Tale elencazione – al di la’ di ipotesi specifiche, si pensi al Decreto del Presidente della Repubblica n. 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 89 – deve reputarsi tassativa. La norma, infatti, appare tesa all’individuazione di luoghi che coniughino le esigenze di controllo dell’indagato con quelle dirette a garantirgli una situazione custodiale meno stringente di quella carceraria e sostanzialmente al di la’ di specifiche esigenze sanitarie o di sicurezza per l’interessato – di natura “domestica”. Cio’ risponde alla logica complessiva del sistema della cautela, che vede una precisa graduazione delle misure cautelari in ragione del grado di incisivita’ di ciascuna sul bene della liberta’ personale e che involge a livelli inversamente proporzionali alla rigidita’ del regime cautelare la capacita’ del singolo di accedere all’autolimitazione dei propri comportamenti illeciti. Da tale graduazione logicamente consegue – di qui l’elencazione normativa citata – la necessita’ di collocazione del detenuto agli arresti domiciliari in un luogo certamente diverso da un istituto a vocazione detentiva e nel quale la permanenza in loco sia eteroindotta e non gia’ affidata al grado di accondiscendenza dell’interessato rispetto ai limiti connaturati alla misura applicatagli.
Sulla scorta di tali riflessioni e data, appunto, la natura detentiva della casa di lavoro quale si evince dalla collocazione codicistica ex articolo 215 c.p., la Corte deve escludere che possa sostenersi che gli arresti domiciliari possano ivi trovare esecuzione.
Il provvedimento deve quindi essere annullato affinche’ il Tribunale del riesame rivaluti la richiesta di riesame tenendo conto del principio sopra illustrato. Valutera’ il Collegio di rinvio se il tema andasse affrontato, piuttosto che sotto il profilo dell’eseguibilita’ degli arresti domiciliari presso la casa di lavoro, sul versante della compatibilita’ tra le due misure ai sensi dell’articolo 297 c.p.p., comma 5.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Perugia.
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