Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 novembre 2021| n. 34503.

Messa in bilancio delle dazioni dei soci in favore della società.

In tema di società di capitali (nella specie, società a responsabilità limitata), varie essendo le modalità di dazione di denaro da parte del socio alla società (conferimenti, finanziamenti dei soci, versamenti a fondo perduto o in conto capitale, versamenti finalizzati ad un futuro aumento del capitale) l’organo amministrativo non è arbitro di appostare in bilancio le dazioni di denaro dei soci in favore della società, né di mutare la voce relativa, successivamente alla iscrizione originaria, dovendo essa rigorosamente rispecchiare la effettiva natura e causa concreta delle medesime, il cui accertamento, nella interpretazione della volontà delle parti, è rimesso all’apprezzamento riservato al giudice del merito (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale la corte distrettuale aveva respinto l’impugnazione avverso la decisione del giudice di prime cure che aveva annullato le deliberazioni assunte dall’assemblea della società ricorrente di approvazione del bilancio e di azzeramento e ricostituzione del capitale sociale, essendo emerso, sulla base dei documenti in atti, che i versamenti in conto futuro aumento capitale sociale, benché apporti di patrimonio, erano tuttavia stati inesattamente iscritti come debiti).

Ordinanza|16 novembre 2021| n. 34503. Messa in bilancio delle dazioni dei soci in favore della società

Data udienza 17 giugno 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Società di capitali – Organo amministrativo – Decisione – Messa in bilancio delle dazioni dei soci in favore della società – Esclusione – Accertamento in relazione alla volontà delle parti – Spettanza al giudice di merito

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere

Dott. SCALIA Laura – Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 34453-2019 proposto da:
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4805/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata l’11/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.

Messa in bilancio delle dazioni dei soci in favore della società

RILEVATO

– che con sentenza dell’H luglio 2019, la Corte d’appello di Roma ha respinto l’impugnazione avverso la decisione del Tribunale di Latina n. 2771/2015, la quale ha “annullato” le deliberazioni assunte dall’assemblea della (OMISSIS) s.r.l. del 30 aprile 2010, con cui e’ stato approvato il bilancio di esercizio del 2009 e deliberato l’azzeramento del capitale sociale pari ad Euro 50.000,00 per perdite e la sua ricostituzione con aumento ad Euro 400.000,00, previo abbattimento delle perdite residue; il tribunale ha ritenuto, infatti, che il bilancio fosse inveritiero, in quanto tea i versamenti in conto futuro aumento del capitale sociale sono stati iscritti non come riserva, ma come debiti, pur non avendo tale natura;
– che avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, affidato a quattro motivi;
– che si difende con controricorso l’intimato.

