Consiglio di Stato, Sentenza|28 dicembre 2020| n. 8390.
L’ordine di demolizione, anche quando sia decorso un considerevole lasso di tempo dalla commissione dell’abuso, non necessita di alcuna particolare motivazione in ordine alla sussistenza di uno specifico interesse pubblico al ripristino della legittimità violata e all’affidamento ingenerato nel privato. L’ordinamento tutela “l’affidamento di chi versa in una situazione antigiuridica soltanto laddove esso presenti un carattere incolpevole, mentre la realizzazione di un’opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore realizzata contra legem.
Sentenza|28 dicembre 2020| n. 8390
Data udienza 12 novembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Motivazione – Emissione dopo un considerevole lasso di tempo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2974 del 2020, proposto da Fr. Li., rappresentato e difeso dall’avvocato Fa. Di Gi., con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lu. Ce. in Roma, via (…);
contro
Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. An., Br. Cr., An. Ca., con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lu. Le. in Roma, via (…);
Agenzia del Demanio, Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Agenzia del Demanio Pubblico dello Stato Ramo Marina Mercantile non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza 7 gennaio 2020, n. 70 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sezione Quarta.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Napoli e di Agenzia del Demanio e di Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Campania;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 novembre 2020 il Cons. Vincenzo Lopilato.
L’udienza si è svolta ai sensi dell’art. 25, co.2, del Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
FATTO e DIRITTO
1.? Il Comune di Napoli, con provvedimento 8 maggio 2018, n. 90/A, ha ordinato, ai sensi dell’art. 35 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, al sig. Li. Fr. la demolizione di opere abusive eseguite in Napoli alla via (omissis) presso il “Ba. Si.” in area demaniale. In particolare, tali opere hanno riguardato la pavimentazione della banchina antistante il locale commerciale per un’estensione di 120 metri quadri e la creazione, previo svuotamento di un terrapieno, di un locale in muratura di 9,00 x 1,90 metri quadri di altezza, adibito a deposito.
2.? Il sig. Li. ha impugnato, innanzi al Tribunale amministrativo regionale la Campania, Napoli, tale provvedimento per i motivi riproposti in sede di appello e riportati nei successivi punti.
3.? Il Tribunale amministrativo, con sentenza 7 gennaio 2020, n. 70, ha rigettato il ricorso.
4.? Il ricorrente di primo grado ha proposto appello.
5.? Si sono costituite in giudizio le amministrazioni intimate, chiedendo il rigetto dell’appello.
6.? La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 12 novembre 2020.
7.? L’appello non è fondato.
8.? Con un primo motivo si è dedotta l’erroneità della sentenza in quanto la stessa sarebbe stata adottata nonostante il Comune resistente e l’Agenzia del demanio avessero depositato tardivamente la documentazione richiesta dal Tribunale amministrativo con le ordinanze istruttorie 7 febbraio e 4 aprile 2019, In particolare: i) con la prima ordinanza, il Tar aveva chiesto al Comune di produrre documentazione attestante il tempo di realizzazione dell’abuso e il ruolo, in quel momento temporale, ricoperto dal sig. Li. nell’organizzazione societaria; ii) con la seconda ordinanza, il Tar aveva chiesto all’Agenzia del demanio chiarimenti in ordine alla controversia relativa alla titolarità dell’area su cui sono state realizzate le opere contestate.
Il motivo non è fondato.
Il giudice di primo grado ha esercitato, ai sensi dell’art. 64 cod. proc. amm., i propri poteri istruttori d’ufficio chiedendo alle amministrazioni resistenti di depositare documenti e relazione di chiarimenti. La violazione del termine assegnato non è di per sé sufficiente a ritenere inammissibile l’acquisizione, occorrendo dimostrare che ciò abbia leso il diritto di difesa della parte. Nella specie, l’appellante si è limitato a ritenere violati i termini di deposito senza addurre anche la violazione del suddetto diritto di difesa che, in ragione del contenuto degli atti depositati, non risulta, comunque, avvenuta.
9.? Con un secondo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto illegittimo l’ordine di demolizione in ragione del fatto che l’appellante, contrariamente a quanto risultante dal verbale di accertamento della violazione contestata del 4 luglio 2013, non era, in quel momento, legale rappresentante della società né lo stesso poteva ritenersi responsabile dell’abuso non essendo l’autore materiale degli interventi edilizi.
Il motivo non è fondato.
In relazione alla mancanza della qualifica di legale rappresentante, deve rilevarsi come il provvedimento impugnato abbia ordinato al sig. Li. di demolire le opere ritenute abusive in qualità di autore responsabile delle stesse. Il riferimento alla qualifica di legale rappresentante, contenuto nella parte finale del verbale di sopralluogo del 4 luglio 2013, costituisce un mero errore materiale ininfluente nella fase di redazione del provvedimento finale oggetto di impugnazione.
In relazione alla mancanza della qualifica di responsabile dell’abuso, deve rilevarsi come, in coerenza con i principi generali che stanno alla base del sistema di imputazione dei fatti illeciti alle persone giuridiche, autore materiale dell’illecito amministrativo deve presuntivamente ritenersi il soggetto che rivesta formalmente posizioni apicali all’interno della società . Tale presunzione può essere superata soltanto mediante la prova che il fatto illecito sia stato posto in essere da un soggetto diverso che ha operato per finalità autonome non riconducibili alla sfera di controllo dell’organo dell’ente.
