Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 settembre 2024| n. 25231.
Maggiorazione del compenso nel caso di assistenza di più parti
L’articolo 4 del Dm n. 55 del 2014 riconosce la facoltà, e non l’obbligo, per il giudice di riconoscere la maggiorazione del compenso nel caso di assistenza di più parti. Trattandosi di facoltà, nessun obbligo sussiste, in capo al giudice di merito, di applicare l’incremento, anche in presenza di controversie complesse. La valutazione demandata al giudice di merito, infatti, è finalizzata ad individuare il compenso in concreto adeguato all’attività effettivamente svolta dall’avvocato. Nell’ambito di tale apprezzamento, il meccanismo previsto dall’articolo 4 è evidentemente teso a bilanciare il diritto del difensore a conseguire un compenso adeguato all’attività espletata e non lesivo della dignità e del decoro della professione forense, con l’opposto interesse dell’assistito a non essere esposto al pagamento di compensi esagerati. Tale esigenza, che vale già all’interno del rapporto tra cliente ed avvocato, è ancor più immanente nel caso del patrocinio a spese dello Stato, posta l’esistenza di un interesse pubblico di evitare l’aggravio, a carico dell’Erario, di somme oggettivamente non proporzionate all’attività difensiva effettivamente svolta dal professionista che assista la parte ammessa al beneficio. Ciò posto, grava comunque sul giudice di merito, investito della richiesta di riconoscere una maggiorazione del compenso professionale ai sensi della citata norma, l’obbligo di motivare le ragioni del riconoscimento, o del diniego, di tale incremento (Nel caso di specie, la Suprema Corte, nel ribadire gli enunciati principi, ha cassato con rinvio il provvedimento impugnato, in quanto, nella circostanza, il tribunale, nel rigettare l’opposizione avverso il decreto di liquidazione del compenso spettante alla ricorrente per l’assistenza da lei prestata in favore di un soggetto ammesso al beneficio del patrocino a spese dello Stato nell’ambito di un procedimento civile, negando la maggiorazione invocata dalla stessa, non solo non aveva fornito alcuna motivazione a sostegno della propria decisione, ma aveva addirittura ritenuto non dovuta la predetta motivazione). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 19 maggio 2021, n. 13595).
Ordinanza|19 settembre 2024| n. 25231. Maggiorazione del compenso nel caso di assistenza di più parti
Data udienza 12 settembre 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Procedimento civile – Difensori – Onorari – Richiesta di maggiorazione del compenso nel caso di assistenza di più parti – Obbligo del giudice di motivare le ragioni del riconoscimento o del diniego dell’invocato incremento – Necessità – Fattispecie in tema di patrocinio a spese dello Stato. (Cost., articolo 111; Cpc, articoli 132 e 360; dpr, n. 115/2002, articolo 170; DM, n. 55/2014, articolo 4).
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. MOCCI Mauro – Presidente
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere
Dott. PIRARI Valeria – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Relatore
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 18642-2022 proposto da
Am.Cl., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TE.PA., presso lo studio dell’avv. FA.MA., rappresentata e difesa in proprio
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
– intimato –
avverso l’ordinanza rep. 125/2022 del TRIBUNALE di MESSINA, depositata il 18/01/2022;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere Oliva
Maggiorazione del compenso nel caso di assistenza di più parti
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 170 D.P.R. n. 115 del 2002 Am.Cl. proponeva opposizione avverso il decreto del Tribunale di Messina, con il quale era stato liquidato il compenso dovutole per l’assistenza di un soggetto ammesso al beneficio del patrocino a spese dello Stato nell’ambito di un procedimento civile. La ricorrente lamentava, in particolare, l’erroneità della liquidazione, poiché il Tribunale aveva applicato i valori minimi della tariffa, senza operare la maggiorazione prevista per l’assistenza di più parti.
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Messina rigettava l’opposizione, ritenendo corretta la liquidazione operata dal primo giudice.
Propone ricorso per la cassazione di detta pronuncia Am.Cl., affidandosi a due motivi.
Il Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.
Maggiorazione del compenso nel caso di assistenza di più parti
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112, 132 c.p.c. e 4 del D.M. n. 55 del 2014, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., perché il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla contestazione concernente il valore della causa nella quale era stata svolta la prestazione professionale, e sulla correlata doglianza di violazione dei minimi di tariffa, fornendo motivazione affetta da insanabile illogicità sul punto. La ricorrente lamenta, in particolare, che il giudice dell’opposizione abbia ritenuto che la stessa avesse accettato la determinazione del valore della causa presupposta in Euro 4.000.000, laddove, al contrario, uno dei motivi di opposizione concerneva proprio questo profilo.
La censura è fondata.