RITENUTO

– che i motivi di ricorso vanno come di seguito riassunti:
1) nullita’ del procedimento e della sentenza, per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soci, pur dovendo avere la pronuncia effetti per i medesimi e non essendo stato, in tal modo, possibile accertare la volonta’ effettiva dei soci quando eseguirono i versamenti in favore della societa’;
2) violazione o falsa applicazione degli articoli 1362, 2467, 2481 e 2481-bis c.c., per avere la corte d’appello ritenuto che i versamenti in conto futuro aumento del capitale siano assimilabili a capitale di rischio, mentre essi costituiscono debiti della societa’ verso i soci, dato che, in mancanza dell’aumento, essi avrebbero dovuto essere restituiti ad essi;
3) nullita’ della sentenza, ai sensi dell’articolo 111 Cost. e dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto in essa manca la motivazione, per avere reso affermazioni inconciliabili, allorche’ sostiene, dapprima, che i versamenti fossero da qualificare in conto capitale e, poi, ne ammette la restituzione, in ipotesi di mancata adozione della relativa deliberazione;
4) violazione o falsa applicazione dell’articolo 1331 c.c., per avere la sentenza affermato che, non essendo stato apposto dalle parti un termine per l’adozione della deliberazione di aumento del capitale in vista della quale il versamento fu effettuato, il diritto alla restituzione sarebbe divenuto attuale solo in presenza di condizioni incompatibili con l’operazione di aumento, onde i versamenti dovevano iscriversi al patrimonio netto: invece, la norma summenzionata permette ai soci di adire il giudice per la fissazione di un termine per l’aumento, onde la mancata indicazione del termine non avrebbe dovuto modificare la natura del versamento, inducendo la corte del merito a reputarlo capitale di rischio da iscrivere al patrimonio netto;
– che la sentenza impugnata, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che:
i) non sussiste litisconsorzio necessario di tutti gli altri soci, dovendo invero accertarsi la natura del versamento dei soci ai fini della valutazione della correttezza del bilancio, unico contraddittore essendo dunque la societa’;
ii) vi e’ la prova della natura di versamento in conto futuro aumento di capitale delle dazioni dei soci in societa’, come risulta da plurimi elementi documentali, onde essi non avrebbero potuto essere indicati in bilancio tra i debiti, ma tra le riserve del patrimonio netto:
dal mancato rispetto delle norme di redazione del bilancio, pertanto, ha tratto la conclusione della invalidita’ delle delibere, che il medesimo hanno avuto come oggetto o come presupposto;
– che, cio’ posto, il primo motivo e’ manifestamente infondato, avendo anche di recente questa Corte osservato come non sussista il litisconsorzio dei soci nei giudizi di impugnazione delle deliberazioni sociali, i quali vedono la societa’ come litisconsorte passiva (Cass. 22 dicembre 2020, n. 29325), mentre l’accertamento della natura dei singoli versamenti costituisce un presupposto della decisione giudiziale;
– che gli altri tre motivi, da trattare congiuntamente in quanto intendono tutti censurare la sentenza impugnata laddove ha qualificato i versamenti dei soci e ne ha tratto conclusioni in tema di validita’ del bilancio, sono manifestamente infondati;
– che, invero, nella medesima sentenza menzionata, e nelle altre ivi citate (ossia: Cass. 29 luglio 2015, n. 16049, la quale cita Cass. 13 luglio 2012, n. 12003; 23 febbraio 2012, n. 2758; 13 agosto 2008, n. 21563; 24 luglio 2007, n. 16393; 30 marzo 2007, n. 7980, ed altre; piu’ di recente, si veda Cass. 19 febbraio 2020, n. 4261, non massimata, ma edita; Cass. 20 aprile 2020, n. 7919; Cass. 3 dicembre 2018, n. 31186; Cass. 8 giugno 2018, n. 15035; Cass. 23 marzo 2017, n. 7471), e’ stato ormai chiarito che varie sono le modalita’ di dazione di denaro da parte del socio alla societa’, vale a dire i conferimenti, i finanziamenti dei soci, i versamenti a fondo perduto o in conto capitale ed i versamenti finalizzati ad un futuro aumento del capitale;
– che si e’ cosi’ precisato, per quel che qui rileva, come nell’ultima categoria la dazione del denaro e’ finalizzata a liberare il debito da sottoscrizione di un futuro aumento del capitale sociale mediante successiva rinuncia, che il socio porra’ in essere dopo la deliberazione assembleare di aumento e la sua sottoscrizione: si e’ parlato di una riserva “personalizzata” o “targata”, in quanto di esclusiva pertinenza dei soci che abbiano effettuato il versamento in relazione all’entita’ delle somme da ciascuno erogate (Cass. 24 luglio 2007, n. 16393; Cass. 19 marzo 1996, n. 2314);
– che, in tali casi, opera la condizione risolutiva del mancato aumento, allorche’ sia individuato o individuabile un futuro aumento cui il versamento sia finalizzato: ma cio’, non a titolo di rimborso di somma data a mutuo, dovendosi invece allora ritenuta venuta successivamente meno la causa giustificativa dell’attribuzione patrimoniale da lui eseguita in favore della societa’, quale ripetizione dell’indebito;
– che, pertanto, una funzione oggettiva di credito e’ da escludere dinanzi a versamenti in conto di un futuro aumento di capitale, visto che essi, ove l’aumento intervenga, vanno a confluire automaticamente in esso, mentre, ove l’aumento non intervenga, vanno si restituiti, ma non perche’ eseguiti a titolo di finanziamento, sebbene semplicemente perche’ la fattispecie in effetti programmata – l’aumento di capitale – non si e’ perfezionata (cosi’ Cass. 3 dicembre 2018, n. 31186);
– che l’iscrizione in bilancio avviene in tali casi come riserva, e non come finanziamento soci e come debito della societa’ verso i medesimi;
– che, quindi, si e’ affermato il principio di diritto, secondo cui “non e’ arbitro l’organo amministrativo di appostare in bilancio le dazioni di denaro dei soci in favore della societa’, ne’ di mutare la voce relativa, successivamente alla iscrizione originaria, dovendo essa rigorosamente rispecchiare la effettiva natura e causa concreta delle medesime, il cui accertamento, nella interpretazione della volonta’ delle parti, e’ rimesso all’apprezzamento riservato al giudice del merito” (Cass. 22 dicembre 2020, n. 29325);
– che, nella specie, la corte del merito ha accertato, sulla base dei documenti in atti, trattarsi di versamenti in conto futuro aumento capitale del sociale, quali apporti di patrimonio, tuttavia iscritti inesattamente come debiti;
– che tali affermazioni, da un lato, costituiscono un giudizio di fatto, non ripetibile in questa sede, e, dall’altro lato, operano corretta applicazione dei principi esposti;
– che la corretta conclusione raggiunta dalla sentenza impugnata e’ idonea a palesare la manifesta infondatezza anche del terzo motivo di ricorso, essendo la sentenza impugnata compiutamente ed estesamente motivata;
– che le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, liquidate in Euro 7.000,00, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, alle spese forfetarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge.
Dichiara che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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