Il TAR ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 17 giugno 2019, n. 4072.

La massima estrapolata:

Il TAR ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla, con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi.

Sentenza 17 giugno 2019, n. 4072

Data udienza 13 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sull’appello n. 5040 del 2016, proposto dalla signora Fi. Ma., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Ch., domiciliata presso la Segreteria della Sesta Sezione del Consiglio di tato in Roma, piazza (…);
contro
La s.p.a. Eq. Su., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Ga., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fr. Ve. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sede di Catanzaro, Sezione Seconda) n. 452/2016, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della s.p.a. Eq. Su.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2019 il pres. Luigi Maruotti e udito l’avvocato Ga. St., su delega dell’avvocato Vi. Ga.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Dopo aver proposto una istanza d’accesso, con il ricorso di primo grado n. 1274 del 2015 (proposto al TAR per la Calabria, Sede di Catanzaro), l’appellante ha chiesto l’accertamento del suo diritto di accedere ad alcune cartelle di pagamento, in possesso della s.p.a. Eq. Su..
2. Nel corso del giudizio, il responsabile dei servizi della riscossione (delegato dal legale rappresentante della s.p.a. Eq. Su.) ha depositato una dichiarazione, con cui ha rilevato che la società non è in possesso dell’originale delle cartelle di pagamento notificate o di sue copie conformi, poiché lo stesso agente della riscossione dispone la notifica dell’unico esemplare della cartella in originale e non conserva negli archivi la sua copia cartacea, sicché ‘tali cartelle non sono nemmeno in possesso di alcuna altra amministrazione, mentre la documentazione in possesso dell’agente della riscossione è già stata rilasciata al ricorrentè .
3. Con la sentenza n. 452 del 2016, il TAR ha in parte dichiarato improcedibile il ricorso (con riferimento agli atti non detenuti dalla società ), in parte lo ha respinto (quanto alla domanda di accesso ad atti emessi e posseduti dall’INPS) ed ha compensato tra le parti le spese del giudizio.
4. Con l’appello in esame, l’interessata ha impugnato la sentenza del TAR, concludendo nel senso che la sentenza impugnata merita riforma, quanto alla pronuncia quanto alla liquidazione delle spese giudiziali del primo grado .
5. Con memoria depositata in data 23 giugno 2017, la società appellata si è costituita in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto, perché inammissibile e infondato.
6. Con le proprie deduzioni, l’appellante ha dapprima rilevato che la domanda di accesso proposta in primo grado risultava fondata, poiché la s.p.a. Eq. Su. avrebbe dovuto conservare per cinque anni “la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione”, ai sensi dell’art. 26, quarto comma, del d.P.R. n. 602 del 1973 e non si può negare la sussistenza del diritto ad ottenere l’accesso alle cartelle esattoriali.
Ciò premesso, l’appello – con riferimento alla dichiarazione del responsabile dei servizi alla riscossione, depositata nel corso del primo grado del giudizio – ha poi rilevato che il TAR avrebbe dovuto condannare la s.p.a. Eq. Su. al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, in base al principio della soccombenza virtuale, che per la giurisprudenza può comportare la condanna al pagamento delle spese del giudizio (ed il rimborso di quanto pagato a titolo di contributo unificato), quando questo si concluda con una declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse.
7. Ritiene la Sezione che l’appello risulta infondato e va respinto.
La sentenza impugnata ha correttamente rilevato che nel corso del giudizio è stata depositata una certificazione, da cui risulta che la società appellata non era in possesso degli atti richiesti: nessun elemento è stato addotto e neppure emerge per ritenere non veritiera una tale certificazione, sicché rileva la circostanza del mancato possesso degli atti di cui è stata chiesta l’ostensione.
8. Non risultano poi i presupposti per riformare la statuizione del TAR sulla compensazione delle spese del giudizio di primo grado.
8.1. Per la pacifica giurisprudenza, che il collegio condivide e fa propria anche nell’attuale quadro normativo, il TAR ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla (Cons. Stato, Ad. Plen., 24 maggio 2007, n. 8), con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (per tutte, Consiglio Stato, Sez. IV, 13 maggio 2019, n. 3092; Sez. IV, 22 marzo 2019, n. 1913; Sez. III, 9 novembre 2016, 4655; Sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5012; Sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 891; Sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4471; Sez. IV, 27 settembre 1993, n. 798).
8.2. Nella specie la statuizione del TAR non solo non risulta abnorme, ma risulta coerente con le statuizioni con cui il ricorso di primo grado è stato dichiarato improcedibile.
8.3. Quanto alla deduzione secondo cui il TAR avrebbe dovuto valutare la soccombenza virtuale della società appellata, ritiene il Collegio che:
– il giudice amministrativo – pur potendo valutare se il ricorrente vada ristorato delle spese del giudizio, se sopraggiungano ragioni ostative all’accoglimento di un ricorso di per sé fondato – è titolare al riguardo di un insindacabile potere discrezionale, che può esercitare tenendo conto di tutte le circostanze (cfr. Cons. Stato, 22 settembre 2006, n. 5583);
– la sentenza impugnata ha ragionevolmente valutato le circostanze del caso e nulla di illogico o di iniquo può essere ravvisato nella sua statuizione, tenuto anche conto degli aspetti processuali del giudizio.
9. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.
La condanna al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta respinge l’appello n. 5040 del 2016.
Condanna l’appellante al pagamento di euro 1.000 (mille), oltre agli accessori di legge, in favore della società appellata, per spese del secondo grado del giudizio.
Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2019, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente, Estensore
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere

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