La ricorrente riporta, ai fini della specificità della doglianza, il contenuto del suo ricorso in opposizione, con il quale era stata contestata, in via subordinata, la valutazione del valore del giudizio presupposto operata dal primo giudice, sostenendo che lo stesso fosse pari ad Euro 5.009.915,41 (cfr. pag. 16 del ricorso); nonché indica il valore minimo di tariffa che deriverebbe dall’applicazione dello scaglione previsto per le cause di valore compreso tra Euro 4.000.001 ed Euro 8.000.000 (cfr. pag. 17 del ricorso), che sarebbe superiore a quello riconosciutole all’esito del giudizio di merito.
Maggiorazione del compenso nel caso di assistenza di più parti
Il presupposto sul quale si fonda la decisione impugnata, rappresentato –appunto– dall’accettazione, da parte della Am.Cl., del valore del giudizio presupposto, indicato dal primo giudice in Euro 4.000.000, è dunque erroneo. Ciò comporta una omessa pronuncia su una delle domande che era stata formulata al giudice dell’opposizione (appunto concernente il valore della causa presupposta), e, a cascata, l’omessa statuizione anche sulla questione concernente la violazione dei valori minimi di tariffa, poiché i valori minimi di tariffa variano, al variare dello scaglione applicabile.
Il giudice del rinvio dovrà quindi esaminare la doglianza concernente il valore del giudizio presupposto, e poi stabilire se la liquidazione operata dal primo giudice, e contestata dalla Am.Cl. nelle forme di cui all’art. 170 del D.P.R. n. 115 del 2002, sia o meno rispettosa dei minimi previsti dalla tariffa per le cause di valore corrispondente a quello che sarà ritenuto corretto per il caso di specie.
Con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 4 del D.M. n. 55 del 1994, 111 Cost., 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., perché il Tribunale avrebbe omesso di riconoscere la maggiorazione prevista dalla tariffa per l’ipotesi di assistenza di più parti, fornendo una motivazione sostanzialmente assente.
Maggiorazione del compenso nel caso di assistenza di più parti
La censura è fondata.
L’art. 4 del D.M. n. 55 del 2014 riconosce la facoltà, e non l’obbligo, per il giudice di riconoscere la maggiorazione del 20% del compenso nel caso di assistenza di più parti. Trattandosi di facoltà, nessun obbligo sussiste, in capo al giudice di merito, di applicare l’incremento, anche in presenza di controversie complesse. La valutazione demandata al giudice di merito, infatti, è finalizzata ad individuare il compenso in concreto adeguato all’attività effettivamente svolta dall’avvocato. Nell’ambito di tale apprezzamento, il meccanismo previsto dall’art. 4 è evidentemente teso a bilanciare il diritto del difensore a conseguire un compenso adeguato all’attività espletata e non lesivo della dignità e del decoro della professione forense, con l’opposto interesse dell’assistito a non essere esposto al pagamento di compensi esagerati. Tale esigenza, che vale già all’interno del rapporto tra cliente ed avvocato, è ancor più immanente nel caso del patrocinio a spese dello Stato, posta l’esistenza di un interesse pubblico di evitare l’aggravio, a carico dell’Erario, di somme oggettivamente non proporzionate all’attività difensiva effettivamente svolta dal professionista che assista la parte ammessa al beneficio.
Ciò posto, questa Corte ha affermato, in relazione alla differente ipotesi in cui una parte sia assistita nei confronti di più controparti, il principio secondo cui “In tema di liquidazione degli onorari di avvocato, la disposizione di cui all’art. 4, comma 2, della tariffa professionale approvata con D.M. Giustizia n. 55 del 2014, che consente, nell’ipotesi di assistenza e difesa di una parte nei confronti più controparti, la liquidazione di un compenso unico aumentato sino al doppio, prevede una mera facoltà rientrante nel potere discrezionale del giudice, il cui mancato esercizio, ove motivato, non è denunciabile in sede di legittimità” (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 13595 del 19/05/2021, Rv. 661414). A tale principio, che comunque concerne il meccanismo previsto dall’art. 4 del D.M. n. 55 del 2014, occorre dare continuità, per cui grava sul giudice di merito, investito della richiesta di riconoscere una maggiorazione del compenso professionale ai sensi della norma da ultimo richiamata, l’obbligo di motivare le ragioni del riconoscimento, o del diniego, di detto incremento.
Maggiorazione del compenso nel caso di assistenza di più parti
Nel caso di specie il Tribunale, nel confermare il diniego della maggiorazione invocata dalla Am.Cl., non solo non ha fornito alcuna motivazione a sostegno della propria decisione, ma ha ritenuto non dovuta la motivazione. Sotto questo profilo, la decisione impugnata va cassata, ferma restando la permanenza, in capo al giudice del rinvio, della plena cognitio in relazione alla spettanza, o meno, della maggiorazione di cui si discute.
In definitiva, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della pronuncia impugnata e rinvio della causa al Tribunale di Messina, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
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P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Messina, in differente composizione.
Così deciso in Roma il 12 settembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2024.
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