Nel caso in esame, il Tribunale amministrativo ha correttamente affermato che il sig. Li., fisicamente presente sui luoghi al momento del sopralluogo del 2013, è stato amministratore unico della società dal 1993 al 2014 e, pertanto, lo era anche al momento del rilascio della concessione demaniale relativa all’area in oggetto del 2006. Il possesso della qualifica soggettiva di amministratore unico della società lo rende, in quanto tale, presuntivamente autore responsabile dell’illecito amministrativo. L’appellante, pur avendo, per vicinanza, la disponibilità concreta degli elementi probatori, non ha dimostrato la propria estraneità ai fatti contestati.
10.? Con il terzo, quinto e sesto motivo (di cui non è stato necessario riportato nel dettaglio il contenuto), l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha tenuto conto che la effettiva titolarità dell’area su cui sono state realizzate le opere contestate fosse oggetto di controversia tra i signori Ci. e l’Agenzia del Demanio.
I motivi non sono fondati per due autonome ragioni, ciascuna delle quali in grado da sola si giustificare il rigetto.
In primo luogo, le censure prospettate sono inconferenti rispetto allo specifico oggetto della presente controversia che è differente per soggetti ed oggetto.
Il Tribunale amministrativo, anche in relazione questo aspetto, ha correttamente affermato che le opere contestate, a prescindere dalla questione relativa all’individuazione dell’effettivo proprietario, sono abusive perché realizzate in area vincolata senza che sia stato previamente richiesto il rilascio del permesso di costruire e la necessaria autorizzazione paesaggistica. L’art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001 prevede, infatti, che qualora sia accertata la realizzazione di interventi in assenza di permesso di costruire, quando questo sia richiesto per la natura delle opere, viene ordinato al proprietario e al responsabile dell’abuso di demolire le opere abusive. L’art. 35 dello stesso decreto dispone che lo stesso ordine viene indirizzato, tra l’altro, al responsabile dell’abuso, con comunicazione all’ente proprietario del suolo, qualora tali interventi vengano realizzati “su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici”. In questa logica, pur se il Comune ha richiamato l’art. 35 del del d.lgs. n. 380 del 2001, il contenuto del provvedimento impugnato si risolve in un accertamento di opere realizzate senza titoli autorizzatori.
In secondo luogo, il Comune ha depositato in giudizio una concessione demaniale del 2006 relativa anche all’area in questione che dimostra, allo stato, la titolarità pubblica del suolo. Né varrebbe rilevare, come fa l’appellante, che essa non includerebbe i 155 metri quadri di banchina oggetto del provvedimento impugnato, in quanto tale deduzione è generica.
11.? Con il quarto motivo, l’appellante ha affermato l’erroneità della sentenza per non avere ritenuto illegittimo l’ordine di demolizione, perché privo sia dell’indicazione del rimedio azionabile contro di esso sia dell’autorità competente.
Il motivo non è fondato.
Le mancanze, sopra indicate, del provvedimento costituiscono mere irregolarità che, in quanto tali, non sono idonee a determinare l’illegittimità del provvedimento impugnato.
12.? Con il settimo motivo, l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto che le opere realizzate assolvano ad una funzione di decoro architettonico del luogo e di sicurezza per le persone che transita sulla banchina.
Il motivo non è fondato.
Le suddette funzioni non sono di per sé sufficienti a supplire alla mancanza del necessario titolo di autorizzazione alla realizzazione delle opere imposto dalla normativa di regolazione della materia.
13.? Con l’ottavo motivo, l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto abusive opere che invece erano state, nel 2001, oggetto di un dissequestro tra parte dello stesso Comune.
Il motivo non è fondato.
L’appellante ha ritenuto sussistente una contraddizione tra atti emanati un due periodi temporali diversi e lontani senza specificare quale fosse stato l’oggetto del primo provvedimento amministrativo adottato in relazione alle specifiche contestazioni che vengono in rilievo in questa sede. Non si comprende, pertanto, in cosa consista la contraddittorietà lamentata.
14.? Con l’ultimo motivo, l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha ravvisato l’illegittimità dell’ordine di demolizione perché privo della indicazione delle ragioni di interesse pubblico, che sostengono tale demolizione, necessarie in quanto sarebbe trascorso un lungo periodo dal momento della loro realizzazione. Sotto altro aspetto, l’appellante ha rilevato come l’amministrazione non avrebbe indicato quale fosse lo stato dei luoghi prima della commissione degli abusi contestati, il che impedirebbe la stessa possibilità di ripristino dello stato dei luoghi.
Il motivo non è fondato.
In relazione al primo aspetto, l’ordine di demolizione, anche quando sia decorso un considerevole lasso di tempo dalla commissione dell’abuso, non necessita di alcuna particolare motivazione in ordine alla sussistenza di uno specifico interesse pubblico al ripristino della legittimità violata e all’affidamento ingenerato nel privato. L’ordinamento tutela “l’affidamento di chi versa in una situazione antigiuridica soltanto laddove esso presenti un carattere incolpevole, mentre la realizzazione di un’opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore realizzata contra legem” (Cons. Stato, Ad. plen., 17 ottobre 2017, n. 9).
In relazione al secondo aspetto, l’ordine di demolizione contiene una motivazione adeguata mediante la descrizione delle opere abusivamente realizzate, il che consente di individuare le specifiche opere che devono essere rimosse.
15.? La particolare natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di processo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) rigetta l’appello proposto con il ricorso in appello indicato in epigrafe;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere, Estensore
Dario Simeoli – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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