Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 18 giugno 2020, n. 11886.
La massima estrapolata:
Lo scioglimento di società in nome collettivo non comporta né l’estinzione della società stessa, la quale continua ad esistere, sia pure sostituendo lo scopo liquidatorio a quello lucrativo, né lo scioglimento del rapporto sociale inerente ai singoli soci, i quali restano, pertanto, illimitatamente responsabili sino alla cancellazione della società dal registro delle imprese, decorrendo da tale momento il termine di un anno ex art. 10 legge fall. per la dichiarazione di fallimento in estensione dei medesimi soci, al pari della società.
Ordinanza 18 giugno 2020, n. 11886
Data udienza 5 marzo 2020
Tag – parola chiave: Fallimento – Dichiarazione di fallimento – Reclamo ex art. 18, L. Fall. – Rigetto – Società in nome collettivo – Scioglimento – Conseguenze – Esclusa estinzione e scioglimento rapporto sociale – Responsabilità illimitata fino alla cancellazione dal registro delle imprese – Possibilità di fallimento – Decorrenza termine – Art. 147, comma 2, L. Fall.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAZZICONE Loredana – Presidente
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9166/2017 proposto da:
(OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso
– ricorrenti –
contro
Fallimento (OMISSIS) S.n.c., e dei soci illimitatamente responsabili (OMISSIS), (OMISSIS), in persona del curatore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 668/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 16/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2020 dal consigliere Paola Vella.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. La Corte d’Appello di Bologna ha respinto il reclamo proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso la sentenza del 24/10/2016 con cui il Tribunale di Piacenza ne aveva dichiarato il fallimento, quali soci illimitatamente responsabili della (OMISSIS) S.n.c., su istanza del pubblico ministero.
2. I ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo (e, in subordine, a una questione di legittimita’ costituzionale), cui la curatela intimata ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
3. Con il primo motivo si denunzia la violazione della L. Fall., articolo 10, in quanto, essendo stata la (OMISSIS) S.n.c. sciolta e messa in liquidazione con atto pubblico del 28/04/2015 (con contestuale affitto di ramo d’azienda ad altra societa’), i soci, pur rimanendo illimitatamente responsabili per i debiti societari, non avrebbero potuto essere dichiarati falliti oltre l’anno da quella data, avendo perso la qualifica di imprenditore per mancanza di effettivo svolgimento dell’attivita’ imprenditoriale.
3.1. In subordine viene sollevata questione di legittimita’ costituzionale della L. Fall., articolo 10, per contrasto con gli articoli 3 e 24 Cost., poiche’ “i soci collettivi di una societa’ di persone non si differenziano giuridicamente dal socio individuale di societa’ di persona”, avendo la Corte costituzionale con la sentenza n. 219 del 2000 “accomunato gli imprenditori individuali a quelli collettivi nella determinazione del decorre del termine annuale per la dichiarazione di fallimento” e avendo la Corte di cassazione stabilito “che per i soci individuali o per i soci dei cooperative non si debba piu’ fare riferimento alla cancellazione dal registro elle Imprese (…) ma al decorso dell’anno dalla cessazione dell’effettivo svolgimento dell’attivita’ imprenditoriale”.
4. Tanto il ricorso quanto la questione di legittimita’ difettano di chiarezza e sono manifestamente infondati.
5. Innanzitutto, dal ricorso emerge una evidente confusione sia tra le nozioni di socio e imprenditore individuale, sia tra lo statuto dell’imprenditore individuale e collettivo, in uno ad una improbabile contrapposizione tra “soci individuali” e “soci collettivi” di societa’ di persone.
6. Nel merito, le censure sollevate si pongono in insanabile contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte per cui “lo scioglimento di una societa’ in nome collettivo non comporta ne’ l’estinzione della societa’ stessa, la quale continua ad esistere, sia pure sostituendo lo scopo liquidatorio a quello lucrativo, ne’ lo scioglimento del rapporto sociale inerente i singoli soci, i quali restano, pertanto, illimitatamente responsabili sino alla cancellazione della societa’ dal registro delle imprese, decorrendo da tale momento il termine di un anno L. Fall., ex articolo 10, per la dichiarazione di fallimento in estensione dei medesimi soci, al pari della societa’” (Cass. 18964/2013).
6.1. Al riguardo e’ stato precisato che anche a fronte del recesso di un socio da una societa’ di persone (nella specie, una societa’ in nome collettivo) composta da due soli soci, “la mancata ricostituzione della pluralita’ della compagine sociale da parte del socio superstite determina lo scioglimento della societa’, ex articolo 2272 c.c., n. 4, non gia’ la sua estinzione, con conseguente possibilita’ della stessa di essere sottoposta a fallimento entro l’anno dall’intervenuta cancellazione dal registro delle imprese ai sensi della L. Fall., articolo 10” (Cass. 501/2016).
6.2. La L. Fall., articolo 147, comma 2, e’ comunque inequivocabile nel far decorrere il termine annuale per la dichiarazione del fallimento in estensione dei soci di societa’ di persone “dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilita’ illimitata, anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalita’ per rendere note ai terzi i fatti indicati” (cfr. Cass. 14069/2018) e cio’ conformemente ai principi enunciati dalla Corte Cost. nella sentenza n. 310 del 2000, ove quel dies a quo per i soci era stato individuato nel momento in cui essi abbiano perso, per qualsiasi causa, la responsabilita’ illimitata.
7. Merita altresi’ di essere sottolineato, come emerge dalla chiara lettera della norma, che il vigente L. Fall., articolo 10, comma 1, equipara gli imprenditori individuali e collettivi ai fini della decorrenza dell’anno dalla cancellazione dal registro delle imprese (sempre che l’insolvenza si sia manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo), consentendo il comma 2, solo al creditore istante e al pubblico ministero di dimostrare – solo in caso di imprenditore individuale (o di impresa collettiva cancellata d’ufficio) – il momento (successivo) dell’effettiva cessazione dell’attivita’, da cui far decorrere il termine annuale in questione (cfr. Cass. 10319/2018, 33349/2018, 98/2016).
7.1. Anche il criterio di effettivita’ dell’esercizio dell’attivita’ d’impresa non giova alla tesi dei ricorrenti, rilevando semmai, quale discrimine tra imprenditori individuali e societari, al ben diverso fine dell’acquisto della qualifica di imprenditore commerciale, avendo questa Corte piu’ volte chiarito che “le societa’ costituite nelle forme previste dal codice civile ed aventi ad oggetto un’attivita’ commerciale sono assoggettabili al fallimento indipendentemente dall’effettivo esercizio di una siffatta attivita’, in quanto esse acquistano la qualita’ di imprenditore commerciale dal momento della loro costituzione, non dall’inizio del concreto esercizio dell’attivita’ d’impresa, al contrario di quanto avviene per l’imprenditore commerciale individuale. Sicche’, mentre quest’ultimo e’ identificato dall’esercizio effettivo dell’attivita’, relativamente alle societa’ commerciali e’ lo statuto a compiere tale identificazione, realizzandosi l’assunzione della qualita’ in un momento anteriore a quello in cui e’ possibile per l’impresa non collettiva stabilire che la persona fisica abbia scelto, tra i molteplici fini potenzialmente raggiungibili, quello connesso alla dimensione imprenditoriale” (Cass. 25730/2016, 28015/2013, 21991/2012).
8. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019 e 4315/2020).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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